TRAFFICO DI ESSERI UMANI: Il fenomeno e le sue dinamiche

di GRAZIA DE MARCO

Sul piano dell’osservazione criminologica, con l’espressione “traffico di esseri umani” si intende un vero e proprio mercato criminale, che si concretizza con il reclutamento, l’illecito trasferimento e la successiva intro­duzione nel territorio di uno Stato di una o più persone. Tale spostamento viene  pianificato da organizzazioni malavitose  transnazionali che ne controllano tutte le relative fasi: partenza dal Paese d’origine, passaggio dalle aree di confluenza e di transito, fino alla destinazione finale. Con il passare del tempo si sono venute a creare vere e proprie multinazionali dell’illecito, in grado di procurare documenti falsi, rimodulare all’occorrenza le rotte e gli itinerari e corrompere o infiltrare gli Uffici Istituzionali dei Paesi di transito.

 

Le cause che alimentano il fenomeno del “commercio di uomini” sono essenzialmente riconducibili a due categorie: i PUSH FACTORS (fattori di impulso) ed i PULL FACTORS (fattori di attrazione).

Tra i fattori di impulso più comuni ci sono:

–       la scarsa opportunità di  impiego, a cui si aggiungono condizioni di vita molto misere, mancanza di istruzione base e di assistenza sanitaria;

–       crisi politiche ed economiche, per lo più causate da conflitti, catastrofi ambientali ed errata gestione della politica economica. Tutti fattori che portano ad una crescita della disoccupazione ed all’aumento del costo della vita;

–       discriminazioni di tipo sessuale, etniche o di casta, che rendono impossibile la ricerca di un lavoro .

Tra i fattori di attrazione invece quelli più diffusi sembrano essere:

–       migliori salari, condizioni di vita più accettabili e maggiori opportunità di carriera;

–       eccessive aspettative sulle opportunità esistenti negli altri Paesi;

–       minori restrizioni negli spostamenti, migliore libertà di movimento, maggiore facilità ad ottenere passaporti, ecc.;

 

Le vittime di questo commercio illecito sono giovani senza alcuna prospettiva nei luoghi di origine, attratti da false promesse di lavoro, che non conoscono assolutamente né la vera natura della futura occupazione e neppure le condizioni che saranno loro imposte in seguito.                                                                                                                                                                                                        Uno dei sistemi a cui molto spesso ricorrono le organizzazioni criminali per il reclutamento, soprattutto dei  minorenni, è il sequestro. Una volta giunti nei Paesi di destinazione, la maggior parte delle vit­time viene sprovvista di documenti di identità, di risorse finanziarie e di punti di riferimento. I migranti, inoltre, non conoscendo la lingua, sono estremamente vulnerabili e totalmente assoggettati ai loro aguzzini, che li sottopongono ad ogni tipo di violenza e abuso. Essi, peraltro, spesso non nutrono alcuna fiducia nei confronti delle Istituzioni locali, perché sono abituati alla diffusa corruzione esistente nei loro Paesi d’origine ed inoltre temono ritorsioni nei confronti dei loro familiari  rima­sti  in  patria, da parte delle stesse organizzazioni criminali.

Le più diffuse forme di schiavitù sono quelle che riguardano lo sfruttamento sessuale di donne e bambini, il lavoro forzato e la servitù religiosa e domestica, senza dimenticare anche i rapimenti per alimentare il traffico di organi umani.

I Paesi maggiormente interessati da questi traffici sono:

–       l’India, che comunque sta cercando di abbandonare questa pratica ormai consolidata nel tempo e alimentata dalla locale tradizione religiosa (essere schiavo o padrone è una questione di casta), dalla corruzione della politica e, infine, dal  boom demografico, che ha enormemente accresciuto il numero di famiglie in condizioni di estrema povertà. Le piaghe maggiormente diffuse sono la servitù da debito e il traffico di organi, soprattutto di reni;

–       la Thailandia, dove  la  più frequente forma  di  sfruttamento è quello sessuale, infatti le grandi città del sud del Paese sono invase da giovani ragazze, le quali, spinte da false aspettative di vita, giungono invece nei bordelli thailandesi dove sono costrette  a soddisfare i piaceri di molti uomini. Queste donne, inoltre, vengono continuamente picchiate e violentate per evitare ogni forma di ribellione;

–       la Cina, dove la povertà di alcuni Paesi, la politica di pianificazione familiare e le crescenti disuguaglianze sociali hanno alimentato, sia  il traffico delle donne, che quello dei bambini, venduti su internet a coppie sterili, mentre le numerose condanne a morte hanno diffuso il mercato “via web” di organi umani. Comprare su internet, soprattutto cornee, pancreas e reni di un prigioniero giustiziato è ormai diventato uno dei commerci più floridi del Paese orientale.

–       l’Albania e la Romania che, più degli altri Paesi, alimentano il traffico europeo di esseri umani verso il ricco Occidente. In realtà, però, anche altri territori, negli ultimi anni, hanno conosciuto questo fenomeno criminale. Ad esempio il Kosovo, l’Ucraina e la Bielorussia possono ormai essere considerate zone di provenienza, i Paesi dell’ex Jugoslavia zone di transito, mentre il Belgio e le Repubbliche Baltiche zone di destinazione.

 

Anche l’Italia, negli ultimi decenni, ha dovuto fare i conti con questo fenomeno per molteplici ragioni, tra le quali la massiccia immigrazione clandestina, anch’essa gestita da organizzazioni criminali.  Il nostro Paese può essere considerato, sia come meta di destinazione, che come “porta d’ingresso” verso altre località europee, grazie alla sua posizione geografica, all’estensione delle sue coste e alla molteplicità degli approdi sull’intero bacino del Mediterraneo. In Italia le vittime sono soprattutto le donne ed i bambini, sfruttati, rispettivamente, per  fini sessuali e per mendicare.

 

I sodalizi criminali nostrani, tuttavia, non sono abituate a gestire direttamente il traffico di persone, ma preferiscono cederlo in appalto ad altre organizzazioni, come quelle albanesi, nigeriane, magrebine e, soprattutto, cinesi, che operano in maniera costante e silenziosa. Tra gli strumenti adottati dal nostro Paese per combattere il fenomeno, è utile segnalare l’art 18 del T.U. sull’immigrazione (d.lgs 286 del 25 luglio 1998), che rappresenta il primo strumento attraverso il quale il nostro Stato offre        protezione alle vittime delle tratte.

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