L’AMICO POLIZIOTTO

amicodi Umberto Buzzoni – Direttore “Mensilepoliziadistato”

Tanti gesti di umana solidarietà vengono compiuti nell’ombra da rappresentanti delle forze dell’ordine che spesso non gradiscono apparire. Del resto è il loro lavoro.

Ma noi del “Mensilepoliziadistato” riteniamo sia giusto dare anche questo tipo di informazioni e, tra una notizia di cronaca e l’altra, andiamo alla ricerca proprio di storie come quella che andiamo a raccontare.

Siamo a Roma nella Scuola Giovanni Galliero. Come ci raccontano i dirigenti, alcuni mesi fa inizia il lavoro da bidello un uomo che, sin dai primi giorni,  dava l”impressione di avere seri problemi personali. Appariva pensieroso, sciatto e trascurato. Era un uomo solo e non aveva nessuno che si prendesse cura di lui. Un giorno addirittura fu chiamata un’ambulanza perchè non ce la faceva neanche a reggersi in piedi.  Poi, poco prima di Pasqua, accade un fatto strano. Non si presenta a lavoro per ben 3 giorni e non risponde più neanche al telefono.

La dirigente scolastica, preoccupata, chiama un AMICO POLIZIOTTO. Racconta quanto può e quanto sa delle abitudini del bidello. L’amico poliziotto, nonostante in tanti sconsigliassero un intervento perchè ritenevano la storia esagerata, confidando in problemi passeggeri e momentanei, decise di intervenire lo stesso.

Si recò a casa dell’uomo, aprì la porta e lo trovò a terra agonizzante. I medici del pronto soccorso si sono successivamente complimentati con l’amico poliziotto che, con il suo intervento, gli ha salvato sicuramente la vita.

Abbiamo cercato l’AMICO POLIZIOTTO protagonista di questa storia. Si chiama FABRIZIO RUBBINI ed è ispettore presso il Commissariato Appio Nuovo di Via Botero a Roma. Da anni è impegnato anche nel sociale collaborando con il progetto di educazione alla legalità denominato prima “Amico Poliziotto” ed ora “Scuole sicure”.

umbertoIn qualità di direttore del “Mensilepoliziadistato” esprimo profonda stima e gratitudine alla Polizia di Stato per l’impegno quotidiano a favore della sicurezza dei cittadini e della legalità.

All’ispettore Fabrizio Rubbini voglio poi inviare, attraverso queste pagine, il ringraziamento di tutta la nostra redazione e dei nostri lettori per l’operazione svolta e per l’impegno da lui profuso quotidianamente.

In Italia sono centinaia i rappresentanti delle forze dell’ordine che, in silenzio, hanno portato a termine operazioni come quella raccontata oggi.

E’ a loro che va ed andrà anche in futuro la nostra attenzione ed il nostro incoraggiamento.

Tenta dare fuoco a moglie e figlia

carabida TGCOM24

Un 51enne di Sant’Antimo (Napoli) ha tentato di uccidere la moglie e la figlia di 9 anni, ma è stato fermato e arrestato dai carabinieri.

L’uomo ha prima cosparso di liquido infiammabile le due, non contento, ha poi tentato di colpirle con un coltello da cucina. La lite è nata per futili motivi.

Non era la prima volta che si verificavano episodi di violenza entro le mura domestiche. Il 51enne è stato condotto nel carcere di Poggioreale.

Yara, è caccia a un secondo uomo

yarada TGCOM24

Secondo fonti sentite da News Mediaset, per gli inquirenti Bossetti è troppo debole fisicamente. Difficile che sia riuscito da solo a rapire la 13enne di Brembate e poi spostarne il corpo nel campo di Chignolo.

Nuova svolta nel caso dell’omicidio di Yara Gambirasio, dopo l’arresto di Massimo Giuseppe Bossetti. Secondo alcune fonti sentite da Enrico Fedocci, giornalista di News Mediaset, ci sarebbe un secondo uomo vicino al presunto killer. Tutto scaturisce da alcune considerazioni legate alle intercettazioni telefoniche in mano agli inquirenti e sulle quali vige il massimo riserbo: Bossetti sarebbe troppo esile per contenere la reazione di Yara, un’atleta forte e giovane.

