Reggio Calabria: traffico di minorenni, tre arrestati

La Polizia di Stato di Reggio Calabria ha scoperto una banda di stranieri che si era specializzata nella tratta di minorenni.

La declinazione più schifosa della tratta di esseri umani è venuta alla luce quando una pattuglia delle volanti ha notato tre uomini in compagnia di nove minorenni, mentre aspettavano un autobus di linea.

I tre, un egiziano un eritreo ed un tunisino, rispettivamente residenti a Milano, Crotone e Messina, si erano dati appuntamento a Reggio Calabria dove avevano convinto i nove ragazzi ad allontanarsi dal Centro di prima accoglienza con la promessa di un futuro sicuro e tranquillo in altre località.

Ovviamente pagando. Si perché addosso ai tre, finiti in carcere, sono state trovate ingenti somme di denaro pagate dai minori per questo “servizio”.

I tre approfittavano della particolare condizione di vulnerabilità dei minorenni, tutti non accompagnati da familiari e con un’età che oscilla tra i 14 ed i 16 anni, per farsi dare denaro e spostarli in altre città o forse altre nazioni.

Il sistema risulta talmente consolidato tanto da far trasferire i tre, due dei quali con precedenti, dalle rispettive città di residenza alla città calabrese dove ultimamente si stanno concentrando diversi sbarchi di migranti.  fonte e foto polizia di stato

Genny ‘a carogna arrestato anche per maglietta pro Speziale

Genny-a-carognadi Il Fatto Quotidiano.it

Per la Digos e la Procura di Roma Gennaro De Tommaso, detto Genny ‘a carogna, fu “l’ispiratore” di quello che avvenne dentro e fuori lo stadio Olimpico di Roma, prima e durante la finale di Coppa Italia del 3 maggio scorso, tra Napoli e Fiorentina.

Sono tante le accuse mosse al leader dei Mastiff che quella sera instaurò una sorta di trattativa con le forze dell’ordine, i giocatori azzurri e i rappresentanti della sicurezza per far svolgere o meno il match, dopo che la tifoseria napoletana – inizialmente contraria a far giocare la gara – venne a sapere del ferimento di Ciro Esposito, il tifoso azzurro colpito – secondo le indagini – dai colpi di pistola sparati dall’ex ultrà romanista Daniele De Santis.

De Gennaro questa mattina (22 settembre) è stato arrestato e si trova agli arresti domiciliari per aver organizzato gli scontri con le forze dell’ordine, aver indossato la maglietta con scritto “Speziale libero” e aver invaso il campo.Ecco cosa successe quel 3 maggio secondo i pm Eugenio Albamonte e Antonino Di Maio. Genny, due ore prima di sedere a cavalcioni sulla recinzione della curva con indosso la maglietta a favore dell’ultrà catanese (ritenuta offensiva e violenta), “ispirò” gli scontri con la polizia. Fu lui a comandare un centinaio di napoletani, che prima di entrare all’Olimpico scortati dagli agenti, si radunò in piazza Mazzini e con fumogeni e petardi tentò di aggredire i rivali viola. Una volta dentro lo stadio, secondo il gip Rosaria Monaco il colloquio col capitano del Napoli Marek Hamsik richiesto da Gennaro De Tommaso fu consentito dai responsabili dell’ordine pubblico per evitare che la situazione degenerasse.

Genny ‘a carogna, scrive il giudice per le indagini preliminari, “aveva minacciato l’invasione di campo e il compimento di atti di violenza se non avesse avuto un colloquio con Hamsik”. Il gip cita la relazione di servizio del dirigente Digos che riferisce di una “situazione di alta tensione all’interno dello stadio Olimpico, già palesata dai fischi in concomitanza con l’inno nazionale”. Il dirigente della Digos romana Diego Parente, però, all’interno dello stadio “non ci fu nessuna trattativa. De Tommaso, e lo scrive il gip, ha avuto un comportamento di negazione dell’autorità tanto che chiese di parlare con il capitano del Napoli Hamisk”, sostiene il funzionario.

