“Violentò una 16enne”: l’ex tronista Marco Stabile rischia il processo

stabileda TGCOM 24

Rischia il processo Marco Stabile, l’ex tronista di “Uomini e Donne” accusato di violenza sessuale aggravata nei confronti di una 16enne.

Il 30 luglio del 2011 il 27enne siciliano, secondo la Procura di Roma che ha chiesto il suo rinvio a giudizio, avrebbe dapprima fatto sì che la giovane bevesse diversi cocktail alcolici per poi compiere atti sessuali nonostante il manifestato dissenso della ragazza.

Con Stabile rischia il processo anche il suo amico Giuseppe Balistreri, accusato di aver abusato, quella stessa sera, di una 20enne.

Le violenze si sarebbero consumate proprio nell’ufficio di Balistreri di via Cola di Rienzo, nel centrale quartiere Prati di Roma.

E’ stata la minorenne a sporgere denuncia contro l’ex volto noto del piccolo schermo. I legali del 27enne hanno sempre difeso il loro cliente sostenendo non vi fosse alcuna prova ma solo la dichiarazione della ragazza.

“Stabile non ha bisogno di costringere una donna ad avere rapporti con lui se non lo desidera”, disse il difensore del siciliano, Roberta Nati, dopo la denuncia della giovane.

Baby squillo dei Parioli, i clienti patteggiano: liberi con 40mila euro

processoda TGCOM24

Evitare il processo e cercare di scampare al rischio di vedere il proprio nome sui giornali: per i clienti delle baby squillo dei Parioli si apre la strada del patteggiamento. Il corteo di avvocati pronti a chiedere un accordo per i loro clienti con i pubblici ministeri è iniziato, e per qualcuno la vicenda si è già chiusa: cinque mesi e dieci giorni, convertiti in una pena pecuniaria di 40mila euro. In alternativa la libertà controllata.

Al momento, scrive il Corriere della Sera, si stanno valutando solo i casi di chi è incensurato. La linea, trapela dalla Procura, non varrà per tutti: chi frequentava abitualmente le due ragazzine, tra gli oltre cinquanta indagati nell’inchiesta, non potrà aspettarsi un trattamento di questo tipo.

L’accordo prevede una pena di un anno, che scende, applicando le attenuanti per gli incensurati, a otto mesi. Con lo sconto di un terzo previsto per il patteggiamento, si arriva ai 5 mesi e dieci giorni, pari a 40mila euro di pena pecuniaria. Chi non vuole pagare può scegliere la libertà condizionata: non ci si può allontanare dal proprio Comune di residenza, via patente e passaporto, obbligo di firma e divieto di detenzioni di armi.

Franceschi morto in carcere A processo medico e due infermieri

daniele franceschida Help Consumatori

Sono passati tre anni da quella morte terribile e misteriosa e durante tutto questo tempo una madre ha lottato con la forza della disperazione, rischiando anche d’essere incarcerata in Francia, per conoscere la verità sulla fine del figlio Daniele Franceschi, 36 anni, carpentiere, padre di una bambina piccola. Adesso tre persone sono state rinviate a giudizio insieme ai vertici amministrativi dell’ospedale francese di Grasse.

INDAGINI – L’accusa è «homicide involontaire», che equivale all’omicidio colposo in Italia, un reato che prevede nel codice francese pene sino a cinque anni di reclusione. Gli incriminati sono il medico del carcere di Grasse (dove Daniele era detenuto perché sorpreso con una carta di credito non valida) Jean Paul Estrade e due infermiere François Boselli e Stephanie Colonna. Ma a livello civile è stato rinviato a giudizio anche tutto il vertice amministrativo dell’ospedale civile di Grasse dove il giovane doveva essere trasportato e ricoverato.

LE PROVE – La svolta nelle indagini, secondo quanto ha dichiarato al Corriere l’avvocato francese Luc Febbraro, si è avuto quando il procedimento penale è stato affidata al giudice Christoph Morgan. Schiaccianti sarebbero le prove contro il medico e i due infermieri di turno il 25 agosto del 2010 quando Daniele accusò l’ultima crisi è morì in cella senza alcun soccorso. Cira Antignano, la mamma coraggio di Daniele (si è incatenata davanti all’Eliseo per chiedere giustizia e ha scritto a Carla Bruni che le ha risposto garantendo il suo impegno) è convinta però che la fine di suo figlio non sia attribuibile solo all’incuria e alla negligenza di un giorno. La signora Cira parla di un diario del figlio con le pagine strappate dove probabilmente erano state annotate le angherie subite e di una lettera scritta poche ore prima della morte da Daniele e nascosta tra le pieghe di un maglione di lana. Nell’ultima missiva, datata 25 agosto 2010, Franceschi scrive alla madre di sentirsi male e di aver deciso di rinunciare al lavoro in carcere anche se, come gli ha detto la psicologa, gli costerà molto.

