BORSELLINO: «Non è l’agenda rossa ma un parasole»

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«Non non l’agenda rossa di Paolo Borsellino ma un parasole l’oggetto ripreso in via D’Amelio». È il verdetto emesso dalla Scientifica di Roma riguardo all’oggetto ripreso nel video dei vigili del fuoco subito dopo la strage del 19 luglio 1992 a Palermo.
L’ANALISI – Non si tratterebbe quindi dell’agenda dalla quale il magistrato non si separava mai, ma del parasole di un’auto usato per coprire i resti dell’agente di scorta Emanuela Loi. La Scientifica, incaricata dai pm di Caltanissetta che indagano sulla strage costata la vita a Borsellino di riesaminare il video girato dai vigili del fuoco dopo l’esplosione dell’autobomba, renderà noto nelle prossime ore l’esito definitivo degli accertamenti compiuti sul video ma pare ormai escluso che le immagini abbiano ripreso l’agenda del giudice. «Attendiamo le conclusioni dei tecnici – ha spiegato il procuratore Sergio Lari – perciò continuiamo ad essere cauti, ma pare probabile che quello ripreso fosse il parasole».

Ecco l’agenda di Borsellino dopo la strage: nelle foto mai viste la traccia del diario sparito

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L’AGENDA rossa di Paolo Borsellino era lì dove avrebbe dovuto essere. A terra, integra, accanto al corpo carbonizzato del magistrato ucciso da un’autobomba in via D’Amelio insieme ai cinque uomini della sua scorta. L’agenda era lì, ben visibile ancora pochi minuti dopo l’esplosione, almeno fino a quando un uomo, non in divisa, si avvicina al corpo di Paolo Borsellino e, con il piede sinistro alza un pezzo di cartone che copre l’agenda rossa.  L’agenda è lì, per terra, accanto ad una delle auto blindate del magistrato e della scorta che ancora fumano dopo l’esplosione.

L’uomo misterioso che si era allontanato di qualche metro torna indietro e sposta quasi del tutto quel pezzo di cartone. Eccola qui l’agenda rossa di Paolo Borsellino, quella da cui il magistrato non si separava e che tutti cercano invano da vent’anni.

Ora c’è una prova schiacciante, un documento finora inedito, un filmato di oltre due ore girato nell’immediatezza della strage dagli operatori televisivi dei vigili del fuoco, accorsi in via D’Amelio quel maledetto pomeriggio del 19 luglio del 1992, per spegnere le fiamme causate dallo scoppio dell’autobomba piazzata da Cosa nostra sotto casa della madre del giudice.

In quel filmato un’agenda rossa si vede nitidamente a fianco del corpo carbonizzato del magistrato. È quella di Paolo Borsellino? Certo, difficile pensare a una singolare coincidenza e che sia l’agenda di qualcun altro. A stabilirlo con certezza saranno i magistrati della Direzione Distrettuale di Caltanissetta che proprio nei giorni scorsi avevano acquisito numerosi filmati girati da tv nazionali e private e da videoamatori, nei minuti e nelle ore successive alla strage. Il tentativo era quello di trovare tracce di quell’agenda dove si presume che il magistrato avesse annotato appunti di lavoro e riflessioni. Proprio queste avrebbero potuto far luce sul reale movente della strage e sulle possibili responsabilità istituzionali a fianco di Cosa nostra. Perché il sospetto dei Pm di Caltanissetta è che Paolo Borsellino nelle ultime settimane della sua vita avesse scoperto la trattativa tra Stato e Mafia.

Il filmato dei Vigili del Fuoco era stato acquisito, insieme ad altri video dalla Procura di Caltanissetta già 20 anni fa, ma evidentemente tra centinaia di ore di registrazione, questi chiarissimi fotogrammi che mostrano un’agenda rossa accanto al corpo di Paolo Borsellino sono sfuggiti all’esame degli inquirenti. Che il magistrato anche quella domenica del 19 luglio avesse l’agenda rossa con sé è certo, lo hanno ribadito più volte la moglie, Agnese Piraino Leto scomparsa da alcuni giorni, e i figli. Un’agenda che il magistrato teneva spesso in mano e che non lasciava quasi mai nella sua borsa di lavoro che invece, come avvenne il 19 luglio, affidava spesso alla custodia degli uomini della sua scorta. La borsa del giudice fu ritrovata sul sedile posteriore della macchina blindata ma al suo interno l’agenda rossa non c’era. Probabilmente perché, come dimostra ora il filmato di cui Repubblica è entrata in possesso, prima di salire a casa della madre, Borsellino l’aveva presa con sé.

Chi è dunque quell’uomo che indossa mocassini neri, pantaloni beige su una camicia bianca e con un borsellino nero, che si avvicina a così tanto e ripetutamente al corpo martoriato di Borsellino, prima ancora che venga coperto pietosamente con un lenzuolo e per ben due volte sposta con un calcio quel pezzo di cartone che copre parzialmente l’agenda? Certamente un uomo in divisa, un “addetto ai lavori” che nessuno allontana dalla scena della strage in quei drammatici momenti in cui decine di poliziotti e carabinieri cercavano di mandare via tutti i curiosi. Un’immagine in linea con la testimonianza resa alcuni anni fa dall’ispettore di polizia Giuseppe Garofalo ai magistrati di Caltanissetta: “Ricordo di avere notato una persona in abiti civili alla quale ho chiesto spiegazioni in merito alla sua presenza nei pressi dell’auto blindata. A questo proposito non riesco a ricordare se la persona mi abbia chiesto qualcosa in merito alla borsa o se io l’ho vista con la borsa in mano o comunque nei pressi dell’auto del giudice. Di sicuro io ho chiesto a questa persona chi fosse e lui mi ha risposto di appartenere ai “servizi”. Posso dire che era vestito in maniera elegante, con una giacca di cui non ricordo i colori”.