Insieme a Genny ‘a carogna altri quattro supporter napoletani sono stati colpiti dall’ordinanza, e sono stati sottoposti a obbligo di firma. Gli investigatori, grazie ai filmati, hanno riconosciuto tre di loro (Mauro Alfieri, Genni Filacchione e Salvatore Lo Presti) tra le persone che hanno partecipato agli scontri fuori dall’Olimpico. Mentre un quarto – anche lui sottoposto a obbligo di firma – è un altro capo ultrà della curva napoletana, Massimiliano Mantice, accusato, come De Tommaso, di aver scavalcato la rete che delimita il campo di gioco dalla curva Nord. Un gesto che è già costato ai due un provvedimento di Daspo. Lo stesso Mantice, come ricostruito dagli inquirenti, giunse nella zona di Tor di Quinto subito dopo il ferimento di Esposito e fu una delle persone che soccorse il ragazzo, morto poi 50 giorni dopo quel 3 maggio.

Nello specifico, l’ordinanza emessa dal gip del Tribunale di Roma contesta, a vario titolo, i reati di concorso in resistenza a pubblico ufficiale, lancio di materiale pericoloso e invasione di campo e, solo a De Tommaso, è accusato di aver indossato la maglietta inneggiante ad Antonino Speziale, l’ultrà del Catania accusato della morte dell’ispettore Filippo Raciti, avvenuta il 2 febbraio 2007 fuori dallo stadio del capoluogo siciliano, al termine del derby Catania-Palermo. E proprio il mese scorso a Genny era stata ritirata la patente dopo che la polizia stradale lo aveva fermato mentre guidava sulla corsia d’emergenza a Catania, dove si era recato per incontrare la famiglia Speziale. “E’ ridicolo, piuttosto che arrestarlo dovrebbero dargli un premio e ringraziarlo, senza di lui la partita non si sarebbe giocata e chissà cosa sarebbe potuto accadere con tutta quella tensione”. Queste le parole all’Adnkronos di Antonella Leardi, madre di Ciro Esposito, alla notizia degli arresti domiciliari per De Tommaso,

Quello che andò in scena all’Olimpico, con il match bloccato e un pugno di tifosi napoletani capeggiati da Genny ‘a carogna che per 45 minuti  parlò con giocatori e forze dell’ordine, fu l’epilogo di una giornata scandita da tafferugli e spari. Durante gli scontri tra un manipolo di tifosi napoletani e ultrà romanista rimase ferito Ciro Esposito che morì dopo una lunga agonia 50 giorni dopo. Il principale indiziato dell’omicidio è l’ex ultrà romanista Daniele De Santis, nei cui guanti sono state trovate tracce di polvere da sparo compatibili con l’arma che ha ucciso l’ultrà del Napoli.

Sparatoria in strada a Milano, 2 morti e un ferito

carabinieri143di Ansa

Due morti e un ferito: è questo il bilancio di una sparatoria avvenuta ieri sera in strada, a nord di Milano, nel quartiere Bruzzano. Un probabile regolamento di conti nell’ambito del mondo dello spaccio di sostanze stupefacenti. A poco meno di tre ore dall’agguato, avvenuto poco prima delle 21, un uomo di origine albanese è stato fermato dai carabinieri: potrebbe trattarsi del presunto killer. Tutto ha inizio in piazza Giustino Fortunato. Tre persone, che probabilmente si conoscevano tra loro, hanno un appuntamento. Forse è una trappola tesa dall’uomo che, appena arriva a bordo della sua Opel, comincia a sparare. Decine i colpi d’arma da fuoco esplosi durante il blitz, secondo quanto hanno riferito alcuni testimoni, i clienti di un ristorante della zona.

Il primo a cadere è un albanese di 41 anni: due proiettili lo raggiungono alla schiena e uno alla testa. Muore sul colpo, di fronte all’ingresso dell’ospedale Galeazzi. Gli altri due cercano di fuggire, ma vengono a loro volta colpiti, probabilmente dopo un breve inseguimento. Un uomo, un 37enne di origine africana, si accascia in via Marna. Quando i soccorritori del 118 lo ritrovano è ancora vivo, ma l’agonia dura poco minuti. Muore prima di essere caricato sull’ambulanza.

Risulta invece ferito, e non sarebbe in pericolo di vita, un altro albanese, colpito da un proiettile all’addome. Recuperato dai soccorritori in via Angeloni, l’uomo viene trasferito all’Ospedale Fatebenefratelli, dove viene operato d’urgenza. La sua testimonianza sarà fondamentale per ricostruire il blitz di sangue costato la vita a due persone. I carabinieri bloccano molte delle strade di accesso a piazza Giustino Fortunato e danno il via a una vera caccia all’uomo. Secondo alcune testimonianze, il killer sarebbe fuggito a bordo di una Opel. Il presunto omicida viene rintracciato e fermato poco prima delle 23.30 e portato in caserma. Nel corso delle indagini bisognerà capire se l’uomo abbia agito da solo o con almeno un complice.

