MODENA, OPERAZIONE TRUST

La Polizia di Stato di Modena, diretta dalla Procura della Repubblica, ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare  emessa dal G.I.P. presso il locale Tribunale nei confronti di 10 soggetti, (9 agli arresti domiciliari ed uno in carcere), ritenuti partecipi di un’associazione a delinquere con base operativa a Modena finalizzata alla commissione di delitti di bancarotta fraudolenta, riciclaggio, auto-riciclaggio, falso in atti pubblici ed attestazioni, sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte.
L’indagine, condotta dai poliziotti della Squadra Mobile, ha preso avvio nel 2016, consentendo, attraverso l’utilizzo di molteplici mezzi di ricerca della prova, (acquisizione di documentazione delle procedure fallimentari, analisi tabulati telefonici e flussi finanziari, intercettazioni telefoniche e tra presenti all’interno dello studio dell’avvocato, dichiarazioni rese da persone informate sui fatti, servizi di pedinamento e di osservazione, perquisizioni e sequestri e consulenza tecnica, analisi della corrispondenza memorizzata sui computer in sequestro),  di acquisire gravi indizi di colpevolezza a carico dei dieci indagati per avere creato un’organizzazione stabile in grado di fornire assistenza ad imprenditori le cui società versavano in condizioni di dissesto, per consentire loro di distrarre dal patrimonio aziendale ingenti beni che diversamente sarebbero dovuti doverosamente confluire nell’attivo fallimentare a disposizione della massa dei creditori, tra i quali l’Erario; il tutto con grave pregiudizio dei creditori medesimi.
Detti imprenditori, determinati ad evitare di vedere dissipato l’intero loro patrimonio, richiedevano i “servizi a pagamento” offerti dall’associazione criminale che operava avvalendosi, nella specifica ipotesi accusatoria, di due avvocati modenesi (uno dei quali in veste di promotore dell’associazione successivamente radiato a seguito di precedenti condanne), un notaio di Modena, un ingegnere di Bologna e due commercialisti (uno di Modena e l’altro di Milano), nonché di alcuni prestanome utilizzati stabilmente sia per subentrare agli imprenditori nell’amministrazione delle società fallende, sia quali legali rappresentanti di nuove società appositamente costituite per acquisire i beni ceduti dalle società in decozione, ovvero per trasferire all’estero i patrimoni distratti.
L’ex avvocato ed i suoi collaboratori, col pretesto di salvare le imprese, presentavano proposte di concordato strumentali, al solo fine di posticipare la doverosa dichiarazione di fallimento delle società coinvolte; nel frattempo, le residue risorse finanziarie delle società venivano sottratte ai creditori attraverso sistematiche disposizioni di bonifico apparentemente giustificate mediante l’emissione di fatture per importi spropositati da parte dei professionisti del gruppo ovvero delle società da loro controllate, oppure mediante contratti di affitto e/o cessione di azienda il cui unico fine era quello di sottrarre le residue attività ai creditori societari.
Ne conseguiva che, quando infine interveniva il fallimento delle società gestite dagli indagati, l’attivo fallimentare risultava azzerato e le società si presentavano come “scatole vuote”.
Al contempo, sempre grazie alla complessa rete societaria gestita dal gruppo criminale, le risorse così distratte ai creditori venivano reimpiegate in attività finanziarie gestite dall’ex avvocato e dai suoi complici all’estero, ed in particolare in Bulgaria.
Peraltro, le complesse operazioni commerciali con cui le risorse venivano sottratte alle aziende fallite, spesso non risultavano riconoscibili dai Curatori fallimentari nominati dai Tribunali competenti, che pur evidenziando nelle loro relazioni delle anomalie non erano in grado di avvedersi di come le singole operazioni esaminate fossero in realtà espressione di un piano finalizzato unicamente a depauperare l’azienda fallita. Ciò anche grazie all’utilizzo sistematico da parte dell’associazione a delinquere di atti di cui veniva falsificata la datazione (contratti preliminari di compravendita, fatture, contratti di locazione commerciale, mandati a vendere, contratti di affitto di azienda) mediante l’utilizzo di un sigillo contraffatto con l’impronta riferibile all’Ufficio Postale di Summaga, piccola frazione del Comune di Portogruaro (Venezia).
L’intero giro di affari ha permesso di verificare movimentazioni di denaro per svariati milioni di euro.
L’operazione odierna è stata denominata Trust in quanto uno degli strumenti utilizzati dagli indagati per mettere al riparo i beni di alcuni imprenditori dalle eventuali azioni dei creditori e/o dei curatori fallimentari è consistito nell’istituzione di Trust gestiti da società bulgare facenti capo al sodalizio ed in particolare all’avvocato radiato promotore dello stesso.

di Umberto Buzzoni e Renato D’Angelo
foto Polizia di Stato

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