Yara era una ragazzina forte fisicamente e Bossetti, da solo, non sarebbe riuscito a rapirla, ma si sarebbe avvalso di un complice. Bossetti non avrebbe mai potuto spostare la ragazzina fino al centro del campo di Chignolo dove il cadavere è stato ritrovato. Yara era svenuta quando è stata condotta là, quindi difficile da trasportare.

Inoltre, sulla base delle tracce ritrovate sotto le scarpe della 13enne, si pensa che non sia stata portata subito nel campo di Chignolo dove è stata trovata morta.

Assalto armato al caveau Foggia, il commando spara

caveauda Unione Sarda

Un assalto è stato compiuto nella notte da un commando – composto da una decina di uomini armati e incappucciati – al caveau della azienda di vigilanza NP Service, nel Villaggio Artigiani di Foggia.

I banditi hanno tentato invano di portare via il denaro contenuto nella cassaforte dell’azienda di vigilanza NP Service, al Villaggio Artigiani di Foggia, e hanno anche ingaggiato – a quanto si è saputo finora – una sparatoria con alcune guardie giurate, minacciando automobilisti con le armi, dando alle fiamme automezzi nelle strade adiacenti e sventrando una parete dell’edificio della NP Service con un escavatore per tentare di accedere al caveau. Numerosi automezzi sono stati dati alle fiamme in sei punti, nelle strade vicine all’edificio. E mentre era in corso l’assalto sarebbero intervenuti sul posto alcuni vigilanti e si sarebbe verificato un conflitto a fuoco tra i malfattori e le guardie giurate: non ci sono feriti. A questo punto i componenti del commando avrebbero deciso di fuggire, allontanandosi a bordo di vetture (forse quattro) in direzione Candela. Sul luogo della tentata rapina sono intervenuti carabinieri, polizia e vigili del fuoco. Sono in corso ricerche e posti di blocco in tutta la zona.

Yara, fratello e commercialista smentiscono l’alibi di Bossetti

bossettida TGCOM24

Sembra non reggere l’alibi di Massimo Bossetti. Secondo i verbali, il bergamasco ha dichiarato al pm di essere passato spesso dal paese di Yara “per andare da mio fratello e dal mio commercialista”. Peccato che il primo ammetta “di vederlo di rado” e che il secondo ricorda di “vederlo una volta al mese, per le fatture”. Non regge nemmeno il racconto di quel “26 o 27 novembre”. Mistero anche sull’ultimo sms di Yara: inviato dall’auto del killer?

Il muratore si definisce metodico e abitudinario al punto di ricordarsi, appunto, cosa ha fatto “la sera del 26 o forse era il 27 novembre” perché “passando di fronte al centro sportivo vidi furgoni con grosse parabole e ne fui attratto”. Circostanza che non corrisponderebbe al vero in quando Yara fu rapita venerdì 26, il padre ne denunciò la scomparsa sabato mattina 27 e il circo mediatico arrivò solo domenica 28″.

La moglie ha chiesto di vederlo anche se per il momento Bossetti è in regime di isolamento.

L’ultimo sms in auto con l’assassino? – Inquietante e non del tutto chiaro un altro passaggio del verbale, quello riferito agli ultimi tre sms di Yara Gambirasio scambiati con una sua amica. Gli orari dei messaggini nelle celle di Ponte San Pietro (quella che copre il centro sportivo di Brembate) sono18.25 e 18.44 mentre il terzo (ore 18.49) è agganciato alla cella di via Natta a Mapello, molto lontano dal tragitto palestra-casa Gambirasio. Secondo gli inquirenti quell’sms potrebbe essere stato inviato a bordo dell’auto di Bossetti. Ma perché salire in macchina con uno sconosciuto?

Federica Giacomini, esami su corde e fil di ferro con cui era stata legata

federicada TGCOM24

Continuano a tappeto gli esami per riunire i pezzi del puzzle sul delitto di Federica Giacomini. Gli inquirenti non lasciano nulla al caso e faranno esaminare anche corde e fil di ferro con cui lapornostar, originaria di Brescia, era stata legata all’interno della cassa ripescata martedì sul fondo del lago di Garda dai sommozzatori della polizia.