IL PROCESSO – Intanto da Viareggio si aspetta la data del processo. «Il dibattimento si svolgerà al Tribunale correzionale di Grasse – spiega l’avvocato Aldo Lasagna – che equivale ad una sorta di nostro tribunale collegiale».

Processo Meredith, il pm Crini: “Amanda e Raffaele sono gli assassini”. Chiesta la condanna: 30 anni per lei e 26 per lui

meredithda La Nazione

“Amanda Knox e Raffaele Sollecito sono gli assassini di Meredith Kercher, vanno condannati alla pena di 26 anni per omicidio volontario, più 4 anni ad Amanda Knox per la calunnia contro Lumumba”.

E’ questo l’esito della requisitoria del pubblico ministero Alessandro Crini al processo di appello-bis di Firenze per l’omicidio di Meredith Kercher, la ragazza inglese uccisa il 1 novembre 2007 a Perugia. Un delitto compiuto “tra l’uscio e il muro”, come dice Crini riferendosi, con un’espressione fiorentina, allo spazio stretto tra il letto, la parete e l’armadio nella camera della vittima in via della Pergola nel capoluogo umbro.

Va ricordato che in primo grado Sollecito e Knox furono condannati rispettivamente a 25 e 26 anni (per lei un anno in più per la calunnia, poi diventati tre in appello), poi assolti in appello con una sentenza che è stata cancellata dalla Cassazione che ha poi rinviato il processo a Firenze dove si sta svolgendo, appunto, l’appello-bis. Sia Crini che, successivamente, l’asvvocato di Patrick Lumumba, Carlo Pacelli, hanno insistito sull’aggravante della calunnia di Amanda per occultare le proprie responsabilità, aggravante che ha portato la richiesta di condanna a 4 anni.

Nelle sue richieste, al termine di circa 11 ore di requisitoria tra ieri e oggi, Crini esclude sia l’aggravante per futili motivi che le attenuanti generiche. Per l’avvocato Luca Maori, difensore di Sollecito “la ricostruzione del pubblico ministero è stata molto puntuale nel descrivere, però, una realtà che non c’è stata”. L’avvocato Luciano Ghirga (difesa Knox) annuncia battaglia: “Contrasteremo quanto detto dal pm, mi pare che non ci sia nulla di nuovo rispetto a cose dette e ridette. Ribadiremo e dimostreremo la nostra convinzione: che Amanda non era presente sul luogo del delitto”. I legali della Knox hanno già comunicato alla ragazza le richieste del pm. “Amanda è dispiaciuta – dice Ghirga – ma ci ha detto di contrastare queste tesi come abbiamo sempre fatto”.

Al termine della requisitoria Francesco Sollecito, padre di Raffaele, ha commentato le richieste di condanna formulate dal pm Crini: ”Mi lasciano senza parole”. A differenza di ieri, stamani Raffaele non era in aula, ma si trovava comunque a Firenze, ed al termine della requisitoria è stato raggiunto dal padre. ”Mi aspettavo una cosa diversa”, ha aggiunto Sollecito. E a chi gli chiedeva se pensasse ad una assoluzione, ha risposto: ”Non sono così pretenzioso”. Per il legale della famiglia Kercher, l’avvocato Francesco Maresca, le richieste del pg sono ”equilibrate, in linea con una requisitoria, equilibrata, completa e precisa”.

La prossima udienza è prevista per il 16 dicembre, con l’arringa della parte civile che rappresenta la famiglia della vittima. Poi il calendario delle udienze prevede le arringhe difensive, le repliche e la sentenza probabilmente a metà gennaio.

Entrando nel vivo della requisitoria, Crini ricostruisce la scena del crimine, attraverso l’analisi delle ferite sul corpo di Meredith e degli schizzi e tracce di sangue trovati nella stanza. Crini spiega che la ragazza è stata colpita quando era in posizione prona “a quattro zampe” sul pavimento (quindi a pancia in giù), poi il corpo è stato ribaltato in posizione supina e Meredith è stata svestita successivamente. Nel punto dove è stato tagliato il reggiseno (il famoso pezzo di stoffa del gancetto) “è significativo che ci sia il Dna di Sollecito sovrammesso a quello di Meredith in quel punto”.

