Nuova retata della polizia tra Albenga e Alassio

Alassio – Nuovo pattuglione della polizia di Stato nelle zone di Albenga e Alassio. Nel corso del servizio realizzato ieri pomeriggio, in collaborazione con personale del Reparto Prevenzione Crimine di Genova, sono stati effettuati diversi posti di controllo in varie zone del centro e della periferia, identificate circa una sessantina di persone e controllati alcuni esercizi pubblici.

Nel corso del servizio un cinquantenne di origine algerina, privo di documenti di identità e colpito da ordine del Questore di Imperia a lasciare il territorio nazionale, è stato segnalato all’autorità giudiziaria per violazione della normativa che regola il soggiorno.

 

fonte Il Secolo XIX

Camorra, arrestati un assessore del Comune di Nola e il figlio del boss

Il politico Giampaolo De Angelis ha la delega all’urbanistica, preso il rampollo dei Fabbrocino. Imponevano il prezzo del calcestruzzo con violenza e intimidazione

L’assessore all’Urbanistica del Comune di Nola e Giovanni Fabbrocino, figlio del boss Mario, sono tra le 12 persone arrestate nel corso di un’operazione congiunta di Dia, polizia e carabinieri.

Le accuse
I due sono accusati di associazione camorristica, estorsione e illecita concorrenza nel settore del calcestruzzo. Gli uomini della Dia, coordinati dal capo centro Giuseppe Linares, stanno ora perquisendo gli uffici del Comune di Nola.

Giovanni Fabbrocino, 41 anni, è figlio del capoclan Mario, condannato tra l’altro per l’omicidio di Roberto Cutolo, figlio di «don Raffaele». Giovanni è titolare occulto di due aziende, una, la Gifra, attiva nel settore del calcestruzzo, l’altra in quello loro vivaistico, sequestrate stamane. Giampaolo De Angelis, 42 anni, è un assessore tecnico (non eletto cioè in consiglio comunale) che da alcuni mesi è responsabile dell’Urbanistica e dei Trasporti a Nola. Dalle indagini è emerso che il clan Fabbrocino, attivo nel Nolano e nel Vesuviano, imponeva l’acquisto del proprio calcestruzzo avvalendosi della sua forza intimidatrice. De Angelis, socio occulto della Gifra, avrebbe svolto il ruolo di mediatore tra clan e imprenditori vittime delle estorsioni. Tra gli arrestati figura anche Giovanni Prevete, cognato di Giovanni Fabbrocino.

Il boss che fece uccidere Roberto Cutolo a Tradate
Fabbrocino è una figura di spicco della geografia camorristica. Roberto Cutolo fu ucciso il 19 dicembre 1990 a Tradate, in provincia di Varese, dove viveva modestamente da alcuni anni. I sicari, è emerso nel corso dei processi, furono inviati da Mario Fabbrocino, capo della Nuova famiglia, il clan camorristico rivale della Nuova camorra organizzata al cui vertice era Raffaele Cutolo. Quando fu freddato davanti a un bar della frazione Abbiate Guazzone, Roberto Cutolo aveva in tasca appena 27.000 lire.

Assessore «prestanome» dei Fabbrocino
Gianpaolo De Angelis è ritenuto un prestanome di Fabbrocino nella gestione di aziende riconducibili al clan. L’attività amministrativa di D’Angelo non è relazione con la sua attività amministrativa, che è successiva ai fatti contestati.

Condizionavano il mercato del calcestruzzo
Attraverso due delle tre società sequestrate, la camorra vesuviana condizionava il libero mercato nel settore del calcestruzzo, imponendo un listino prezzi maggiorato rispetto a quello di altre imprese. Gli imprenditori erano costretti ad acquistare da queste aziende, altrimenti finivano vittima di ritorsioni sia dal punto di vista fisico (con minacce e violenze di stampo mafioso) che patrimoniale. Tra i beni sequestrati figurano la società Gifra di Saviano (Napoli), operante nel settore della produzione e distribuzione del calcestruzzo; la Raf di Scafati (Salerno), che produce conglomerati cementizi e bituminosi e la società florovivaistica Gieffe Import Export, di San Giuseppe Vesuviano (Napoli).

