Ruby, Berlusconi assolto in Appello Ribaltata la condanna in primo grado

berlusconida TGCOM24

I giudici hanno accolto la tesi della difesa. Sull’accusa della concussione “il fatto non sussiste”, mentre per quella di prostituzione minorile “non costituisce reato”

I giudici della seconda Corte d’Appello di Milano hanno assolto Silvio Berlusconi, imputato per concussione e prostituzione minorile nel processo Ruby, per entrambi i capi di imputazione. Sull’accusa di concussione, i magistrati dicono che il fatto non sussiste, mentre, a proposito di quella di prostituzione minorile, “il fatto non costituisce reato” secondo quanto si legge nella sentenza.

Non si può dare per scontato, secondo i giudici, che ci siano stati rapporti intimi tra Berlusconi e Ruby perché la giovane ha trascorso alcune notti ad Arcore. E questo ha sempre sostenuto anche la diretta interessata.

E’ stata dunque assoluzione su tutta la linea, che segna la vittoria dei legali del leader di Forza Italia. Per Berlusconi il sostituto procuratore di Milano, Piero De Petris, aveva chiesto di confermare i sette anni di carcere della sentenza di primo grado, mentre la difesa aveva presentato richiesta di assoluzione proprio per insussistenza dei fatti contestati.

Berlusconi lascia Cesano senza una parola – Silvio Berlusconi era alla Sacra famiglia di Cesano Boscone quando è stata diffusa la notizia. Il leader di Forza Italia ha lasciato la casa di riposo senza parlare. Ha solo fatto fermare l’auto e abbassato il finestrino per salutare la “pasionaria” che, alla notizia dell’assoluzione, aveva “festeggiato” proprio fuori dalla struttura innalzando un cartello con la scritta: “Mai si ruba e nessuno ‘Ruby’ la pace a Silvio. Giustizia fatta e dovuta”.

Coppi: “Sentenza oltre le più rosee aspettative” – Molto soddisfatto l’avvocato Franco Coppi, che ha commentato così la sentenza: “Una decisione che va oltre le più rosee previsioni”. E aggiunge che uno dei motivi dell’assoluzione dal reato di prostituzione minorile, cioè che “il fatto non costituisce reato”, potrebbe essere che Berlusconi non era a conoscenza che Ruby fosse minorenne. Coppi ha anche chiarito che questa “era una delle nostre tesi”. Si potrebbe dunque pensare insomma, secondo Coppi, alla “mancanza dell’elemento soggettivo”, ossia la consapevolezza della minore età.

In ogni caso, però, ha chiarito il legale, “questa è una formula di assoluzione che può essere adottata anche in altri casi e non mi azzardo dunque a dare una certezza, posso solo dire che questa era una delle nostre tesi e non so però se i giudici hanno preso in considerazione proprio questo elemento”.

In relazione, invece, all’assoluzione dalla concussione, ossia dall’accusa di aver fatto pressioni sui funzionari della Questura per ottenere il rilascio di Ruby, Coppi ha spiegato che la formula “perché il fatto non sussiste” è più semplice, perché significa che la condotta non ha integrato alcun reato. Con la recente sentenza delle sezioni unite della Cassazione che ha fissato i paletti sulle nuove normative del reato di concussione, inoltre, secondo Coppi “era impossibile anche derubricare la concussione per costrizione in concussione per induzione, perché quest’ultima forma richiede un vantaggio per il concusso”.

Dinacci: “Finalmente è stato applicato il diritto” – “Finalmente è stato applicato il diritto, ha vinto la giustizia”. Così Filippo Dinacci, uno dei difensori di Berlusconi, ha commentato la sentenza di assoluzione. Il legale ha aggiunto “io penso che il diritto è fatto di equilibrio e buon senso e che questa è stata una vicenda personale che non riguarda il diritto penale”.

