OPERAZIONE DELLA POLIZIA DI STATO CONTRO I FIANCHEGGIATORI DEL LATITANTE MATTEO MESSINA DENARO

CASTELVETRANO: 17 PERSONE INDAGATE E SOTTOPOSTE A PERQUISIZIONE SU ORDINE DELLA DIREZIONE DISTRETTUALE ANTIMAFIA DI PALERMO.
La Polizia di Stato di Trapani sta eseguendo dalle prime luci dell’alba una  serie di perquisizioni a Castelvetrano, Mazara del Vallo, Partanna, Santa Ninfa, Salaparuta e Campobello di Mazara, finalizzate a colpire la rete di fiancheggiatori del latitante Matteo Messina Denaro e a raccogliere ulteriori elementi utili alla sua cattura.
Sono 17 gli indagati dell’operazione condotta dalla Polizia di Stato e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo.
Si tratta di soggetti che, nel corso degli anni, sono stati arrestati per associazione mafiosa e che hanno avuto collegamenti e frequentazioni con appartenenti a “Cosa nostra”. Fra loro vi sono anche alcuni soggetti che, storicamente, sono stati in stretti rapporti con il latitante Matteo Messina Denaro. Ora la Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, su segnalazione della Polizia di Stato, li ha sottoposti a una nuova indagine perché sospettati di agevolare la latitanza del capomafia della provincia di Trapani.
150 uomini del Servizio Centrale Operativo, delle Squadre Mobili di Palermo e di Trapani e del Reparto Prevenzione Crimine di Palermo hanno perquisito edifici, abitazioni, attività commerciali e imprenditoriali di persone legate al boss latitante.
Gli investigatori della Polizia stanno utilizzando anche attrezzature speciali per verificare l’esistenza di cavità o nascondigli all’interno degli edifici.
L´attività investigativa di oggi dà un altro duro colpo alle famiglie mafiose del trapanese, dopo i 21 arresti di boss e gregari di Cosa nostra finiti in cella ad aprile, su ordine della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, nel corso dell´operazione “Anno Zero” contro i clan di Castelvetrano, Partanna e Mazara del Vallo.
Lo scorso mese di dicembre altri trenta mafiosi erano stati iscritti nel registro degli indagati dalla D.D.A. di Palermo quali fiancheggiatori della latitanza del boss Matteo Messina Denaro ed erano stati sottoposti a perquisizione dagli investigatori della Polizia di Stato di Palermo e di Trapani.

di Umberto Buzzoni e Renato D’Angelo
foto Polizia di Stato

Foggia. Tentato omicidio, la Polizia arresta i responsabili

Lo scorso  27 marzo M.C. insieme al giovane figlio, mentre uscivano dalla propria abitazione, erano stati affrontati da due persone, una delle quali aveva sparato due colpi di arma da fuoco al loro indirizzo senza causare ferimento per un solo caso fortuito.
Le immagini dei sistemi di videosorveglianza presenti nella zona, acquisite dai poliziotti della Squadra Mobile, hanno permesso di visualizzare l´arrivo degli autori dell´agguato alcuni minuti precedenti a bordo di un´autovettura con targa di nazionalità bulgara.
Le varie attività tecniche avviate dalla Polizia di Stato, hanno consentito di orientare le indagini sul versante familiare, evidenziando l´esistenza di un forte rapporto conflittuale fra la vittima ed il proprio fratello Maurizio 43enne, pregiudicato, come confermato dal medico in sede di denuncia.
Inoltre, ad avvalorare tale movente, era il fatto che gli autori dell´agguato fossero riusciti ad entrare nell´androne della casa della vittima senza alcuna forzatura al portone di ingresso e pertanto risultava plausibile che il 43enne potesse disporre di dette chiavi di ingresso e le avesse date ai soggetti incaricati di uccidere il fratello.
I poliziotti, grazie alla targa del veicolo, oggetto di localizzazione, hanno identificato, in un casolare, un 28enne albanese e la propria madre, oltre ad un terzo soggetto albanese.
Condotti presso gli Uffici della Squadra Mobile, da attività tecniche ivi predisposte, nonché dall´escussione dei due albanesi madre  e figlio  è emersa la loro piena partecipazione attiva in qualità di esecutori materiali del tentato omicidio, nonché la circostanza che il loro coinvolgimento era stato richiesto da parte del M.C., grazie anche all´intermediazione di uno straniero allo stato non identificato  che, previo pagamento della somma di 5mila euro, aveva dato loro l´incarico di uccidere il proprio fratello, fornendo nel contempo anche l´arma da utilizzare. Dalle indagini è emerso inoltre che il M.C., al fine di precostituirsi un alibi, aveva consegnato preventivamente ai due Albanesi uno scritto in cui risultava che loro stessi avevano ricevuto mandato di simulare l´azione delittuosa da parte della stessa vittima, ovvero M.C., tale scritto i due Albanesi avrebbero dovuto consegnarlo all´Avvocato nel caso in cui fossero stati fermati dalla Polizia.