Ruby, Berlusconi assolto in Appello Ribaltata la condanna in primo grado

berlusconida TGCOM24

I giudici hanno accolto la tesi della difesa. Sull’accusa della concussione “il fatto non sussiste”, mentre per quella di prostituzione minorile “non costituisce reato”

I giudici della seconda Corte d’Appello di Milano hanno assolto Silvio Berlusconi, imputato per concussione e prostituzione minorile nel processo Ruby, per entrambi i capi di imputazione. Sull’accusa di concussione, i magistrati dicono che il fatto non sussiste, mentre, a proposito di quella di prostituzione minorile, “il fatto non costituisce reato” secondo quanto si legge nella sentenza.

Non si può dare per scontato, secondo i giudici, che ci siano stati rapporti intimi tra Berlusconi e Ruby perché la giovane ha trascorso alcune notti ad Arcore. E questo ha sempre sostenuto anche la diretta interessata.

E’ stata dunque assoluzione su tutta la linea, che segna la vittoria dei legali del leader di Forza Italia. Per Berlusconi il sostituto procuratore di Milano, Piero De Petris, aveva chiesto di confermare i sette anni di carcere della sentenza di primo grado, mentre la difesa aveva presentato richiesta di assoluzione proprio per insussistenza dei fatti contestati.

Berlusconi lascia Cesano senza una parola – Silvio Berlusconi era alla Sacra famiglia di Cesano Boscone quando è stata diffusa la notizia. Il leader di Forza Italia ha lasciato la casa di riposo senza parlare. Ha solo fatto fermare l’auto e abbassato il finestrino per salutare la “pasionaria” che, alla notizia dell’assoluzione, aveva “festeggiato” proprio fuori dalla struttura innalzando un cartello con la scritta: “Mai si ruba e nessuno ‘Ruby’ la pace a Silvio. Giustizia fatta e dovuta”.

Coppi: “Sentenza oltre le più rosee aspettative” – Molto soddisfatto l’avvocato Franco Coppi, che ha commentato così la sentenza: “Una decisione che va oltre le più rosee previsioni”. E aggiunge che uno dei motivi dell’assoluzione dal reato di prostituzione minorile, cioè che “il fatto non costituisce reato”, potrebbe essere che Berlusconi non era a conoscenza che Ruby fosse minorenne. Coppi ha anche chiarito che questa “era una delle nostre tesi”. Si potrebbe dunque pensare insomma, secondo Coppi, alla “mancanza dell’elemento soggettivo”, ossia la consapevolezza della minore età.

In ogni caso, però, ha chiarito il legale, “questa è una formula di assoluzione che può essere adottata anche in altri casi e non mi azzardo dunque a dare una certezza, posso solo dire che questa era una delle nostre tesi e non so però se i giudici hanno preso in considerazione proprio questo elemento”.

In relazione, invece, all’assoluzione dalla concussione, ossia dall’accusa di aver fatto pressioni sui funzionari della Questura per ottenere il rilascio di Ruby, Coppi ha spiegato che la formula “perché il fatto non sussiste” è più semplice, perché significa che la condotta non ha integrato alcun reato. Con la recente sentenza delle sezioni unite della Cassazione che ha fissato i paletti sulle nuove normative del reato di concussione, inoltre, secondo Coppi “era impossibile anche derubricare la concussione per costrizione in concussione per induzione, perché quest’ultima forma richiede un vantaggio per il concusso”.

Dinacci: “Finalmente è stato applicato il diritto” – “Finalmente è stato applicato il diritto, ha vinto la giustizia”. Così Filippo Dinacci, uno dei difensori di Berlusconi, ha commentato la sentenza di assoluzione. Il legale ha aggiunto “io penso che il diritto è fatto di equilibrio e buon senso e che questa è stata una vicenda personale che non riguarda il diritto penale”.

Sms di Emilio Fede a Berlusconi: “Sono pazzo di gioia” – “E’ finalmente venuta fuori la verità che io ho sempre saputo, e io sapevo bene come sono andate le cose perché ci sono sempre stato”. Lo ha detto il direttore Emilio Fede, a sua volta condannato in primo grado nel cosiddetto processo Ruby bis. “Lui non sapeva che la ragazza fosse minorenne come del resto non lo sapevo io – ha proseguito – e comunque in quelle feste non si faceva nulla di quello che è stato oggetto del processo”. “Gli ho mandato subito sms ‘Sono pazzo di gioia’”, ha aggiunto Fede.

