Caserta, ospedale gestito dai boss della camorra: blitz contro i casalesi, 24 arresti

di Il Messaggero

Ventiquattro persone sono state arrestate in un’operazione della Dia di Napoli nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla Procura di Napoli su appalti truccati delle Asl di Caserta aggiudicati a imprese del clan dei Casalesi, con l’appoggio di politici e amministratori pubblici. Sequestrate anche società e beni.

L’operazione è scattata nelle prime ore di stamani. Gli arresti sono stati fatti nelle provincie di Caserta, Napoli e Verona. I reati ipotizzati, a vario titolo, sono associazione per delinquere di tipo mafioso, corruzione, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente e abuso d’ ufficio. L’inchiesta riguarda una serie di presunti appalti truccati indetti dall’ Azienda Sanitaria Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta.

Dall’indagine è emerso che l’ex sottosegretario all’Economia e coordinatore del Pdl in Campania, Nicola Cosentino, è stato «referente politico del sistema criminale» operante nell’ospedale di Caserta dal 2008 «fino al momento del suo arresto, avvenuto nel marzo 2013».

Il sodalizio criminale oggi disarticolato, così ricostruiscono la vicenda i pm partenopei, nasce nel 2006, quando Francesco Zagaria, cognato dell’allora latitante e in quel momento uno dei capi del clan dei Casalesi Michele Zagaria, «supportato politicamente dal segretario politico dell’Udeur regionale dell’epoca, riuscì a far nominare un suo uomo di fiducia quale dirigente generale del S. Anna e S. Sebastiano, Luigi Annunziata, recentemente scomparso». Da quel momento, secondo l’ordinanza cautelare, Zagaria assunse il controllo delle assegnazione dei lavori pubblici nell’ospedale casertano, dando vita ad un cartello di imprese mafiose ancora oggi operante.

Secondo la ricostruzione condivisa dal gip, nel 2006 vi fu «un duplice avvicendamento politico-mafioso» all’interno dell’ospedale di Caserta determinato «dall’implosione dell’Udeur e conseguentemente alla caduta del Governo Prodi»: nel 2008 gli Zagaria «cercarono e trovarono la necessaria la necessaria copertura politica nel Pdl campano e, più in particolare, nel suo (allora) capo indiscusso, Nicola Cosentino, rimasto referente politico del sistema criminale operante nel nosocomio casertano fino al momento del suo arresto, avvenuto nel marzo 2013».

Nell’Azienda Ospedaliera «Sant’Anna e San Sebastiano» di Caserta vi era «la piena operatività» del clan di Zagaria, e «una pervasiva e consolidata rete di connivenze e collusioni venutasi a creare, sotto la regia dei boss della camorra casertana, tra appartenenti al mondo della pubblica amministrazione, della politica e dell’imprenditoria».

Nell’operazione sono state inoltre poste sotto sequestro preventivo quattro ditte (Odeia srl, R.D. Costruzioni, Luigi Iannone e Salvatore Cioffi), 18 immobili, undici terreni, un box auto, tre autovetture e quote societarie per un valore di 12 milioni di euro.

Secondo le indagini – si apprende dalla Dda e dalla Dia – attraverso connivenze e collusioni, il sistema degli Zagaria riusciva a controllare e gestire, in regime di assoluto monopolio, gli appalti e gli affidamenti diretti di lavori all’interno dell’Ospedale casertano. Negli ultimi anni – stando sempre ai risultati delle indagini – il clan si era infatti gradualmente infiltrato nel tessuto politico-amministrativo della struttura sanitaria casertana, trasformandosi in «un complesso apparato in grado di gestire gli affidamenti dei lavori pubblici in assoluta autonomia, potendo contare sul potere derivante dalla preminente matrice mafiosa».

Le attività del clan nella struttura sanitaria è stata ricostruita dagli investigatori con testimonianze, documenti, intercettazioni telefoniche e ambientali, registrazioni audio e video.