Monopolio con metodi camorristici
Tra i destinatari delle misure cautelari ci sono, oltre all’assessore De Angelis e a Giovanni Fabbrocino, 40 anni, il figlio del capoclan Mario, c’è un altro familiare, Lorenzo Fabbrocino, 41 anni. Le aziende, intestate a prestanome, sono riconducibili al clan che già con Mario Fabbrocino, attraverso l’impresa «La Fortuna» diede il via al monopolio nel settore attraverso il condizionamento con metodi camorristici del libero mercato della domanda e dell’offerta. Le indagini riguardano il periodo 2007-2012.

Il sindaco: gli ho ritirato la delega
«Fiducia nel lavoro degli inquirenti, ci auguriamo che De Angelis saprà chiarire gli addebiti nei suoi confronti ed per questo che, in via cautelativa, ho già provveduto al ritiro della delega a lui assegnata ed a nominare un nuovo assessore»: così il sindaco di Nola, Geremia Biancardi, in merito all’arresto dell’assessore. «La vicenda, per altro risalente al 2006 – sottolinea il primo cittadino – non ha nulla a che vedere con il suo incarico di assessore così come risulta dal verbale della perquisizione effettuata presso il suo ufficio in municipio e che ha avuto esito negativo».

fonte Il Corriere del Mezzogiorno

La Forestale, una polizia da salvare

Sembra che siamo arrivati all’ultimo atto per il Corpo forestale dello Stato, un corpo di polizia con quasi 200 anni di storia, specializzato nella tutela del territorio, della natura e dell’ambiente, che tutto il mondo ci invidia. Martedì 31 marzo è previsto il voto per la delega al Governo sulla riorganizzazione delle Forze di Polizia.

Il fatto che non esista un corrispettivo all’estero non dev’essere una ragione per cancellarlo, ma al contrario motivo di orgoglio per rafforzarlo e dargli lo spazio che gli spetta, in un Paese che affonda sotto il dissesto idrogeologico e la mancata manutenzione del territorio e che quindi ne ha immenso bisogno.

Perché lo si vuole fondere con la Polizia? Le motivazioni vanno dal “ce lo chiede l’Europa” a “bisogna ridurre i costi”. Quanto a quest’ultimo motivo, quanto costerebbe cambiare la struttura con tutto ciò che significa in termine di uniformi, livree dei mezzi e quant’altro?

Si potrebbero sprecare fiumi d’inchiostro e rivendicare ancora una volta i primati del nostro Paese per biodiversità, aree protette e ricchezza di patrimonio agroalimentare che giustificano l’esistenza del Cfs.

Temi di tale attualità e importanza che la politica del buttare “il bambino con l’acqua sporca” sembrano trascurare con rara superficialità. Diversa è, per fortuna, la percezione popolare della figura del Forestale che è sempre ritenuta, in ogni sondaggio, la più popolare insieme a quella del Vigile del Fuoco. In un momento in cui la fiducia nelle istituzioni è bassa, sempre più bassa, siamo sicuri di volerci sbarazzare proprio di quei pochi punti di riferimento che ha la gente?

La nostra Italia ha bisogno di un presidio sul territorio attento e vigile come quello che assicura la Forestale, senza la quale l’abbandono dei territori rurali, delle colline che rischiano di franare per la costituzione del nostro territorio ma soprattutto per l’incuria, proseguirebbe senza sosta.

La mia proposta allora è di sanare le contraddizioni esistenti, che nessuno vuole ignorare, e mantenere il Corpo forestale dello Stato nel suo ruolo e nella sua funzione. Non sono sicuro, piuttosto, che spetti al Cfs, quello che sempre più gli si chiede, ovvero di entrare negli stadi per mantenere l’ordine dei tifosi scalmanati o i controlli stradali per vedere se chi circola ha tutti i documenti in regola. Ecco, facciamo ordine, differenziamo, ma salviamo le differenze.

fonte La Stampa

Torino, scontri Lega-antagonisti al corteo: cariche della polizia

Torino – Scontri a Torino alla manifestazione convocata dal network antagonista contro l’iniziativa della Lega Nord in città. Il corteo di manifestanti da piazza Castello ha svoltato in via XX Settembre al grido di «mai con Salvini»: quando ha iniziato a premere sul cordone di polizia che presidiava l’area è partita una carica che ha respinto i manifestanti. Nella concitazione alcuni sono stati bloccati dai poliziotti. Uno è rimasto a terra ed è stato subito soccorso anche dagli agenti che hanno chiamato un’ambulanza. Dalla pancia del corteo sono saltate fuori mazze e bastoni.