Sms di Emilio Fede a Berlusconi: “Sono pazzo di gioia” – “E’ finalmente venuta fuori la verità che io ho sempre saputo, e io sapevo bene come sono andate le cose perché ci sono sempre stato”. Lo ha detto il direttore Emilio Fede, a sua volta condannato in primo grado nel cosiddetto processo Ruby bis. “Lui non sapeva che la ragazza fosse minorenne come del resto non lo sapevo io – ha proseguito – e comunque in quelle feste non si faceva nulla di quello che è stato oggetto del processo”. “Gli ho mandato subito sms ‘Sono pazzo di gioia’”, ha aggiunto Fede.

Maroni: “Ora Berlusconi faccia atto di generosità per il centrodestra” – “Ora Berlusconi ha più autorità e l’autorevolezza per fare un atto di generosità e lungimiranza e aprire una fase nuova del centrodestra”. Lo ha detto Roberto Maroni commentando la sentenza Ruby. “Sono contento per Berlusconi, personalmente, perché gli sono amico e questa era veramente una ingiustizia anche se all’epoca lo avevo criticato per il fatto che avesse telefonato lui di persona. Anche a Milano c’è una giustizia che sa giudicare bene, con serenità”, ha aggiunto il governatore della Lombardia.

Brunetta: “Sentenza impone la grazia a Berlusconi” – “Innocente! E adesso la Commissione parlamentare d’inchiesta sui fatti oscuri che hanno stravolto con un golpe la democrazia in Italia. Questa sentenza impone di riscrivere la storia di questi anni. Ed impone, come minimo risarcimento, la grazia subito per Silvio Berlusconi, se esiste un po’ di decenza”. Così il capogruppo di Forza Italia alla Camera Renato Brunetta.

Meredith, i giudici cancellano l’assoluzione: 28 anni ad Amanda, 25 a Raffaele

amandada Il Messaggero.it

Amanda e Raffaele sono colpevoli. Condannati a 28 anni e sei mesi lei e 25 lui.
La grande attesa per la sentenza del processo per l’omicidio di Meredith Kercher è finita alle 21.55, dopo quasi dodici ore di camera di consiglio. Due anni e mezzo in più rispetto alla condanna di primo grado per l’americana (accusata anche di calunnia) e la conferma della prima sentenza per il pugliese.
Alla notizia ricevuta per telefono, Amanda è rimasta «impietrita», come confermato dai suoi legali, che hanno già anticipato che faranno ricorso alla Corte di cassazione contro questa sentenza. A Raffaele è stato anche ritirato il passaporto. Anche lui è rimasto senza parole («annichilito», hanno spiegato) quando i suoi avvocati gli hanno comunicato la decisione dei giudici della Corte d’assise d’appello di Firenze.
Nella sentenza, il presidente della Corte Alessandro Nencini ha anche previsto per gli imputati il pagamento delle spese processuali, più il pagamento dei danni alle parti civili: 12.650 euro per Patrick Lumumba, vittima della calunnia e indicato da Amanda come l’assassino, 4.500 per la padrona della casa di via della Pergola, 11mila eruo ciascuno per i fratelli di Mez e 15mila euro ciascuno per i genitori.

In aula non c’erano né Amanda, mai tornata in Italia dopo l’assoluzione nel primo secondo grado, né Raffaele, andato via dall’aula alle 10 e mai tornato. Dopo aver ascoltato le ultime repliche, infatti, Raffaele è uscito da palazzo di giustizia ed è andato in albergo. Da dove, però, sarebbe uscito, come confermato dalla reception dell’albergo in cui era con il padre Francesco, anche lui non più in aula. Potrebbe aver lasciato addirittura Firenze.

La giornata. La giornata, intanto, si era aperta con le dichiarazioni degli avvocati di Amanda Knox: «Non c’è altra possibilità che l’assoluzione. Amanda è innocente, siamo sereni». I legali di Sollecito, invece, avevano annunciato sorprese, ma alla fine Raffaele non ha rilasciato dichiarazioni spontanee come ventilato ieri. I giudici sono entrati in camera di consiglio pochi minuti dopo le dieci. «Ora vado via. Ma tornerò dopo», aveva detto Sollecito prima di lasciare palazzo di giustizia in taxi. Ma voci sempre più insistenti parlano della sua partenza.
«Avvocato, è un buon segno?», aveva chiesto Amanda alla notizia dei continui ritardi ai suoi avvocati, che hanno raccontato come la Knox abbia vissuto queste ore di attesa con molta tensione. Ha spento la televisione e non vuole parlare con nessuno, aspettando notizie da Firenze. «E’ sotto pressione ed è molto tesa, ma fiduciosa perché innocente», aveva ribadito l’avvocato Carlo Dalla Vedova. A Seattle, intanto, ha cambiato look: niente più lunghi capelli biondi, ma un caschetto castano.

