Machete a Jesi, i passanti si scattavano i «selfie»

cronacada Corriere.it

Il giovane africano che ha seminato il panico in città era stato già arrestato 4 volte negli ultimi 8 mesi. Urlava: «Italiani vi ammazzo tutti». Ma ha attirato i curiosi

C’erano anche una cinquantina di curiosi, alcuni dei quali non hanno disdegnato «selfie», mentre carabinieri e polizia stavano bloccando Precious Omobogbe, 25 anni, il nigeriano che lunedì sera per poco meno due ore ha minacciato i passanti con due machete, seminando terrore a Jesi (Ancona), inseguito da carabinieri e polizia. L’uomo è stato infine bloccato e arrestato grazie anche al coraggio del capitano Mauro Epifani, comandante dell’Arma di Jesi, che si è avventato sul venticinquenne dopo averlo convinto a posare l’arma dalla lama di 35 centimetri ma è rimasto ferito lievemente ad un fianco da un colpo di lama.

Altri due militari sono rimasti contusi nella colluttazione con Omobogbe che ad un fotografo ha detto «vieni che ti faccio vedere la sua testa (del capitano; ndr)». Durante la sua fuga avrebbe urlato, in preda a un raptus, «italiani, vi ammazzo tutti», così riferisce la stampa locale.
Tra gennaio e agosto era stato arrestato e liberato già quattro volte a Bologna, Pistoia, Fossato di Vico e a Jesi dove, l’11 agosto, aveva minacciato con un coltello l’ex compagna e aggredito un carabiniere. Anche Omobogbe è rimasto ferito alla gamba sinistra, colpita da un pallottola di rimbalzo sparata a terra da un agente a scopo di avvertimento.

 

Scambi di accuse, bugie e depistaggi: ecco le carte segrete sulla strage di Ustica

documento usticada Repubblica.it

Desecretati gli appunti, le informative e i carteggi riservati della Farnesina. Dalla frettolosa inchiesta sul pilota del Mig libico al mistero del casco americano ritrovato in mare e poi sparito, così è stata nascosta la verità.

Dissidenti libici accusano Gheddafi di aver abbattuto il Dc9 Itavia. Il leader libico accusa gli americani. E gli americani prima negano di avere portaerei nel Tirreno. Salvo poi essere smentiti e contraddetti.

DOCUMENTO Il “Memorandum” preparato nel 2000 per D’Alema e Amato

Le prime carte desecretate dal decreto Renzi sulle stragi sono del ministero degli Affari Esteri. Consultabili da ieri presso l’Archivio Centrale dello Stato di Roma, svelano risvolti inediti della diplomazia segreta internazionale sviluppatasi attorno al caso Ustica. Migliaia di fascicoli sui quali i timbri “segreto” e “segretissimo” si sprecano in un affastellarsi di protocolli riservati, dal Sismi che si lamenta “della attività criminali” di Gheddafi che invia i killer ad uccidere i dissidenti riparati all’estero.

DOCUMENTO Le denunce del Sismi a Gheddafi 

Alle richieste dai toni ricattatori che Tripoli avanza a Roma per ottenere il risarcimento dei danni per le mine disseminate in Libia dagli italiani durante la Seconda Guerra. Da queste prime carte desecretate s’intravede quel “Muro di gomma” – di cui ha parlato il regista Marco Risi nel 1991 – contro il quale per così tanto tempo è rimbalzata la verità sulla strage di Ustica. Ma il mistero di quel volo tirato giù da un missile nel cielo di Ustica il 27 giugno del 1980, con 81 persone a bordo, resta.

Baccouch e la pista libica
Il 3 maggio 1992, dodici anni dopo la strage, nel 1992, l’ambasciata del Cairo informa il ministero degli Esteri che il giudice Rosario Priore ha chiesto e ottenuto che venga interrogato dagli egiziani l’ex primo ministro libico Abdel Hamid Baccouch. Quest’ultimo conferma che “il bombardamento dell’aereo dell’Itavia” è opera “di un aereo libico per ordine diretto di Gheddafi”. Secondo Baccouch, “il presidente libico, da lui considerato elemento mentalmente squilibrato avrebbe personalmente diretto una serie di attentati terroristici di cui la strage di Ustica rappresenta solo un episodio anti-italiano organizzato come reazione all’azione italiana di garanzia della neutralità di Malta che annullava il controllo esclusivo da lui tentato sul primo ministro maltese Dom Mintoff”.

