Foggia, 31 arresti per spaccio di droga

spaccioda TGCOM24

Trentuno persone dedite allo spaccio di stupefacenti, in particolare sul Gargano, sono state arrestate dai carabinieri. Le indagini, coordinate dalla Procura di Foggia, hanno consentito di sequestrare numerose dosi di cocaina, hashish e marijuana che, con oltre tremila “cessioni” nell’arco di un anno, hanno generato un giro d’affari di 800mila euro circa.

Una vasta rete di narcotraffico è stata scoperta anche nel Ragusano, dove i carabinieri hanno notificato un provvedimento di “informazione di garanzia e avviso alla persona sottoposta alle indagini di chiusura delle indagini preliminari”, emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catania, nei confronti di 49 persone accusate a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e concorso in detenzione di armi e droga.

L’inchiesta avviata dai carabinieri di Modica ha consentito di scoprire una pericolosa gang criminale a Scicli inserita a pieno titolo in una più vasta e articolata rete del narcotraffico che operava tra la Provincia di Ragusa, Catania e Napoli. Gli investigatori hanno ricostruito collegamenti, ruoli e funzioni di capi e gregari di una vera e propria organizzazione militare dedita allo smercio di ingenti quantitativi di hashish e cocaina sequestrati in varie operazioni dei Carabinieri sin dal 2007.

 

Quarto Oggiaro, svolta sui 3 delitti. Benfante in manette: “E’ lui il killer”

da Repubblica.it

quartoTre morti ammazzati per contrasti sul piccolo traffico di droga. Tre persone uccise per quello che gli stessi inquirenti non hanno esitato a definire un modesto “spaccio di quartiere”, se non addirittura “spaccio da condominio”. “Roba di bustine”, insomma: un giro di denaro estremamente lontano dall’epopea criminale dello spaccio di eroina a Quarto Oggiaro, quello che si trova alle spalle dei tre omicidi avvenuti tra il 27 e il 30 ottobre scorsi fra Novate Milanese e Milano.

Una sorta di crepuscolo criminale del quartiere nella zona nord di Milano, una storia in cui si innestano vendette personali e l’assurdo tentativo di ottenere nuovamente l’egemonia sulla piazza. Ma tutto è fallito e a terra sono rimasti Emanuele Tatone, sfrattato e malato terminale, l’autista Paolo Simone, malato ai polmoni (e ucciso solo perché si trovava con lui) e Pasquale Tatone, freddato all’uscita di una pizzeria dove aveva cenato da solo. Uccisi da un assassino a sua volta malato di Parkinson e appena uscito di galera.

Per gli inquirenti Antonino Benfante è stato l’esecutore materiale di tutti e tre gli omicidi. Su questo particolare, gli investigatori della polizia non hanno dubbi: tabulati telefonici, immagini di telecamere, qualche testimonianza (il procuratore di Milano, Alberto Nobili, ha parlato di “rottura dell’omertà” ringraziando i cittadini), concordano sul fatto che il primo duplice omicidio è avvenuto per uno “sgarro” di bassissimo livello. Fine ultimo di questi omicidi sarebbe stata l’egemonia sul piccolo spaccio a Quarto Oggiaro, che Benfante sperava di riuscire a ottenere non si sa se nell’ambito di un progetto personale o spinto da qualche altro personaggio rivale della famiglia Tatone.

Antonino Benfante, cinquant’anni, con precedenti per tentato omicidio e traffico di droga è stato arrestato stamani su ordinanza di custodia cautelare. Quando ha sparato – si è saputo – era appena uscito di galera: il 23 ottobre. Benfante è stato detenuto tra il 2000 e il 2012 e in totale ha collezionato 24 anni di carcere, quasi metà della sua vita. Il pregiudicato – molto noto a Quarto Oggiaro, dove aveva vissuto – era uscito di galera, pochi giorni prima di commettere il primo duplice omicidio. L’uomo si trovava in prova ai servizi sociali e nei giorni precedenti e seguenti l’omicidio ha continuato a recarsi presso la cooperativa dove lavorava come se niente fosse.

L’affidamento ai servizi sociali gli era stato da poco nuovamente concesso dopo una revoca avvenuta a metà settembre causata da una denuncia per estorsione proprio nei confronti del datore di

lavoro a cui era stato affidato. Durante il primo periodo di affidamento ai servizi sociali, cioè quando era libero, riscontri investigativi hanno confermato che si era avvicinato alla famiglia Tatone, non si sa se già con l’intento di ordire gli omicidi o se dapprima cercando complicità e poi rompendo per contrasti legati all’egemonia sul piccolo spaccio di stupefacenti. Alla fine si è sfiorata una strage per qualche migliaio di euro di bustine.

