On line la Relazione 2011 dell’Agenzia beni confiscati alla criminalità organizzata

da Ministero Interno

Più dell’83% degli immobili confiscati si concentra al Sud, il 5,44% al Centro e l’11,19% al Nord. Tra le finalità del loro reimpiego prevalgono quelle sociali, seguite da sicurezza e soccorso, uffici, sanità e scuole. Solo nel 2011 sono state sottratte ai clan 139 aziende

È consultabile da questa mattina sul sito dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (Anbsc), nella sezione ‘Relazioni’, la Relazione 2011 sull’attività dell’organismo, nato nel 2010 per dare un’incisiva accelerazione alla lotta contro la criminalità organizzata.
Oltre ad un rapporto statistico dettagliato su numero di beni confiscati, distribuzione geografica e loro destinazione, la Relazione riporta lo stato di applicazione del progetto R.E.G.I.O. sullo scambio telematico dei dati con il ministero della Giustizia e le novità introdotte dal Codice delle leggi antimafia, con le relative proposte di modifica presentate recentemente alla Commissione antimafia dal direttore dell’Agenzia Giuseppe Caruso.
I compiti dell’Agenzia si riconducono alla fase giudiziaria (dal sequestro alla confisca del bene) e amministrativa (dopo la confisca, destinazione e consegna). Nella prima fase l’Anbsc supporta l’autorità giudiziaria durante il procedimento; nella seconda, lavora per la destinazione del bene che deve avvenire entro 90 giorni dalla confisca. In entrambe le fasi l’Anbsc, che opera sotto la vigilanza del ministero dell’Interno, monitora i dati sui sequestri e le confische, e in base a questi programma la destinazione dei beni. Il Codice antimafia non ha modificato le attribuzioni dell’Agenzia, che ha come mission primaria la restituzione allo Stato e alle comunità locali dei beni illecitamente accumulati dai clan, nel minor tempo e nel migliore stato possibili.

Grafico a torta sulla distribuzione geografica beni confiscatiQualche dato sui beni confiscati

Questa la fotografia sintetica dei beni immobili confiscati definitivamente, per quantità e distribuzione geografica: al 31 dicembre 2011 sono in totale 10.438 i beni confiscati, tra immobili in gestione, destinati e consegnati, destinati non consegnati e usciti dalla gestione, solitamente per revoca della confisca o esecuzione immobiliare. Il 75% di questi beni si concentra in 3 regioni, Sicilia (con 4.649 beni pari al 44% del totale), Calabria e Campania, seguite da Puglia e Lombardia. Sul territorio italiano, tirando le somme, l’83,37% di questi beni si concentra al Sud, il 5,44% al Centro e l’11,19% al Nord.
Per quanto riguarda la loro destinazione, all’86,66% sono stati trasferiti al patrimonio indisponibile degli enti territoriali, quasi sempre i comuni dove sono ubicati,il restante 11,36% a Forze dell’ordine, Vigili del fuoco e Capitanerie di porto. Sotto il profilo delle finalità, cioè in concreto del loro riutilizzo, prevalgono quelle sociali seguite da quelle abitative, da sicurezza e soccorso pubblico, uffici, sanità, scuole, e altro. Le principali criticità che l’Agenzia incontra nella gestione, in attesa della confisca, dipendono dalla presenza di ipoteche o da procedimenti giudiziari in corso.
Le aziende confiscate al 31 dicembre 2011 sono in totale 1.516, di cui 139 nel solo 2011. Si trovano in 17 regioni italiane, ma la maggior parte (95%) si concentra in 6 regioni, Sicilia in testa. Il 69,7% è in gestione all’Agenzia, anche se molte sono senza dipendenti o in attesa di uscire dalla gestione, cosa che avviene nel 59,3% dei casi a seguito della loro cancellazione dal Registro delle imprese. A livello di distribuzione geografica, il 37% si trova in Sicilia, il 20,5% in Campania, e sono altre 4 le regioni – Lombardia, Calabria, Puglia e Lazio – con almeno 100 aziende confiscate presenti.
Infine, i beni mobili registrati. Al 31 dicembre 2011 risultano in totale 4.240, il 30,68% dei quali si trova in Sicilia.

Nuove difese contro i tentativi di infiltrazione mafiosa in Emilia Romagna

da Ministero dell’Interno

Alla presenza del ministro Cancellieri, siglato a Rimini un protocollo d’intesa tra il presidente e i prefetti della regione che riguarda il settore dell’edilizia privata
Crescono gli strumenti per combattere i tentativi di infiltrazione mafiosa, anche all’interno del settore privato. In Emilia Romagna è stato sottoscritto oggi un protocollo per far fronte al rischio di ingressi sgraditi nel tessuto economico del territorio che riguarda, in particolare, l’edilizia privata.

