Strage in Gallura, il 32enne fermato ha fornito quattro versioni contrastanti

fermatoda TGCOM24

In poche ore Angelo Frigeri, 32 anni, fermato per la strage di sabato a Tempio Pausania in cui sono stati uccisi Giovanni Maria Azzena, la moglie Giulia e il figlio Pietro, si è contraddetto più volte. Durante l’interrogatorio ha fornito quattro versioni differente dei fatti. Secondo il procuratore Domenico Fiordalisi, avrebbe agito da solo, tanto che l’accusa contestata è omicidio plurimo aggravato dalla crudeltà.

i killer ha detto: “Sono napoletani. Anzi no, sono di Tempio”

 – In poche ore Angelo Frigeri, 32 anni, fermato per la strage di sabato a Tempio Pausania in cui sono stati uccisi Giovanni Maria Azzena, la moglie Giulia e il figlio Pietro, si è contraddetto più volte. Durante l’interrogatorio ha fornito quattro versioni differente dei fatti. Secondo il procuratore Domenico Fiordalisi, avrebbe agito da solo, tanto che l’accusa contestata è omicidio plurimo aggravato dalla crudeltà.

“Ero lì per riprendermi l’auto. No, per delle riparazioni” – “Sono andato a casa degli Azzena per riprendermi l’auto”. Questa la prima spiegazione del motivo per cui il 32enne si trovava sul luogo del delitto. “Giovanni – avrebbe riferito agli inquirenti – doveva rivendere la macchina, ma non l’ha fatto e così sono andato a riprenderla”. Altra versione che contrasta con la prima è che l’uomo si trovasse a casa Azzena per dei lavori di impiantistica che doveva svolgere. “Per questo avevo le chiavi dell’abitazione”, ha detto.

“I killer sono napoletani. Anzi no, di Tempio”– Frigeri si è contraddetto anche su quelli che per lui sono i veri assassini. In un primo tempo ha assicurato che i killer erano due napoletani: “Sono stato minacciato con una pistola. Mi hanno costretto a salire in casa e lì ho visto i tre cadaveri. A quel punto mi hanno obbligato a ripulire tutto”. Ma poche ore dopo la versione che racconta è del tutto differente. “Li hanno uccisi davanti ai miei occhi. Ho visto mentre li colpivano alla testa”, avrebbe riferito durante l’interrogatorio. Questa volta, inoltre, i killer non sarebbero di Napoli, ma di Tempio Pausania.

Frigeri fu l’amante di Giulia Zanzani – Come riporta Repubblica, dalle intercettazioni della Gdf dell’inchiesta per usura del 2008 è emerso che Frigeri in quegli anni fu l’amante di Giulia Zanzani. Di recente, inoltre, le avrebbe chiesto di intercedere nei confronti del marito a cui doveva dei soldi.

Killer ha coperto il viso di Pietro dopo averlo ucciso – I carabinieri attendono di conoscere dai risultati dell’esame autoptico la sequenza del delitto per verificare se siano stati uccisi prima i genitori e poi il bambino. Intanto è emerso un nuovo particolare sulla morte del piccolo Pietro: sul suo volto i carabinieri e il medico legale hanno trovato una pezza di stoffa. L’assassino ha quindi coperto il volto del bambino dopo averlo ucciso.

Il legale di Frigeri rinuncia all’incarico – L’avvocato Giovanni Azzena, che rappresentava Frigeri, ha rimesso ufficialmente il mandato. “La decisione è legata a contrasti sulla strategia difensiva con il cliente – ha detto il legale – l’impossibilità è poi dovuta a un coinvolgimento emotivo in relazione alla vicenda che non mi consente di proseguire l’incarico con la necessaria serenità”.

Controlli anche in porti e aeroporti sardi – Tra le tante verifiche che stanno impegnando i carabinieri nelle ultime ore ci sono anche i controlli in porti e aeroporti. Si cerca di capire se le persone di cui ha parlato nel suo lungo interrogatorio Frigeri siano arrivate in Sardegna sabato o nei giorni precedenti. Le verifiche riguardano tutti gli aeroporti ed i porti dell’isola.