Il bilancio dei tafferugli è di due feriti. Uno solo è un manifestante coinvolto direttamente nella carica della polizia; l’altra è una passante che, a quanto risulta, sarebbe scivolata nella concitazione. Otto, invece, i manifestanti fermati. La posizione dei quest’ultimi (sei uomini e due donne) è ancora al vaglio dei funzionari della questura.

A metà pomeriggio, il segretario federale della Lega Nord, Matteo Salvini, ha commentato che «è triste manifestare protetti da grate di ferro e cordoni di polizia. È indegno e mi spiace che questo accada soprattutto a Torino. Sono appena stato 2 giorni in Emilia senza problemi, non capisco perché qui sia sempre così». Ancora: «Chi amministra questa città dovrebbe vergognarsi per come è ridotto il suo tessuto sociale, non è possibile manifestare in questo modo, circondato dalla polizia per colpa di gruppuscoli coccolati dalla sinistra».

Davanti a lui, anche alcuni manifestanti di Casa Pound: «La nostra piazza è aperta a tutti quelli che vogliono manifestare in modo democratico e senza violenza. Mai nella vita io mi sognerei di andare a disturbate la manifestazione di qualcun altro».

 

fonte Il Secolo XIX

Avellino, spacciavano amnèsia nella villa comunale di Baiano. Cinque arresti

“Mi manda Picone”, il nome dell’operazione antidroga condotta dai carabinieri ha preso spunto dal titolo del popolare film di Nanny Loy

“Mi manda Picone”, il nome dell’operazione antidroga condotta dai carabinieri del comando provinciale di Avellino ha preso spunto dal titolo del popolare film di Nanny Loy. In questo caso Giuseppe o meglio “Peppo” Picone, pregiudicato, nipote di Fortunato Miele, l’imprenditore che venne ucciso a colpi di pistola a Baiano, era a capo di una fitta rete di spacciatori operativi nei comuni della zona tra l’Irpinia ed il Napoletano.

Una banda che spacciava anche la pericolosa amnèsia (“La droga che costa poco ma che spegne il cervello“, hanno sottolineato gli inquirenti), ma che è stata smantellata con i nove arresti effettuati all’alba dagli uomini del colonnello Francesco Merone. In particolare i pusher vendevano la droga nella villa comunale di Baiano, anche in pieno giorno.

Tra gli assuntori ragazzi minorenni. Nel corso di una conferenza stampa il Procuratore della Repubblica di Avellino, Rosario Cantelmo, ha confermato che sono i clan della camorra a smerciare l’amnèsia sul mercato irpino. “Il livello del traffico di stupefacenti è diventato allarmante“, ha detto Cantelmo.

Al telefono gli spacciatori per sfuggire alle intercettazioni degli investigatori trattavano le dosi chiamandole panelle o bulloni. Numerosi i sequestri di droga effettuati dai carabinieri in questi venti mesi di indagine. Carichi di stupefacenti nascosti spesso dagli spacciatori nelle prese d’aria delle auto. In estate, quando i comuni del Baianese si spopolano la banda si trasferiva a vendere la droga in trasferta, a Gallipoli. I nove arrestati hanno un’età tra i 20 ed i 34 anni, tutti residenti nel Mandamento. Complessivamente i militari hanno sequestrato circa 200 grammi di droga.