L’accordo, tra i prefetti e la regione Emilia Romagna, è stato siglato alla presenza del ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri nella Sala del Giudizio del Museo civico di Rimini. Presenti, tra gli altri, il presidente della regione Vasco Errani, l’assessore regionale alle Attività produttive Gian Carlo Muzzarelli, i rappresentanti regionali di Anci e Upi, i sindaci delle principali città emiliano-romagnole – compresi il sindaco di Rimini Andrea Gnassi e il sindaco di Bologna Virginio Merola – e dei presidenti delle province.

«Dobbiamo lavorare insieme», ha osservato il ministro Cancellieri. «Facendo sinergie si ottengono sicuramente risultati significativi».

Rimini, l'intervento del ministro Cancellieri

Il protocollo prevede la dematerializzare degli adempimenti e il miglioramento dello scambio di informazioni tra le pubbliche amministrazioni. Ha durata di due anni ed è rinnovabile per un ulteriore biennio. Va a completare l’attuazione della legge regionale 11 del 2010 che ha introdotto disposizioni per la promozione della legalità e della semplificazione nel settore edile e delle costruzioni a committenza pubblica e privata.
Grazie al protocollo, le prefetture si impegnano a considerare, tra i soggetti legittimati a richiedere la documentazione antimafia, anche le imprese affidatarie ed esecutrici di lavori per i quali è rilasciato dai comuni il permesso di costruire nel settore dell’edilizia privata. In caso di costruzioni di rilevante entità economica, il protocollo intensifica i controlli antimafia coinvolgendo l’Anci Emilia-Romagna.

«La legalità – ha sottolineato il presidente Errani – è un valore irrinunciabile per la nostra regione, e non da oggi. Questo è un ulteriore passo in avanti per estendere le cautele antimafia anche nel settore privato». «Uno dei valori che deve essere rimesso al centro – ha proseguito – è la leale collaborazione tra istituzioni, senza primogeniture o protagonismi».

Vittime delle mafie, stabilite le misure proporzionali di accesso al Fondo per il 2012

da Ministero dell’Interno – Le somme relative a spese di costituzione in giudizio, onorari e difesa saranno liquidate insieme alla prima quota di accesso

L’accesso al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso avverrà per il 2012 in quote proporzionali nella misura del 60% all’atto di adozione della delibera e del 40% a saldo, allo scadere del primo anno dalla data di ogni delibera. Il tutto senza senza interessi, rivalutazioni eoneri aggiuntivi. Lo stabilisce la delibera n.1 del 10 gennaio 2012 del Commissario governativo per il coordinamento delle iniziative di solidarietà per le vittime dei reati di stampo mafioso.

Le somme dovute a titolo di rifusione delle spese di costituzione in giudizio, onorari e difesa, saranno liquidate in un’unica soluzione insieme alla prima quota di accesso al Fondo.

Consap S.p.A – la concessionaria pubblica che gestisce per conto del ministero dell’Interno il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell’usura – effettuerà i pagamenti nei termini previsti dall’atto di concessione (n.5497 del 27 giugno 2011).

Per quanto riguarda il saldo per l’anno 2009, si provvederà alla liquidazione del residuo ancora da pagare, senza interessi, rivalutazioni e oneri aggiuntivi. Per il 2010 si procederà alla liquidazione delle somme residue e del 30% degli importi relativi all’ultima tranche ancora da pagare, sempre senza interessi, rivalutazioni e oneri aggiuntivi, mentre per il 2011 saranno liquidate le somme residue e del 60% degli importi relativi alle due tranche ancora da saldare (senza interessi, rivalutazioni e oneri aggiuntivi.

Mafia, una grande questione nazionale

da Ministero dell’Interno

Il ministro dell’Interno Cancellieri nel corso di un’audizione al Senato davanti alla commissione bicamerale Antimafia: «Atteggiamenti omertosi sembrano replicare stili comportamentali tipici di scenari a legalità debole»

È ormai il caso di parlare di «questione settentrionale». Questa mattina il ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri ha lanciato un allarme sulla presenza di infiltrazioni mafiose nel Nord Italia.

«Recenti analisi investigative – ha riferito nel corso di un’audizione davanti alla commissione Antimafia al Senato – guardano con preoccupazione all’affermarsi, anche oltre i confini del Mezzogiorno, di atteggiamenti omertosi che sembrano replicare stili comportamentali tipici di scenari a legalità debole». Emergerebbe, infatti, «la pressoché totale assenza di segnali reattivi»: su 199 operatori economici vittime di atti di aggressione, solo uno ha sporto denuncia.