OPERAZIONE ELLENIKA: Individuato commercio di stupefacenti sull’asse Albania-Croazia-Slovenia-Italia

droga_280xFreedi Grazia De Marco

L’importante operazione antidroga chiamata “ELLENIKA”, avviata nel marzo del 2009, si è conclusa lo scorso 21 ottobre con il sequestro di due quintali di eroina, l’arresto di 71 persone e lo smantellamento di un vastissimo traffico internazionale di stupefacenti. Le ordinanze di custodia cautelare sono state disposte dalla Procura  Distrettuale Antimafia  dell’Aquila, per i reati di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e trasferimento fraudolento di beni.

I fermi sono stati eseguiti in Abruzzo, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Lazio, Marche, Puglia, Sicilia, ma anche in Albania e Kosovo, grazie al supporto assicurato dal Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia. I soggetti italiani arrestati sono in totale 43, tra i quali: Carmelo Accetta, Lauro Catullo, Paride D’Antonio, Marco Di Cesare, Giulio Di Pietro, Italo Di Rocco, Giuseppina Insolia, Alessandro Mariani, Antonello Parbone De Matteis e Moreno Sagazio, tutti di Pescara, Emanuela  Guarnieri di Giulianova, Ettore Guarnieri di San Benedetto Del Tronto, Luca Attilio Mingolla di Taranto e Roberto Tarquini di Roseto degli Abruzzi.

Le indagini  sono state sviluppate, invece, nell’ambito di un progetto Europeo  di contrasto  alla criminalità  balcanica,  con il prezioso aiuto dell’Europol e della DCSA, in stretta  collaborazione  con la Polizia Albanese, Bosniaca, Slovena, Croata  e Kosovara. L’inchiesta, iniziata quattro anni fa grazie all’arresto di un corriere italiano  intercettato con mezzo chilogrammo di eroina, è stata condotta  dal ROS, dapprima coordinati dalla Procura Distrettuale Antimafia di Trieste, che aveva scoperto un’organizzazione bosniaco-kosovara dedita al traffico di ingenti  quantitativi di eroina. Lo sviluppo delle indagini ha condotto poi all’individuazione di tre  diverse associazioni criminali, sia internazionali che interne:

–         il  gruppo fornitore, con a capo i narcotrafficanti Dokle Indrit e Krasniqui Izet, articolato su due diverse cellule radicate in Albania e Kosovo, con proiezioni in moltissime città  italiane

–       il gruppo capeggiato da Ilijazagic Adnan, che si occupava prevalentemente del trasferimento  dei carichi e del reclutamento dei corrieri

–       il gruppo  collegato alla famiglia di Enzo Gargiuolo, attivo soprattutto  a Pescara e provincia.

 

Nell’agosto del 2012, il procedimento  penale  è stato trasmesso, per competenza territoriale, alla Procura Distrettuale Antimafia dell’Aquila, in quanto l’Abruzzo rappresentava e rappresenta il nodo nazionale di smercio dei vari flussi di eroina importati dai Balcani. In tale quadro, trova conferma l’importanza di una efficace cooperazione internazionale, sia sul piano giudiziario che di polizia, caratterizzata non soltanto da un proficuo ed aderente scambio di informazioni nella fase investigativa, ma anche dalla possibilità di condividere gli elementi di prova raccolti nei diversi procedimenti instaurati nei Paesi interessati, integrando i rispettivi  quadri probatori di riferimento e perseguendo anche gli indagati localizzati all’estero. Gli investigatori si sono avvalsi delle moderne tecnologie, oltre ad un dispendioso ma proficuo lavoro di osservazione e pedinamento.

L’indagine, inoltre, ha visto il contributo di quattro collaboratori di giustizia e l’infiltrazione di un appartenente al ROS, all’interno di una delle tre organizzazioni criminali.

Droga, Morgan sarà processato con l’accusa di favoreggiamento

Morganda Corriere.it

Rinvio a giudizio del cantante, coinvolto nell’inchiesta su uno spacciatore di cocaina a Monza.

Guai giudiziari per Morgan. Mercoledi il cantautore, 40 anni, è stato rinviato a giudizio con l’accusa di favoreggiamento per una vicenda di droga.

