Reggio Calabria: con l’operazione “De Bello Gallico” risolto l’omicidio Fortugno

La Polizia ha fatto luce sull’agguato che, la sera del 16 marzo a Reggio Calabria portò all’uccisione di Fortugno Fortunata e al ferimento di Logiudice Demetrio, in uno spazio adiacente al Torrente di Gallico dove la coppia si era appartata a bordo di un fuoristrada.

A seguito delle indagini svolte dalla Squadra mobile, questa mattina sono stati sottoposti a fermo quattro persone ritenute responsabili, a vario titolo, di omicidio e tentato omicidio pluriaggravati anche dal metodo mafioso, associazione mafiosa, detenzione e porto in luogo pubblico di armi da fuoco clandestine, danneggiamento aggravato, furto aggravato e detenzione illegale di segni distintivi e oggetti in uso ai corpi di Polizia.

Quella sera il killer, dopo aver fatto un sopralluogo del posto ritornava quando la coppia si era appartata e con i primi colpi di arma da fuoco colpiva mortalmente la donna alla testa e alla spalla l’uomo che riusciva comunque a mettere in moto la sua auto e a sfuggire all’assassino che continuava a sparargli contro.

L’attività investigativa, non aiutata dalle informazioni fornite dal sopravvissuto, veniva orientata dai poliziotti verso gli ambienti della criminalità organizzata per le modalità esecutive tipicamente mafiose dell’agguato e per i precedenti di polizia per associazione mafiosa dell’uomo. Inoltre, questi fatti, portavano gli investigatori a credere che il vero obbiettivo del killer fosse proprio Logiudice.

La complessità dell’indagine trovava nella visione delle tantissime immagini degli impianti di video sorveglianza uno degli elementi su cui sviluppare le tecniche investigative.

I poliziotti, infatti riuscivano a individuare il killer che risultava essere il figlio di un uomo assassinato sempre a Gallico a febbraio del 2018.

L’inchiesta sul fatto di sangue portava a scoprire anche l’esistenza di un gruppo mafioso emergente aderente alla ‘ndrangheta di cui faceva parte lo stesso killer. Dalle intercettazioni è emersa la volontà da parte del gruppo di affermare la propria leadership criminale, conquistando spazi sempre più ampi nel territorio di Gallico, anche con l’uso delle armi, pianificando azioni per il controllo delle attività estorsive in danno di imprenditori e commercianti del luogo e ad eliminare esponenti delle fazioni contrapposte.

Durante l’operazione, denominata “De Bello Gallico”, gli agenti hanno sequestrato una pistola semiautomatica calibro 7.65 completa di caricatore, un revolver calibro 38 SP, quattro casacche (“c.d. fratini o pettorine”) riportanti su entrambi i lati la dicitura DIA (Direzione Investigativa Antimafia), un giubbotto antiproiettile, tre passamontagna tipo “mefisto” e diversi motoveicoli rubati utilizzati per compiere azioni criminali.

fonte e foto polizia di stato

Bologna: indagine in 3D incastra assassino 20 anni dopo

Oggi, grazie alla ricostruzione delle scene del crimine in 3D, è stato risolto un nuovo cold case: dopo 20 anni è stato arrestato l’uomo che a Bologna ha ucciso il giovane buttafuori, Valeriano Poli.

Il risultato investigativo è stato raggiunto dopo oltre due anni di accertamenti, grazie ad un’innovativa tecnica di comparazione tridimensionale, utilizzata per la prima volta in Italia in ambito forense, denominata Analysis of Virtual Evidence (c.d. teatro virtuale).

A sfruttare questa nuova tecnologia, che ha consentito di raccogliere un quadro indiziario grave, preciso e concordante a carico dell´indagato, è stata la Squadra mobile di Bologna, con la determinante collaborazione dell’Udi (Unità Delitti Insoluti) della Direzione centrale anticrimine.

I fatti

L’omicidio di Valeriano Poli avveniva in strada la sera del 5 dicembre 1999, vicino alla sua residenza.

Il sopralluogo stabiliva che l’assassino, armato di una pistola cal.7,65 e da una distanza non superiore ai sei metri, aveva colpito la vittima con cinque colpi, di cui uno mortale alla testa.

Le indagini, della Squadra mobile di Bologna, sviluppate in un ambiente omertoso, portavano comunque i poliziotti a stabilire, come movente, un atto di rivalsa dell’assassino nei confronti dell’addetto alla sicurezza, per una lite avvenuta a maggio 1999, davanti ad una nota discoteca della città.

Da maggio a dicembre ’99 l’arrestato aveva spesso intimorito Poli con spilloni funebri (c.d. “Stecche per Corone”), bossoli e proiettili fatti ritrovare sull’auto della vittima, e con lettere minatorie.

Il nuovo ed oggettivo elemento di prova, che ha portato all’arresto di oggi, è stato l’individuazione, sugli scarponcini indossati dalla vittima al momento dell’omicidio, di tracce di sangue dell’indagato.

Come è stato possibile? L’unico elemento in grado di contestualizzare questo fatto è un video, in cui si vede la vittima, pochi giorni prima dell’omicidio, portare le stesse scarpe del giorno della morte.

Gli specialisti della scientifica attraverso l’analysis of virtual evidence, come si vede anche dal nostro video, è riuscita, con una scansione laser sulla scarpa, a trasformarla in una “virtual evidence” cioè una fonte di prova digitale.