L’analisi secondo cui l’infiltrazione al Nord sarebbe un fenomeno confinato alle attività di riciclaggio e reinvestimento di capitali illeciti appare al ministro dell’Interno «poco attuale e fuorviante». Il pericolo maggiore, secondo Cancellieri, è percepire la questione solo come un problema criminale al quale dare una risposta prevalentemente repressiva. Invece, ha spiegato il ministro, il fenomeno «evoca aspetti di tale complessità sul piano sociale, culturale e soprattutto politico, da richiedere un impegno, severo e profondo, di uguale complessità».

«Le preoccupazioni – ha rilevato Cancellieri – nascono dalla pervasività dei fenomeni corruttivi che non solo affliggono, come ha ricordato il presidente della Corte dei Conti, il settore delle pubbliche amministrazioni, ma che rappresentano un’alterata modalità relazionale anche nei comportamenti dei privati». Trascurare il fenomeno nel privato, oltre a determinare effetti distorsivi per il mercato, lascerebbe «un varco troppo invitante per gli appetiti criminali».

Cancellieri ha segnalato anche «la difficoltà di intercettare il percorso migratorio delle organizzazioni criminali» che si mimetizzano affermando la loro presenza con modalità quasi sempre incruente. La mafia calabrese, ad esempio, «a differenza di altre consorterie, costituisce proprie strutture nei territori di nuovo insediamento».

Un altro segnale viene dai dati sui beni sequestrati. Dal 2009 ad oggi, ha riferito il ministro Cancellieri, sono stati sequestrati 5.974 beni alla criminalità organizzata nelle regioni del Nord, per un valore di circa un miliardo e mezzo di euro. Le confische hanno riguardato 1.606 beni. La maggior parte dei sequestri (2.798 per un valore di oltre un miliardo di euro) è stata fatta in Lombardia, seguono Piemonte (1.658) e Liguria (804).

Per quanto riguarda i giochi e le scommesse, ha riferito il ministro, è stata registrata «una crescita vertiginosa» che ha attirato gli interessi della criminalità organizzata e comportato, con la compulsività del gioco e il coinvolgimento dei minori, conseguenze «talora devastanti per la collettività e l’economia delle famiglie». Cancellieri ha quindi evidenziato l’opportunità di introdurre nel nostro ordinamento penale nuove norme anche se la collocazione fuori dal territorio nazionale di molte centrali di scommessa costituisce un serio ostacolo al lavoro investigativo.

Per quanto riguarda i provvedimenti di scioglimento delle amministrazioni locali per mafia, il ministro ha riferito che nei primi due mesi del 2012 ne sono stati disposti cinque, a fronte dei sei adottati complessivamente in tutto il 2011 e anche in tutto il 2010.

Nuovi sportelli antiracket a Caltanissetta e Caserta

da Ministero Interno

Il progetto di Confindustria e Commissario antiracket, finanziato dal Pon sicurezza, è stato presentato nella prefettura della provincia siciliana in presenza del ministro dell’Interno e del presidente di Confindustria. Cancellieri: al lavoro per il rating antimafia alle imprese

Nascerà a Caltanissetta e a Caserta una rete di sportelli antiracket a sostegno delle imprese che denunciano. È il contenuto del progetto ‘Caltanissetta e Caserta, città sicure e moderne’ presentato questa mattina nella prefettura del capoluogo nisseno dal presidente di Confindustria Caltanissetta Antonello Montante, che ha firmato la relativa convenzione in presenza del ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri, del presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, del commissario straordinario antiracket Giancarlo Trevisone e del vice capo della Polizia Nicola Izzo.

Si tratta di un progetto pilota sul quale si è cominciato a lavorare 10 anni fa, quando Confindustria Sicilia adottò il codice etico che impegna gli imprenditori aderenti a denunciare il ‘pizzo’. È finanziato con fondi del Pon sicurezza 2007-2013 e realizzato da Confindustria con il supporto del Commissario antiracket e antiusura, soggetto beneficiario dei fondi. L’iniziativa punta non solo a sostenere le aziende che decidono di sganciarsi dal condizionamento della criminalità ma anche a fare cultura d’impresa e di legalità, facendo conoscere tutti gli strumenti esistenti per opporsi al racket senza dover soccombere.

