TRAGEDIA DELL’IMMIGRAZIONE A LAMPEDUSA

tragedia-a-lampedusadi GRAZIA DE MARCO                

Quella avvenuta lo scorso 3 Ottobre a Lampedusa senza dubbio è una vera e propria tragedia dell’immigrazione che non ha precedenti. Sono trascorsi solo pochi giorni dal drammatico sbarco avvenuto a Scicli (Ragusa), in cui hanno perso la vita 13 persone, e subito si torna a parlare dell’ennesimo naufragio nelle acque siciliane.  Questa volta però le vittime, tra morti e dispersi, si contano a centinaia, anche se i dati sono in costante aggiornamento, perché  decine di cadaveri attendono ancora di essere estratti dal relitto. Fino ad ora sono stati ritrovati 111 i corpi, di cui circa la metà sono donne e 4 sono bambini piccolissimi, mentre le persone salvate sono circa 155.

I cadaveri recuperati vengono deposti sul molo Favaloro, ormai diventato una camera ardente a cielo aperto per le vittime della speranza, inserite in teli di plastica colorati sui quali sono stati spillati dei numeri che, successivamente,  serviranno alla Polizia Scientifica per dare un nome ai poveri resti.  Poi, dal pontile i corpi vengono trasportati nell’edificio blu dell’aeroporto, che normalmente ospita gli elicotteri della Guardia di Finanza e del 118, da una staffetta di ambulanze, precedute dalle gazzelle dei Carabinieri. Chi entra ed esce dall’enorme capannone afferma di provare una “sensazione indescrivibile di rabbia mista a dolore” e sono moltissimi gli operatori, i militari e gli uomini delle forze dell’ordine che non riescono a trattenere le lacrime, vedendo quella serie interminabile e straziante di vite perdute.

A rendere omaggio alle vittime anche il Vicepremier e Ministro dell’Interno Angelino Alfano, il quale, giunto sul posto accompagnato dal Capo della Polizia Alessandro Pansa e dal Presidente della Regione Rosario Crocetta, ha detto “ ho visto i corpi, una scena raccapricciante che offende l’Occidente e l’Europa, spero che la divina provvidenza abbia voluto questa tragedia per far aprire gli occhi all’Europa”.

L’inferno si è scatenato verso le 5 del mattino, quando un enorme barcone con 500 migranti, soprattutto Eritrei e Somali, stava per toccare terra, dopo che già altri due barconi con 460 persone erano stati soccorsi e portati via dalla Guardia Costiera. Gli Eritrei e i Tunisini, immaginando di toccare già terra, hanno incendiato una coperta per segnalare la loro posizione, ma le fiamme si sono propagate immediatamente sul ponte.  I clandestini, presi dal panico, si sono subito gettati in mare, ma molti di loro sono annegati subito, mentre altri sono riusciti a sopravvivere fino all’arrivo dei primi soccorsi: un natante con 8 italiani, alcune vedette della Guardia Costiera e dei pescherecci. Il racconto dei superstiti è straziante: “siamo partiti due giorni fa dal porto libico di Misurata, ma su quel barcone non riuscivamo neanche a muoverci”, “quando siamo arrivati in prossimità dell’isola abbiamo deciso di dare fuoco ad una coperta per farci notare, ma il ponte era sporco di benzina e in pochi attimi il fuoco ha avvolto tutto”.

Gli investigatori hanno già fermato il presunto responsabile della tragedia, un tunisino di 35 anni, che dovrà rispondere di omicidio plurimo, naufragio colposo e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Si allunga cosi l’elenco delle vittime senza nome ingoiate dal Mar Mediterraneo, colpevoli solo di cercare nel nostro Paese un futuro migliore e per questo decidono, spesso irresponsabilmente, di portare con sé anche i loro bambini. Non ci sono parole abbastanza forti per descrivere i sentimenti che si provano davanti a eventi di questo genere, forse quelle più giuste sono arrivate da Papa Francesco: “ vergogna, è una vergogna, dobbiamo unire i nostri sforzi perché non si ripetano tragedie come queste”.

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