fonte La Repubblica

Salvatore Luongo è il venafrano dell’anno

fonte Primo Piano Molise

Il generale dell’Arma più giovane d’Italia accolto e insignito nella ‘sua’ città

VENAFRO. Un Salvatore Luongo emozionato e commosso (come ha amesso lui stesso e come tutti hanno potuto vedere) ieri pomeriggio ha ricevuto il premio Civis Anni 2014. Una cerimonia in grande stile, una grande accoglienza da parte della città per uno dei suoi figli migliori, come è stato unanimemente riconosciuto. Generale dei Carabinieri a soli 53 anni, tra i più giovani d’Italia, Salvatore Luongo è stato insignito del premio per essersi distinto per particolari meriti umani, professionali e civili portando in alto l’onore ed il nome della città. Negli anni passati il Civis Anni è stato assegnato ad esempio all’ingegnere Filippo Ottaviano (emerito preside e studioso) e alla memoria di Ritamaria Matteo, giovane laureanda che, morta in un tragico incidente stradale, donò i suoi organi. Quella di ieri è stata la nona edizione del premio, la prima ad essere celebrata nella splendida chiesa dell’Annunziata (le precedenti edizioni si sono invece svolte presso il convento di San Nicandro).

Dunque, dopo la santa messa officiata dal vescovo Camillo Cibotti – che si è intrattenuto a lungo con il Generale in un fitto faccia a faccia -, la cerimonia è entrata nel vivo. A ‘condurre’ la serata il presidente del circolo “San Nicandro” (fondato nel 2004 per volere di padre Franco), Nicandro Boggia, il quale ha spiegato la filosofia del premio e raccontato simpatici aneddoti riguardo Salvatore Luongo e all’epoca in cui ha vissuto a Venafro. Prima della consegna del “Civis Anni 2014” – una scacchiera, scelta perché risultano essere di Venafro gli scacchi, in ossa, più antichi d’Italia e forse d’Europa – hanno preso la parola le autorità (nell’affollata chiesa era nutrita la schiera di rappresentanti istituzionali, militari e religiosi).

Dunque sul pulpito si sono susseguiti gli interventi di fra Antonello Gravante (padre guardiano del convento), della consigliera provinciale Carmen Natale (delegata dal presidente Luigi Brasiello), del vicesindaco Alfredo Ricci (sindaco a Roma per altri impegni istituzionali), del consigliere regionale Vincenzo Cotugno e dell’assessore regionale Massimiliano Scarabeo. Quindi, il momento più atteso: la lettura della motivazione e l’intervento del Generale. Prima di lasciare la parola a Luongo, Nicandro Boggia ha ricordato il lungo curriculum dell’ufficiale dei Carabinieri che “ha bruciato le tappe”, poi i numerosi encomi ricevuti e gli incarichi ricoperti. Tra le operazioni condotte sono state ricordate la prima – che portà all’arresto di un sindaco in terra di ‘Ndrangheta – ed una delle ultime: l’arcinota Mafia Capitale. Rimasto umile, il Generale ha scalato i vertici dell’Arma. Figlio d’arte, il papà Antonio infatti ha ricoperto per 18 anni (1972-1990) comandante di stazione a Venafro, ha vissuto la sua adolescenza in città, dove si è fatto apprezzare e benvolere da tutti. Non ha mai interrotto i rapporti con Venafro, dove tra l’altro ancora vive il padre. Ieri è stato quindi accolto con tutti gli onori del caso. Salvatore Luongo, nel ricevere il riconoscimento, ha salutato “tutti gli amici venafrani al quale mi legano solo bei ricordi ed emozioni”.

“Il premio è di tutta la comunità Ho solo bei ricordi di Venafro”
“Mi torna in mente quando i miei amici mi accompagnavano a Napoli in Accademia…”

“Con il cuore colmo di commozione, ringrazio il circolo San Nicandro che mi ha voluto assegnare un premio molto significativo”. Con queste parole il Generale Luongo ha esordito nel commentare il premio Civis Anni 2014 attribuitogli dal circolo “dedicato al nostro patrono, un martite cristiano”. Salvatore Luongo, nato nel 1962 a Napoli si trasferisce a Venafro nel 1972, quando il papà Antonio è chiamato a svolgere il ruolo di comandante di stazione. Qui cresce e si forma durante la sua adolescenza.

Qui stringe amicizie che durano ancora oggi. Dal pulpito dell’Annunziata il Generale saluta i presenti, il vescovo Cibotti e tutte le autorità che ieri gli hanno voluto rendere onore. Quindi ricorda il legame, mai interrotto, con Venafro malgrado a soli 15 anni si trasferisca a Napoli per studiare presso l’Accademia militare. “Qui ho vissuto bei momenti. Quanti ricordi, quante emozioni… Indimenticabile quando gli amici venafrani si offrivano di accompagnarmi in auto a Napoli all’Accademia…”. Tutti i presenti in chiesa si sciolgono più volte in calorosi applausi, soprattutto quando Luongo idealmente abbraccia “calorosamente e con affetto tutti gli amici di Venafro”.