Il messaggio da parte delle istituzioni è che «Lo Stato c’è e ce la metterà tutta, chi vuole denunciare troverà sempre una porta aperta». Così il ministro Cancellieri ha commentato il progetto, aggiungendo, senza dimenticare il ruolo della società civile, che «se la gente non decide di aiutarci non si arriverà a nessun risultato». Concetti ribaditi dal commissario antiracket Trevisone, per il quale «la lotta alla criminalità organizzata non deve essere compito esclusivo di magistrati e forze dell’ordine, ma è necessario che tutti si espongano e prendano posizione, dalla società civile alle associazioni di categoria».

L’impegno nella lotta contro il racket è forte anche da parte di Confindustria, che attuerà materialmente il progetto. Lo ha sottolineato la presidente Marcegaglia ricordando che si tratta di una delle mission dell’associazione, che ha aderito a livello nazionale al modello lanciato in Sicilia operando una «scelta complessa perché significava espellere le imprese che non pagano il pizzo».

Il ministro Cancellieri, che ha ribadito il suo favore per l’assegnazione di un ‘rating‘ antimafia alle imprese, annunciando che «il progetto è già in stato avanzato», dopo la firma della convenzione si è recato con Marcegaglia nella sede dell’Area di sviluppo industriale della provincia di Caltanissetta (Asi), dove ha incontrato gli industriali del territorio.

LOTTA ALLE MAFIE: Nasce l’anagrafe degli esecutori per l’Expo 2015 di Milano

da Ministero dell’Interno

Firmato un protocollo contro il rischio di infiltrazioni mafiose. Cancellieri: «Il nostro Paese potrà dimostrare al mondo di essere grande»

Una piattaforma informatica permetterà di creare l’anagrafe degli esecutori dell’Esposizione Universale di Milano 2015 e di gestire online tutte le procedure per la sua realizzazione.
È una delle principali novità che sono state introdotte, per garantire trasparenza ed evitare il rischio di infiltrazioni mafiose, dal ‘Protocollo di legalità per il contrasto ai fenomeni di infiltrazione criminale negli appalti concernenti le opere essenziali in vista di Expo 2015’.

Protocollo Expo 2015 MilanoL’accordo è stato siglato questa mattina nella prefettura di Milano alla presenza del ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri. Una «cornice quadro mai vista in Italia» che, secondo il ministro, può divenire un punto di riferimento per tutto il Paese.
Il protocollo coinvolge la società Expo, il governo, la prefettura, il comune, la provincia, la regione, i sindacati e le associazioni di categoria. Il modello seguito, infatti, come ha sottolineato il ministro, è quello di «impegnarsi tutti, ognuno per la sua parte, a fronteggiare questo fenomeno, dalla mafia alla corruzione».
L’esposizione mondiale, ha osservato il ministro, «è una sfida che va raccolta, che abbiamo raccolta, e che bisogna strutturare per vincere». L’Expo 2015, ha commentato, «è una grande vetrina con cui il nostro Paese potrà dimostrare al mondo di essere grande».

Alla firma del protocollo erano presenti, tra gli altri, il prefetto di Milano Gian Valerio Lombardi, il sindaco Giuliano Pisapia e l’amministratore delegato di Expo Giuseppe Sala.
Tali provvedimenti, secondo il sindaco di Milano Pisapia, saranno «argini e anticorpi» nella lotta alla mafia. «Questa volta si fa sul serio» ha detto.
«È il momento di agire» ha sottolineato anche l’amministratore delegato Sala, «con i lavori appena avviati e la gara da oltre 200 milioni per la piastra (su cui saranno costruiti i padiglioni) che verrà aggiudicata a giugno».

