Sarah: zio Michele, l’ho uccisa io con la corda

da Ansa.it

”Ho ucciso io Sarah, questo rimorso non lo posso piu’ portare dentro di me”. Lo ha detto Michele Misseri nel corso della sua deposizione in Corte d’Assise per il processo Scazzi. Subito dopo il suo difensore, Armando Amendolito, ha rimesso il mandato. La Corte d’Assise di Taranto ha nominato l’avv. Luca Latanza difensore d’ufficio. Il legale è stato individuato tramite il call center del sistema informatizzato. L’udienza prosegue perché il nuovo difensore e il suo assistito non hanno chiesto termine per consultare le carte processuali. Prima di Latanza era stato contattato l’avv. Giovanni Rana, che ha comunicato la sua indisponibilità trovandosi fuori città.

“Mi dispiace perché Sabrina si e’ sacrificata per me. Non è stata lei a uccidere Sarah” dice piangendo a Franco Coppi, difensore di sua figlia Sabrina accusata dell’omicidio di Sarah Scazzi. “Quindi a provocare la morte di Sarah è stato lei, lo sta dicendo davanti alla Corte d’Assise”, ha insistito il legale: “Si, sono stato io”, ha risposto il contadino.

“Non ho visto scendere Sarah, era dietro di me. Mi ha detto: ‘zio perche’ stai gridando?’ Le ho detto: vattene. Non ho capito cosa voleva da me, mi stava dando fastidio”. Misseri ha fatto presente che Sarah “insisteva, allora io l’ho spostata, lei mi ha tirato un calcio e io allora ho preso un pezzo di corda e l’ho stretta. Non so nemmeno quanto è durato. Lei si è accasciata ed è caduta su un compressore, che é stato prelevato dagli inquirenti dopo tanti mesi”.

Il contadino ha dichiarato che in occasione del sopralluogo nel garage con gli inquirenti era stato “drogato”, riferendosi a degli psicofarmaci che gli sarebbero stati somministrati mentre era in carcere. L’avvocato Franco Coppi, difensore di Sabrina Misseri, ha fatto presente al testimone che “nel caso, diremo alla Corte d’assise di recarsi sul posto e lei farà vedere come sono andate le cose”. Michele Misseri ha ricostruito quanto avvenuto il 26 agosto del 2010 a partire dalla prima mattinata, quando si recò a un Consorzio per acquistare due lattine di olio e in seguito andò in campagna con il fratello Carmine.

Al ritorno passò dalla banca per depositare un assegno. “Quel particolare l’ho ricordato in un secondo momento. Il bancario – ha sottolineato ‘zio Michele’ – mi disse che ci voleva la firma di mia moglie. Risposi che sarei tornato ma lui mi consentì di firmare al suo posto perché ci conoscevamo da tanto tempo”. Misseri ha poi precisato che quel giorno aveva un forte mal di testa e che al suo ritorno a casa stava facendo un incidente stradale. “L’auto ha sbandato e stavo finendo fuori strada. Non so nemmeno io come sono riuscito a rimettermi in carreggiata. Peccato – ha detto piangendo – perché sarebbe stato meglio, la bambina si sarebbe salvata”. Per continuare la sua deposizione ora Michele Misseri dovrà trovare un difensore d’ufficio dopo la rinuncia al mandato dell’avv. Armando Amendolito.

“La dottoressa Bruzzone mi disse: tu esci subito e tua figlia tra due anni. Per questo ho incolpato Sabrina” ha detto ancora Misseri tornando ad accusare la criminologa, all’epoca consulente di parte, di averlo in qualche modo indotto a cambiare versione e ad addossare le responsabilità dell’omicidio a sua figlia Sabrina. “Non posso andare avanti così – ha aggiunto zio Michele – altrimenti devo pensare al suicidio. Mi dissero: arresteranno tuo fratello e tua moglie. Io lo so che mi inguaieranno perché loro sono creduti e io sono uno stupido contadino. Dissero che mi potevano aiutare”. Piangendo, il contadino ha aggiunto: “Tutti si sono approfittati della mia debolezza. Sanno che mi portano dove vogliono”.

“Di quello che avevo fatto non lo sapeva nessuno, nemmeno Cosima e Sabrina. Loro mi vedevano piangere quando vedevo in tv le immagini di Sarah”. Lo ha sottolineato Michele Misseri nel corso del processo in Corte d’Assise. “Mi stavo suicidando con un potente veleno – ha aggiunto – ma in questo modo però non avrebbero trovato il corpo della ragazza. Quello che dico è: proprio a me doveva succedere?”. Il contadino ha poi parlato nuovamente dell’omicidio ribadendo che Sarah gli aveva tirato un calcio.