La confusione sui rottami
L’ambasciatore di Tripoli, Alessandro Quaroni, invia decine di telex classificati “segreto” ricostruendo nei dettagli l’escalation delle versioni libiche prima sull’abbattimento dell’Itavia, poi sul misterioso incidente del Mig libico schiantatosi sui monti della Sila in quei giorni. Ecco una sintesi delle sue relazioni top secret. Per la verità ufficiale, scrive Quaroni, l’aereo è caduto un mese dopo la strage di Ustica, a luglio. Ma dai documenti ora disponibili emerge con tutta evidenza quanta disponibilità e fretta le autorità italiane abbiano messo nello sbarazzarsi del corpo del pilota, reclamato dai libici che sostengono trattarsi di un aviatore esperto rimasto vittima di un improvviso malore che lo avrebbe portato fuori rotta. Il carteggio custodito e coperto finora da massima segretezza è tutto un susseguirsi di raccomandazioni alla “sollecitudine” e di inviti ad assecondare la richiesta dei libici di una propria commissione ispettiva che viene accolta in Italia e dalla quale si riceverà poi la verità su quell’incidente.

Il giallo dei voli
In un inedito e scottante “Memorandum” del 2000 redatto dai consiglieri diplomatici della Farnesina e dall’intelligence, c’è tutta la storia delle relazioni tra i nostri governi e quelli del resto del mondo. I presidenti del Consiglio Massimo D’Alema e Giuliano Amato, in particolare, si rivolgono alle più alte autorità francesi, americane e libiche per chiedere di fare luce sulla strage. Buona parte del documento è dedicato al balletto di verità e smentite circa l’esistenza di una intensa attività di traffico militare nel Tirreno nella note del 27 giugno 1980.

Le resistenze degli Usa
È ancora il “Memorandum” a ricostruire la cronistoria delle bugie e delle mezze verità degli Usa. In un documento del 3 luglio 1980, infatti, gli americano affermavano che “nell’area dell’incidente non vi era alcuna nave né aereo statunitense, ivi compresi quelli della sesta flotta”. Risulta al contrario non solo il movimento di aerei americani ma anche di altri non identificati perché privi di sigla ma decollati da portaerei americani o francesi. Gli Usa, tuttavia, continueranno a sostenere il fermo diniego anche negli anni successivi, anche di fronte all’evidenza fino a negare l’esistenza di registrazioni radar. A smentirli era però il comandante della loro portaerei Saratoga che sosteneva di aver notato “un traffico aereo molto sostenuto nell’area di Napoli soprattutto in quella meridionale: sul radar abbiamo visto passare molti aerei”.

Il mistero del casco

Una informativa declassificata della Farnesina inviata al ministro degli Esteri, rivela che un casco con la scritta John Drake, ritrovato in mare, vicino al luogo in cui precipitò il Dc 9, era da attribuire a un pilota americano che, decollato da un mezzo navale, aveva dovuto lanciarsi in mare “qualche tempo” prima dell’incidente di Ustica. Il casco era finito all’aeroporto palermitano di Boccadifalco insieme con altri reperti ripescati in mare a Ustica. Ma è sorprendente quel che accadde dopo: il casco seguì gli altri reperti quando furono trasferiti da Palermo a Napoli “ma è andato smarrito o con più probabilità è stato fatto sparire”.

L’Italia e il colonnello

A febbraio del 1980, di fronte alle autorità nordafricane che premono per una visita in Italia di Gheddafi, il ministero degli Esteri frena, imbarazzato. Tuttavia sono passi felpati e dinieghi attendisti per non urtare la suscettibilità del Colonnello. L’allora ministro degli Esteri Franco Malfatti raccomanda “prudenza” ai diplomatici che trattano con i libici.