Crini continua sottolineando come la vittima sia stata trattenuta con forza perché non urlasse, tanto da procurarle lacerazioni su bocca e collo. Una circostanza che, insieme ad altri lividi, argomenta il pm, dimostra come ci sia stata un’azione complessiva di immobilizzazione e contenimento di Meredith e che fa escludere la condivisione, anche iniziale, della vittima. “Il fatto che con una mano Rudy Guede (condannato a 16 anni per concorso in omicidio, ndr) stesse stringendo il polso sinistro di Meredith rende poco credibile che lo stesso Rudy, mentre violentava la ragazza con la mano destra potesse avere un coltello”.  Dunque, secondo Crini, il coltello era in mano a un’altra persona e il fatto che alla fine la ragazza sia riuscita a urlare dimostrerebbe, a giudizio del pm, che ad aggredirla non erano sconosciuti, ma persone che lei ben conosceva. Crini aggiunge che le ferite sul corpo di Meredith indicano l’intervento di due coltelli, uno grande e un coltellino, sostenendo poco plausibile che anche la profonda ferita mortale sul collo sia stata fatta con un coltello piccolo. Quest’ultimo coltellino, secondo il pm sarebbe servito a causare altre ferite e a tagliare il famoso gancetto per togliere il reggiseno alla vittima. Su questo, Crini aggiunge che Amanda ma anche altri raccontano che “Sollecito aveva sempre con sé un coltellino di precisione”. Secondo Crini, Sollecito avrebbe usato il suo coltellino piccolo, mentre il coltello grande (per l’accusa quello trovato a casa di Sollecito) sarebbe stato usato da Amanda Knox. Il tutto, mentre Rudy violentava la vittima. A supporto della sua tesi accusatoria, il pm aggiunge l’orma di scarpa femminile sulla federa che Crini attribuisce ad Amanda Knox, aggiungendo che in bagno c’erano tracce non solo del sangue di Meredith, ma anche del sangue di Amanda.

Per quanto riguarda il movente, Crini non punta sull’aspetto sessuale, ma su una violenza non d’impulso nata da un contrasto tra Meredith e i suoi assassini. Per Crini gli assassini hanno voluto togliere di mezzo una persona contro la quale già si erano commessi gravi reati. Crini punta l’attenzione sul contrasto tra Amanda e le altre coinquiline per questioni di pulizia e igiene della casa in via della Pergola. Contrasto esploso quando Rudy Guede usa il bagno di una delle ragazze lasciandovi le feci e senza tirare lo sciacquone.

Riguardo alle prove del Dna, il pm Crini svolge una lunga spiegazione tecnica per dimostrare e sostenere che la prima perizia sul coltello (che evidenziò tracce del Dna della vittima) era valida, tanto quanto quella che successivamente ha attribuito ad Amanda un’altra traccia rinvenuta sul coltello. In appello, ricordiamo, l’esito dell’analisi sulla prima traccia venne ritenuto non attendibile. Crini poi insiste sul fatto che anche il rinvenimento della traccia di Dna di Sollecito sul gancetto del reggiseno di Meredith sia da considerarsi valido, come sostenuto dal consulente della pubblica accusa e da altri esperti di genetica.

Nelle sei ore di ieri il pm aveva lungamente argomentato circa una “convergenza indiziaria che porta ai due imputati”, e sull’attendibilità dei testimoni di accusa (il clochard Curatolo e il commerciante Quintavalle), “l’implausibilità” delle versioni fornite dai due imputati (Amanda Knox e Raffaele Sollecito, quest’ultimo uscendo dall’aula ieri ha definito le accuse “incerte e approssimative”), puntando a dimostrare la presenza degli imputati sul luogo del delitto, e l’inconsistenza degli alibi, a partire da quello dell’uso del computer da parte di Sollecito proprio in quelle ore.

Per l’avvocato di Sollecito, Giulia Bongiorno (in una dichiarazione di ieri, oggi Bongiorno è assente), “il pm cerca di fare il difensore degli errori dell’accusa, con una requisitoria che ha molte incrtezze e lacune”, mentre l’altro legale di Sollecito, Luca Maori, ha fatto una battuta sull’attendibilità dei testimoni: “Se per il pm il teste Aviello è, giustamente, la Mercedes dell’inattendibilità, allora Curatolo è la Ferrari dell’inattendibilità”.