di Umberto Buzzoni e Renato D’Angelo
Foto Polizia di Stato

 

Genova, presi dai “Falchi” rapinatori di supermercato

La Polizia di Stato di Genova ha arrestato due persone responsabili di 3 rapine a mano armata in supermercati del capoluogo ligure.  L´operazione dei poliziotti della squadra mobile giunge all’esito di un´articolata indagine, scaturita da due violente rapine messe a segno lo scorso mese di marzo da una coppia di motociclisti armati di pistola. Nella prima rapina, un uomo robusto, travisato da un passamontagna ed un casco nero, con la pistola in pugno, aveva fatto irruzione in un  market, prelevando un bottino di oltre 4000 euro e fuggendo poi con il complice a bordo di una moto di grossa cilindrata. Nella seconda, la scena si ripeteva in un supermercato dove la rapina non si è consumata solo per la ferma opposizione della cassiera dell´esercizio commerciale, che si era rifiutata di aprire la cassa. I poliziotti della Sezione Criminalità Diffusa della Squadra Mobile hanno avviato immediatamente un´ attività investigativa, che ha permesso di individuare il motoveicolo ed il probabile “covo” dei rapinatori. Dai servizi di osservazione e controllo svolti dai “Falchi” della Squadra Mobile si è arrivati all´arresto della prima persona, sorpreso subito dopo aver rapinato nuovamente il market. A seguito della perquisizione  presso il “covo” è stato arrestato l´altro autore delle rapine. Sono stati rinvenuti la motocicletta, i caschi e diversi altri oggetti utilizzati per commettere i delitti. Nel corso delle indagini è emerso che i due rapinatori, soggetti tossicodipendenti e senza fissa dimora, avevano bisogno di ingenti quantità di denaro per l´acquisto di stupefacenti, ma anche e soprattutto per pagare i rituali esoterici di un santone.

di Umberto Buzzoni e Renato D’Angelo
Foto Polizia di Stato

Antimafia, Antiterrorismo e DIGOS “estremismo Islamico”