Maroni: “Ora Berlusconi faccia atto di generosità per il centrodestra” – “Ora Berlusconi ha più autorità e l’autorevolezza per fare un atto di generosità e lungimiranza e aprire una fase nuova del centrodestra”. Lo ha detto Roberto Maroni commentando la sentenza Ruby. “Sono contento per Berlusconi, personalmente, perché gli sono amico e questa era veramente una ingiustizia anche se all’epoca lo avevo criticato per il fatto che avesse telefonato lui di persona. Anche a Milano c’è una giustizia che sa giudicare bene, con serenità”, ha aggiunto il governatore della Lombardia.

Brunetta: “Sentenza impone la grazia a Berlusconi” – “Innocente! E adesso la Commissione parlamentare d’inchiesta sui fatti oscuri che hanno stravolto con un golpe la democrazia in Italia. Questa sentenza impone di riscrivere la storia di questi anni. Ed impone, come minimo risarcimento, la grazia subito per Silvio Berlusconi, se esiste un po’ di decenza”. Così il capogruppo di Forza Italia alla Camera Renato Brunetta.

Erba, uccide la mamma malata di Alzheimer poi chiama il 112

erbada TGCOM24

Un pensionato 60enne di Erba, nel Comasco, Massimo Rosa, ha ucciso la mamma 89enne, malata da tempo di Alzheimer, sparandole un colpo di pistola in testa e dopo qualche ora ha chiamato il 112. Poi ha esploso un colpo sul muro in camera del fratello Sandro, 61 anni, non si sa ancora se per ucciderlo. L’uomo è stato arrestato dai carabinieri.

Secondo quanto riporta la stampa locale, la donna era inferma da un decennio e le sue condizioni, a causa di problemi neurologici, erano peggiorate nell’ultimo periodo: il figlio, che era in un momento di difficoltà, non sarebbe riuscito a trovare una struttura che se ne occupasse.

L’omicidio è avvenuto poco prima delle 9 di mercoledì mattina. L’uomo le ha esploso contro un colpo con una pistola detenuta illegalmente, nella stanza dove la donna dormiva, al piano terra di un appartamento di due piani in una piccola corte. Quindi è salito al piano superiore, dove l’altro fratello, anche lui in pensione e con qualche problema, stava ancora dormendo non essendosi accorto di nulla. Qui ha esploso un altro colpo, non si sa se per colpirlo o in preda a un raptus. Poi, in stato confusionale, ha chiamato il 112. Quando sul posto sono giunti i soccorsi, per l’anziana non c’era più nulla da fare. I militari hanno bloccato il matricida, che non ha opposto resistenza.

Romano ferito a Napoli, la Digos esclude il coinvolgimento degli ultrà

volanteda TGCOM 24

La Digos, dopo i primi accertamenti, esclude che il ferimento del 36enne romano, R.P., avvenuto martedì a Napoli, sia da collegare a rivalità tra tifosi. Proseguono le indagini per chiarire del tutto le modalità dell’episodio. Ascoltato dagli inquirenti anche l’uomo ha escluso che si sia trattato di una vendetta legata alla fede calcistica.

In un primo momento sembrava che l’uomo fosse stato ferito da un gruppo di persone che lo avrebbero preso di mira sentendolo parlare con accento romano, e che colpendolo avrebbero detto “questo è per Ciro”, in riferimento alla morte di Ciro Esposito, il tifoso partenopeo colpito gravemente fuori dello stadio Olimpico e morto dopo una lunga agonia.

La polizia ha raccolto altre testimonianze di persone vicine al ferito. Gli atti dell’interrogatorio verranno trasferiti alla Digos di Napoli che indaga sulla vicenda.

Incendi inspiegabili nel Messinese, da dieci anni il fenomeno si ripete

vigilida TGCOM24

Tornano a ripetersi i misteriosi incendi che da più di 10 anni vedono protagonista una cittadina in provincia di Messina, Canneto di Caronia, dove televisori e altri elettrodomestici prendono fuoco inspiegabilmente. Nonostante l’intervento di vigili del fuoco, tecnici dell’Enel e esperti della Protezione Civile, non è stata ancora trovata una spiegazione plausibile.