Gli accertamenti svolti con una perfetta sovrapposizione della virtual evidence del reperto, sulle immagini registrate, ha consentito ai tecnici di determinare in via definitiva che sulle scarpe riprese nel video non erano presenti le macchie di sangue. Questo permetteva di stabilire che quelle tracce ematiche erano finite sullo scarponcino il giorno dell’omicidio a seguito di un contatto violento tra i due.

fonte foto e video polizia di stato

Omicidio di Sestri Levante, presi mandante e killer

Gli investigatori della Squadra mobile di Genova hanno risolto il giallo dell’omicidio di Antonio Olivieri, l’imbianchino di 50 anni trovato ucciso lo scorso 23 novembre nello scantinato del palazzo dove abitava, in via Roma, nel centro di Sestri Levante.

L’uomo, attirato nel seminterrato con un finto black out di corrente, fu colpito più volte alla testa con un corpo contundente e soffocato con una fascetta da elettricista stretta intorno al collo.

Al termine di un’indagine durata pochi giorni, gli investigatori della Mobile hanno arrestato la moglie della vittima, una brasiliana di 35 anni dalla quale l’uomo si stava separando, e il suo nuovo compagno, un italiano di 45 anni, entrambi pregiudicati.

Sono accusati di omicidio aggravato dalla premeditazione: la donna sarebbe l’ideatrice del delitto, mandante morale e psicologica, mentre l’uomo lo avrebbe eseguito materialmente.

Da subito l’attenzione degli investigatori è stata rivolta nei confronti della donna, che nutriva un forte risentimento nei confronti del quasi ex marito, al quale il tribunale aveva assegnato entrambi i figli della coppia, una ragazza di 15 anni e un maschio di 10.

Tra i due le cose non andavano bene, con liti e denunce continue. Olivieri era stato indagato per maltrattamenti e poi prosciolto, mentre la donna lo aveva diverse volte minacciato di morte.

Due giorni prima dell’omicidio la brasiliana era stata anche condannata per aver dato alle fiamme il motorino della vittima.

Grazie all’analisi delle immagini ricavate dalle telecamere della zona dell’omicidio e agli accertamenti svolti dalla Polizia scientifica, l’indagine ha documentato la presenza dell’assassino in via Roma, proprio all’ora del delitto.

A spingere l’uomo ad uccidere potrebbe esserci anche una questione economica. Infatti, con la morte del marito la donna avrebbe ereditato il suo patrimonio, che avrebbe utilizzato per coprire i suoi pesanti debiti di gioco e per continuare a nutrire il sua “malattia”, la ludopatia, per la quale era in cura presso il Sert.

La coppia è stata tradita anche dalle intercettazioni telefoniche e da un sms, con il quale il nuovo compagno chiedeva alla donna di cancellare tutta la cronologia dei messaggi.

Inoltre, nell’auto dell’uomo, è stata trovata una confezione di fascette da elettricista, alcune delle quali mancanti, le stesse trovate al collo della vittima.

fonte e foto polizia di stato

 

Modena: presi gli assassini del ragazzo soffocato in casa

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Erano andati, in cinque, a casa sua, per chiarire una vicenda che coinvolgeva uno del gruppo ma alla fine lo hanno ucciso soffocandolo con un cuscino. Questo è quanto è successo a Modena il 25 novembre: una ragazzo di venti anni, di origini cinesi, è stato ucciso da 5 connazionali minorenni dentro la sua abitazione. Il movente è da individuarsi in alcune foto a sfondo sessuale che coinvolgevano uno degli assassini e possedute dalla vittima che minacciava di divulgarle.

All’origine del ricatto il desiderio del ventenne di continuare a frequentare uno dei minorenni che si era fatto ritrarre in pose erotiche, dalla vittima.
I minorenni, tutti residenti a Prato, avevano anche tentato di chiudere il cadavere della vittima in una valigia per poi disfarsene ma sono stati interrotti dal padre adottivo del 20enne che aveva sentito dei rumori nella stanza del ragazzo ma che non si è accorto subito di quanto era successo.

Tre dei cinque sono stati arrestati già nella notte successiva dagli agenti della Squadra mobile modenese, mentre un quarto ragazzo si era costituito. Per il quinto componente il fermo è scattato questa notte.

fonte e foto polizia di stato

TRIESTE. OMICIDIO DELLA DONNA SCOMPARSA, ARRESTATO EX MARITO.

Femminicidio a Trieste. La Polizia di Stato ha risolto il complesso giallo della giovane donna serba scomparsa il 26 aprile scorso a Trieste.
Gli uomini della Squadra Mobile di Trieste dopo aver reperito numerosi indizi di colpevolezza che hanno consentito di fare piena luce su l’ex marito della donna hanno eseguito il provvedimento di fermo. L’uomo, dopo averla uccisa si è liberato del cadavere occultandolo sull’altopiano carsico al confine con la Slovenia.
Grazie al supporto delle tecnologie più avanzate e delle moderne tecniche di investigazione scientifica a disposizione degli inquirenti, nel corso delle indagini la Polizia Scientifica di Padova si è avvalsa del “Luminol” (composto chimico utilizzato dalla Polizia Scientifica per rilevare il sangue, per permettere l’identificazione di specifiche proteine separate da elettroforesi), per la ricerca di tracce biologiche.
Il cadavere è stato trovato in uno stato di decomposizione avanzato ed è stato possibile riconoscere la vittima solo grazie all’esame del D.N.A. eseguito dagli uomini della Scientifica.
Nel corso delle indagini è risultata particolarmente proficua l’attività di cooperazione tra Polizia italiana e Polizia slovena che ha consentito tramite un prezioso scambio di informazioni, dagli accordi di cooperazione, di delineare interamente il quadro dei fatti.

Fonte: foto Polizia di Stato