L´indagine,  supportata a livello centrale dalla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo e raccordata a livello internazionale dal Servizio per il contrasto dell´Estremismo e del Terrorismo Esterno della DCPP/UCIGOS, ha disarticolato un sodalizio transnazionale,  con basi in Italia, Svezia, Germania, Turchia e Siria, con l´arresto di 3 siriani e un marocchino accusati di far parte di una cellula di supporto dell´organizzazione terroristica combattente Jabhat al Nusra, emanazione siriana di Al Qaeda.
I reati contestati sono l´associazione con finalità di terrorismo, il finanziamento del terrorismo e l´intermediazione finanziaria abusiva; l´attività di indagine ha preso avvio da un diverso filone investigativo sul traffico di profughi siriani dall´Italia settentrionale verso i Paesi del Nord Europa – sviluppato dalle DDAT delle Procure della Repubblica di Cagliari e Brescia – nel quale è risultato marginalmente coinvolto uno degli odierni arrestati.  L´inchiesta della  Digos di Sassari, attraverso una complessa attività tecnica, ha fatto emergere come i 4 odierni arrestati, oltre a porre in essere attività di sostegno e proselitismo – anche via internet –  in favore della causa jihadista, finanziassero in modo costante, dall´Italia e da diversi paesi europei, l´organizzazione terroristica siriana Jabhat al Nusra, convogliando nei territori di guerra somme di denaro con il meccanismo dell´hawala, fuori cioè dai canali finanziari legali.
Importanti spunti investigativi sono stati forniti dalla collaborazione di uno degli indagati nel citato procedimento sul traffico di clandestini il quale, oltre a delineare i contorni dell´organizzazione dedita a facilitare il trasferimento di profughi siriani dall´Italia al Nord Europa, ha confermato il ruolo dei 4 arrestati nel finanziamento di Jabhat al Nusra, fornendo indicazioni che hanno trovato puntuali riscontri negli accertamenti della Digos sassarese. Per quanto riguarda in particolare la raccolta e il trasferimento del denaro, nel corso delle indagini è emerso come uno degli odierni destinatari dei provvedimenti, il 46enne siriano A.D., già gravitante a Olbia e poi trasferitosi in Svezia prima di essere fermato in Danimarca dove si trova detenuto su mandato d´arresto europeo emesso dall´AG di Tempio Pausania per un altro procedimento a suo carico  avesse organizzato una vera e propria rete divenuta un punto di riferimento per i siriani, in particolare per quelli residenti in Sardegna, che volessero trasferire denaro da e per il paese d´origine, impiantando uffici in tutta Europa, oltre che in Siria e in Turchia. 
In particolare, una volta ricevuta la conferma del pagamento della somma di denaro da parte della persona interessata al trasferimento, faceva poi ottenere il controvalore direttamente ai destinatari in Siria attraverso dei fiduciari, trattenendo una percentuale per ogni operazione.
Solo per citare gli ultimi episodi in ordine di tempo, nel maggio scorso, il fratello dell´uomo è stato fermato in Svezia in possesso di una ingente somma di denaro in contanti (circa 70 mila euro) mentre nel successivo mese di giugno un altro fiduciario è stato sorpreso con una importante somma di denaro in contanti mentre era in procinto di partire per Budapest.
Sono diverse centinaia di migliaia di euro i fondi illegalmente trasferiti verso la Siria dall´organizzazione basata a Olbia facente capo al siriano A.D.
Dalle investigazioni emerge in sostanza come l´organizzazione imprenditoriale,  ben conosciuta anche dalla comunità dei siriani all´estero e con uffici a Istanbul, Beirut, Khartoum, il Cairo e anche a Raqqa,  fosse in grado di far pervenire in tempi brevi e in modo affidabile importanti somme di denaro in Siria, anche nelle zone direttamente controllate dal Daesh.
Gli elementi acquisiti nel corso delle indagini, giovatesi anche del contributo informativo dell´AISI, hanno evidenziato come la capacità dell´organizzazione di convogliare, attraverso il sistema descritto, ingentissime somme di denaro in quel problematico quadrante fosse strettamente legata ai rapporti del capo e dei suoi fiduciari con le organizzazioni fondamentaliste antigovernative operanti in Siria, in particolare nella zona di Edlib, in favore delle quali risulta aver finanziato anche l´acquisto di diverse armi da guerra e autovetture pick up.
Anche l´adesione ideologica degli odierni arrestati alle organizzazioni fondamentaliste operanti in Siria emerge puntualmente da una nutrita serie di conversazioni nelle quali gli accusati seguono da vicino l´evoluzione della guerra civile siriana e dimostrano, con grande partecipazione emotiva, la loro vicinanza ideologica alle formazioni antigovernative, commentando entusiasticamente ed esaltando i successi militari di Al Nusra e scambiandosi una serie di informazioni aggiornate e particolareggiate su quanto appena avvenuto sul fronte di guerra, dimostrando in tal modo di avere contatti diretti con le organizzazioni combattenti impegnate nella guerra civile siriana.

Di Umberto Buzzoni e Renato D’Angelo
foto Polizia di Stato

La squadra mobile di Palermo “guarda” agli ultimi 25 anni di lotta alla mafia

La Squadra mobile di Palermo ripercorre gli ultimi 25 anni di attività coronati da tanti successi contro la mafia, con la cattura dei più pericolosi boss di Cosa Nostra, ma purtroppo non senza pagare un prezzo di sangue, con i tanti poliziotti rimasti vittime di uccisioni e attentati.

Per celebrare questo significativo anniversario, oggi nella struttura che ospita la Squadra Mobile, alla presenza del ministro dell’Interno Marco Minniti e del capo della PoliziaFranco Gabrielli, è stato proiettato un filmato rievocativo del periodo, con le testimonianze di quanti hanno lavorato incessantemente alla sezione operativa.