In aula non è presente Sollecito (la Knox, come si sa non è mai stata presente a questo appello-bis ed è rimasta negli Stati Uniti), mentre è presente Patrick Lumumba, l’uomo che fu ingiustamente accusato da Amanda Knox di essere l’autore del crimine, finendo in carcere per due settimane. Lumumba è parte civile e dopo Crini sta parlando il suo avvocato, Carlo Pacelli. “Sono sicuro che l’avvocato Pacelli saprà dimostrare la colpevolezza di Amanda”, commenta Lumumba.

Pacelli, nel suo intervento definisce Amanda “perfida e astuta”, attribuendole “una maschera di istrione e da impostore”. L’avvocato di Lumumba ripercorre le testimonianze delle amiche inglesi e delle coinquiline di Meredith, testimonianze che parlano di una Meredith che si lamentava della scarsa pulizia del bagno dopo che era stato usato da Amanda; del fatto che Amanda aveva portato più volte ragazzi nella casa di via della Pergola; del beauty case lasciato in bagno da Amanda, aperto e con dentro un vibratore e dei preservativi. Le testimonianze (rese in primo grado) citate da Pacelli, poi parlano di Amanda e Raffaele impassibili poche ore dopo la scoperta dell’omicidio (anzi, dicono che mentre tutte le amiche piangevano, loro flirtavano in questura) e che mentre tutti erano all’oscuro delle circostanze della morte Amanda avrebbe detto di sapere tutto e che a Meredith era stata tagliata la gola. L’avvocato di Lumumba, poi sottolinea come Knox abbia fatto il nome di Patrick Lumumba, come autore dell’omicidio, “di sua spontanea volontà, senza nessun suggerimento”.

In generale, per l’avvocato Pacelli, Amanda calunnia Lumumba con l’evidente intento di “allontanare i sospetti su di sé”, e mente anche quando accusa la polizia di averla picchiata. Oltretutto, continua Pacelli nei primi interrogatori “Amanda racconta agli inquirenti fatti che non può conoscere se non per aver partecipato al delitto: la violenza sessuale e l’urlo di Meredith prima di morire”, fatti a quel momento non ancora noti. Per l’avvocato Pacelli, dunque, Amanda Knox va condannata per calunnia con l’aggravante del cercare l’impunità.

Schettino accusa in aula il timoniere

sschettinoda Corriere.it

L’ex comandante della Costa Concordia Francesco Schettino parla per la prima volta in aula al processo che lo vede imputato per il naufragio al Giglio. E lo fa per accusare il timoniere indonesiano di non aver eseguito correttamente i suoi ordini. Dunque scaricare la colpa su di lui: «Nel momento in cui ho chiesto al timoniere di mettere i timoni a sinistra – spiega in aula – l’errore è stato di non farlo, in quel momento la nave aveva un’accelerazione a destra».

Secondo Schettino, che per tutta l’estate ha studiato le carte con i suoi avvocati: «Se non ci fosse stato l’errore del timoniere, di non posizionare i timoni a sinistra, ovvero l’errore di scontrarsi, cioè di evitare la derapata non ci sarebbe stato quello schiaffo». La difesa dell’ex comandante aveva già insistito sugli errori del timoniere indonesiano sollecitando i periti del gip a puntualizzarli.

Con l’ordine di virare a sinistra, ha detto Schettino, «volevo ridurre la velocità angolare della poppa della Costa Concordia rispetto alla rotazione, ottenendo quindi una contro-rotazione, forse con un impatto più verso prua, certo con meno rotazione a destra. Addirittura se la nave si fosse fermata passava via liscia. Ma la manovra errata non lo permise». «Mettere il timone a sinistra – ha proseguito Schettino nella sua spiegazione – significava mettere velocità angolare della prua quindi l’avanzo sarebbe stato privilegiato rispetto al moto rotatorio» verso destra, che la faceva scodare di poppa verso la prua. Schettino, in sostanza, evidenziando l’errore del timoniere indonesiano, ha voluto dire che tentò di allineare la nave agli scogli, cercando di rimetterla in parallelo, comunque attenuando il più possibile l’angolo di impatto che si stava delineando di lì a poco. Ma l’errore al timone, secondo l’ex comandante, vanificò questo tentativo. I periti del gip hanno comunque sottolineato che l’impatto ci sarebbe stato lo stesso.