La 43enne, scomparsa da circa 5 mesi, potrebbe anche essere stata sedata o drogata prima dell’omicidio. A rivelarlo sarà presto il Ris, a cui l’Istituto di medicina legale di Padova ha spedito i tamponi effettuati durante gli esami autoptici.

Sull’identità di Federica Giacomini invece ormai non ci sono più dubbi, anche alla luce di alcune sue caratteristiche morfologiche che ne hanno facilitato il riconoscimento (l’assenza della falange del quarto dito della mano destra); ma proseguiranno comunque nei prossimi giorni ulteriori indagini per avere un riscontro più certo possibile anche dal punto di vista del Dna.

Accoltella passanti nel Milanese, Frigatti “era disperato per amore”

milanoda TGCOM24

Era disperato” per la fine della storia con la sua fidanzata.

Lo ha raccontato un parente di Davide Frigatti, il 34enne che il 17 giugno ha aggredito a coltellate tre passanti, uccidendone uno, nel Milanese. Sarebbe stata proprio questo sentimento di disperazione ad aver acceso la miccia del raptus omicida nel ragazzo. “Mai, però, ci saremmo immaginati una reazione del genere”, ha aggiunto il familiare.

“Ci ha detto che era un periodo difficile, a causa della fine di una relazione – ha spiegato -. Lunedì sera ha dormito a casa nostra, diceva di aver trovato speranza nella religione, una forza interiore”. “Siamo distrutti – ha concluso -, non troviamo una spiegazione a quanto accaduto”.

Omicidio Yara, arrestato il presunto assassino: è un muratore incensurato con tre figli

yarada IL MESSAGGERO

Il suo nome è Massimo Giuseppe Bossetti, ha tre figli, è sposato e vive a Mapello, ed è il presunto assassino di Yara Gambirasio, la tredicenne di Brembate di Sopra uccisa tre anni e mezzo fa.
Il presunto assassino. L’uomo che è stato arrestato è un muratore sposato, ha 45 anni e tre figli. E’ nato da una relazione clandestina tra l’autista Giuseppe Guerinoni (morto nel ‘99) e una donna del luogo, che faceva le pulizie a casa di Yara Gambirasio. Il presunto killer, che ha anche una sorella gemella, è stato identificato grazie al Dna lasciato sul corpo della vittima. L’ultima conferma sull’analisi scientifica era arrivata nell’aprile scorso contenuta nella relazione dell’anatomopatologa Cristina Cattaneo, la stessa esperta che aveva eseguito l’esame sulla salma della giovane vittima uccisa a Brembate il 26 novembre 2010.

Un normale controllo stradale, ieri sera, durante il quale è stato sottoposto al test dell’etilometro: con questo espediente i carabinieri hanno estratto il Dna di Massimo Giuseppe Dossetti, che è risultato «perfettamente coincidente» con quello trovato sugli slip di Yara Gambirasio.

Nel corso dell’interrogatorio di fronte agli inquirenti nella caserma del Comando provinciale dei carabinieri di Bergamo, Massimo Giuseppe Bossetti si sarebbe avvalso della facoltà di non rispondere. In caserma è stata convocata anche la moglie. L’uomo è titolare di una piccola azienda edile. Gli investigatori gli hanno sequestrato una Volvo.

La scienza non lasciava dubbi: l’autista di Gorno è il padre del presunto killer della 13enne il cui corpo fu trovato esattamente tre mesi dopo la scomparsa in un campo di Chignolo d’Isola. La relazione dimostrava che la probabilità che Guerinoni fosse il padre del cosiddetto ‘Ignoto 1’ è del 99, 9999987 per cento, un dato che era stato estratto dalla polizia scientifica. Una paternità della quale probabilmente nessuno in paese ne era a conoscenza. L’indagine è stata effettuata dalla polizia scientifica insieme con i carabinieri del Ros che hanno incrociato le informazioni e sono arrivati a Massimo Bossetti.

I familiari del fermato. «Non è il momento»: risponde così, al telefono della casa di Mapello, una donna, molto probabilmente la moglie, di Massimo Giuseppe Bossetti.