Maltempo: un morto in Alto Adige Neve in Friuli Venezia Giulia

pompiereda TGCOM24

La vittima è un 39enne capo dei vigili del fuoco volontari di Campodazzo (Bolzano). E’ stato travolto da una frana. Forte tramontana in Liguria, volo dirottato da Genova

Alexander Mayr, 39 anni, capo dei vigili del fuoco volontari di Campodazzo, un paesino alle porte di Bolzano, è morto la notte scorsa mentre era al lavoro su una serie di frane causate dal maltempo che si sono abbattute sulla statale del Brennero. In Friuli Venezia Giulia invece i primi assaggi di inverno con pioggia e vento e l’arrivo della neve intorno ai 2mila metri.

La statale del Brennero è stata chiusa nella zona di Campodazzo, dove il comandante dei pompieri volontari è morto travolto da uno smottamento. Mentre con i suoi colleghi stava valutando la situazione, una frana lo ha trascinato nel torrente Isarco. E’ stato recuperato più a valle, ma nonostante i tentativi di rianimazione, è deceduto. Mayr lascia la moglie e tre figli.

Chiusa anche la strada provinciale per Tires. La provinciale Prato Isarco – Fiè è chiusa per la caduta di una frana, come anche provinciale da Collalbo a Vanga di Sotto sull’altipiano del Renon.

“Quasi-inverno” in Fvg, neve sui monti – Le webcam dell’Osservatorio meteorologico regionale (Osmer) dell’Arpa, mostrano una spolverata di neve sul monte Lussari, a 1.789 metri, con una temperatura di 2 gradi alle 8. Neve anche sullo Zoncolan e sulle alture sopra Barcis (Pordenone). Per la giornata si prevede cielo in prevalenza nuvoloso, con piogge intermittenti, in genere deboli o moderate e più probabili verso est, e qualche schiarita, specie in Carnia.

Cade un grosso albero in strada a Roma, chiusa strada – Sono diversi gli alberi caduti in varie zone di Roma a causa del maltempo. In particolare i vigili del fuoco sono al lavoro per rimuoverne uno di grosse dimensioni in via Gaspara Stampa, in zona Montesacro. La polizia municipale ha chiuso la strada per consentire le operazioni. Al momento non si segnalano feriti. Secondo quanto si è appreso, altri alberi sono caduti sulla via del Mare, La Rustica e La Storta.

Forte tramontana, volo dirottato da Genova – Disagi si registrano a Genova a causa delle forti raffiche di tramontana con punte anche di oltre trenta nodi che da questa mattina soffiano sul capoluogo ligure. Per le forti raffiche è stato necessario dirottare un volo della Lufthansa in arrivo da Monaco. Il velivolo è stato dirottato su Torino e i passeggeri sono stati portati a Genova in autobus. Disagi si registrano anche in porto dove le operazioni di scarico e carico sono rallentate sia a Genova sia al Vte di Voltri e sulle autostrade dove i cartelli stradali indicano di procedere con prudenza a causa delle forti raffiche. Decine gli interventi dei vigili del fuoco per rimuovere alberi, rami, cartello divelti dal vento e per mettere in sicurezza tetti pericolanti. I problemi maggiori si registrano nel ponente e sulle alture cittadine.

Perugia, diversi interventi vigili fuoco per pioggia e vento – Sono diversi gli interventi compiuti dai vigili del fuoco nella provincia di Perugia per l’intensa pioggia delle ultime ore. Nel capoluogo, tra la zona dei Ponti e di San Marco, le squadre hanno lavorato per la rimozione di alberi e alberi caduti che in alcuni casi ostacolavano la circolazione stradale. Domenica pomeriggio in Altotevere per la pioggia e il vento un albero è caduto sui binari della ex Ferrovia centrale umbra ed alcuni sottopassi e scantinati sono stati allagati richiedendo l’intervento dei vigili del fuoco anche con idrovore. Nessun problema viene segnalato comunque per le persone.