Il sindaco della cittadina Calogero Beringhi ha chiesto un intervento immediato al Presidente del Consiglio e al Presidente della Regione per cercare di indagare sui fenomeni che stanno interessando la zona. Da anni ci si interroga sull’origine dei roghi che, senza alcuna spiegazione plausibile, si verificano dal 2003 nelle abitazioni della borgata.

Bossetti: Yara fu vendetta su padre

bossettida TGCOM24

Il muratore Massimo Bossetti parla per la prima volta con ilgip Vincenza Marcora il 19 giugno, nel carcere di Bergamo, e come emerge dai verbali pubblicati oggi dal quotidiano “Repubblica” racconta la propria verità: “In cantiere dicevano tutti che Yara era stata uccisa per una vendetta contro il padre, Fulvio Gambirasio. Il dna mi incastra? Ma io giuro sui miei tre figli che Yara non l’ho mai né conosciuta, né vista, né incontrata”.

In 67 pagine di verbale il 43enne ricostruisce in maniera dettagliata la giornata del 26 novembre 2010: “Sono tornato a casa dopo il lavoro, ho fatto la doccia, ho cenato con moglie e figli, ho guardato un po’ i quaderni dei miei bambini, giocato con loro che vanno sempre a letto alle 21. Poi sono stato sul divano a guardare la televisione”. Davanti all’obiezione del giudice che a distanza di quasi quattro anni è difficile ricordare tanti particolari, il manovale si è difeso così: ” Sono un uomo metodico, un abitudinario. Faccio sempre le stesse cose: lavoro, doccia, cena, divano”.

E poi arriva la domanda su quella che è considerata la prova regina di tutto l’impianto accusatorio, quella sul Dna trovato sugli indumentidi Yara, quesito a cui Bossetti replica così: “E’ impossibile che sia stato trovato. Ma se venisse   dimostrato senza nessun dubbio che il Dna è mio, bisognerà  capire perché è stato trovato lì. Io non lo so”.

L’ex Ignoto 1 si proclama totalmente estraneo ai fatti. ” Fatemi pure tutte le domande che volete. Non ho niente da nascondere” dice subito e poi continua: “Io mi proclamo ancora innocente. Non ho mai fatto male a nessuno. Ho 43 annni,   ho la testa sulle spalle, un bel lavoro, una bella moglie e tre figli che mi aspettano a casa tutti i giorni. Mai avrei potuto fare una cosa così. Glielo posso giurare sui miei figli: non ho fatto niente”.
Il gip chiede a Bossetti di spiegare quando venne a conoscenza della scomparsa di Yara: “Penso il 27 novembre. Se è sparita il 26, hanno dato la notizia il giorno dopo, credo…”. Sulla sua presenza nella zona della palestra dimostrata dalle celle telefoniche, il muratore approfondisce con queste parole: “In quei giorni lavoravo  nel cantiere  di mio cognato Osvaldo Mazzoleni in via Prato Marone a Palazzago. Per tornare a casa percorrevo  il tragitto abituale e passavo anche davanti al centro sportivo di Brembate”. Ma a domanda più specifica è secco: “Non ci ho mai messo   piede”.”

Caserta, sparatoria a Castel Volturno Due immigrati gambizzati, è rivolta

sparatoriada TGCOM24

Sparatoria tra italiani e immigrati sul litorale Casertano. Due ivoriani sono stati gambizzati a colpi di pistola in località Pescopagano, a Castel Volturno. L’allarme è stato dato alle forze dell’ordine dopo una rissa. Dopo l’episodio è scoppiata la rivolta degli immigrati: una casa e cinque vetture sono state date alle fiamme. Due italiani, padre e figlio, sono stati fermati.

Numerosi i carabinieri e i poliziotti intervenuti sul posto, poi, fortunatamente, dopo un paio d’ore la situazione è tornata alla calma. I fatti si sono verificati quando in località Pescopagano, zona dove convivono non senza difficoltà la comunità italiana e una folta comunità africana, due ivoriani di 30 e 37 anni, sono stati feriti alla gambe, qualcuno dice mentre erano in bicicletta, da un italiano residente in zona, che sarebbe intervenuto per difendere il padre, un vigilante privato.