Fra le persone arrestate dalla Dia di Napoli nel blitz contro il clan dei Casalesi vi è anche Elvira Zagaria, sorella del boss. Secondo gli investigatori, Elvira Zagaria svolgeva un ruolo centrale nelle attività del clan all’interno dell’Azienda sanitaria casertana. Alla donna, dopo l’arresto di tutti i membri maschi della famiglia e dopo la morte del marito, Francesco Zagaria, negli ultimi due anni era toccato il compito di gestire gli ingenti capitali illeciti derivanti dalle attività delle imprese del clan. Dalle indagini è emerso che Francesco Zagaria dava anche indicazioni sugli esponenti politici da sostenere nelle campagne elettorali.

Roma, 31 arresti per ‘ndrangheta Un pentito: legami con Mafia Capitale

di Il Corriere

Secondo la Dda la coop Edera, citata da Salvatore Buzzi nelle carte di Mafia Capitale, assicurava lavoro ai detenuti. Scoperto il «Codice di San Luca» con i meccanismi del rito di affiliazione. Le indagini partite dall’omicidio di Vincenzo Femia.

 Un quaderno contenente degli appunti che, una volta decifrati, svelano i meccanismi arcaici che regolano il rito di affiliazione alle ‘ndrine. È la scoperta fatta nel corso del blitz di martedì mattina, in cui 450 poliziotti e finanzieri hanno arrestato 31 appartenenti a un clan attivo nella Capitale collegato alla ‘ndrangheta di San Luca, nel reggino. Il documento, chiamato Codice di San Luca, è considerato eccezionale: «La sua veridicità era sospesa tra verità e leggenda», spiega un investigatore.

La coop di Buzzi
Nel corso dell’operazione sono stati sequestrati circa 600 chili di droga (cocaina e hashish) e armi. Perquisizioni in diverse città fra cui, a Roma, anche nei confronti della coop Edera, citata da Salvatore Buzzi nelle carte dell’inchiesta Mafia Capitale come una delle aziende che partecipava alla spartizione degli appalti. «La Edera – ha spiegato il procuratore aggiunto Michele Prestipino, capo della Dda – assicurava lavoro ai detenuti, presupposto per misure alternative alla detenzione. Grazie alla cooperativa alcuni indagati sono appunto riusciti a ottenere questi benefici. Tra loro anche l’attuale collaboratore di giustizia Gianni Cretarola e l’indagato Antonio Pizzata», accusato di aver fatto parte del commando che il 24 gennaio 2013 ha ucciso Vincenzo Femia, eliminato proprio perché, secondo gli inquirenti, si era opposto alla costituzione di una cellula della ‘ndrangheta nella Capitale. È il delitto da cui è partita l’indagine.

La rete del clan
I capi dell’organizzazione vivevano da anni nella Capitale, in particolare nei quartieri Appio, San Giovanni, Centocelle, Primavalle e Aurelio, dove potevano contare su una fitta rete di connivenze in grado di garantire il completo anonimato e fornire il supporto logistico ai latitanti calabresi. Il gruppo aveva basi logistiche a Genova, Milano e Torino, necessarie per stoccare le partite di droga importate. Pizzata avrebbe costituito un gruppo di fuoco con Cretarola e Massimiliano Sestito: i tre sarebbero responsabili di ferimenti e gambizzazioni. Oltre al delitto e alle lesioni, gli altri reati contestati all’organizzazione sono l’associazione a delinquere, il traffico internazionale di droga (con l’aggravante mafiosa e del reato transnazionale), la ricettazione, l’estorsione, il danneggiamento, il favoreggiamento, la simulazione di reato, il possesso e la fabbricazione di documenti falsi e il porto e la detenzione abusiva di armi.

L’intercettazione: «Roma è il furturo»
Roma per la ‘ndrangheta è «strategica», ha sottolineato Prestipino. E anche se «allo stato non possiamo dire che ci sia una presenza stabilizzata con una “locale” come al nord Italia, è altrettanto pericolosa». La ‘ndrangheta, ha aggiunto il capo della Dda, «considera la Capitale in modo serio: qualcuno intercettato in un’altra inchiesta ha detto che “Roma è il futuro”».