Calo del 20%, i balneari lanciano grido d’allarme – “Un calo generalizzato del 20 per cento per i balneari italiani. La stagione estiva si è hiusa con un bilancio in rosso”. Il grido d’allarme è di Riccardo Borgo, presidente nazionale del Sib, il sindacato italiano dei balneari. “Il brutto tempo – dice Borgo che è anche titolare dei Bagni La Bussola di Bergeggi, nel Savonese – ha inciso pesantemente su tutta la stagione. Da giugno alla fine d’agosto, a parte qualche breve parentesi abbiamo vissuto una stagione decisamente difficile. Basti pensare che nel mese di giugno su 5 weekend, 4 sono stati di maltempo e a luglio, su 4 fine settimana, 3 sono stati caratterizzati da piogge, vento e una brusca diminuzione delle temperature e così è stato anche nelle giornate infrasettimanali di tutta l’estate”.

1 settembre 2004: Denise, 10 anni fa la scomparsa. La madre le scrive una lettera

denise 2da TGCOM24

Nessuna traccia dal 1 settembre del 2004. Il giorno della scomparsa la piccola non aveva ancora compiuto 4 anni e oggi ne avrebbe 13. Piera Maggio non si è mai arresa nella ricerca della figlia

Dieci anni fa, il primo settembre del 2004 a Mazara del Vallo scompariva la piccola Denise Pipitone. Nessuna traccia da allora. Il giorno della scomparsa non aveva ancora compiuto 4 anni e oggi ne avrebbe 13. La madre, Piera Maggio, non si è mai arresa nella ricerca della figlia ed è ancora convinta di poterla ritrovare.

Ecco una lettera che la donna ha scritto alla figlia, in occasione di questo triste anniversario.

“Ciao tesoro mio, tu forse non ti ricordi di me, io sono la tua mamma, mi chiamo Piera. Sono trascorsi dieci lunghi anni senza poterti vedere senza poterti abbracciare e coccolarti come spesso facevo, mi manchi tantissimo. Oggi sarai diventata una bellissima signorina di quasi quattordici anni, che sicuramente non conosce la sua vera identità. Ti chiami Denise, questo è il tuo vero nome, ti abbiamo fortemente voluta, sei nata a Mazara del Vallo in Sicilia, poi all’età di quasi quattro anni, delle cattive persone ti hanno portata lontano da noi, strappandoti dal nostro amore, facendoci soffrire lasciandoci nell’angoscia più totale.

Quando eri piccolina all’età di tre anni, ti piaceva tanto cantare, conservo ancora le canzoncine mentre lo facevi. I tuoi cartoni preferiti erano Hamtaro Piccoli Criceti e le sventure di Sophie, la mattina se non terminava la puntata non volevi andare alla scuola materna. Una volta hai voluto che ti comprassi “la bambola di vetro” così la chiamavi tu! si trattava di una bambola di porcellana, io non volevo fartela tenere fra le braccia per paura che si rompesse e ti facessi del male, non c’è stato nulla da fare era una delle tue preferite e l’hai anche chiamata Sophie, la protagonista del tuo cartone.

Ricordi, prima di andare a letto ti raccontavo la favola, tu recitavi le preghierine in compagnia del tuo angioletto Serafino, e dopo beatamente ti addormentavi senza troppe storie. Eri troppo forte e divertente quando facevi le imitazioni delle persone che più ti colpivano, e poi quella mania che avevi delle scarpe con i tacchi e le borse, se vedevi qualcuno che indossava delle scarpe che a te piacevano, allora gli chiedevi “me lo fai fare un giro?”.

Per non parlare della stranezza che provai quando un giorno tu, seduta a guardare la tv della domenica mattina, ti senti dire mentre guardavi la messa, che eri estasiata dal talare che indossava il prete che celebrava la funzione, cosa insolita per una bambina di quattro anni, ti piacque così tanto che commentammo insieme quale ti era sembrato più bello.