Tutto ha inizio una sera di novembre di due anni fa, quando la polizia arresta, all’ingresso della palazzina di Monza in cui vive il musicista, il 30enne Luis Fernando M., uruguaiano. Il sudamericano ha circa tre grammi di cocaina in tasca, in un pezzo unico. Arrestato, prima di essere portato in commissariato, riferisce di avere un appuntamento con Morgan, che effettivamente gli stava per aprire la porta. Il sudamericano, in sede di convalida dell’arresto, racconterà poi al giudice di essersi presentato sotto casa dell’ex leader dei Bluvertigo per saldare un precedente debito di lavoro, maturato per aver collaborato all’allestimento del palco in occasione di un concerto di quest’ultimo. Il musicista gli avrebbe dovuto pagare il lavoro con un assegno. Dopo pochi giorni, l’uomo viene rilasciato a piede libero, ma per gli inquirenti resta un pusher di cocaina.
Nell’ambito delle indagini, condotte dal pm Emma Gambardella, gli ufficiali di polizia giudiziaria sentono come testimone anche Morgan, il quale avrebbe riferito che quello non era uno spacciatore, ma un suo conoscente che si trovava in difficoltà economiche.

Versione alla quale, però, il magistrato non ha creduto, tanto da chiedere e ottenere il rinvio a giudizio al prossimo 3 luglio per il reato di favoreggiamento. Anche il presunto pusher, nel frattempo, finisce a processo con l’accusa di spaccio.

Non c’è pace per Morgan, artista e scopritore di talenti. Recentemente ha rimediato una denuncia anche da un fotografo che lo aveva «paparazzato» vicino casa, e che lui avrebbe aggredito prendendogli a calci lo scooter. Nel 2010 dopo le sue esternazioni sull’uso di crack rilasciate a «Max», il cantante fu al centro di un’ondata di polemiche che gli costò l’esclusione dal Festival di Sanremo e l’esilio dalla Rai.

Droghe, per la Cassazione non è reato consumarle in gruppo

da Corriere.it

Il consumo di gruppo di sostanze stupefacenti non è reato. Lo hanno sancito le sezioni unite penali della Cassazione, risolvendo in tal senso un conflitto giurisprudenziale che andava avanti da tempo. In particolare, la questione analizzata dalla suprema Corte riguardava il fatto che con l’introduzione della legge Fini-Giovanardi il consumo di gruppo di sostanze stupefacenti fosse o meno «penalmente rilevante nella duplice ipotesi di mandato all’acquisto o dell’acquisto comune». Con questa sentenza La Cassazione sancisce che è «penalmente irrilevante» il consumo di gruppo di sostanze stupefacenti sia nell’ipotesi di «mandato all’acquisto» sia in quella del «acquisto comune».

CONTRASTO – La Suprema Corte, a sezione unite penali, ha così rigettando il ricorso della parte civile contro una sentenza del gup di Avellino, che il 28 giugno 2011, che aveva dichiarato il non luogo a procedere nei confronti di un uomo «perché il fatto non sussiste». Sull’uso di gruppo, dopo l’introduzione della legge Fini-Giovanardi, nel 2006, era sorto un contrasto giurisprudenziale: se la Cassazione, in passato, aveva sempre ritenuto penalmente irrilevante l’uso di gruppo, vi erano state, in tempi più recenti, decisioni più severe secondo le quali era, invece, reato. Con questo pronunciamento, la Suprema Corte ha ritenuto di dar credito all’interpretazione già adottata in passato. Per le motivazioni si dovrà attendere almeno un mese.

In manette la “New generation” della droga

da Polizia di Stato

Gli agenti del commissariato di Canosa, nella provincia di Barletta-Andria-Trani, hanno messo in manette 16 spacciatori, tutti pugliesi, che rifornivano i tossicodipendenti della zona prevalentemente di cocaina e marijuana.

Gli arrestati sono accusati di detenzione e cessione di sostanze stupefacenti, possesso illegale di armi e, per uno di loro, anche favoreggiamento personale finalizzato alla divulgazione di notizie riservate coperte da segreto istruttorio. Durante l’indagine è infatti emerso che l’uomo, impiegato presso una copisteria utilizzata dalle forze dell’ordine, aveva appreso che un suo amico sarebbe stato arrestato in un’operazione dei Carabinieri e lo ha avvertito, consentendogli di sfuggire alla cattura.

Durante l’esecuzione degli arresti gli agenti hanno sequestrato un chilo di marijuana e mezzo di cocaina, oltre a tutto l’occorrente per tagliare e confezionare le dosi di droga.

L’indagine del commissariato, denominata “New generation”, ha preso il via nel 2010 in seguito alle notizie relative all’attività di spaccio acquisite dagli agenti sul territorio.