Il Generale dunque ricorda “i miei professori, che mi hanno dato l’Esempio. I professori mi hanno insegnato la via del dovere, che ho affrontato con spirito di sacrificio ed abnegazione e che, vi assicuro, dà risultati…”. Poi, altro applauso, quando il Civis Anni 2014 condivide il premio: “Non è mio – dice – ma di tutta la comunità”. Nella vita professionale “cerco di essere vicino alla gente, così come l’Istituzione che rappresento… Sono cresciuto nelle stazioni dei Carabinieri, a partire da quella di Venafro comandata da mio padre, che sono la presenza dello Stato in ogni lembo del territorio d’Italia”.

La conclusione è un messaggio forte, lanciato soprattutto alle nuove generazioni: “L’amore per gli altri ci alimenti e ci sostenga sempre affinché il male e ogni forma di violenza non vincano mai”. Il suo curriculum è spaventoso. Dal primo gennaio scorso è Generale, ma di gavetta ne ha fatta tanta. Sposato, è padre di due figli. All’attivo diverse lauree e master, da Giurisprudenza a Scienze Politiche, passando per i corsi internazionali, Luongo ha sempre studiato e scalato i gradi. Nel suo passato recente, di rilievo sono gli incarichi di comandante provinciale di Milano dal 2011 al 2013 e poi di comandante provinciale della città capitale. Nel mezzo ha prestato servizio come capo ufficio del Capo di Stato Maggiore dell’Arma presso il comando generale. Tra i suoi prestigiosi incarichi, negli ultimi anni ha ricoperto anche il ruolo di aiutante di campo e assistente militare dell’allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Proprio uno dei figli migliori di Venafro, non c’è che dire…

Decreto antiterrorismo, la polizia potrà accedere ai pc degli italiani

È una delle novità approvate in Commissione al decreto. Il pm potrà conservare i dati di traffico fino a 24 mesi. Obbligo per i provider di oscurare contenuti legati al terrorismo

La polizia potrà utilizzare programmi per acquisire «da remoto» le comunicazioni e i dati presenti in un sistema informatico e viene anche autorizzata l’intercettazione preventiva sulle reti informatiche: è questa una delle novità principali approvate in Commissione al decreto antiterrorismo.

Obbligatorio cancellare da internet contenuti illeciti

Il pubblico ministero potrà conservare i dati di traffico fino a 24 mesi. I provider su Internet saranno obbligati a oscurare i contenuti illeciti legati ai reati di terrorismo, pubblicati dagli utenti. L’uso del Web e di strumenti informatici per perpetrare reati di terrorismo (arruolamento di foreign fighters, propaganda, ecc.) diventa un’aggravante che comporta l’obbligo di arresto in flagranza.

Rinviato l’esame del provvedimento

Slitta a giovedì mattina l’esame del decreto antiterrorismo in Aula a Montecitorio. La sospensione di due ore e mezzo accordata nel pomeriggio di mercoledì in attesa di un parere della Bilancio non è servita a sbloccare la situazione: alla ripresa dei lavori, alle 18.30, il presidente della Bilancio della Camera, Francesco Boccia ha informato l’assemblea che manca ancora il parere governo perché la commissione possa dare il suo via libera al decreto: i dubbi riguardano le coperture di alcuni emendamenti. I gruppi, quindi, hanno chiesto di rinviare di 24 ore l’esame. La presidente di turno, Marina Sereni, ha così aggiornato la seduta alle 9 di giovedì.

