ARMA DEI CARABINIERI: 2014 – Bicentenario e non solo

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Finalmente ci siamo. Quel 2014 che tanto attendevamo è iniziato, dando il via alle celebrazioni per ricordare un altro anno fatidico, quello in cui, giusto duecento anni fa, nasceva a Torino il Corpo dei Carabineri Reali. E mentre il Calendario storico dell’Arma conclude con quella attuale le quattro edizioni dedicate ai due secoli dell’Istituzione, sulle pagine della Rivista chiuderà entro l’anno anche la serie di articoli con i quali abbiamo ripercorso, in parallelo a quella d’Italia, la storia della Benemerita.

Il compleanno dell’Arma non è però l’unica ricorrenza importante che il 2014 porta con sé. È una significativa coincidenza, ad esempio, quella che ha fatto cadere nello stesso anno due anniversari tanto legati tra loro come il nostro Bicentenario e il centesimo anniversario dell’inizio della Grande Guerra.

Millequattrocento morti e oltre cinquemila feriti: questo fu infatti il contributo di sangue pagato dall’Arma in quel conflitto che rappresentò il vero spartiacque tra Ottocento e Novecento, coinvolgendo per la prima volta tre continenti e la quasi totalità delle Nazioni mondiali. Una guerra che finalmente potrà contare, a cent’anni dalla sua deflagrazione, su un “memoriale diffuso” che avrà come punto di riferimento principale il sacrario friulano di Redipuglia e come obiettivo la messa in rete dei principali memoriali, restaurati e collegati fra loro da un progetto scientifico unitario. Da citare anche l’iniziativa promossa dal britannico The Guardian in collaborazione con numerosi quotidiani del Vecchio Continente (sua partner, per l’Italia, La Stampa): scrivere un racconto europeo sulla vita quotidiana al tempo della Grande Guerra. Questo l’obiettivo del Progetto Europa, con il quale The Guardian invita chiunque sia in possesso di lettere, fotografie, diari o altri documenti significativi riguardanti uomini e donne che la guerra l’hanno combattuta o solo vissuta sulla loro pelle, e inviarle su una speciale piattaforma contenuta nel sito Internet del quotidiano (Witness) allo scopo di creare una vera e propria “banca della memoria” relativa ad anni che in pochissimi, ormai, sono in grado di raccontare.

Di testimoni diretti della Mauerfall, invece, ce ne sono ancora tanti. Impossibile, per chi vi abbia assistito, dimenticare quel momento di venticinque anni fa – era il 9 novembre 1989 – in cui le televisioni di tutto il mondo trasmisero da Berlino le immagini dei tanti cittadini della Germania Est che, in seguito all’annuncio con cui il Governo tedesco orientale aveva decretato l’apertura delle frontiere con la Repubblica federale, prendevano d’assalto quel Muro che aveva diviso un popolo in due, per ricongiungersi con i loro fratelli della Germania Ovest.

A Berlino, inutile dirlo, i preparativi per la celebrazione di una data che ha cambiato la storia del Novecento, fervono già. E se il calendario completo è ancora in via di definizione, di certo sappiamo che nelle 72 ore precedenti la data fatidica la città tedesca avrà un nuovo muro, costituito però, questa volta, da ottomila bianchi palloni luminosi disposti lungo l’intero tracciato dell’originale. L’installazione sarà talmente imponente che, dicono, si potrà vedere anche dallo spazio. Ma lo spettacolo più grande si avrà sulla Terra, quando il 9 novembre, esattamente all’ora in cui venticinque anni fa una celebre conferenza stampa annunciava la libertà di viaggiare per gli abitanti della Germania orientale, gli ottomila palloni saranno liberati in cielo.

La storia dell’umanità è ricca di muri costruiti per dividere, di frontiere innalzate per non essere mai attraversate. Per fortuna, però, per ogni opera d’ingegneria realizzata per separare, ce ne sono altre immaginate per unire, semplificare, ridurre le distanze.

Come il Canale di Panama, che festeggia nel 2014 il suo centesimo compleanno. Era il 3 agosto del 1914 quando si conclusero i lavori intrapresi, dopo annose controversie, dal genio militare statunitense per la costruzione di quella via d’acqua che, con i suoi 81,1 km di lunghezza e una larghezza variabile tra i 240 e i 300 metri, avrebbe permesso alle navi dirette dai porti del Pacifico a quelli dell’Atlantico e viceversa di evitare la circumnavigazione dell’America meridionale. Attesissime, nel Paese sudamericano, le celebrazioni dell’anniversario, che verranno suggellate dalla conclusione dei lavori di allargamento del canale: iniziati nel 2006, ne permetteranno la navigazione anche a imbarcazioni di stazza e tonnellaggio superiori a quelli finora consentiti.

Aria di festa anche tra Folkestone e Coquelles, la cittadina inglese e quella francese che da vent’anni sono unite da un’altra importante via di comunicazione ideata dall’uomo: il tunnel sotto la Manica. Per gli inglesi è The Channel Tunnel, per i francesi Le Tunnel sous la Manche, per noi italiani l’Eurotunnel, dal nome della società concessionaria della sua gestione fino al 2086. Comunque lo si voglia chiamare, quel che è certo è che, con i suoi oltre cinquanta chilometri di lunghezza, si tratta del tunnel più lungo del mondo dopo quello di Seikan, in Giappone, al quale ha strappato però il primato di quello con il tratto sottomarino più esteso (38 chilometri). E altrettanto certo è che, con la sua strada ferrata di 50 km posta a 40 metri sotto il fondale marino, ha rivoluzionato il sistema dei trasporti europei, tornando a unire quel che la natura, alla fine dell’ultima era glaciale, aveva diviso.