“Da li’ – ha precisato – è partito tutto. Per questo mi e’ venuto il calore alla testa”. Rispondendo alle domande dell’avv. Franco Coppi, alla ripresa dell’udienza sospesa per la nomina di un difensore d’ufficio, Misseri ha detto che tutte “le versioni in cui ha accusato Sabrina sono false”. Misseri ha consegnato alla Corte una lettera anonima di minacce nei suoi confronti e ricordato che alcuni giorni prima qualcuno avvelenò i suoi 8 gatti. Inoltre, ha detto che il suo ex difensore Daniele Galoppa gli impedì di raccontare la verità, anche quando, dopo l’incidente probatorio, si era “pentito di aver raccontato cose non vere”.

ZIO MICHELE, CONTESTAZIONI DEL PM – Il pm Mariano Buccoliero ha rivolto diverse contestazioni a Michele Misseri per dichiarazioni che contrastavano con quelle rilasciate agli inquirenti nel corso degli interrogatori. In particolare si è parlato della porta interna della villa di via Deledda che dà accesso al garage in cui sarebbe stata uccisa Sarah Scazzi. In un colloquio in carcere del 7 marzo 2011 con la moglie Cosima, i due coniugi discutevano del fatto che i carabinieri avevano trovato una traccia di sangue per terra. Misseri disse alla moglie: ‘e’ possibile che ti sei tagliata quando sei scesà. Ma, ha fatto notare il pm, il contadino non poteva sapere che Cosima era scesa da quella porta, aperta successivamente dagli inquirenti, ed era andata nel garage. Un’altra contestazione ha riguardato le dichiarazioni di Misseri relative a quanto avvenuto il 26 agosto 2010, dopo che il teste aveva pulito il trattore ed era salito in casa per mangiare. Misseri ha riferito di aver visto Sabrina e Cosima dormire sul letto matrimoniale. Nell’interrogatorio del 6 ottobre 2010, invece, l’agricoltore disse che aveva parlato con Sabrina e che era stata sua figlia a

AVV.AMENDOLITO, AVEVO CONSIGLIATO A MISSERI ASTENERSI – “E’ stata una decisione sofferta. E’ una decisione che deriva non da scelte puramente tecniche. Io avevo consigliato a Misseri di astenersi da posizioni che potevano danneggiarlo ulteriormente. Ne abbiamo parlato fino a un quarto d’ora prima di entrare in aula e non sapevo se la sua scelta sarebbe ricaduta sulla sua posizione di autoaccusarsi, cosa che poi è avvenuta. Io ho precisato a Michele Misseri che nel momento in cui si fosse autoaccusato io avrei lasciato”. Lo ha detto a Tgcom24 l’avv. Armando Amendolito, il legale che oggi in aula ha rimesso la difesa di Michele Misseri in conseguenza delle dichiarazioni che il suo assistito ha fatto alla corte di assise. A chi lo ha accusato di aver abbandonato il proprio assistito, Amendolito risponde: “Non ho mai sottovalutato l’aspetto umano con il mio assistito e mi ha dato fastidio sentire che Misseri è stato abbandonato. Io sotto il profilo tecnico non ero più in grado di offrirgli l’adeguato supporto, tuttavia dal punto di vista umano credo di poter continuare a coltivare un rapporto umano che si è creato in più di un anno di assistenza”.

MISSERI PARLERA’ ANCHE 12 DICEMBRE – Si è concluso dopo oltre sette ore l’interrogatorio di Michele Misseri nel processo per l’omicidio di Sarah Scazzi. Il controesame del contadino di Avetrana da parte del pm Mariano Buccoliero, del procuratore aggiunto Pietro Argentino, dei legali delle parti civili e degli altri imputati, proseguirà nell’udienza del 12 dicembre. Resta fissata l’udienza del 10 dicembre in cui deporranno alcuni testi della difesa, come la psicologa Dora Chiloiro e due consulenti di parte. Nell’ultima parte dell’udienza odierna, Michele Misseri ha parlato dei momenti successivi all’occultamento del cadavere della 15enne nel pozzo in località ‘Mosca’.

PARTE IL PROCESSO PER L’OMICIDIO DELLA PESCARESE RITA MORELLI

di Grazia De Marco

A poco meno di un anno dall’omicidio di Rita Morelli, 36enne di Spoltore, in provincia di Pescara, parte il processo che vede come unico imputato l’ex guardia giurata di origini senegalesi Bakary Camara.  Lo scorso agosto, il Pubblico Ministero aveva presentato al Giudice Juan Machan ben nove capi di imputazione, compreso l’omicidio di primo grado e lo stupro.

Poche le persone disposte a testimoniare in aula, compreso il leader spirituale islamico  Cheikh  Ndao,  a suo tempo contattato dall’avvocato difensore di Camara per sostenere la teoria secondo la quale  il presunto assassino aveva agito a causa di un profondo stress psicologico.