Strage Gallura: indagini in mondo usura, inquirenti verso svolta

gallurastrageda AGI.it

“Attendiamo sviluppi sulle indagini. Di piu’ non posso dire se non che confidiamo anche nell’autopsia per avere elementi in piu’ che ci consentano di fare luce sul caso”.

Il colonnello Pietro Salsano, comandante provinciale dei carabinieri di Sassari oltre non va. “E’ una fase importante e molto delicata delle indagini e non posso dire altro”. Si scava nel passato recente delle vittime, soprattutto di Giovanni Maria Azzena che l’8 dicembre 2008 fu arrestato assieme a un compaesano e a un 35enne napoletano con l’ccusa di usura.
  I tre – secondo quanto ricostruito dagli investigatori – concedevano prestiti in cambio di assegni post-datati con cifre superiori dal 50% anche al 200%. Le vittime degli strozzini erano soprattutto piccoli imprenditori in difficolta’.
  Sono quindi legate alle attivita’ illecite di Azzena le indagini dei carabinieri sul triplice omicidio di Tempio. Anche se gli inquirenti precisano che si prosegue su molte piste perche’ ci sono diverse cose non chiare. L’uomo, la moglie Giulia Zanzani e il figlio dodicenne Pietro sarebbero stati uccisi nel pomeriggio di sabato nella loro villetta forse per vendetta. Gli investigatori dell’Arma hanno esaminato la posizione di diverse persone che in passato avevano incrociato la strada di Azzena, invischiato anche in storie di truffe. Comincera’ intanto in mattinata, all’istituto di medicina legale di Sassari, l’esame sui corpi delle vittime. L’autopsia servira’ per stabilire, tra l’altro, l’orario degli omicidi e la loro successione, elementi utili agli inquirenti per decifrare la dinamica dell’accaduto. (AGI) .

Ecco l’agenda di Borsellino dopo la strage: nelle foto mai viste la traccia del diario sparito

agendada Repubblica.it

L’AGENDA rossa di Paolo Borsellino era lì dove avrebbe dovuto essere. A terra, integra, accanto al corpo carbonizzato del magistrato ucciso da un’autobomba in via D’Amelio insieme ai cinque uomini della sua scorta. L’agenda era lì, ben visibile ancora pochi minuti dopo l’esplosione, almeno fino a quando un uomo, non in divisa, si avvicina al corpo di Paolo Borsellino e, con il piede sinistro alza un pezzo di cartone che copre l’agenda rossa.  L’agenda è lì, per terra, accanto ad una delle auto blindate del magistrato e della scorta che ancora fumano dopo l’esplosione.

L’uomo misterioso che si era allontanato di qualche metro torna indietro e sposta quasi del tutto quel pezzo di cartone. Eccola qui l’agenda rossa di Paolo Borsellino, quella da cui il magistrato non si separava e che tutti cercano invano da vent’anni.

Ora c’è una prova schiacciante, un documento finora inedito, un filmato di oltre due ore girato nell’immediatezza della strage dagli operatori televisivi dei vigili del fuoco, accorsi in via D’Amelio quel maledetto pomeriggio del 19 luglio del 1992, per spegnere le fiamme causate dallo scoppio dell’autobomba piazzata da Cosa nostra sotto casa della madre del giudice.

In quel filmato un’agenda rossa si vede nitidamente a fianco del corpo carbonizzato del magistrato. È quella di Paolo Borsellino? Certo, difficile pensare a una singolare coincidenza e che sia l’agenda di qualcun altro. A stabilirlo con certezza saranno i magistrati della Direzione Distrettuale di Caltanissetta che proprio nei giorni scorsi avevano acquisito numerosi filmati girati da tv nazionali e private e da videoamatori, nei minuti e nelle ore successive alla strage. Il tentativo era quello di trovare tracce di quell’agenda dove si presume che il magistrato avesse annotato appunti di lavoro e riflessioni. Proprio queste avrebbero potuto far luce sul reale movente della strage e sulle possibili responsabilità istituzionali a fianco di Cosa nostra. Perché il sospetto dei Pm di Caltanissetta è che Paolo Borsellino nelle ultime settimane della sua vita avesse scoperto la trattativa tra Stato e Mafia.

