Arresto come motivo sufficiente per legittimare il licenziamento per giusta causa

La sentenza dei giudici, della sezione civile della Corte di Cassazione, su un caso di Grosseto, ha stabilito che l’arresto per detenzione di 200 grammi di hashish è motivo sufficiente per legittimare il licenziamento per giusta causa perché viene meno il rapporto di fiducia tra dipendente e datore di lavoro.

Si tratta di una vicenda giudiziaria di un ex chef de rang di una rinomata struttura maremmana in cui aveva lavorato per ventisei anni e che era stato licenziato dalla dirigenza il 16 ottobre del 2012 dopo che fu arrestato per possesso di 200 grammi di hashish.

I 200 grammi di hashish sono stati considerati troppi anche dal giudice per le indagini preliminari per poter rientrare come «uso personale» infatti il Gip convalidò l’arresto ma sostituendolo con la misura cautelare dell’obbligo di dimora. A seguito dell’arresto il resort decise di concludere il rapporto di lavoro e da allora è iniziata la battaglia giudiziaria in sede civile tra il dipendente e la società. L’ex chef de rang ha impugnato il licenziamento sostenendo che «in 26 anni non aveva mai ricevuto una contestazione disciplinare e che l’arresto era avvenuto al di fuori dell’attività lavorativa, quando si trovava in ferie, per cui non era stato arrecato alcun pregiudizio alla società. Trattandosi inoltre di un episodio per modica quantità di droga, tale da giustificare un uso personale».

La tesi dell’uso personale non è stata avvalorata pero’ dai giudici del lavoro del tribunale di Grosseto, come dai giudici della Corte di Appello e della Suprema Corte che hanno dichiarato che «È noto che il concetto di giusta causa non si limita all’inadempimento così grave da portare alla risoluzione immediata del rapporto di lavoro, ma si estende anche a comportamenti extralavorativi che facciano venire meno il rapporto di fiducia col dipendente».

Inoltre durante le indagini era emerso che la droga l’aveva acquistata da un collega di lavoro ed essendo inoltre chef addetto alla sala con rapporti diretti con la clientela e la Suprema Corte ha respinto il ricorso in sede civile dell’ex dipendente.

Umberto Buzzoni

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