Nel frattempo dall’Inghilterra sono arrivati Stephanie e Lyle Kercher, sorella e fratello di Mez, che sono entrati nella maxi aula 32 per la lettura della sentenza qualche minuto prima delle nove, come avevano anticipato dai legali della famiglia Francesco Maresca e Serena Perna. Domani è prevista a Firenze la loro conferenza stampa per commmentare la decisione della Corte d’assise d’appello di Firenze, presieduta da Alessandro Nencini, a latere Luciana Cicerchia. «Accetteremo qualunque decisione – aveva detto Stephanie -. Non vogliamo che siano condannate le persone sbagliate. Tutto quello che vogliamo è scoprire la verità su quello che è successo quella notte».

«C’è un colpevole, è Rudy». L’avvocato Carlo Dalla Vedova, che difende l’americana insieme a Luciano Ghirga, durante l’ultima arringa aveva parlato delle «contraddizioni dell’accusa. Questo era un processo chiuso con una confessione (di Rudy Guede, condannato a 16 anni, ndr) che non è stata neanche presa in considerazione in questo giudizio».
Dalla Vedova cita Dante e il suo girone dei traditori, parlando di come Amanda ha messo la sua disponibilità nelle mani degli investigatori ed «è stata tradita». Gli avvocati avevano ribadito che l’unico colpevole è Rudy, ricostruendo la sua presenza in casa e le sue attitudine violente. «Valutate gli indizi – è l’invito di Dalla Vedova ai giudici della Corte d’assise d’appello -. Non potete scrivere una sentenza di condanna basata sulla probabilità, dicendo che probabilmente è stata Amanda. Le sentenze nel nome del popolo italiano non lo consentono». L’avvocato aveva anche provato a smontare la ricostruzione dell’accusa sull’impronta di tacco (trovata nella casa del delitto) di una scarpa numero 36, quindi attribuibile a una donna, spiegando come quella traccia sia stata confrontata con tutte le scarpe di Amanda, non trovando corrispondenze. «La sentenza di giustizia è l’assoluzione perché non c’è prova della presenza di Amanda, anzi di entrambi gli imputati, sul luogo del delitto», aveva detto Ghirga, sottolineando il principio del ragionevole dubbio.

Caso Cucchi: condannati i medici, assolti gli infermieri e i poliziotti

cucchida Corriere.it

Condannati i medici, assolti gli infermieri e gli agenti della penitenziaria. La sentenza che chiude il processo per la morte di Stefano Cucchi, il geometra di 31 anni arrestato per droga il 16 ottobre 2009 e morto di fame e sete sei giorni dopo al Pertini, viene accolta da fischi e cori di protesta: «Assassini, assassini, assassini. Questa non è giustizia!». Piange Ilaria, che fin dal primo giorno si è battuta perché venissero individuati i responsabili della tragedia di suo fratello. Per i familiari e gli amici del geometra è uno choc, perché dopo oltre sette ore di camera di consiglio restano impigliati nel processo solo i medici accusati di aver abbandonato il giovane. E il verdetto della terza corte d’assise di Roma, peraltro, è mite se confrontato con le richieste della procura, che aveva proposto pene più che triplicate: due anni per il primario Aldo Fierro; un anno e quattro mesi per Stefania Corbi, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis e Silvia Di Carlo, otto mesi per Rosita Caponetti. Quest’ultima viene condannata pr falso ideologico, i primi cinque per omicidio colposo (oltre a un risarcimento complessivo di 320 mila euro) e non per abbandono di incapace, reato ben più grave prospettato dall’accusa. E le pene, comunque, sono sospese.