“Da qui è passata non solo la storia della città, ma anche la storia di un impegno e di una dedizione fatta anche di amarezze, delusioni e sconfitte, ma con la voglia continua di andare avanti perche’ si sapeva di stare dalla parte giusta”. Queste le parole del prefetto Gabrielli, il quale ha poi proseguito “Questo è veramente il tempio, l’accademia, non solo dell’investigazione, ma di chi dedica la propria esistenza alla riaffermazione dei valori di legalità che, in fondo, sono la vera esistenza del nostro essere”.

Durante la cerimonia sono stati consegnati dei riconoscimenti a poliziotti in pensione che hanno fatto parte della Squadra mobile di Palermo. Successivamente è stato scoperto, un busto bronzeo in memoria di Antonino Cassarà, che ha diretto la sezione investigativa dal 3 maggio 1980 al 6 agosto 1985, giorno in cui rimaneva vittima di un vile attentato mafioso.

Dopo la commemorazione, in questura, è stato ricordato Mario Brignone, dirigente della sezione catturandi, stroncato da un male incurabile nel 2010. Al funzionario è stata dedicata la Sala Riunioni della questura.

All’evento erano presenti anche tutti i dirigenti che hanno diretto la Squadra mobile del capoluogo siciliano dal 1993 ad oggi.

fonte e foto polizia di stato

Polizia postale: fermata organizzazione criminale internazionale

Sono almeno cento le vittime accertate in Italia durante l’operazione “Bruno” dellaPolizia postale e delle comunicazioni nei confronti di un’organizzazione criminale che operava tra Italia e Romania e specializzata in attacchi informatici e frodi informatiche su larga scala. Settantaquattro invece i cittadini stranieri che hanno subìto all’estero la clonazione delle carte di credito. La banda riusciva a procurarsi enormi proventi illeciti fino ad arrivare a oltre un milione e duecento mila euro.

Gli indagati in Italia sono 13, mentre in Romania si stanno eseguendo 11 misure cautelari. L’operazione è in atto nelle città di Milano, Rozzano, Monza, Sesto San Giovanni, Jesolo, Trieste, Verona, Roma, Napoli, Cosenza e Reggio Calabria dove gli agenti stanno eseguendo perquisizioni personali e informatiche.

Una squadra investigativa composta da poliziotti italiani e romeni è stata costituita da Eurojust per investigare sulla banda e sui traffici illeciti compiuti nei due Paesi. Le indagini sono partite alla fine del 2016 da alcuni comportamenti sospetti da parte di due calabresi dai quali i poliziotti sono risaliti fino ad arrivare a scoprire tutte le attività illecite dell’organizzazione che, per affermare il suo potere, compiva anche atti intimidatori nei confronti di chi, all’interno, non si allineava alle loro regole.

fonte e foto polizia di stato

OPERAZIONE NERONE POLIZIA DI STATO

La Polizia di Stato di Stato di Reggio Calabria ha arrestato un elemento di vertice della `ndrangheta reggina per plurimo tentato omicidio.
L´indagine, condotta dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria, ha consentito di individuare nel boss l´autore materiale di un incendio appiccato, a fine febbraio, ad un´abitazione nella zona sud di Reggio Calabria, allo scopo di cagionare la morte di sei cittadini stranieri di origine rumena, di cui due bambini in tenerissima età.  I fatti risalgono al 27 febbraio scorso, quando fu data alle fiamme l´abitazione di fortuna in cui aveva trovato riparo una 46enne rumena senza fissa dimora, che ospitava quel giorno altri connazionali con bambini.
Gli occupanti della casa stavano festeggiando un compleanno quando improvvisamente si accorsero delle fiamme che divamparono all´interno, facendo appena in tempo a mettersi in salvo.
I Vigili del Fuoco e la Polizia di Stato, accorsero prontamente sul luogo per domare l´incendio, appena fu dato l´allarme.
Il soggetto è un elemento di elevato spessore criminale appartenente all´omonima cosca di `ndrangheta operante nella zona sud della città di Reggio Calabria.
I poliziotti hanno ricostruito le dinamiche dell´incendio che il 27 febbraio scorso ha messo a repentaglio la vita dei sei rumeni, tra cui donne e bambini.
Gli investigatori della Squadra Mobile hanno accertato che il 68enne durante un litigio, quella stessa mattina aveva picchiato con un bastone la donna rumena che occupava l´immobile con i suoi ospiti, con la minaccia di “bruciarli vivi” per aver abbandonato alcuni sacchetti di spazzatura accanto all´ingresso di un podere di sua proprietà. Il soggetto poi era passato dalle minacce ai fatti, cospargendo di benzina e dando fuoco all´androne dell´abitazione in cui erano presenti gli stranieri.
Decisivi per far luce sull´episodio dei sei rumeni che hanno rischiato di morire arsi in casa, si sono rivelati i filmati dei sistemi di video sorveglianza esaminati dagli investigatori della Polizia di Stato. L´accurata analisi delle immagini, ha consentito di accertare che, nello stesso pomeriggio, il 68enne, era andato a riempire un bidone di benzina, con una bicicletta elettrica, presso un distributore di carburanti della zona, dopodiché si era recato a casa dei rumeni per appiccare l´incendio al fine di “bruciarli vivi”. La Direzione Distrettuale Antimafia contesta l´aggravante mafiosa perché i fatti sono stati commessi per agevolare l´attività della cosca LABATE, avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento ed omertà che ne deriva. Il clan LABATE controlla il quartiere Gebbione di Reggio Calabria.