La cultura senegalese, infatti, si poggia sulla profonda convinzione spirituale e popolare che la condizione di profondo stress psicologico è causata da una maledizione o un malocchio. L’avvocato difensore di Camara, peraltro, non ha potuto neppure sostenere questa tesi in aula, perché il Giudice l’ha rigettata, sostenendo che la condizione psicologica dell’imputato doveva essere dimostrata in maniera giuridicamente accettabile e non sulla base di credenze popolari.

Nel frattempo sarebbero emersi nuovi e inquietanti dettagli sull’omicidio, soprattutto relativi ad un presunto abuso sessuale, confessato dall’assassino agli psichiatri dell’ospedale di Bellevue, consumato dopo averla strangolata.                                                                                                                                                La giovane donna viveva a New York da cinque anni, frequentava il “College Hunter” e lavorava con il suo compagno in un locale italiano, il “Buon Gusto”, per pagarsi gli studi. Ma il suo sogno americano si è definitivamente interrotto il 23 Novembre del 2011, nella sua abitazione ad Harlem, quando è stata uccisa da tre coltellate: due al petto ed una alla gola e poi strangolata.  Il corpo fu ritrovato dal fidanzato, che condivideva con lei la casa dal 2005. Il movente di questo atroce delitto sarebbe da ricercare in  alcuni rifiuti da parte della ragazza, che avrebbero scatenato la furia omicida dell’assassino.

Terremoto dell’Aquila:Condannata a sei anni di reclusione la Commissione Grandi rischi

di Grazia De Marco

Dopo quasi trenta udienze, il Giudice del Tribunale dell’Aquila, Marco Belli, ha condannato in primo grado a sei anni di reclusione i sette componenti della Commisione Grandi Rischi, tutti imputati dei reati di  omicidio colposo plurimo e lesioni colpose.

I sette esperti si erano riuniti a L’Aquila il 31 Marzo del 2009, in una seduta straordinaria tenuta per discutere sui probabili rischi causati dallo sciame sismico  presente nel capoluogo Abruzzese da Gennaio 2009.

Gli imputati: Franco Barbieri, Presidente vicario della Commissione Grandi Rischi, Claudio Eva, Professore ordinario di fisica all’Università di Genova, Mauro Dolce, Direttore dell’ufficio rischio sismico della Protezione Civile, Gianmichele Calvi, Direttore di Eurcentre, Bernardo De Bernardinis, vice Capo del settore tecnico del Dipartimento di Protezione Civile, Enzo Boschi, all’epoca Presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e Giulio Selvaggi, direttore del Centro Nazionale Terremoti sono anche stati condannati all’interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Per tutti e sette gli imputati, l’accusa è quella di aver rassicurato l’intera popolazione aquilana sull’improbabilità di una forte scossa sismica, che invece si è verificata circa una settimana dopo.  La Commissione, quindi, dopo la riunione del 31 marzo 2009, avrebbe fornito informazioni imprecise, incomplete e contraddittorie riguardo la reale pericolosità sismica.

Il Pubblico Ministero aveva chiesto la condanna a quattro anni, mentre la difesa degli imputati chiedeva la piena assoluzione, puntando soprattutto sull’impossibilità di prevedere i terremoti. Nella sentenza di condanna, il Giudice ha inoltre disposto una provvisionale di sei milioni di euro per le parti civili, di cui due milioni di euro immediatamente esecutiva.

Dopo il verdetto dei Giudici, l’intero ufficio di Presidenza della Commissione ha rassegnato le dimissioni al Presidente del Consiglio Mario Monti.  Il Presidente della Commissione, Luciano Maiani, ha infatti affermato di “non vedere le condizioni per lavorare serenamente”.  La notizia a fatto il giro del mondo; su tutte le principali testate giornalistiche mondiali, infatti, si è parlato della          vicenda.

Intanto gli avvocati difensori dei sette condannati stanno già lavorando per il processo d’appello, fissato per la fine del 2013. Entro 90 giorni dovranno essere depositate le motivazioni, per permettere agli avvocati di presentare il ricorso.  La prima forte conseguenza di questa condanna, rischia di essere la “paralisi delle attività di prevenzione”, come ha affermato il Dipartimento della Protezione Civile