E poi da piccola eri una crocerossina perfetta, ti munivi di cotone intriso di l’alcool, ed eri pronta a curare gli altri, guai se notavi qualcuno di noi con qualche crosticina… Sempre nel 2004, esattamente nel mese di giugno, dopo aver partecipato al matrimonio di un parente, sei rimasta colpita dall’abito da sposa e dal velo nuziale, tanto da giocare con la tua cuginetta “allo sposo e alla sposa”, dicevi sempre che andavi al tuo “patrimonio” storpiando la parola, si! … perché nelle tue fantasie di bambina, un giorno ti saresti sposata per indossare il velo e l’abito che tanto a te piaceva. Ricordo con rammarico quella volta che ti ho dato qualche sculacciata, oggi per questo mi sento un po’ in colpa… Avrei tante altre cose da scrivere, non basterebbe una pagina, e quindi mi fermo qui!.

Adesso quello che ci rimane sono quei bei ricordi di una bambina tanto buffa e birichina che amava tanto parlare, sorridere e scherzare e che risultava molto più matura rispetto alla sua età, che sapeva esprimere tanto amore verso chi gli voleva un bene dell’anima. Denise, sei sempre nei nostri pensieri, nei nostri cuori, hai lasciato un vuoto immenso in noi, manchi tantissimo al tuo papà e a tuo fratello che ha tanto sofferto la tua assenza. Oggi il dolore ha assunto un retro gusto di rabbia e frustrazione, per tutto quello che è successo in questi anni. Tante sono le persone che ti vogliono bene, ma anche quelle che hanno voluto che questo male continuasse e agisse nel silenzio…

Noi siamo qui ad attendere con speranza il tuo ritorno, vogliamo giustizia per coloro che questo male abominevole e disumano lo hanno procurato! Io non mi arrendo, noi non ci arrendiamo! E assieme a me, tutte le persone che ti vogliono bene e che attraverso noi, hanno imparato a conoscerti!!! Ovunque tu sia spero che tu stia bene e che ti senta amata come avremmo fatto noi.

Non so dove, non so quando, io ti riabbraccerò! TI VOGLIAMO UN MONDO DI BENE! P.S. Denise, se ho suscitato in te un qualche ricordo o se ti riconosci in quello che ho scritto, mettiti in contatto con noi! La tua mamma, Piera Maggio (Pietra)

Andria, Gdf scopre maxi truffa olio d’oliva: 16 arresti

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Blitz della Gdf di Andria, in Puglia: tre associazioni per delinquere che gestivano un giro d’affari illecito stimato in 30 milioni di euro sono state smantellate dai militari: 16 arresti in tutto. L’indagine è a carico di imprenditori pugliesi accusati, con la complicità di indagati calabresi: si trasformava olio di oliva comunitario in olio 100% italiano biologico.

L’inchiesta ha accertato che le tre presunte organizzazioni criminali pugliesi – due delle quali facevano capo ad uno stesso imprenditore andriese – si sono avvalse della complicità di imprese che commercializzano olio di oliva in Puglia e in diverse città della Calabria.

A queste imprese era affidato il compito – secondo il procuratore di Trani, Carlo Maria Capristo, e il pm inquirente Antonio Savasta – di fornire false fatture attestanti fittizi approvvigionamenti di olio extravergine di oliva prodotto in Italia necessari ‘cartolarmente’ a legittimare ingenti acquisti di olio proveniente, in realtà, dalla Spagna. In sostanza, l’olio d’oliva comunitario, con la complicita’ di altri indagati (confezionatori e commercianti all’ingrosso) veniva messo sul mercato come olio biologico 100% italiano, sfruttando il valore aggiunto delle menzioni riservate ai prodotti ‘Made in Italy’ e biologico.

Tonnellate di tonno all’olio contaminato – L’indagine ha permesso anche di apporre i sigilli a circa 400 tonnellate di olio dalle qualità organolettiche scadenti e/o contaminate. L’olio sequestrato – secondo le indagini della Guardia di Finanza – era miscelato con grassi di diversa natura contenenti fondami ed impurezze imputabili al circuito della raccolta degli oli esausti della ristorazione, nonché di provenienza furtiva, oppure, scortati da documenti di accompagnamento indicanti natura e qualità diversi da quelli reali.