I vicini di casa di Bossetti. «Un bravo ragazzo, un muratore in proprio che conduceva una vita tranquilla». Così i vicini di casa di Giuseppe Massimo Bossetti. «Non è di qua», tengono a sottolineare i vicini, «è arrivato qui e si è sposato con una ragazza del posto. Speriamo solo che non sia vero», concludono.

La conferma del fermo è arrivata direttamente dal ministro dell’Interno Angelino Alfano. L’uomo è ora in caserma per l’interrogatorio. «Siamo in una fase delicatissima», si è limitato a dire il procuratore della Repubblica di Bergamo, Francesco Dettori.

Il ministro Alfano. «Le Forze dell’Ordine, d’intesa con la Magistratura, – afferma Alfano – hanno individuato l’assassino. Ringraziamo tutti, ognuno nel proprio ruolo, per l’impegno massimo, l’alta professionalità e la passione investiti nella difficile ricerca di questo efferato assassino che, finalmente, non è più senza volto». Complimenti al comandante generale dei carabinieri Leonardo Gallitelli e al capo della Polizia Alessandro Pansa sono arrivati anche dal presidente del Consiglio Matteo Renzi che li ha ringraziati per l’impegno dei loro uomini eper la grande sinergia nelle indagini che hanno portato al fermo. «L’Italia è un Paese dove chi uccide e chi delinque viene arrestato e finisce in galera – ha aggiunto Alfano – Può passare del tempo o può finirci subito. Ma questo è il destino che attende i criminali. Oggi, due successi che dedichiamo ai familiari delle vittime e agli italiani onesti».

Le indagini – Il presunto assassino di Yara Gambirasio ha 45 anni, è sposato e ha tre figli. Vive a Mapello, un paese vicino a Brembate. Lo stesso luogo dove si sono concentrate a lungo le indagini perché proprio lì si spegne definitivamente il cellulare di Yara. Sempre a Mapello si trova il cantiere dal quale sono partite le indagini che avevano portato sulle tracce, poi risultate sbagliate, del lavoratore immigrato.

Il sindaco di Brembate Sopra. «Se è vero siamo felici, era un atto dovuto alla famiglia e a tutta la comunità». Lo ha detto all’ANSA il sindaco di Brembate Sopra (Bergamo). «Da quando è scomparsa da casa, a Brembate, e da quando è stata trovata uccisa a Chignolo Po (Bergamo), attendevamo questo momento. Ringrazio tutti quelli che hanno messo tante risorse in campo per arrivare a questo risultato».

Il parroco. «Penso a questa persona. Spero che ora non prevalgano sentimenti di vendetta nei suoi confronti. Questa comunità in questi anni è stata molto matura. Pur impaurita e ferita non ha ceduto a sentimenti di vendetta. Il papà di Yara mi ha detto che se lei è morta è perchè noi diventassimo più buoni. Se ora questa notizia verrà confermata cosa facciamo nei confronti del presunto assassino? Invochiamo la pena di morte? No, certo. A me interessa che Yara sia stata e continui ad essere un dono per la nostra comunità». Queste le prime parole di don Corinno Scotti, il parroco di Brembate di Sopra, alla notizia dell’individuazione dell’assassino di Yara Gambirasio, date al sito di Famiglia Cristiana. «Ho tirato un sospiro di sollievo ma ancora non so nulla di preciso», dice. «Proprio quindici giorni fa abbiamo inaugurato qui in oratorio un monumento in ricordo di Yara che ho voluto chiamare stele di luce. Perchè comunque andrà a finire questa dolorosa vicenda Yara è così che deve essere ricordata: come un dono, un dono prezioso».

L’avvocato di Fikri. Per Mohamed Fikri, il marocchino che era stato fermato qualche giorno dopo la scomparsa di Yara Gambirasio, rilasciato dopo 2 giorni e definitivamente scagionato dall’accusa di omicidio poco più di un anno fa, il fermo del presunto assassino della ragazza «è una ulteriore riabilitazione, perchè c’era qualcuno che ancora nutriva dubbi nei suoi confronti». Lo ha spiegato il suo legale, l’avvocato Roberta Barbieri.

Strage di Motta Visconti, il marito ha confessato: amava una collega

strageda TGCOM24

In caserma, Lissi è stato sentito per ore, con gli investigatori che non hanno mai smesso di confrontare le sue dichiarazioni con quelle di parenti e testimoni. Alla fine la confessione: ha ucciso perché travolto dalla passione per una collega. Le ultime parole della moglie, mentre lui la colpiva: “Carlo perché mi fai questo?”