«IL PERDONO MAI» – Nell’aula bunker del carcere di Rebibbia folla e confusione. «Io non mi arrendo – promette Ilaria -. Questa giustizia è ingiusta, mio fratello è stato massacrato. Non potrò mai perdonare coloro che me lo hanno portato via pensando che noi lo avessimo abbandonato. E oggi hanno calpestato Stefano e la verità». «Me l’hanno ucciso un’altra volta, ma noi andremo avanti», aggiunge la madre, Rita Calore. E il padre Giovanni: «È una sentenza inaccettabile, proseguiremo». Per il loro avvocato, Fabio Anselmo, «questo è un fallimento dello Stato». Il legale ricorda la battaglia condotta invano fin dalle prime battute dell’inchiesta: secondo la famiglia, gli agenti della penitenziaria avrebbero dovuto essere accusati di omicidio preterintenzionale, e non di lesioni «perché senza quel pestaggio Stefano non sarebbe morto».

DELUSIONE IN PROCURA -Il pm Francesca Loy, che ha sostenuto l’accusa insieme al collega Vincenzo Barba, non nasconde di essere «delusa». Anche se, precisa, «la corte ha accolto la nostra tesi, cioè che la responsabilità principale è stata dei medici». Certo, prosegue il pm, «per noi è provata anche la responsabilità degli agenti penitenziari: leggeremo le motivazioni e decideremo se fare appello». L’eventualità del processo di secondo grado non è esclusa nemmeno dagli avvocati, né da quelli della difesa, né dal legale della famiglia. Intanto però per gli imputati assolti è il momento di festeggiare: «È la fine di un incubo – sottolinea il poliziotto Nicola Minichini -. La giustizia ha trionfato». Esulta anche l’infermiere Giuseppe Flauto: «Per fortuna è emersa la verità che ha alleviato una sofferenza di quattro anni». Il difensore di Fierro, l’avvocato Gaetano Scalise, si dichiara «moderatamente soddisfatto: rispetto all’imputazione originaria la decisione della corte è in linea con le acquisizioni dibattimentali»

«ILARIA NON SEI SOLA» – Quando i Cucchi hanno lasciato l’aula bunker di Rebibbia sono stati accolti dagli applausi di circa 30 manifestanti che fin dal mattino hanno atteso la sentenza e affisso all’ingresso dei carcere striscioni come «Solidarietà a tutte le vittime della tortura e del carcere» e «Ilaria siamo tutti con te. Non ti lasciamo sola». In testa al gruppo alcuni politici, Giovanni Russo Spena (Rifondazione), Gianluca Peciola (Sel), Mario Staderini (Radicali) e Sandro Medici (presidente del X Municipio di Roma ed ex candidato sindaco della Capitale). Per testimoniare la propria solidarietà alla famiglia Cucchi sono arrivati a Roma anche i protagonisti di vicende analoghe: Lucia Uva, sorella di Giuseppe, morto nel giugno 2008 all’ospedale di Varese dopo essere stato fermato dai carabinieri; Domenica Ferrulli, figlia di Michele, morto a 51 anni nel giugno 2011 a Milano per arresto cardiaco mentre alcuni agenti lo stavano arrestando; Claudia Budroni, sorella di Dino, ucciso a Roma nel luglio 2011 da un colpo di pistola durante un inseguimento con la polizia sul raccordo anulare; Grazia Serra, nipote di Francesco Mastrogiovanni, morto nell’agosto 2009 dopo essere rimasto per 82 ore legato mani e piedi a un letto di contenzione in un ospedale psichiatrico lucano.

Scazzi, ergastolo per Sabrina e Cosima Misseri La madre di Sarah: “Se lo meritano”

sarada TGCOM24

Sabrina Misseri e la madre, Cosima Serrano, sono state condannate all’ergastolo per l’omicidio della cugina, e nipote, Sarah Scazzi, uccisa ad Avetrana il 26 agosto 2010. Condannato a otto anni Michele Misseri per il concorso nella soppressione del cadavere della nipote e per il furto aggravato del telefonino della vittima.

