‘Ndrangheta: arresti nel clan Labate

intercettazioni

Capi, luogotenenti e affiliati della cosca Labate intesa “Ti Mangiu” di Reggio Calabria sono stati arrestati questa mattina dagli uomini della Squadra mobile reggina.

Si tratta di 14 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa e di diverse estorsioni aggravate dal ricorso al metodo mafioso e dalla finalità di aver agevolato la ‘Ndrangheta.

Gli investigatori, con il coordinamento del Servizio centrale operativo e con la partecipazione del Reparto prevenzione crimine, hanno eseguito anche numerose perquisizioni e sequestri di imprese e società nella disponibilità dei capi e dei luogotenenti: si tratta di una stazione di carburanti, di un esercizio commerciale di prodotti surgelati, di un’azienda operante nel settore dei prodotti di carta e plastica per gli alimenti e la ristorazione, di un negozio di vendita al dettaglio di pitture e vernici. Il valore dei beni e di circa un milione di euro.

L’inchiesta, che si è sviluppata anche grazie alla denuncia di alcuni affermati imprenditori del settore edile ed immobiliare, ha fatto luce sugli affari economici della cosca svelando un certo dinamismo in alcuni settori illeciti come quello delle scommesse online, delle slot machines e dello sfruttamento delle corse clandestine di cavalli. Ma l’interesse principale che denota lo strapotere mafioso dei “Ti Mangiu” riguarda le attività estorsive nei confronti di operatori economici, commercianti e imprese, specialmente di quelli impegnati nell’esecuzione di appalti nel settore dell’edilizia privata.

Estorsioni per alcune centinaia di migliaia di euro venivano imposte, con pesanti minacce, agli imprenditori durante i lavori di esecuzione di complessi immobiliari nel popoloso quartiere Gebbione controllato dai Labate. Ad alcuni titolari di imprese veniva anche imposto con la forza dell’intimidazione l’acquisto di prodotti dell’edilizia presso aziende nella disponibilità del clan. Ad un commerciante è stato impedito di aprire una pescheria nel territorio sotto il loro controllo perché dava fastidio al titolare di un analogo esercizio commerciale, affiliato alla cosca.

La cosca, nonostante l’arresto del capo indiscusso, Pietro Labate e quello del fratello Michele Labate, ha mantenuto inalterato il tradizionale potere criminale nell’ampia area a sud della città di Reggio Calabria ed in particolare nel popoloso quartiere “Gebbione”, coltivando e rafforzando i rapporti e le alleanze criminali con altri storici “casati” di ‘Ndrangheta.

Inoltre, l’influenza dei Labate nel reggino ha sempre trovato forza nei legami di sangue che uniscono i componenti di vertice ad altre potenti cosche attive sul territorio di questa provincia, fra le quali si ricordano le famiglie Garonfalo di Campo Calabro (Reggio Calabria) e Iamonte di Melito di Porto Salvo (Reggio Calabria) e nei solidi rapporti di alleanza con famiglie mafiose dei tre mandamenti.

fonte e foto polizia di stato

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