SALVATORE PAROLISI: RIPRENDE IL PROCESSO DOPO LA PAUSA ESTIVA

di Grazia De Marco

Il 29 settembre riprenderanno le udienze del processo a Salvatore Parolisi, accusato di omicidio, vilipendio di cadavere e depistaggio delle indagini. Per l’accusa, infatti, il Caporal maggiore dell’esercito, il 18 aprile 2011, avrebbe colpito la moglie con 35 coltellate e l’avrebbe lasciata morire dissanguata nell’ormai noto bosco di Ripe di Civitella. Secondo i PM, inoltre, Parolisi non avrebbe premeditato il delitto, ma avrebbe ucciso Melania Rea perché pressato dalle richieste dell’amante Ludovica Perrone, alla quale avrebbe promesso di raggiungerla pochi giorni dopo per essere presentato ufficialmente ai suoi genitori. Melania Rea, in sostanza, sarebbe stata condotta dal marito nel bosco delle casermette e solo successivamente, forse a seguito di una discussione, sarebbe  scattato il raptus, probabilmente scatenato dalla paura di comunicare la volontà di separarsi o per le conseguenze economiche ed effettive di questo gesto.

Salvatore  Parolisi attende la ripresa del processo rinchiuso in una cella del carcere “Castrogno” di Teramo, in compagnia di un ex carabiniere e passa le sue giornate tra libri e ricordi, preoccupato soprattutto di non poter vedere più la figlia Vittoria, dopo  che la Corte d’Appello di Napoli gli ha sospeso la potestà genitoriale. Il 20 settembre prossimo, peraltro, i periti depositeranno l’esito dei loro studi per rispondere ai quesiti posti del magistrato.

L’entomologo Stefano Vanin ha esaminato le larve e le uova rinvenute sul corpo della vittima, mentre la genetista Sara Gino si è occupata delle tracce di saliva rinvenute sull’arcata dentale della povera Melania. Questi ultimi accertamenti, sarebbero ritenuti cruciali per l’accusa, perché testimonierebbero che il Caporal Maggiore era con la moglie, ma non a Colle San Marco, al momento dell’omicidio. Salvatore Parolisi, infatti, ha sempre sostenuto che quando Melania è scomparsa, dopo essersi allontanata per andare in bagno, lui era con la figlia alle altalene di Colle San Marco, anche se nessuno dei numerosi testimoni ascoltati dagli inquirenti ha mai confermato questa tesi.

Alla ripresa del processo potrebbe esserci, tuttavia, una nuova super testimone, mai ascoltata prima dagli investigatori, che sarebbe in grado di fornire una ricostruzione più scrupolosa dei fatti avvenuti in quel tragico pomeriggio e di confermare la presenza o meno dei coniugi sul pianoro di Colle San Marco nel pomeriggio del 18 aprile.

I difensori di Parolisi sarebbero fiduciosi di veder riconosciuta l’innocenza del loro assistito, infatti, i loro consulenti avrebbero ricostruito, nel dettaglio, ogni singolo minuto trascorso tra la scomparsa della vittima e il rinvenimento del suo cadavere, per offrire al Giudice la prova dell’assoluta innocenza del Caporal Maggiore. Le udienze del processo proseguiranno ogni venerdi, sino a ottobre, quando sarà emessa la sentenza di primo grado. Se Parolisi fosse assolto le indagini dovrebbero ripartire quasi completamente da zero, cercando di delineare nuovi scenari, possibili moventi e presunti colpevoli che chiariscano definitivamente una degli omicidi più inspiegabili degli ultimi anni.

Omicidio di Sarah Scazzi. Oggi si è svolta la terza udienza con la deposizione di Ivano

di Grazia De Marco

Si è svolta oggi la terza udienza del processo per il delitto di Sarah Scazzi che ha visto protagonista Ivano Russo, amico di Sabina. Una deposizione durata ben sei ore nel corso della quale il giovane ha rivelato alla corte di aver subìto pressioni dall’ex legale di Sabrina Vito Russo per rendere dichiarazioni “favorevoli alla ragazza“. Una dichiarazione forte che non mancherà di suscitare nuove polemiche e probabili strascichi legali.

Ivano Russo, nel corso della deposizione, ha dichiarato di avere un buon rapporto con Sarah che, a suo giudizio, lo avrebbe visto come una figura paterna, a causa della lontananza per lavoro del padre e del fratello. Spesso voleva essere abbracciata e, una delle ultime volte, i due si dissero di volersi bene.

Quanto al rapporto con Sabrina Ivano racconta che inizialmente si trattava solo di amicizia. Col tempo si è trasformato in un affetto più profondo che ha insospettito Ivano, soprattutto in seguito ad atteggiamenti ambigui e a complimenti che, come sostiene, “andavano oltre”.  Qualche giorno prima della morte di Sarah Ivano però ruppe il rapporto con Sabrina “per non farla soffrire”.

La sera in cui arrivò la notizia del ritrovamento del corpo di Sarah lui e Sabrina andarono in auto verso contrada Mosca. Nel tragitto Sabrina, parlando della prima confessione del padre Michele “disse che non ci credeva e che il padre l’aveva ‘sparata grossa’ per farsi credere”.