E’ stato fermato con l’accusa di triplice omicidio Carlo Lissi, il marito di Cristina Omes, la donna trovata uccisa con i suoi due figli nella villa di famiglia a Motta Visconti,nel Milanese. Dopo una notte di interrogatori, l’uomo ha confessato: ha ammazzato moglie e figli perché travolto dalla passione per una collega di lavoro. Dopo la strage, hanno rivelato gli investigatori, Lissi è andato a vedere la partita come se nulla fosse accaduto.

Nella confessione, il 31enne, prendendo la testa fra le mani, ha detto agli investigatori:“Voglio il massimo della pena”. L’uomo ha quindi ripetuto le proprie ammissioni davanti al pm. La miccia che ha scatenato la furia omicida di Lissi contro i suoi familiari forse è stata accesa dal rifiuto della collega, che ha confermato ai carabinieri le intenzioni dell’uomo, che le si era da poco dichiarato. La moglie, tra l’altro, non ne era a conoscenza. La sera della strage, infatti, Lissi e la donna avevano fatto l’amore. Le ultime parole di Cristina Omes, pronunciate mentre lui la colpiva, sono state: “Carlo perché mi fai questo?”. La 38enne colta di spalle, mentre guardava la tv, ha anche cercato di divincolarsi e reagire; ma lui l’ha colpita con un pugno.

Gli investigatori hanno poi trovato l’arma dei delitti in un tombino di Motta Visconti. A rivelare dove fosse il coltello è stato lo stesso 31enne, durante l’interrogatorio. L’assassino è stato trasferito al carcere di Pavia prima dell’alba.

Cristina Omes, 38 anni, e i suoi due bambini, Giulia di 5 anni e Gabriele di 20 mesi, eranostati sgozzati sabato notte in una abitazione a Motta Visconti (Milano).

In caserma, Lissi è stato sentito per ore, con gli investigatori che non hanno mai smesso di confrontare le sue dichiarazioni con quelle di parenti e testimoni, richiamandolo più volte in caserma. Da qui la decisione di arrestarlo con l’accusa di triplice omicidio.

Nella casa dell’orrore la scena ai soccorritori era apparsa raccapricciante: sangue ovunque e i corpi della bambina nella sua cameretta, del piccolo nel letto matrimoniale e della donna, in soggiorno, martoriati. La cassaforte aperta e i contanti in essa contenuti, una cifra di non particolare entità, pare, spariti, ma senza segni di effrazioni evidenti sul forziere o sulla porta. Forse una messinscena. Proprio l’accanimento e l’assassinio del bimbo più piccolo, avevano fatto propendere i carabinieri di Milano, che conducono le indagini, verso un ambito privato.

I militari infatti, pur in una pluralità di ipotesi, hanno cominciato a propendere per la pista familiare subito dopo le prime fasi di indagine. Il fatto stesso che nella strage non fosse stato risparmiato nemmeno il più piccolo dei due bambini, di appena 20 mesi, rendeva meno credibile la pista esterna, di una sanguinosa rapina, e il mancato ritrovamento dell’arma del delitto nelle immediate vicinanze dei cadaveri rendeva difficileuno scenario di omicidio-suicidio.

Lissi, risentito più volte, non aveva convinto gli inquirenti con la sua versione, e soprattutto erano emersi possibili gravi tensioni nella coppia.

Milano, entra in metropolitana con l’auto per fuggire dalla polizia: arrestato

metroda TGCOM24

Tragedia sfiorata a Milano dove un uomo, in fuga dalla polizia a bordo di una Fiat Stilo, ha imboccato a tutta velocità l’ingresso della nuova stazione metropolitana di Affori Nord.

Inseguito dagli agenti, l’uomo si è infilato nella galleria che porta ai tornelli, pensando che si trattasse di un sottopassaggio ciclopedonale. In pochi secondi si è invece ritrovato sul mezzanino, riuscendo miracolosamente a frenare prima di sfondare la cabina dell’agente di stazione. Inutile il tentativo di fuga a piedi: l’uomo è stato bloccato e arrestato.