Il rischio «invasione del domicilio informatico»

Intanto però in rete è scoppiata la polemica sulle nuove norme. Nel mirino il comma 1 dell’articolo 266 bis del decreto, che consente «l’intercettazione del flusso di comunicazioni anche attraverso l’impiego di strumenti o programmi informatici per l’acquisizione da remoto delle comunicazioni e dei dati presenti in un sistema informatico». Secondo Stefano Quintarelli (deputato di Scelta civica e uno dei «padri» di Internet in Italia), con questo emendamento l’Italia diventa il primo Paese europeo che rende legale la «remote computer searches»: «Il fatto grave è che non lo fa in relazione a specifici reati di matrice terroristica ma per tutti i reati commessi mediante l’impiego di tecnologie informatiche o telematiche». Il rischio? Che sia «consentito violare da remoto in modo occulto il domicilio informatico dei cittadini», ma al di fuori «delle regole e dei limiti dettati per ognuna di esse dal Codice di procedura penale», consentendo quindi ai «captatori informatici» di compiere «una delle operazioni più invasive che lo Stato possa fare nei confronti dei cittadini».

I dubbi del Garante

A destare invece i dubbi del garante della privacy, Antonello Soro, espressi martedì prima della loro approvazione da parte delle Commissioni, sono le norme che autorizzano la polizia a effettuare le intercettazioni preventive dei sospettati sulle reti informatiche, utilizzando programmi per acquisire «da remoto» le comunicazioni su social, come «whatssup» o altre piattaforme. L’altra misura oggetto delle perplessità di Soro è quella che porta a 2 anni il termine di conservazione dei dati di traffico telematico e delle chiamate senza risposta (oggi rispettivamente di un anno e di un mese).

 

fonte Il Corriere della Sera

Una giornata nella Pontificia Fonderia di Campane Marinelli

di Umberto Buzzoni

Recentemente sono stato invitato a visitare la famosa Pontificia Fonderia di Campane Marinelli dal proprietario Armando Marinelli. Insieme ad Armando ho potuto assaporare il trascorrere dei secoli nell’antica Fonderia, ove i profumi del bronzo, l’accurata artigianalità, e i suoni prodotti dalle campane sembrano aver fermato il tempo. Mille anni di storia avvolgono la Pontificia Fonderia, famosa in tutto il mondo per le campane costruite per tantissime occasioni.

Fiore all’occhiello della nostra Italia, l’unica Fonderia di quello che un tempo era un vasto settore occupato da molti “campanari”, ed oggi, ma ormai da decenni, è rimasta la sola a detenere il privilegio di costruire le campane apprezzate e richieste in ogni angolo del mondo. Come dimenticare le campane del Santuario di Lourdes e ancora, del Santuario di Medjugorje, e ciò solo per citare alcuni dei luoghi in cui le campane di Agnone fanno vibrare il loro suono e ricordare che la Fonderia Marinelli già agli inizi del secolo scorso, per la sua dedizione al settore religioso, ha ottenuto il titolo di Pontificia dal Papa Pio XI, oltre ad aver avuto il privilegio di ricevere le visite di diversi Pontefici, in ultimo Giovanni Paolo II, che si recò anche a visitare l’annesso Museo della Fonderia.

Biase Totaro, Umberto Buzzoni e Alberto Iaciancio

Biase Totaro, Umberto Buzzoni e Alberto Iaciancio

La visita – guidata direttamente dal proprietario Armando Marinelli – ha visto la presenza di Mauro Marinelli, cugino di Armando. Mauro Marinelli è Comandante della Polizia Stradale di Agnone che con spirito di grande abnegazione ha portato aiuto a tantissimi automobilisti in serie difficoltà durante le recenti nevicate, insieme agli uomini della sua squadra. Lavoro svolto con estrema passione dimenticando persino i giorni di festa. Altra presenza è stata quella di Alberto Iaciancio, Assistente Capo della Squadra Mobile di Isernia, giovane, ma già pluriencomiato per il lavoro svolto, grazie al grande intuito investigativo che lo contraddistingue, oltre ad essere da sempre in prima linea contro la criminalità organizzata.

E per concludere, la comitiva in visita alla Pontificia Fonderia è stata partecipata anche dal mio caro amico Biase Totaro, imprenditore, conosciuto nell’ambiente molisano per le sue spiccate doti di progettazione, di cordialità e disponibilità nei confronti di coloro che costantemente gli si rivolgono per il suo operato.