la scheda

Il ‘Protocollo di legalità per il contrasto ai fenomeni di infiltrazione criminale negli appalti concernenti le opere essenziali in vista di Expo 2015’ si compone di 12 articoli e prevede, come già detto, la costituzione di una piattaforma informatica denominata Si.G.Expo, un data base in cui confluiranno tutte le informazioni dei soggetti economici impegnati a qualsiasi titolo nelle realizzazioni dell’Expo. Tale patrimonio informativo sarà a disposizione delle forze di polizia e delle altre amministrazioni deputate a svolgere compiti di vigilanza. Sarà utilizzato, inoltre, per le attività di analisi sulla base delle quali i prefetti potranno avviare iniziative di verifica sul posto, con l’accesso ai cantieri da parte dei gruppi interforze.
L’accordo prevede, inoltre, la rescissione del contratto per tutte le aziende che non passano le verifiche antimafia e per chiunque non denunci tentativi di estorsione o minacce.
La prefettura rilascerà i certificati antimafia e tutti i contratti, compresi quelli in subappalto, conterranno una clausola che prevede la rescissione del contratto qualora, dopo la firma, i controlli antimafia risultassero positivi.
Un’attenzione particolare è stata dedicata a settori delicati come lo smaltimento dei rifiuti, il movimento terra e il trasporto del materiale in discarica.
Il personale addetto ai cantieri e i mezzi in uso saranno costantemente monitorati e registrati su un settimanale di cantiere.
Il protocollo rientra in una più ampia strategia, messa in campo dal Governo in attuazione degli obblighi internazionali assunti con il Bureau International des Expositions (BIE), che comprende diversi provvedimenti. Tra questi, le linee-guida del Comitato di coordinamento per l’alta sorveglianza delle grandi opere (CCASGO) del 19 aprile 2011; inoltre, la costituzione del GICEX – il Gruppo di analisi interforze del Dipartimento della pubblica sicurezza – che affianca la prefettura di Milano per gli approfondimenti informativi e di analisi; infine, lo strumento delle white list inserito con il D.P.C.M. del 18 ottobre 2011.

Operazione “Cinemastore” contro la Sacra Corona Unita: 42 arresti a Lecce

(da Polizia di Stato)

Un’indagine durata circa tre anni ha portato all’arresto di 42 persone da parte della Squadra mobile di Lecce, mentre sono ancora sette i ricercati.

Si tratta di appartenenti ad un’organizzazione criminale affiliata alla Sacra Corona Unita, tutti indagati per il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, tentata estorsione, riciclaggio e tentata rapina.

Uno degli arrestati aveva il ruolo di responsabile su tutto il territorio di Lecce e dintorni a cui gli affiliati si rivolgevano per risolvere controversie e per garantire il rispetto delle regole imposte dall’organizzazione mafiosa. Altri invece, avevano il controllo di tutte le attività illecite a Lecce, come il traffico di droga, la riscossione dei crediti, la gestione del gioco d’azzardo, le estorsioni e la riscossione del “punto” sul commercio della droga. Quest’ultimo consisteva in una tangente che tutte le organizzazioni criminali “minori” dovevano pagare all’organizzazione maggiore che aveva il controllo di tutto il territorio.

L’operazione “Cinemastore” – dal nome del negozio del capoluogo salentino che nel 2009 fu obiettivo di un attentato dinamitardo e da cui partirono le indagini – ha evidenziato che l’associazione criminale utilizzava metodi violenti per controllare il territorio e per far valere le proprie condizioni.

Estorsioni, minacce , assoggettamento e omertà erano i principali metodi usati dagli affiliati.

L’indagine, condotta con intercettazioni telefoniche ed ambientali, servizi di osservazione e pedinamento, grazie anche alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, ha inoltre fatto luce sui forti legami che il gruppo aveva con esponenti della criminalità organizzata brindisina, alcuni dei quali arrestati stamattina.

Durante l’operazione sono stati sequestrati 200 grammi di cocaina ed un chilo e mezzo di hashish.

Mafia: sequestro di 25 milioni al fedele di Messina Denaro

(da Polizia di Stato)

Aveva creato un impero economico fatto di imprese che spaziavano dalla commercializzazione di prodotti agricoli all’edilizia e al settore turistico-alberghiero.

Michele Mazzara era un semplice coltivatore trapanese che aveva fatto le sue fortune grazie alla mafia. Un’escalation economica dovuta all’investimento di capitali illeciti.

Stamattina agenti della questura di Trapani e agenti della Guardia di finanza – del “gruppo di investigazioni” costituito da poco tempo dal questore – hanno sequestrato beni per 25 milioni di euro a Michele Mazzara, 52 anni, fedelissimo del boss Matteo Messina Denaro.

Arrestato nel 1997 per associazione mafiosa, Mazzara copriva la latitanza del capomafia latitante, trovandogli nascondigli sicuri e luoghi da usare per i summit.

Il criminale Michele ed i suoi prestanome, soprattutto a partire dagli anni ’90, hanno accumulato un immenso patrimonio immobiliare, con l’acquisto di ettari di terreno, poi ulteriormente accresciuto con analoghi e consistenti acquisti, a fronte di dichiarazioni al fisco di redditi pressoché inesistenti.

Tra i beni sequestrati 99 immobili – tra i quali terreni per 150 ettari e alberghi, 8 autovetture, tra cui due Suv , 17 automezzi agricoli, 86 tra conti correnti e titoli e 3 società operanti nella ristorazione, nell’edilizia e nell’assistenza per anziani.