Di Umberto Buzzoni e Renato D’Angelo
Foto Polizia di Stato

Reggio Calabria. Scoperto dalla Polizia di Stato un bunker della `ndrangheta.

Un bunker di oltre 20 metri quadrati realizzato in muratura nel sottosuolo delle campagne di Rosarno, in contrada Bosco, ad una profondità di circa due metri, è stato scoperto, nella giornata di ieri, dagli investigatori della Squadra Mobile di Reggio Calabria impegnati nella ricerca di latitanti. Al bunker si accede da una botola in cemento che si apre a scomparsa scorrendo su appositi binari a circa mezzo metro al di sotto dalla superficie. Dalla botola, attraverso un pozzo verticale, si entra in un cunicolo-corridoio lungo circa nove metri che conduce alla stanza bunker munita di illuminazione elettrica, letti, cucina e bagno. La struttura, completamente interrata e mimetizzata da una superficie uniforme con lo stato naturale dei luoghi circostanti, era sorvegliata da alcune microtelecamere esterne nascoste nelle vicinanze. Gli investigatori della sezione criminalità organizzata e catturandi della Squadra Mobile di Reggio Calabria ritengono che il bunker sia stato utilizzato dai latitanti delle cosche della `ndrangheta di Rosarno. I tecnici del Gabinetto Regionale di Polizia Scientifica di Reggio Calabria hanno effettuato accurati accertamenti alla ricerca di tracce utili alle indagini. Al bunker, che è stato sequestrato dalla Squadra Mobile, sono stati apposti i sigilli. Della scoperta del bunker è  stata informata la Direzione Distrettuale di Reggio Calabria che coordina le inchieste di criminalità organizzata e della cattura dei latitanti e la Procura della Repubblica di Palmi competente per territorio.