In aula si sono ascoltati i periti anche sulla questione del generatore di emergenza della nave che quella notte «non funzionò». Quanto quest’avaria ha influito sulla tragedia? «Non ha avuto influenza alcuna sull’evento. I timoni rimasero sempre a 35 gradi e la nave era comunque ingovernabile: non erano possibili manovre alternative»: ha detto il collegio dei periti del gip. «L’impatto sugli scogli ci sarebbe comunque stato, l’azione sul timone fu nulla», hanno proseguito i periti che, confermando il non funzionamento del generatore d’emergenza dopo l’urto contro gli Scogli hanno, però, anche escluso che fossero possibili manovre d’emergenza. «Non abbiamo riscontrato la causa dell’avaria» al generatore d’emergenza della Costa Concordia, hanno anche detto i periti, «abbiamo constatato che ci furono dei surriscaldamenti che causarono il blocco dell’impianto ma non ne abbiamo determinato la causa». Ai periti del gip è anche risultato che «le verifiche periodiche» previste «siano (rpt, siano) state fatte». Intanto la procura ha impugnato i cinque patteggiamenti, compreso quello al timoniere.

Scazzi, ergastolo per Sabrina e Cosima Misseri La madre di Sarah: “Se lo meritano”

sarada TGCOM24

Sabrina Misseri e la madre, Cosima Serrano, sono state condannate all’ergastolo per l’omicidio della cugina, e nipote, Sarah Scazzi, uccisa ad Avetrana il 26 agosto 2010. Condannato a otto anni Michele Misseri per il concorso nella soppressione del cadavere della nipote e per il furto aggravato del telefonino della vittima.

“Ergastolo” e il pubblico applaude – Un applauso è partito dal pubblico alla lettura della pena dell’ergastolo per Sabrina Missere e Cosima Serrano. La presidente della Corte ha interrotto un attimo la lettura della sentenza per richiamare tutti all’ordine e ha poi proseguito.

Tutte le condanne al processo di Avetrana – La corte di assise ha condannato inoltre a sei anni di reclusione ciascuno per concorso in soppressione di cadavere Carmine Misseri e Cosimo Cosma, fratello e nipote di Michele Misseri. Due anni di reclusione sono stati inflitti all’ex difensore di Sabrina, Vito Russo, per intralcio alla giustizia. Per i tre favoreggiatori, la corte ha inflitto un anno di reclusione ciascuno ad Antonio Colazzo e Cosima Prudenzano e un anno e 4 mesi a Giuseppe Nigro, con pena sospesa.

La Corte di assise di Taranto ha condannato anche Michele Misseri, Cosima Serrano e Sabrina Misseri al risarcimento dei danni, da stabilire in separata sede, alla famiglia Scazzi e al Comune di Avetrana. Nello stesso tempo ha stabilito una provvisionale di 50mila euro ciascuno ai genitori di Sarah, Giacomo Scazzi e Concetta Serrano, e di 30mila euro per il fratello Claudio.

La madre di Sarah: “Chi uccide merita l’ergastolo”“Speravo in questo, chi uccide merita questo”. Così la mamma di Sarah Scazzi, Concetta Serrano, ha commentato la sentenza di ergastolo per sua sorella Cosima e sua nipote Sabrina, rispondendo alle domande dei giornalisti che le chiedevano se si aspettasse questa condanna. Concetta ha ringraziato i suoi avvocati, la procura e i giudici.

Legale famiglia Scazzi: “Non ha vinto nessuno” –  “Non ha vinto nessuno, perché Concetta, Giacomo e Claudio hanno perso una figlia e una sorella”. Così l’avvocato Walter Biscotti, legale di parte civile della famiglia di Sarah Scazzi, ha commentato la sentenza di condanna per Cosima e Sabrina. “E’ una sentenza severa ma era attesa – ha aggiunto – perché gli uffici del pm hanno fatto un lavoro esemplare che ha fatto emergere in modo inconfutabile le responsabilità”.

Corte trasmette atti per reato di autocalunnia di Misseri – Nella sentenza per l’omicidio di Sarah Scazzi, la Corte ha disposto la trasmissione di copia degli atti al procuratore della Repubblica nei confronti di Michele Misseri per verificare se esistano elementi per contestargli il reato di autocalunnia. L’agricoltore da due anni si autoaccusa del delitto e della soppressione del cadavere, dopo aver accusato la figlia Sabrina.

Misseri lascia l’aula senza parlareSolo un ghigno, un sorriso nervoso in risposta ai giornalisti che gli chiedevano un commento: Michele Misseri, condannato ad otto anni per soppressione di cadavere, ha lasciato il Tribunale di Taranto senza parlare. Ha parlato solo il suo avvocato, Luca Latanza. “Le sentenze si rispettano – ha detto – attendiamo le motivazioni, sono state accolte le nostre richieste di assoluzione per i due reati minori. E’ rimasto in piedi il reato più grave. Vedremo le motivazioni – ha concluso – e decideremo che fare“.