“Ergastolo” e il pubblico applaude – Un applauso è partito dal pubblico alla lettura della pena dell’ergastolo per Sabrina Missere e Cosima Serrano. La presidente della Corte ha interrotto un attimo la lettura della sentenza per richiamare tutti all’ordine e ha poi proseguito.

Tutte le condanne al processo di Avetrana – La corte di assise ha condannato inoltre a sei anni di reclusione ciascuno per concorso in soppressione di cadavere Carmine Misseri e Cosimo Cosma, fratello e nipote di Michele Misseri. Due anni di reclusione sono stati inflitti all’ex difensore di Sabrina, Vito Russo, per intralcio alla giustizia. Per i tre favoreggiatori, la corte ha inflitto un anno di reclusione ciascuno ad Antonio Colazzo e Cosima Prudenzano e un anno e 4 mesi a Giuseppe Nigro, con pena sospesa.

La Corte di assise di Taranto ha condannato anche Michele Misseri, Cosima Serrano e Sabrina Misseri al risarcimento dei danni, da stabilire in separata sede, alla famiglia Scazzi e al Comune di Avetrana. Nello stesso tempo ha stabilito una provvisionale di 50mila euro ciascuno ai genitori di Sarah, Giacomo Scazzi e Concetta Serrano, e di 30mila euro per il fratello Claudio.

La madre di Sarah: “Chi uccide merita l’ergastolo”“Speravo in questo, chi uccide merita questo”. Così la mamma di Sarah Scazzi, Concetta Serrano, ha commentato la sentenza di ergastolo per sua sorella Cosima e sua nipote Sabrina, rispondendo alle domande dei giornalisti che le chiedevano se si aspettasse questa condanna. Concetta ha ringraziato i suoi avvocati, la procura e i giudici.

Legale famiglia Scazzi: “Non ha vinto nessuno” –  “Non ha vinto nessuno, perché Concetta, Giacomo e Claudio hanno perso una figlia e una sorella”. Così l’avvocato Walter Biscotti, legale di parte civile della famiglia di Sarah Scazzi, ha commentato la sentenza di condanna per Cosima e Sabrina. “E’ una sentenza severa ma era attesa – ha aggiunto – perché gli uffici del pm hanno fatto un lavoro esemplare che ha fatto emergere in modo inconfutabile le responsabilità”.

Corte trasmette atti per reato di autocalunnia di Misseri – Nella sentenza per l’omicidio di Sarah Scazzi, la Corte ha disposto la trasmissione di copia degli atti al procuratore della Repubblica nei confronti di Michele Misseri per verificare se esistano elementi per contestargli il reato di autocalunnia. L’agricoltore da due anni si autoaccusa del delitto e della soppressione del cadavere, dopo aver accusato la figlia Sabrina.

Misseri lascia l’aula senza parlareSolo un ghigno, un sorriso nervoso in risposta ai giornalisti che gli chiedevano un commento: Michele Misseri, condannato ad otto anni per soppressione di cadavere, ha lasciato il Tribunale di Taranto senza parlare. Ha parlato solo il suo avvocato, Luca Latanza. “Le sentenze si rispettano – ha detto – attendiamo le motivazioni, sono state accolte le nostre richieste di assoluzione per i due reati minori. E’ rimasto in piedi il reato più grave. Vedremo le motivazioni – ha concluso – e decideremo che fare“.

Cosima alla figlia: perché piangi? Lo sapevamo – ”Perche’ piangi? Tanto lo sapevamo”: cosi’ Cosima Serrano si e’ rivolta alla figlia, Sabrina Misseri, al rientro in cella nel carcere di Taranto dopo la sentenza della Corte di Assise che le ha condannate all’ergastolo per l’omicidio di Sarah Scazzi. Per tutto il tragitto dal Palazzo di giustizia alla casa circondariale, Sabrina ha continuato a piangere, sia pure in maniera contenuta, e ad asciugarsi le lacrime. Nessuna reazione emotiva avrebbe lasciato trasparire invece la madre Cosima. Le due donne dividono da qualche tempo la cella con una detenuta italiana.