di Umberto Buzzoni e Renato D’Angelo

Foto Polizia di Stato

OPERAZIONE “GAME OVER” DELLA POLIZIA DI STATO

E’ in corso una vasta operazione della Polizia di Stato, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, volta a disarticolare l’organizzazione mafiosa Cosa Nostra. Più di 200 poliziotti del Servizio Centrale Operativo e della Squadra Mobile di Palermo, stanno eseguendo un’ordinanza di Custodia Cautelare a carico di 31 soggetti accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, riciclaggio, auto riciclaggio, trasferimento fraudolento di valori aggravato dal metodo mafioso, concorrenza sleale aggravata dal metodo mafioso, associazione per delinquere finalizzata alla raccolta abusiva di scommesse ed alla truffa ai danni dello Stato, stupefacenti e altro. Dalle indagini, è emerso un vero e proprio contratto tra Cosa Nostra palermitana e BACCHI Benedetto, imprenditore del settore dei giochi e delle scommesse, che era riuscito, con l’appoggio delle famiglie mafiose, a monopolizzare il settore e realizzare una rete di agenzie di scommesse abusive, più di settecento in tutta Italia, capaci di generare profitti quantificati nell’ordine di oltre un milione di euro mensili. Parte di queste somme, tra i 300 e gli 800 mila euro l’anno, veniva poi distribuita all’organizzazione mafiosa. Tra gli arrestati, spicca il nome di NANIA Francesco, socio occulto di BACCHI e capo della famiglia mafiosa di Partinico, che, grazie alla complicità di Michele DE VIVO, insospettabile commercialista campano che fungeva da prestanome, era anche riuscito a creare un fiorente mercato di import-export di prodotti alimentari con gli Stati Uniti.
È stata in parte ricostruita la movimentazione degli enormi flussi di denaro provenienti dal gioco illecito e posti sotto sequestro beni immobili, società e conti correnti bancari di pertinenza del citato imprenditore e di diversi altri soggetti che lo avevano coadiuvato nell’opera di riciclaggio, per il valore di diversi milioni di euro. Sono state, altresì, chiuse e sequestrate, con l’ausilio delle Squadre Mobili territorialmente competenti, più di 40 agenzie di scommesse operanti in tutto il territorio nazionale con il marchio di proprietà di BACCHI. Tra gli arrestati, oltre a persone legate a Cosa Nostra, con ruoli apicali, anche insospettabili professionisti funzionali agli interessi criminali di Bacchi. Alcuni indagati rispondono di associazione per delinquere finalizzata alla produzione ed al traffico di stupefacenti.

di Umberto Buzzoni e Renato D’Angelo

Foto Polizia di Stato

ROMA E OSTIA OPERAZIONE ECLISSI

POLIZIA DI STATO E CARABINIERI SU RICHIESTA DELLA D.D.A. DI ROMA HANNO DATO ESECUZIONE A 32 MISURE CAUTELARI IN CARCERE EMESSE DAL GIP PER ASSOCIAZIONE A DELINQUERE DI TIPO MAFIOSO
Alle prime ore di questa mattina, Personale della Squadra Mobile della Questura di Roma e dei Carabinieri del Gruppo di Ostia, con la collaborazione del Nucleo Speciale d´intervento Porto del Comando Generale della Guardia Costiera, hanno dato esecuzione all´ordinanza di custodia cautelare in carcere emesse dal GIP del Tribunale di Roma, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, a carico di 32 individui ritenuti responsabili, a vario titolo, di far parte di un´associazione per delinquere di stampo mafioso che si avvale della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, al fine di commettere reati di omicidio, estorsione, usura, detenzione e porto di armi e di esplosivi, incendio e danneggiamento aggravati, ed altri reati contro la persona, di traffico di stupefacenti, di attribuzione fittizia di beni e di acquisire, in modo diretto e indiretto, la gestione e comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, di appalti e servizi pubblici, il controllo di attività di balneazione sul litorale lidense, di sale giochi e di esercizi commerciali di varia tipologia, finanziandoli con il prezzo, il prodotto e il profitto dei reati di estorsione, usura e traffico di stupefacenti e per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per il conseguimento ed il mantenimento delle finalità dell´associazione. L´attività investigativa ripercorre l´ultimo decennio di indagini effettuate nel territorio di Ostia ed evidenzia l´ormai profonda penetrazione della criminalità organizzata nelle attività economiche del litorale. È in atto, da anni ormai, un continuo riposizionamento delle zone di influenza, come si evince dalla ininterrotta serie di attentati e di atti intimidatori che hanno interessato il litorale; tra questi spicca la gambizzazione di CARDONI Massimo, avvenuta ad Ostia ma soprattutto il duplice omicidio in danno di GALLEONI Giovanni capo indiscusso del clan  BAFICCHIO, e di Francesco ANTONINI, commesso nel 2011 ad Ostia, dal clan SPADA: questi eventi hanno segnato la progressiva erosione del potere criminale dei BAFICCHIO (organizzazione criminale anch´essa di base familiare costituita dalle famiglie GALLEONI-CARDONI), e la definitiva ascesa del clan SPADA. L´odierna indagine “ECLISSI”, sviluppata attraverso numerosi servizi di intercettazione telefonico/ambientale, si è avvalsa del contributo dichiarativo di quattro collaboratori di giustizia e fa luce su un´ulteriore associazione a delinquere di tipo mafioso che proprio nel territorio di Ostia esercita la propria influenza criminale.

di Umberto Buzzoni e Renato D’Angelo

Foto Polizia di Stato