Cosima alla figlia: perché piangi? Lo sapevamo – ”Perche’ piangi? Tanto lo sapevamo”: cosi’ Cosima Serrano si e’ rivolta alla figlia, Sabrina Misseri, al rientro in cella nel carcere di Taranto dopo la sentenza della Corte di Assise che le ha condannate all’ergastolo per l’omicidio di Sarah Scazzi. Per tutto il tragitto dal Palazzo di giustizia alla casa circondariale, Sabrina ha continuato a piangere, sia pure in maniera contenuta, e ad asciugarsi le lacrime. Nessuna reazione emotiva avrebbe lasciato trasparire invece la madre Cosima. Le due donne dividono da qualche tempo la cella con una detenuta italiana.

Omicidio Sarah, chiesto carcere a vita per Sabrina e la madre Cosima

sabrina-misserida Corriere.it

La Procura di Taranto ha chiesto la condanna all’ergastolo per Sabrina Misseri, quale autrice dell’omicidio della cugina quindicenne Sarah Scazzi, avvenuto il 26 agosto 2010 ad Avetrana e per la madre Cosima Serrano. Nove anni di reclusione è invece la condanna chiesta dalla procura tarantina per Michele Misseri, accusato di aver soppresso il cadavere della nipote Sarah gettandolo in un pozzo. Alla richiesta di condanna letta in aula, Sabrina Misseri ha cominciato a piangere. Cosima Misseri era turbata, mentre Michele Misseri è rimasto impassibile. Cosima Serrano e la figlia Sabrina rispondono di concorso in omicidio volontario, sequestro di persona, Michele Misseri invece di occultamento di cadavere. Michele Misseri, che si è più volte accusato del delitto fornendo durante gli interrogatori nel corso delle indagini diverse versioni dei fatti, è attualmente libero, Cosima Serrano e la figlia sono invece detenute nel carcere di Taranto. «Nessuna sorpresa, avevo preparato Sabrina a questo epilogo processuale – ha commentato l’avvocato Nicola Marseglia, che insieme all’avvocato Franco Coppi difende Sabrina -, almeno ci auguriamo solo nelle richieste della pubblica accusa. Glielo avevo detto già da qualche udienza. D’altra parte la discussione prolungata dei pubblici ministeri lasciava presagire questa richiesta».

 

LE ALTRE RICHIESTE DI CONDANNA – Otto anni sono stati chiesti per il nipote di Michele Cosimo Cosma (concorso in soppressione di cadavere); per Carmine Misseri (concorso in soppressione di cadavere): otto anni di reclusione; Vito junior Russo (intralcio alla giustizia, favoreggiamento personale): tre anni e sei mesi di reclusione, Antonio Colazzo (favoreggiamento personale): tre anni di reclusione, interdizione dai pubblici uffici per cinque anni; Giuseppe Nigro (favoreggiamento personale): tre anni di reclusione, interdizione dai pubblici uffici per cinque anni; Cosima Prudenzano (favoreggiamento personale): tre anni di reclusione, interdizione dai pubblici uffici per cinque anni.

LE PAROLE DEL PM PRIMA DELLA RICHIESTA – Pesanti le parole del pubblico ministero Mariano Buccoliero un attimo prima delle richieste di condanna per Sabrina e Cosima Misseri «La procura della Repubblica è costretta a chiedere queste condanne (ergastolo, ndr) – ha detto il pm – per le modalità dell’azione, la capacità a delinquere, i modi, i luoghi. Sarah è morta dove è stata cresciuta. È entrata in quella casa per andare a mare, è uscita in lacrime, è stata ripresa in lacrime, riportata in casa in lacrime ed uccisa in lacrime. Lacrime che non hanno sortito alcun effetto. L’omicidio – ha aggiunto il pm – è durato dai tre ai cinque minuti. Lei ha capito in quei minuti che stava morendo per mano di chi diceva di volerle bene. Nessuna delle due donne ha avuto un momento di resipiscenza, fermarsi e dire che stiamo facendo». I pm hanno chiesto il massimo della pena per Cosima Serrano e Sabrina Misseri per la gravità del danno, «togliere la vita ad una ragazzina di 15 anni, privare la madre persino della possibilità di andare a piangere su una tomba». «E subito dopo – ha concluso il pm – è scattata l’organizzazione, con ruoli specifici, l’istinto di conservazione. Ripeto, signori della Corte, ciò che ho detto ieri, è mancata la pietà umana quel giorno»

Droga, Morgan sarà processato con l’accusa di favoreggiamento

Morganda Corriere.it

Rinvio a giudizio del cantante, coinvolto nell’inchiesta su uno spacciatore di cocaina a Monza.