Entrambi sono stati fermati dalla polizia Il figlio ha raccontato agli investigatori che il padre si sarebbe avvicinato ai due ivoriani perché i due stavano portando un pacco, e avrebbe chiesto loro se l’avessero rubato; ne è nato un litigio. L’uomo, a quel punto, è intervenuto in difesa del genitore sparando i due alle gambe. L’episodio sarebbe avvenuto a pochi metri dalla sede di un’agenzia di vigilanza privata.

Sulla dinamica sono comunque in corso ulteriori accertamenti in quanto le due vittime non hanno confermato la versione dei fatti fornita dai due italiani; sembra infatti che l’uomo conoscesse i due ivoriani, con i quali aveva avuto in precedenza delle liti. I due ragazzi feriti sono stati ricoverati non in pericolo di vita, presso la clinica Pineta Grande di Castel Volturno.

Il fatto, riaccendendo forse vecchi rancori, ha scatenato la reazione rabbiosa degli amici delle due vittime che sono scesi in strada dando fuoco a 4 autovetture e un furgone; in uno dei mezzi è anche esplosa una bombola del gas. E’ stato inoltre danneggiato dalle fiamme il primo piano di una villetta a schiera, adiacente all’abitazione dell’aggressore, vero obiettivo degli manifestanti.

Le scene hanno portato alla memoria la rivolta scoppiata all’indomani della strage dei sei immigrati africani (il 18 settembre del 2008, ndr) da parte dell’ala stragista dei Casalesi guidata da Giuseppe Setola, quando decine di stranieri che chiedevano giustizia per i compagni uccisi misero a ferro e fuoco la Statale Domiziana. Per quella strage, Setola e gli altri killer sono stati condannati all’ergastolo con sentenza passata in giudicato.

Calabria, la Madonna delle Grazie “si inchina” davanti alla casa del boss

madonnada TGCOM24

Polemiche a Oppido Mamertina dove la processione dellaMadonna delle Grazie si è fermata davanti all’abitazione del boss della ‘ndrangheta Peppe Mazzagatti, di 82 anni, ai domiciliari per motivi di salute, scatenando le critiche delle autorità. Allo stop è seguito anche l’inchino della statua in onore del capo clan. Il gesto ha fatto irritare il comandante della stazione dei carabinieri del paese reggino, che si è allontanato in segno di dissenso.

Altri due carabinieri, invece, hanno documentato l’accaduto e gli esiti dei loro appunti sicuramente confluiranno in una relazione di servizio che sarà inviata alle autorità di ordine pubblico. Lo ha riportato il Quotidiano della Calabria. Il corteo religioso, giunto nei pressi dell’abitazione di Peppe Mazzagatti, condannato all’ergastolo per omicidio e associazione per delinquere, si è fermato per circa trenta secondi. La statua della Madonna delle Grazie, portata da numerose persone, era preceduta da alcuni sacerdoti e da un gruppo di amministratori locali.

La presidente della Commissione parlamentare Antimafia, Rosy Bindi, ha telefonato al maresciallo dei carabinieri, Andrea Marino, per ringraziarlo per la lealtà alle istituzioni e il senso dello Stato dimostrati in occasione della processione della Madonna delle Grazie a Oppido Mamertina. “Quanto è avvenuto nel corso della processione sconcerta e addolora – dichiara la Bindi – e la Commissione antimafia intende approfondire i fatti incontrando anche il maresciallo Marino”.

Solo 15 giorni fa, papa Francesco ha scomunicato i mafiosi – Sono trascorsi solamente quindici giorni da quando Papa Francesco, nel corso della messa nella spiana di Sibari, ha scomunicato i mafiosi. Papa Bergoglio, al termine della visita pastorale nella diocesi di Cassano allo Jonio, aveva lanciato la scomunica per i mafiosi e la richiesta di combattere la ‘ndrangheta perché adora i soldi e disprezza il bene. “Quando non si adora il Signore – aveva detto il Papa – si diventa adoratori del male, come lo sono coloro che vivono di malaffare, di violenza, la vostra terra, tanto bella, conosce le conseguenze di questo peccato. La ‘ndrangheta è questo: adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato, bisogna dirgli di no. La Chiesa che so tanto impegnata nell’educare le coscienze, deve sempre più spendersi perche’ il bene possa prevalere. Ce lo chiedono i nostri ragazzi”. “Quelli – aveva concluso – che non sono in questa strada di bene, come i mafiosi, questi non sono in comunione con Dio, sono scomunicati”.