Dopo aver individuato alcuni pusher che agivano nel centro di Canosa, gli agenti li hanno “attenzionati”, hanno cioè iniziato a tenerli sotto osservazione con pedinamenti, intercettazioni telefoniche e ambientali, utilizzando anche microfoni nascosti nelle loro auto.

L’indagine ha fatto emergere l’attività di un gruppo di spacciatori, la maggior parte dei quali già noti alle forze dell’ordine, che si riforniva nella vicina Cerignola. È emerso inoltre che alcuni degli indagati avevano a disposizione armi, delle quali però non è stato documentato l’utilizzo.

Gli arresti sono stati eseguiti in collaborazione con gli uomini della Squadra mobile di Bari.

Droga, nuovo sequestro record nel porto di Gioia Tauro: occultati 630 kg in un carico di nocciole

da quotidianoitaliano.it – di Erica Introna

REGGIO CALABRIA – Un altro sequestro di droga nel porto di Gioia Tauro, questa volta un vero e proprio sequestro da record: 630 kg di cocaina purissima. Solo ieri c’era stata la scoperta, da parte delle fiamme gialle, di un carico di 300 kg di droga, anche in questo caso cocaina, sempre nello stesso porto della provincia di Reggio Calabria.

L’operazione si è svolta questa mattina all’alba ed è stata condotta dagli uomini della polizia tributaria di Reggio Calabria e dal gruppo della  Guardia di finanza di Gioia Tauro con i funzionari dell’Agenzia delle dogane- Ufficio centrale antifrode e Svad. Gli oltre 600 kg di droga erano divisi in 580 panetti, a loro volta contenuti in 16 borsoni, occultati all’interno di un carico di nocciole provenienti dal Brasile.

Anche il carico di cocaina sequestrato ieri era stato nascosto dentro tre container imbarcati su navi provenienti dal Sud America che stavano facendo scalo al porto di Gioia Tauro. Il carico era destinato al Nord Italia, dove la polvere la bianca sarebbe stata messa in commercio.

I dettagli dell’operazione saranno forniti nel corso di una conferenza stampa che si terrà nella tarda mattinata di oggi presso la sede del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria.

Droga: mafia e narcos, 34 arresti a Palermo

da Polizia di Stato

Un’organizzazione di narcotrafficanti che operava tra il Messico e l’Italia e riforniva di cocaina il mercato nazionale è stata bloccata stamattina dalla Squadra mobile di Palermo che ha operato in stretto accordo con la Dea, il dipartimento antidroga degli Stati Uniti.

Sono complessivamente 34 le persone arrestate. Tutte accusate di importazione e traffico di sostanze stupefacenti sul territorio nazionale, di detenzione ai fini di spaccio, in particolare di cocaina e hashish. I criminali trattavano in Italia direttamente con la camorra e la mafia siciliana.

L’indagine, denominata operazione ”Monterrey”, dal nome della località messicana, è partita circa tre anni fa. Gli investigatori hanno raccolto numerosi elementi di prova a carico di cittadini italiani residenti in Messico ed in contatto con gruppi di ‘narcos’ locali.

L’operazione, condotta in collaborazione con i poliziotti della direzione centrale servizi antidroga e quelli della direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato, ha portato anche al sequestro di grandi quantitativi di droga, destinati al mercato tra Napoli e Palermo. Nello specifico sono stati sequestrati 5 quintali di cocaina e 5 quintali di hashish.

La droga era nascosta all’interno di un grande forno per la cottura della ceramica che era stato spedito in Italia. Il nascondiglio è stato scoperto dagli agenti grazie a una segnalazione dei colleghi della Dea che ha consentito di intercettare il forno imbottito di droga in provincia di Terni.

Il valore al dettaglio della droga sequestrata ammonta a diverse decine di milioni di euro: la cocaina proveniente dal Messico ha infatti un principio attivo dell’84%, dunque molto elevato, e avrebbe consentito di essere “tagliata” moltiplicando il quantitativo di sostanza stupefacente.

Tra gli arrestati anche italiani residenti all’estero e cittadini dell’Est Europa, altro canale d’approvvigionamento dell’organizzazione criminale.

Verbania: arrestati gli albanesi con la “brutta abitudine”

da Polizia di Stato

“Vese te keqija”, in albanese “vizio – brutta abitudine”, è il nome dell’operazione conclusa questa mattina dalla  Squadra mobile del Verbano Cusio Ossola nei confronti di un’organizzazione criminale specializzata nello spaccio di droga. L’indagine è  stata così chiamata perché la banda è composta prevalentemente da albanesi appartenenti allo stesso gruppo coinvolto  nell’operazione “Alba nuova” del 2009, e quindi considerati recidivi.