Il filmato dei Vigili del Fuoco era stato acquisito, insieme ad altri video dalla Procura di Caltanissetta già 20 anni fa, ma evidentemente tra centinaia di ore di registrazione, questi chiarissimi fotogrammi che mostrano un’agenda rossa accanto al corpo di Paolo Borsellino sono sfuggiti all’esame degli inquirenti. Che il magistrato anche quella domenica del 19 luglio avesse l’agenda rossa con sé è certo, lo hanno ribadito più volte la moglie, Agnese Piraino Leto scomparsa da alcuni giorni, e i figli. Un’agenda che il magistrato teneva spesso in mano e che non lasciava quasi mai nella sua borsa di lavoro che invece, come avvenne il 19 luglio, affidava spesso alla custodia degli uomini della sua scorta. La borsa del giudice fu ritrovata sul sedile posteriore della macchina blindata ma al suo interno l’agenda rossa non c’era. Probabilmente perché, come dimostra ora il filmato di cui Repubblica è entrata in possesso, prima di salire a casa della madre, Borsellino l’aveva presa con sé.

Chi è dunque quell’uomo che indossa mocassini neri, pantaloni beige su una camicia bianca e con un borsellino nero, che si avvicina a così tanto e ripetutamente al corpo martoriato di Borsellino, prima ancora che venga coperto pietosamente con un lenzuolo e per ben due volte sposta con un calcio quel pezzo di cartone che copre parzialmente l’agenda? Certamente un uomo in divisa, un “addetto ai lavori” che nessuno allontana dalla scena della strage in quei drammatici momenti in cui decine di poliziotti e carabinieri cercavano di mandare via tutti i curiosi. Un’immagine in linea con la testimonianza resa alcuni anni fa dall’ispettore di polizia Giuseppe Garofalo ai magistrati di Caltanissetta: “Ricordo di avere notato una persona in abiti civili alla quale ho chiesto spiegazioni in merito alla sua presenza nei pressi dell’auto blindata. A questo proposito non riesco a ricordare se la persona mi abbia chiesto qualcosa in merito alla borsa o se io l’ho vista con la borsa in mano o comunque nei pressi dell’auto del giudice. Di sicuro io ho chiesto a questa persona chi fosse e lui mi ha risposto di appartenere ai “servizi”. Posso dire che era vestito in maniera elegante, con una giacca di cui non ricordo i colori”.

Negli anni sono state molte le ipotesi seguite sulla sparizione dell’agenda rossa. Un filmato sembrava indicare nell’ufficiale dei carabinieri Giovanni Arcangioli l’uomo che cammina in via D’Amelio con la borsa del magistrato ma, inquisito, è stato prosciolto perché non c’è la prova che l’agenda si trovasse dentro la borsa. Una relazione di servizio della Polizia di Stato, invece, racconta che quella borsa venne portata alla squadra mobile e consegnata all’allora dirigente Arnaldo La Barbera. Ora il nuovo filmato fornisce una pista decisiva sul giallo dell’agenda rossa.

USA: dopo la strage si riaccende il dibattito sulle armi

da Ansa.it

Adam, il killer della scuola di Newtown, aveva tentato di acquistare armi alcuni giorni or sono in Connecticut, lo Stato della strage: ma non gliele hanno vendute. Le armi, le ha rubate alla madre Nancy, uccisa da lui prima della mattanza, che regolarmente portava i figli al poligono. L’atroce eccidio in Connecticut ha riacceso negli Usa ancora una volta il dibattito sul controllo delle armi. Questa volta però ci sono di mezzo 20 bambini, e la cosa potrebbe fare la differenza, affermano alcuni, ma non necessariamente nella direzione di un giro di vite nelle norme che regolano la materia. Anzi, non di rado, proprio in direzione opposta.

“Dobbiamo unirci e decidere misure significative per evitare che tragedie come questa si ripetano, al di là della politica”, ha affermato il presidente Barack Obama, trattenendo a stento le lacrime. Appena poche parole, in una dichiarazione incentrata in massima parte sugli aspetti emotivi della tragedia. Ma si tratta di parole di certo non scelte a caso, afferma il New York Times, ricordando che il presidente già da tempo, pur ribadendo di non voler mettere in discussione il diritto costituzionale di detenere armi, auspica nuove norme basate sul “buon senso”.