Sicurezza, in arrivo gli spray al peperoncino per gli agenti di Roma

di Repubblica

Da lunedì inizieranno i corsi di formazione per gli agenti: “Potranno essere usati solo in ambito cittadino”

Via libera all’impiego dello spray al peperoncino nei servizi di ordine pubblico. Una sperimentazione di sei mesi partirà per i reparti mobili della polizia di Roma e Napoli. I corsi di formazione per gli agenti partiranno da lunedì. Lo prevede una circolare del Viminale. La sperimentazione, precisa la circolare, “dovrà essere svolta solo in ambito cittadino e limitatamente” a Roma e Napoli, “per essere eccezionalmente estesa, in situazioni contingenti di necessità ed urgenza che saranno valutate “di volta in volta, nell’ambito dei Comitati di ordine e sicurezza pubblica”.

L’impiego del dispositivo, sottolinea ancora il documento, “riguarda situazioni di ordine pubblico ove sia necessario il ripristino della legalità, nel caso vi sia un’azione volta alla resistenza attiva, minaccia, o violenza verso le forze di polizia. Ciò implica che ogni tentativo di negoziazione, mediazione o dissuasione verbale sia fallito”.

Gli spray da sperimentare sono due differenti modelli: ad ogni squadra verranno assegnati un massimo di 5 dispositivi di un modello da utilizzare per un periodo di tre mesi ed il secondo modello per i successivi tre mesi. In ogni squadra verrà individuato un singolo operatore che verrà dotato dello spray, anche se la formazione riguarderà tutti i componenti della squadra.

A Napoli verranno formati 480 poliziotti, a Roma 650. Lo spray destinato ai servizi di ordine pubblico ha una gittata di 8 metri, superiore a quella limitata a 3 metri prevista per gli altri reparti. La sperimentazione, precisa la circolare, “dovrà essere svolta solo in ambito cittadino e limitatamente” a Roma e Napoli, “per essere eccezionalmente estesa, in situazioni contingenti di necessità ed urgenza che saranno valutate “di volta in volta, nell’ambito dei Comitati di ordine e sicurezza pubblica”.

Positivi i commenti dei sindacati di polizia. “Ci siamo dichiarati favorevoli – ha ricordato Daniele Tissone, segretario del Silp Cgil – alla sperimentazione in quanto vengono definiti gli ambiti di applicazione ed anche in ragione del fatto che si trattasi di strumenti di dissuasione limitatamente inabilitanti al contrario del Taser. Positivo anche il fatto – aggiunge – che i dispositivi verranno impiegati solo in caso di estrema ratio e nel corso di situazioni eccezionali quando ogni altro tentativo abbia dato esito negativo”.

Anche Valter Mazzetti, segretario generale dell’Ugl polizia, vede “con favore la sperimentazione dello spray, come tutto ciò che possa aiutare gli operatori della sicurezza ad evitare il contatto fisico. A causa del blocco del turn over – ricorda poi – l’età media degli uomini impegnati nei servizi di ordine pubblico si sta alzando e diventa sempre più indispensabile evitare di arrivare a un qualsiasi scontro. Quindi ben venga questo nuovo strumento, come ci auguriamo che al più presto possa partire la sperimentazione della pistola Taser da fornire a chi effettua il servizio operativo”.

Con pistola giocattolo, a 16 anni rapina auto e sperona i carabinieri: arrestato

di Repubblica

Il giovane fermato dopo un inseguimento di 20 km tra Casamassima e Putignano

Un sedicenne che, pistola in pugno, aveva rapinato l’auto ad una donna è stato arrestato dai carabinieri dopo un rocambolesco inseguimento cominciato a Casamassima e terminato a Putignano, dopo una ventina di km.

Durante la fuga il minorenne ha anche speronato una ‘gazzella’ dei militari. Sulla Lancia Y sottratta alla donna, i carabinieri hanno sequestrato la pistola, poi rivelatasi una fedele riproduzione di quella utilizzata dalle Forze dell’ordine, priva del tappo rosso, completa di caricatore e cartucce.

Straniero trovato morto a Termini Disposta l’autopsia

di Il Messaggero

Un cittadino straniero è stato trovato morto questa mattina in strada nei pressi della Stazione Termini. Il corpo, ancora non identificato ma con un’età apparente trai 35 e i 40 anni, è stato trovato intorno alle 6.30 in via Marsala, davanti la basilica del Sacro Cuore. Dai primi accertamenti sembrerebbe non avere segni evidenti di violenza: la morte potrebbe essere avvenuta in seguito ad un malore. Sul posto sono intervenuti i carabinieri e la salma è stata messa a disposizione dell’autorità giudiziaria.