Una giornata, dunque, all’insegna della distensione, del profumo del tempo cristallizzato nel suono intramontabile delle campane di Angone, e oggi come ieri, come un millennio fa, Agnone fa risuonare l’antica Pontificia Fonderia Marinelli nello scenario mondiale, come se il tempo non fosse mai trascorso.

Droga, perquisizioni e arresti a San Basilio: 17 persone in manette

Arresti e perquisizioni per droga a San Basilio. Stamani i Finanzieri del Comando Provinciale di Roma hanno eseguito 17 ordinanze di custodia cautelare e numerose perquisizioni, su disposizione del Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale di Roma, a seguito della richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di presunti appartenenti a una banda specializzata nello spaccio di cocaina nel quartiere di San Basilio.

L’operazione vede ha impiegato oltre 100 uomini, supportati dai Baschi Verdi del Gruppo Pronto Impiego di Roma, dalle unità cinofile antidroga e da un elicottero del Reparto Operativo Aeronavale di Civitavecchia.

fonte Il Messaggero

Rubavano le auto e poi le rivendevano ai proprietari, 19 arresti a Catania

Mille e 200 mezzi spariti e poi ricomparsi “miracolosamente” a Gravina di Catania in un solo anno. In manette la banda del “cavallo di ritorno”

Rubavano le auto, soprattutto in paese a Gravina di Catania, e poi puntualmente si presentavano alla vittima, chiedevano denaro ed ecco che l’auto rispuntava dal nulla, così come era scomparsa. Il metodo tutto catanese del cosiddetto ‘cavallo di ritorno’ ha fruttato un consistente numero di furti, oltre 1200 nel solo 2013, nel comprensorio che ricade sotto la giurisdizione della compagnia carabinieri di Gravina di Catania, tra Mascalucia, San Pietro Clarenza, Tremestieri, frazione Canalicchio, Misterbianco, frazione Belsito.

Ci sono voluti quasi sette mesi di indagini da gennaio ad agosto del 2013 per sgominare una banda specializzata nei furti e nella restituzione dell’auto dietro un compenso in denaro che variava dai 150 ai 1200 euro in base al modello e alla marca dell’auto rubata. A saltare all’occhio è stata la casualità del ritrovamento delle auto rubate che avveniva quasi sempre entro la settimana successiva al furto. In manette sono finite 19 persone, altre 26 risultano indagate per favoreggiamento personale per avere accettato di riavere le auto rubate in cambio del pagamento di denaro.

L’associazione criminale aveva la sua base operativa nel quartiere popolare “Balatelle” di Catania, nella zona San Giovanni Galermo: una vera roccaforte, circondata e protetta da palazzi popolari, accessibili da un solo ingresso principale. La conformazione edilizia del quartiere era di fondamentale importanza per l’esecuzione delle attività illecite, in quanto si potevano controllare tutti i movimenti delle forze dell’ordine e quindi mettere al riparo tutti i membri dell’organizzazione da sgradite ed impreviste sorprese.

E lì sotto i portici delle palazzine di ‘Balatelle’ o in prossimità di un panificio che le vittime andavano alla ricerca del “contatto giusto” dove avevano la possibilità di avvicinare “l’intermediario” del gruppo. Grazie all’intervento dell’intermediario, un referente di zona, si concretizzava così il “cavallo di ritorno”. Gli indagati potevano anche contare su personaggi con ruoli non certamente marginali come la figura dell’elettrauto, che controllava e bonificava le autovetture possedute dagli indagati proprio per scongiurare eventuali attività d’intercettazione od anche altri soggetti che provvedevano a fornire mezzi a noleggio da utilizzare durante le attività criminose.

Gli arrestati sono: Salvatore D’Angelo do 42 anni, Rosario Fallo di 25, Vittorio Benito Fiorenza di 34, David Giarruso di 38, Salvatore Gurrieri di 42, Raffaele Gialuca e Michael Magliuolo rispettivamente di 31 e 21, Antonio Marino di 25, Dario Masotta di 32, Giuseppe Monaco di 48, Danilo Musumeci di 24, Sebastiano Naceto di 49, Massimiliano Nicotra di 38, Filippo Ranieri di 32, Angelo Recca di 28, Antonio Santonocito di 48, Salvatore Sirigo di 36, Alfio Spina di 48 e Orazio Tenente di 21.

fonte La Repubblica