Guai giudiziari per Morgan. Mercoledi il cantautore, 40 anni, è stato rinviato a giudizio con l’accusa di favoreggiamento per una vicenda di droga.

Tutto ha inizio una sera di novembre di due anni fa, quando la polizia arresta, all’ingresso della palazzina di Monza in cui vive il musicista, il 30enne Luis Fernando M., uruguaiano. Il sudamericano ha circa tre grammi di cocaina in tasca, in un pezzo unico. Arrestato, prima di essere portato in commissariato, riferisce di avere un appuntamento con Morgan, che effettivamente gli stava per aprire la porta. Il sudamericano, in sede di convalida dell’arresto, racconterà poi al giudice di essersi presentato sotto casa dell’ex leader dei Bluvertigo per saldare un precedente debito di lavoro, maturato per aver collaborato all’allestimento del palco in occasione di un concerto di quest’ultimo. Il musicista gli avrebbe dovuto pagare il lavoro con un assegno. Dopo pochi giorni, l’uomo viene rilasciato a piede libero, ma per gli inquirenti resta un pusher di cocaina.
Nell’ambito delle indagini, condotte dal pm Emma Gambardella, gli ufficiali di polizia giudiziaria sentono come testimone anche Morgan, il quale avrebbe riferito che quello non era uno spacciatore, ma un suo conoscente che si trovava in difficoltà economiche.

Versione alla quale, però, il magistrato non ha creduto, tanto da chiedere e ottenere il rinvio a giudizio al prossimo 3 luglio per il reato di favoreggiamento. Anche il presunto pusher, nel frattempo, finisce a processo con l’accusa di spaccio.

Non c’è pace per Morgan, artista e scopritore di talenti. Recentemente ha rimediato una denuncia anche da un fotografo che lo aveva «paparazzato» vicino casa, e che lui avrebbe aggredito prendendogli a calci lo scooter. Nel 2010 dopo le sue esternazioni sull’uso di crack rilasciate a «Max», il cantante fu al centro di un’ondata di polemiche che gli costò l’esclusione dal Festival di Sanremo e l’esilio dalla Rai.

Sarah: pm, fu uccisa da Sabrina e Cosima tra le 14:10-14:20

SARAH: DA SABRINA IN AULA MOLTI 'NON RICORDO'da Ansa.it

Sarah Scazzi venne uccisa in casa Misseri da Sabrina e dalla madre Cosima Serrano tra le 14.10 e le 14.20 del 26 agosto 2010, dopo che le due donne l’avevano riportata con la forza a casa prelevandola in strada con la loro auto, e in casa in quei frangenti non c’era Michele Misseri. E’ la tesi sostenuta nella requisitoria, tuttora in corso, dal pm Mariano Buccoliero al processo per il delitto della quindicenne di Avetrana. “Dopo l’omicidio – ha aggiunto il pubblico ministero – il corpo venne spostato in garage per essere trasferito nella Seat Marbella di Michele Misseri. Lo spostamento avvenne attraverso una porta interna che i Misseri hanno sempre detto essere bloccata da tempo, ma che invece si apriva con un cacciavite, come dimostrato in un sopralluogo dei carabinieri. Quella porta venne aperta il giorno del delitto per far passare il cadavere: lo conferma una intercettazione ambientale del 7 marzo 2011 durante un colloquio in carcere tra Cosima Serrano e Michele Misseri”.

PM, SE ASSASSINO E’ MICHELE DOV’E’ ARMA DELITTO?  “Se Michele Misseri avesse ucciso Sarah con una corda, come dice, avrebbe fatto trovare anche l’arma del delitto, come ha fatto con tutto il resto”. Lo ha detto il pm Mariano Buccoliero nella requisitoria al processo per l’uccisione di Sarah Scazzi, ripresa dopo una breve pausa. “Michele Misseri – ha aggiunto – vide arrivare Sarah e la lasciò con Sabrina con la quale lui si era visto in veranda prima di scendere in garage. Sarah entrò in casa Misseri prima delle 14”. Il pm è passato poi alla ricostruzione del presunto sequestro di Sarah, che sarebbe andata via da casa Misseri poco dopo le 14 e sarebbe stata ripresa con la forza e infilata in auto da Cosima Serrano per riportarla a casa Misseri. Episodio al quale avrebbe assistito il fioraio Giovanni Buccolieri, il quale poi ritrattò sostenendo che si era trattato di un sogno.