Il boss dei boss Totò Riina: “Intercettavamo Borsellino”

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La mafia teneva sotto controllo il telefono del giudice Paolo Borsellino o dei suoi familiari. Lo ha rivelato, parlando a un compagno di carcere, Totò Riina. “Sapevamo – ha detto il boss di Cosa Nostra in una conversazione intercettata dagli investigatori – che doveva andare là perché lui gli ha detto: ‘domani mamma vengo'”.

“Il fatto che è collegato là è un colpo geniale proprio. Perché siccome là era difficile stare sul posto per attivarla… Ma lui l’attiva lo stesso”, commenta Lorusso il 29 agosto del 2013. Il boss detenuto racconta di avere cercato di uccidere Borsellino per anni. “Una vita ci ho combattuto – dice – una vita… La’ a Marsala (il magistrato lavorava a Marsala ndr)”.

“Ma chi glielo dice a lui di andare a suonare?” si chiede Riina. “Ma lui perche’ non si fa dare le chiavi da sua madre e apre”, aggiunge confermando che a innescare l’esplosione sarebbe stato il telecomando piazzato nel citofono dello stabile della madre del magistrato in via D’Amelio. “Minchia – racconta – lui va a suonare a sua madre dove gli abbiamo messo la bomba. Lui va a suonare e si spara la bomba lui stesso. E’ troppo forte questa”.

Secondo gli inquirenti Cosa nostra avrebbe predisposto una sorta di triangolazione: un primo telecomando avrebbe attivato la trasmittente, poi suonando al citofono il magistrato stesso avrebbe inviato alla ricevente, piazzata nell’autobomba, l’impulso che avrebbe innescato l’esplosione.

La tecnica, per i magistrati, sarebbe analoga a quella usata per l’attentato al rapido 904 per cui Riina e’ stato recentemente rinviato a giudizio come mandante. Questo genere di innesco si renderebbe necessario quando è pericoloso o impossibile per chi deve agire restare nei pressi del luogo dell’esplosione.

Camorra, duro colpo ai clan Belforte e Moccia: arrestati 26 affiliati

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Duro colpo al clan Belforte di Marcianise, nel Casertano. Carabinieri, polizia e guardia di finanza hanno eseguito un’operazione interforze arrivando all’arresto di 9 persone e al sequestro di parecchie decine di milioni di euro. Tra i beni sequestrati ditte, abitazioni e società riconducibili a persone ritenute legate al clan.

Arrestati 17 affiliati al clan “Moccia” – In un’operazione congiunta di polizia e carabinieri, sulla guerra fra clan che ha visto diversi omicidi nel Napoletano, sono stati arrestati 17 esponenti dei “Moccia”. I fermati sono indiziati d’associazione di tipo mafioso, porto abusivo di arma da fuoco ed estorsione, aggravati dalle finalità mafiose. Secondo le indagini, coordinate dalla Dda di Napoli, il gruppo si stava estendendo dal rione Salicelle di Afragola, a Casoria, Caivano, Crispano e Cardito, dopo una scissione che ha causato un conflitto interno al gruppo con alcuni omicidi.

Soffoca nel sonno figlio adottivo Pescara, 47enne: è stato un raptus

maravalleda TGCOM24

Massimo Maravalle ha ammesso le sue responsabilità. L’uomo soffriva era sotto controllo per problemi psichiatrici. Agli agenti ha detto di essere stato colto da un raptus. Sotto shock la madre del piccolo, che aveva solo 5 anni, e i parenti dell’uomo

La polizia di Pescara ha fermato un uomo di 47 anni, Massimo Maravalle, che ha confessato di aver soffocato nel sonno il figlio adottivo di cinque anni. Gli agenti sono intervenuti nell’appartamento dopo l’allerta del 118, chiamato dalla madre. Il 47enne, che era sotto controllo sanitario per delle patologie psichiatriche, ha detto di essere stato colto da un raptus. Sotto shock la donna e i parenti dell’uomo. L’accusa è di omicidio aggravato.

