Quirico:« Ho avuto paura di essere ucciso»

quirico2da Corriere.it

Tenuto bendato per giorni e forse gestito da tre gruppi. Trapelano i primi terribili dettagli sul rapimento di Domenico Quirico, il giornalista rilasciato dai suoi rapitori domenica. «Siamo stati fermati da due pick-up con a bordo uomini armati. I primi giorni eravamo bendati: ho avuto paura di essere ucciso. Forse tre gruppi ci hanno “gestito”». È il racconto che l’inviato de «La Stampa», rapito in Siria cinque mesi fa, ha fatto ai pm della Procura di Roma sui suoi 150 giorni di prigionia in Siria. Rispondendo alle domande dei magistrati il giornalista ha aggiunto che «da subito sono state molto dure le condizioni in cui siamo stati tenuti. Il mangiare era dato una volta al giorno al massimo». L’inviato ha detto, inoltre, di aver tentato per due volte la fuga assieme a Pierre Piccinin, ma dopo essere stato bloccato nuovamente dai suoi rapitori ha dovuto subire due finte esecuzioni. «Ho il sospetto di essere stato gestito da tre diversi gruppi ribelli», ha detto ancora il giornalista ai magistrati.

 

Quirico arriva in redazione de La Stampa Quirico arriva in redazione de La Stampa

LA TELEFONATA VIA SKYPE – E inevitabilmente l’attenzione si è spostata sulla questione delle armi chimiche. «È folle dire che io sappia che non è stato Assad a usare i gas». Sul sito del suo giornale, l’inviato afferma: «Eravamo all’oscuro di tutto quello che stava accadendo, anche dell’attacco con i gas. Un giorno dalla stanza in cui venivamo tenuti prigionieri, attraverso una porta socchiusa, abbiamo ascoltato una conversazione via Skype – ha raccontato Quirico ai colleghi – che ha avuto per protagoniste tre persone di cui non conosco i nomi. Uno si era presentato a noi in precedenza come un generale dell’Esercito di liberazione siriano. Un secondo, che era con lui, era una persona che non avevo mai visto. Anche del terzo, collegato via Skype, non sappiamo nulla».

TESI – «In questa conversazione – prosegue la ricostruzione di Quirico – dicevano che l’operazione del gas nei due quartieri di Damasco era stata fatta dai ribelli come provocazione, per indurre l’Occidente a intervenire militarmente. E che secondo loro il numero dei morti era esagerato». «Io non so – ha continuato Quirico – se tutto questo sia vero e nulla mi dice che sia così, perché non ho alcun elemento che possa confermare questa tesi e non ho idea né dell’affidabilità, né dell’identità delle persone. Non sono assolutamente in grado di dire se questa conversazione sia basata su fatti reali o sia una chiacchiera per sentito dire, e non sono abituato a dare valore di verità a discorsi ascoltati attraverso una porta».

A COLLOQUIO CON I PM – Il giornalista, liberato domenica dopo cinque mesi di prigionia in Siria, è stato interrogato per tre ore e mezza dai pm della Repubblica di Roma. Quirico ha lasciato il Palazzo di Giustizia di piazzale Clodio attraverso un’uscita secondaria sfuggendo così ai numerosi cronisti che speravano di poter avere qualche sua dichiarazione. Ad attendere al conclusione dell’interrogatorio c’era anche il direttore de «La Stampa» Mario Calabresi. All’interrogatorio erano presenti anche carabinieri del Ros. Secondo Calabresi, che ha parlato con alcuni cronisti, Quirico ha raccontato ai magistrati che durante la lunga prigionia in Siria, 152 giorni, «non gli è stato risparmiato nulla, non è stato trattato con umanità». Prima di recarsi in procura, Quirico, accompagnato dalla moglie Giulietta e dal ministro degli Esteri Emma Bonino, ha incontrato a Palazzo Chigi il premier Enrico Letta, come informa una nota del governo. All’incontro era presente anche il ministro dell’Interno Angelino Alfano. «È come se fossi stato cinque mesi su Marte. E ho scoperto che i marziani sono molto cattivi», aveva detto Quirico al suo arrivo in Italia domenica sera, all’aeroporto di Ciampino.