Usura ad imprenditori edili bresciani: 8 arresti

di Il Corriere della sera

Un impresario avrebbe dovuto pagare 500mila euro. A riscuotere il denaro tre mandanti (un calabrese e due siciliani)

Prestavano soldi ad impresari bresciani con l’acqua alla gola per via della crisi. E chiedevano indietro cifre da capogiro, richieste con metodi poco ortodossi da un calabrese e due siciliani: per questo sono state arrestate 8 persone per truffa, usura ed estorsione (seguiti dai carabinieri del Comando Provinciale di Bergamo) nell’ambito dell’operazione «Blackmail». L’operazione è culminata nell’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare (con 7 persone in carcere, una agli arresti domiciliari e 2 divieti di dimora nelle province di Bergamo e Brescia), emessa dal Gip del Tribunale di Bergamo, Alberto Viti su richiesta del pm Maria Cristina Rota, nei confronti di 10 cittadini italiani, a vario titolo ed in concorso tra loro, accusati di estorsione, truffa e usura nei confronti di imprenditori bergamaschi e bresciani.

Gli arrestati

I provvedimenti sono stati notificati ad Angelo Martinelli, 65 anni, di Costa Volpino; Sergio Vaglini, 75 anni, originario di Pisa e residente a Lido di Carnaiore; Antonino Scopelliti, 65 anni, originario di Reggio Calabria, attualmente detenuto a Bergamo; Biagio Proietto, 51 anni, di Palermo, attualmente detenuto a Bergamo; Carmelo Di Girolamo, 50 anni, originario di Palermo e residente a Castelli Calepio; Dario Cucuzza, 32 anni, di Palermo; Ignazio Sirchia, 43 anni, di Palermo; e Girolamo Quartararo, 42 anni, residente ad Altavilla Milicia.

L’indagine: impresario edile costretto a pagare 500mila euro

L’indagine, iniziata nell’ottobre 2013 dopo la denuncia di una delle vittime dopo un tentativo d’estorsione, ha prima permesso di individuare cinque soggetti dei quali due imprenditori (uno bergamasco ed uno lucchese) come mandanti, e tre pregiudicati (uno calabrese e due siciliani), quali «esattori» impegnati nel tentativo di estorcere ad un imprenditore edile bresciano 500 mila euro, poi ridotta a 159 mila. Sono poi emerse ulteriori responsabilità dei due imprenditori, responsabili di usura nei confronti di altri imprenditori edili bresciani e di due dei tre indagati per la commissione (con altri due siciliani), di un tentativo di truffa ai danni di un allevatore di cavalli bergamasco: si erano finti finanzieri per estorcergli 50 mila euro, e di 6 indagati siciliani per un tentativo di estorsione di 500 mila euro ai danni di un consulente finanziario bresciano al quale è stata inviata una lettera minatoria contenente un proiettile calibro 7,65 e la richiesta estorsiva.

Traffico di rifiuti speciali, 14 arresti Tra di loro il boss Cozzolino

di Il Corriere

Tra i vertici, il capo clan camorristico che opera a Portici – Ercolano, già condannato per associazione a delinquere. Tra gli illeciti c’è anche la raccolta di indumenti destinati allo smaltimento che invece erano poi rivenduti nei paesi dell’Africa e in Europa

C’è un boss della camorra al vertice dell’organizzazione criminale dedita al traffico di rifiuti speciali smantellata da Polizia di Stato e Polizia Provinciale, nell’ambito di un’indagine della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma. Sono quattordici gli arresti, ma le operazioni, in corso dall’alba di giovedì, sono ancora in corso con gli agenti impegnati in numerose perquisizioni e sequestri, non solo a Roma ma in diverse Regioni italiane. Tra i capi dell’organizzazione emerge la figura di Pietro Cozzolino, elemento di vertice dell’omonimo clan camorristico operante a Portici-Ercolano (Napoli), già condannato per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti. E tra gli illeciti c’è anche la raccolta degli indumenti usati dai cassonetti destinati dall’Ama allo smaltimento, che invece venivano rivenduti dalle cooperative ai paesi africani ed europei.