A insospettire prima il 118, chiamato dalla madre, poi la volante intervenuta, è stato l’atteggiamento “stranamente impassibile” dell’uomo e le diverse ecchimosi sul collo del piccolo. Maravalle soffre infatti di psicosi atipica e aveva interrotto i farmaci da quattro giorni. La piccola vittima si chiamava Maxim ed era stata adottata nel maggio del 2012. Era un bambino tranquillo che non dava nessun tipo di problemi, ancor meno da scatenare quel tipo di reazione nel padre.

Il racconto di un vicino di casa
– I vicini di casa dei Maravalle sono ancora increduli e non riescono a spiegarsi come sia stata possibile una tragedia del genere. “Siamo stati insieme a Maxim e alla mamma fino a dopo mezzanotte – ha detto all’Ansa uno degli inquilini dei coniugi – per la festa di compleanno di una ragazza di 17 anni che abita nella palazzina. Erano felicissimi. Maxim giocava e sorrideva con tutti. Non c’era il papà, ma loro sono stati con noi fino alla fine. Era tardi, ma Maxim era contento. E’ una tragedia che non riesco a spiegarmi. Una famiglia a modo. Lui tecnico informatico, lei avvocato. Due genitori che stravedevano per il figlio”. “Lo avevano adottato che aveva due anni e mezzo. Avevano fatto tanti sacrifici per averlo. Erano stati più di una volta in Russia per le pratiche di adozione. Ma soprattutto il papà viveva per il figlio. Gli comprava regali in continuazione. Vivevano uno per l’altro. Per questo tremo ancora a pensare quello che è successo”, ha spiegato. L’inquilino ha poi raccontato di aver saputo solo questa mattina, vedendo la polizia sotto casa, della tragedia. “Non pensavo veramente quello che poi mi hanno detto. Stentavo a crederci. Mi sono sentito male e i poliziotti mi volevano portare al pronto soccorso”. “Questa notte un’altra inquilina, la ragazza che abita al piano di sotto mi ha detto che la mamma di Maxim l’ha chiamata a casa, dicendo che il figlio non stava bene. La giovane lo ha guardato e ha visto che non si muoveva, che era morto. Il papa’ era nervoso, e camminava avanti e indietro, ma non diceva nulla. Poi mi ha detto che è arrivata la polizia”, ha concluso.

Yara, Bossetti non era solo Si indaga su un secondo uomo

bossettida TGCOM24

Dalle indiscrezioni non emerge se il complice abbia partecipato al rapimento e al delitto della ragazzina o se abbia solo aiutato a nasconderne il cadavere

Il suo ruolo non è stato chiarito. Dalle indiscrezioni non emerge se abbia partecipato al rapimento e al delitto o se abbia solo aiutato a nascondere il cadavere. Di certo c’è che le indagini per l’identificazione di un secondo uomo sono in corso. Massimo Giuseppe Bossetti non sarebbe stato solo, quella sera, il 26 novembre del 2010, avrebbe avuto un complice. Ora, in questa seconda fase dell’inchiesta, è questo l’elemento più importante dell’indagine che punta a fare chiarezza sul delitto di Yara Gambirasio, la 13enne di Brembate Sopra.

Ci sono elementi forti in mano a chi indaga che danno l’assoluta certezza che la dinamica dell’assassinio non sia quella dell’omicida solo dall’inizio alla fine e quindi si lavora per completare il mosaico, mancante delle tessere più importanti. Quelle che delineano il movente e le complicità. Intanto Bossetti dal carcere chiede ancora una volta di vedere i figli, rivolge un pensiero al padre che l’ha cresciuto in questi 43 anni che si trova in gravi condizioni di salute e che vorrebbe vedere ancora una volta.

Dall’analisi del pc del muratore di Mapello, invece, emergono file hard memorizzati durante la navigazione internet. Ma secondo la procura si tratterebbe di elementi trascurabili, irrilevanti ai fini dell’inchiesta.