Era stato già un ingegnere di Napoleone, Albert Mathieu-Favier, a ideare il primo progetto di un tunnel sotto la Manica, che avrebbe dovuto essere costruito su due livelli: uno per consentire il passaggio delle carrozze, l’altro per far scorrere l’acqua nei sotterranei. Ed è l’opera di un altro celebre ingegnere francese, Gustave Eiffel, a festeggiare un altro importante compleanno. Taglia il traguardo delle 125 primavere, infatti, quella strana torre in ferro forgiato che del suo creatore porta il nome e che fu costruita, dal 1887 al 1889, all’unico scopo di fare da entrata – temporanea – all’Esposizione Universale del 1889. Inaugurata il 31 marzo del 1889, fu aperta ufficialmente il 6 maggio dello stesso anno dopo appena due anni, due mesi e cinque giorni di lavori. Da allora non smette di rappresentare la Francia nel mondo, a dispetto di quanti – e furono in molti – la salutarono come il frutto più acerbo della modernità. E non c’è dubbio che grandi cose bollano in pentola per il suo genetliaco, se è vero che un musicista del calibro dell’americano Joseph Bortolozzi è stato visto aggirarsi sulle terrazze brunite, armato di una mazza di lattice, per raccogliere tutti i suoni – circa duemila – che è possibile produrre facendo vibrare le strutture della torre. Un materiale sonoro che servirà al compositore per dare vita a un progetto musicale chiamato, appunto, Tower: l’opera verrà eseguita dal vivo nel corso di un concerto programmato proprio per il 2014.

Ma non ci sono solo ricorrenze storiche da celebrare, nel corso dell’anno che è appena iniziato. Ci sono anche uomini e donne da ricordare, personaggi che, con le loro opere o il loro esempio, hanno lasciato tracce indelebili, fuori e dentro di noi. Per la letteratura, ci limitiamo a citare autori come l’irlandese Dylan Thomas o il messicano Octavio Paz, gli argentini Julio Cortazar e Adolfo Bioy Casares e gli italiani Giuseppe Berto e Anna Maria Ortese, il tedesco Arno Schmidt e i francesi Romain Gary e Marguerite Duras, tutti nati nel 1914. E poi naturalmente lui, William Shakespeare, nato come Galileo Galilei in quello stesso febbraio del 1564 che fu segnato però anche da un grave lutto per la cultura mondiale: la morte di Michelangelo. Iniziate a novembre con un convegno fiorentino, le celebrazioni di questo importante anniversario che la città sull’Arno ha voluto ricordare insieme a quello della fondazione dell’Accademia delle Arti e del Disegno di cui l’autore del Mosé fu il primo accademico, proseguiranno fino a settembre 2014 tra Firenze, Arezzo e Siena e comprenderanno mostre, conferenze, incontri, rappresentazioni teatrali e molto altro ancora.

L’autore della Cappella Sistina non sarà il solo a mettere il 2014 sotto il segno della Bellezza: se infatti la sua Toscana si appresta a ricordarne l’immenso genio, non sono da meno le Marche, che diedero i natali a un altro pilastro dell’architettura rinascimenale, nonché fiero nemico di Michelangelo al tempo in cui si contesero l’incarico di progettare la Cupola di San Pietro in Vaticano. Stiamo parlando di Donato Bramante, cui il comune di Fermignano, a cinquecento anni dalla morte, ha dedicato un ciclo di manifestazioni iniziato già nel 2008.

Imponenti anche i festeggiamenti, in Spagna, per il quattrocentesimo anniversario della morte di El Greco. Al pittore che volle sottrarre ai santi la loro fisicità per restituirgliela sotto forma di luce e di colore sono dedicate non solo la mostra allestita al Museo Santa Cruz di Toledo (marzo-giugno 2014) per documentare il rapporto privilegiato dell’artista con la città spagnola, ma anche quella in programma tra giugno e ottobre al Museo del Prado di Madrid, nella quale si mostrerà come il pittore cretese abbia influenzato molti degli artisti che, da Manet a Cézanne, hanno codificato quel nuovo linguaggio pittorico che va sotto il nome di “modernità”.

La stessa modernità cui diede voce, da par suo, Richard Strauss, il compositore tedesco nato l’11 giugno 1864, per inventare una nuova figura di professionista delle sette note. Sua la colonna sonora di uno dei film più interpretati e discussi della storia del cinema, 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick, grazie al quale la musica di Strauss continuerà per sempre a evocare, nell’immaginario di ognuno di noi, la parabola dell’evoluzione umana.

E parlando di cinema, non ci resta che citare il più malinconico degli anniversari che ci apprestiamo a festeggiare in questo 2014 che speriamo ci porti fuori da ogni genere di crisi: il centenario di Charlot. Era infatti il febbraio del 1914 – anno in cui la settima arte si arricchì di futuri interpreti come Alec Guinnes, Tyrone Power e Richard Widmark – quando per la prima volta sullo schermo fece la sua comparsa quel buffo omino con la bombetta in testa e lo smoking troppo grande che ci avrebbe mostrato come tornare a guardare il mondo con stupore. Quello di un vagabondo inspiegabilmente felice, tasche vuote e cuore traboccante, per le polverose strade del Novecento.