I capi dell’organizzazione ricevevano, trasportavano, cedevano e comunque gestivano abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti speciali, con «condotte di falsità materiale e ideologica in atti pubblici». I reati sono aggravati dall’articolo 4 del decreto legislativo n. 146/2006, perché secondo le indagini avrebbero fornito il loro contributo nella commissione dei reati a vantaggio di un gruppo criminale organizzato impegnato in attività illecite in diversi Paesi europei e africani. Tra le altre, sono state sequestrate le cooperative New Horizons Onlus e Lapemaia Onlus e la società B&B Ecology srl che gestivano la raccolta dei rifiuti tessili speciali per conto del consorzio «Il Solco» delegato per il servizio da Ama. Tra gli arrestati c’è anche Danilo Sorgente, responsabile tecnico dell’impianto di recupero rifiuti gestito dalla New Horizons. Le cooperative smaltivano i rifiuti per conto della municipalizzata romana, ma invece di distruggerli li mandavano nei paesi poverissimi, senza igienizzarli, per rivenderli nei mercati.

Anche il fratello Aniello
Ai vertici dell’organizzazione criminale, oltre a Cozzolino, ci sarebbe il fratello Aniello, anche lui condannato in via definitiva per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti e latitante dal 2008. Gli arresti sono stati eseguiti a Roma, Napoli e Salerno. Il reato contestato è associazione per delinquere finalizzata al traffico di rifiuti speciali.

Asti, uomo trovato morto carbonizzato vicino ad un supermercato: forse un barbone

di Il Messaggero

Il cadavere carbonizzato di un uomo è stato trovato nel vano delle scale di servizio, abituale ritrovo di senzatetto, che portano al parcheggio sotterrano di un supermercato di Asti. A dare l’allarme un passante. Sul posto, in corso Torino, stanno intervenendo i carabinieri del Comando provinciale guidati dal colonnello Fabio Federici.

I carabinieri, che stanno acquisendo i filmati delle telecamere della zona, hanno avviato gli accertamenti necessari per l’identificazione della vittima. Accanto al cadavere, vestito e coricato su un fianco, sono state trovate in mezzo alla sporcizia decine di bottiglie di alcolici. Il locale in cui è avvenuto il ritrovamento è spesso utilizzato, nei mesi freddi dell’anno, come ricovero da barboni e senzatetto. I militari dell’Arma non escludono che si sia trattato di un incidente, forse provocato dal tentativo di riscaldarsi accendendo un fuoco. La morte risalirebbe alla scorsa notte.

Pozzallo, madre denuncia botte al figlio autistico in un centro per disabili

di La Repubblica

Un educatore avrebbe dato schiaffi in volto e al collo a un bambino di 11 anni. Indagini della polizia in corso all’interno della struttura

“Mio figlio, disabile, è stato maltrattato, menato ed insultato”. Lo denuncia la madre di un minorenne di 11 anni ospite a Pozzallo (Ragusa) di un centro di riabilitazione. Nell’esposto presentato al commissariato di polizia di Modica si sostiene che il bambino sarebbe stato vittima di ”maltrattamenti da parte di un educatore, consistenti in urla, scappellotti sul collo e schiaffi in volto”. I genitori del ragazzo disabile, affetto da ”disturbo pervasivo dello sviluppo”, una forma di autismo, si sarebbero ”più volte rivolti alla direttrice del centro”, che pero’, sostiene la madre, ”mi invitava a limitarmi a fare le mie funzioni di genitrice e non interferire sul loro operato”. Una conferma sarebbe venuta dalle indagini all’interno della struttura e gli agenti hanno deferito alla magistratura il responsabile.

Assalto al bancomat nella notte, i banditi ​si schiantano nella fuga: 2 morti e 2 feriti

di Il Mattino

Assalto al bancomat nella notte con epilogo tragico a San Cipriano di Roncade (Treviso): 4 malviventi – con ogni probabilità giostrai – verso le 4 di questa notte hanno fatto esplodere lo sportello bancomat della filiale del Credito cooperativo di Monastier e Silea.

Subito è scattato e i malviventi si sono dati alla fuga in auto durante la quale – per sottrarsi all’inseguimeto delle pattuglie dei carabinieri subito intervenute – in via Bassa trevigiana di Silea, sbandando con l’auto lanciata a folle velocità sono fuoriusciti dalla sede stradale finendo capottati.