Mentre il governo perfeziona i lavori per il decreto legge in favore delle regioni colpite dal sisma dei giorni scorsi, si rincorrono le voci circa le coperture finanziarie e gli investimenti nella ristrutturazione, tanto più dopo la pubblicazione del decreto legge per la riforma della Protezione Civile e la notizia del mancato risarcimento da parte dello Stato ai cittadini per i danni da catastrofi naturali nonché dell’obbligo di estendere ai rischi da calamità le polizze assicurative sui fabbricati.
A tale riguardo, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Antonio Catricalà, in occasione dell’informativa del Governo sul sisma, ha smentito categoricamente quanto diffuso dagli organi di informazione.
“È sbagliato sostenere che il Decreto Legge di riforma della Protezione Civile preveda come unico strumento di risarcimento per i privati l’assicurazione obbligatoria contro le calamità” – ha detto il sottosegretario. – “Non è vero che il sistema di Protezione civile è affidato alle assicurazioni obbligatorie, che sarebbero una nuova tassa che il Governo non si sente di porre”.
Inoltre, lo stesso Catricalà ha chiarito che il decreto, piuttosto, propone la possibilità di estendere alle calamità la copertura assicurativa sugli immobili, incentivandone l’adesione con sgravi fiscali.
Malgrado le rassicurazioni del sottosegretario, resta tuttavia di diverso parere l’ENEA (Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l’Energia e lo sviluppo economico sostenibile), che ha rilevato come ben il 70% degli edifici sul territorio italiano non è in regola con la normativa antisismica, motivando così le premesse a una proposta di legge per l’assicurazione obbligatoria dei fabbricati a rischio di crollo.
Intervistato da “Il Sole 24 ore”, Paolo Clemente, responsabile del laboratorio rischi sismici dell’Agenzia, ha ribadito la necessità di sottoporre le abitazioni ad opportune verifiche tecniche e di intervenire sui costi di studio e ripristino con la sottoscrizione di polizze obbligatorie destinate in parte “a finanziare i danni relativi a terremoti già avvenuti” ed in parte “a prevenire nuovi danni andando a finanziare un apposito fondo per la messa in sicurezza degli edifici che oggi non lo sono.”
Le prime riflessioni sulla proposta prevedono un premio tra i 100 e i 200 euro l’anno, in proporzione alla sismicità dell’area di ubicazione ed alla regolarità di progettazione dello stabile, con previsione di ricavo annuo pari a 4-5 miliardi di euro.
Un progetto che, nelle parole di Clemente, “consentirebbe di aiutare le popolazioni terremotate e salvare le case oggi a rischio, spalmando sull’intera popolazione i costi di manutenzione delle vecchie costruzioni che senza economie di scala, e quindi, sulle spalle di singoli condomìni, sarebbero difficilmente sostenibili.