PM, SABRINA TENTO’ FAR CAMBIARE DEPOSIZIONE AMICA  – Sabrina Misseri, accusata con la madre Cosima Serrano dell’uccisione della cugina Sarah Scazzi, tentò di convincere l’amica Mariangela Spagnoletti a modificare la ricostruzione che di lì a poco avrebbe dovuto dare ai carabinieri, dai quali era stata convocata, sui frangenti in cui scattò l’allarme per la scomparsa di Sarah. E’ quanto sostenuto dal pm Mariano Buccoliero nella requisitoria al processo per il delitto Scazzi. Il pm ha fatto riferimento ad una intercettazione ambientale del 30 settembre 2010 (il corpo di Sarah non era stato ancora trovato) con il colloquio tra Sabrina e Mariangela. Sabrina avrebbe tentato inutilmente di convincere l’amica che il 26 agosto 2010, giorno del delitto, la stava attendendo nella veranda di casa per andare al mare con Sarah. Mariangela ha sempre riferito che, arrivando in aula con la sorellina, trovò Sabrina già in strada, agitata, che poi pronunciò le parole “L’hanno presa, l’hanno presa”.

PM, MICHELE MISSERI SMENTITO DA SE STESSO E SABRINA  – “Secondo quanto racconta Michele Misseri, e quanto si ricava dalle dichiarazioni di Sabrina, l’agricoltore avrebbe ucciso in garage Sarah e si sarebbe affacciato per parlare con la figlia che era in veranda, tutto in meno di quattro minuti. Ma è tecnicamente impossibile stando alle loro stesse dichiarazioni”. Lo ha detto il pm Mariano Buccoliero nella requisitoria che sta tenendo in Corte d’Assise a Taranto al processo per l’omicidio di Sarah Scazzi. “La verità è che Michele parlava su ‘imbeccate’ di Sabrina” ha aggiunto il pubblico ministero. Buccoliero sta ricostruendo in questi frangenti il percorso fatto da Sarah il 26 agosto 2010 dalla sua abitazione a quella dei Misseri, utilizzando le testimonianze di coloro che l’hanno vista transitare in strada.

Processo attentato Brindisi, Vantaggiato in aula Ragazze ferite:”Siamo in ansia perché lui è qui”

da TGCOM24

E’ iniziato il processo a carico di Giovanni Vantaggiato, reo confesso dell’attentato del 19 maggio 2012 dinanzi alla scuola Morvillo Falcone, costato la vita alla 16enne Melissa Bassi. In aula i genitori della giovane vittima e due delle ragazze ferite, che hanno detto: “Siamo ansiose perché sappiamo che lui è qui”. L’imputato è infatti presente in aula, ma non risponde alle domande. Il procuratore: “E’ una tattica per chiedere l’infermità mentale”.

Quando il presidente della corte d’Assise di Brindisi, Domenico Cucchiara, ha chiesto a Vantaggiato se fosse consenziente alle riprese in aula, l’imputato non ha risposto. Cataldo Motta, il procuratore della Dda di Lecce, ha motivato così il silenzio del 69enne: “A mio avviso è tutto artefatto. Sta costituendo uno stato per poi poter chiedere l’infermità mentale”.In aula erano presenti Massimo e Rita Bassi, i genitori della giovane vittima, e due compagne di classe di Melissa, Selena e Azzura, ferite nell’attentato. “Io non ho dormito – ha raccontato Selena – ero in ansia, ma non vedevo l’ora di venire qui, al tribunale di Taranto e di guardarlo negli occhi”. “Invece – ha aggiunto Azzurra – non ci hanno permesso di arrivare a lui, ci siamo avvicinate ma ci hanno bloccate. Però non è giusto, noi abbiamo il diritto di guardarlo in faccia”.

Il 19 maggio 2012 l’attentato alla scuola Morvillo Falcone
Vantaggiato è imputato di strage aggravata dalla finalità terroristica, tentativo di omicidio e fabbricazione ed esplosione di ordigno micidiale. Lo scorso giugno l’imprenditore ha confessato di essere il responsabile dell’attentato compiuto davanti alla scuola Morvillo Falcone di Brindisi il 19 maggio 2012 in cui perse la vita Melissa Bassi, 16 anni, e rimasero ferite altre nove persone, tra passanti e studenti.