Negli anni sono state molte le ipotesi seguite sulla sparizione dell’agenda rossa. Un filmato sembrava indicare nell’ufficiale dei carabinieri Giovanni Arcangioli l’uomo che cammina in via D’Amelio con la borsa del magistrato ma, inquisito, è stato prosciolto perché non c’è la prova che l’agenda si trovasse dentro la borsa. Una relazione di servizio della Polizia di Stato, invece, racconta che quella borsa venne portata alla squadra mobile e consegnata all’allora dirigente Arnaldo La Barbera. Ora il nuovo filmato fornisce una pista decisiva sul giallo dell’agenda rossa.

Anniversario Capaci, Monti: “Cercare la verità”

da  TG COM

“Non bisogna mai stancarsi di cercare la verità sulle morti di Falcone e Borsellino. Non esistono ragioni di Stato che possano giustificare ritardi nella ricerca della verità”. Lo ha detto il presidente del Consiglio, Mario Monti, a Palermo con il ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri, per inaugurare un monumento ai caduti nella lotta contro la mafia, nel ventennale delle stragi di Capaci e via D’Amelio.

Monti ha aggiunto che “non bisogna mai stancarsi di trovare la verità”. E bisogna farlo “per le vittime della mafia, per i familiari, per gli onesti, per i cittadini e per dare la speranza ai nostri figli”. “Sulle stragi di Falcone e Borsellino in questi anni sono emersi particolari che hanno fatto rivedere sentenze e pezzi mancanti che devono essere cercati fino in fondo”.

“Oggi dobbiamo dire con forza che non bisogna illudersi – ha affermato Monti – Cosa nostra non si sconfigge solo a Palermo, la ‘ndrangheta solo a Reggio Calabria e la camorra solo a Napoli. Tutto il nostro Paese deve impegnarsi nella lotta alle mafie, senza illudersi di esserne immuni”.

Il ricordo di Francesca Morvillo e degli uomini di scorta
“Francesca Morvillo – ha detto ancora Monti – scelse consapevolmente di spendere la propria vita a fianco di un uomo in costante pericolo di vita. Nessuno può sapere o immaginare come siano stati complessi quegli anni per lei, che aveva il difficile compito di sostenerlo nei momenti più duri, di condividerne i pensieri più intimi, di ricavare ogni tanto un momento di serenità insieme, di non farlo mai sentire solo”.

“Lo stesso vale per i tre uomini della scorta -Vito Schifani, Rocco Di Cillo e Antonio Montinaro- sapevano perfettamente di rischiare ogni giorno la vita scortando uomini e donne dello Stato che a Palermo lavoravano contro un nemico brutale e spietato, malgrado questo scelsero di mettere le loro capacità professionali, le loro competenze, le loro vite a servizio della lotta alla mafia”.

Elogio ai giovani
“Sto vedendo la manifestazione più bella, più forte e più viva contro la mafia, che è quella di questi giovani che sono qui. Questa è veramente la voglia di combattere la mafia. Magnifico!”, ha commentato il premier.

Brindisi, “Terrore non ci spaventerà”
A prescindere dal movente “di questo gesto atroce”, “tanti cittadini hanno voluto dimostrare che non si faranno spaventare dal terrore”. Lo ha detto Mario Monti durante il suo discorso al giardino della memoria dedicato alle vittime della mafia, a proposito di quella che ha definito “la strage di Brindisi”.

Napolitano: “Mafia resta problema per la democrazia. Ma non ci faremo intimidire”
“La mafia e le altre espressioni della criminalità organizzata restano un problema grave per la democrazia da perseguire con la più grande determinazione e tenacia” sulla strada dell’esempio di Falcone e Borsellino. Lo ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano prendendo parte alla commemorazione della strage di Capaci.

“Non ci facemmo intimidire, non lasciammo seminare paura e terrore né nel ’92 né in altre dure stagioni sconvolgenti; tantomeno cederemo ora” ha aggiunto Napolitano riferendosi ai recenti attacchi terroristici e ai rigurgiti mafiosi.

Napolitano:”Gli assassini di Melissa la pagheranno”
Dall’Aula Bunker dell’Ucciardone, il capo dello Stato ha poi voluto ricordare anche Melissa, la 16enne morta nell’attentato di Brindisi di sabato. “Questi nemici del consorzio civile e di ogni regola di semplice umanità avranno la risposta che si meritano – ha detto Napolitano-. Se hanno osato stroncare la vita di Melissa e minacciare quella di altri sedicenni aperti alla speranza e al futuro, e se lo hanno fatto a Brindisi in quella scuola per offendere la memoria di una donna coraggiosa, di una martire come Francesca Morvillo Falcone, la pagheranno, saranno assicurati alla giustizia”.