Gli specialisti dell’antidroga hanno arrestato 11 appartenenti all’organizzazione, sette albanesi, un marocchino e tre italiani, con l’accusa di  detenzione ai fini di spaccio e spaccio di sostanze stupefacenti; otto sono finiti in carcere e tre ai domiciliari, mentre uno è ancora  ricercato. Altre 29 persone sono indagate in stato di libertà e nei loro confronti sono state eseguite decine di perquisizioni.

Il gruppo agiva da intermediario tra i grandi trafficanti di droga e i piccoli spacciatori, che riforniva regolarmente di cocaina, ecstasy e  marijuana; dopo un anno e mezzo di indagini però l’attività della banda è stata interrotta.

L’indagine ha preso il via nel gennaio 2011 da alcune cessioni di droga documentate dagli agenti della mobile, tutte nei confronti di piccoli  spacciatori che acquistavano le sostanze proibite per poi rivenderle al dettaglio.

In particolare gli investigatori hanno messo sotto stretto controllo un albanese che smerciava la droga e che alla fine si è rivelato il  capo dell’organizzazione. Grazie ai continui servizi di pedinamento e osservazione, all’utilizzo di localizzatori gps, intercettazioni telefoniche  e ambientali, gli uomini della mobile hanno individuato tutti i membri del gruppo, delineandone anche la struttura organizzativa.

Cocaina e ecstasy venivano acquistate da connazionali operanti nelle province di Milano, Novara e nel Verbano Cusio Ossola, mentre la marijuana  arrivava direttamente dall’Albania.

L’organizzazione aveva il monopolio dello spaccio nella provincia e riusciva a smerciare rilevanti quantità di droga, prevalentemente  cocaina (circa 2 chili al mese) e marijuana (oltre 10 chili al mese).

Il leader del gruppo era supportato dal fratello, suo inseparabile braccio destro, e da alcuni familiari come mogli, fidanzate e cognati, che  facevano da intermediari con i clienti.

Verbania: arrestati gli albanesi con la “brutta abitudine”

da Polizia di Stato

“Vese te keqija”, in albanese “vizio – brutta abitudine”, è il nome dell’operazione conclusa questa mattina dalla  Squadra mobile del Verbano Cusio Ossola nei confronti di un’organizzazione criminale specializzata nello spaccio di droga. L’indagine è  stata così chiamata perché la banda è composta prevalentemente da albanesi appartenenti allo stesso gruppo coinvolto  nell’operazione “Alba nuova” del 2009, e quindi considerati recidivi.

Gli specialisti dell’antidroga hanno arrestato 11 appartenenti all’organizzazione, sette albanesi, un marocchino e tre italiani, con l’accusa di  detenzione ai fini di spaccio e spaccio di sostanze stupefacenti; otto sono finiti in carcere e tre ai domiciliari, mentre uno è ancora  ricercato. Altre 29 persone sono indagate in stato di libertà e nei loro confronti sono state eseguite decine di perquisizioni.

Il gruppo agiva da intermediario tra i grandi trafficanti di droga e i piccoli spacciatori, che riforniva regolarmente di cocaina, ecstasy e  marijuana; dopo un anno e mezzo di indagini però l’attività della banda è stata interrotta.

L’indagine ha preso il via nel gennaio 2011 da alcune cessioni di droga documentate dagli agenti della mobile, tutte nei confronti di piccoli  spacciatori che acquistavano le sostanze proibite per poi rivenderle al dettaglio.

In particolare gli investigatori hanno messo sotto stretto controllo un albanese che smerciava la droga e che alla fine si è rivelato il  capo dell’organizzazione. Grazie ai continui servizi di pedinamento e osservazione, all’utilizzo di localizzatori gps, intercettazioni telefoniche  e ambientali, gli uomini della mobile hanno individuato tutti i membri del gruppo, delineandone anche la struttura organizzativa.

Cocaina e ecstasy venivano acquistate da connazionali operanti nelle province di Milano, Novara e nel Verbano Cusio Ossola, mentre la marijuana  arrivava direttamente dall’Albania.

L’organizzazione aveva il monopolio dello spaccio nella provincia e riusciva a smerciare rilevanti quantità di droga, prevalentemente  cocaina (circa 2 chili al mese) e marijuana (oltre 10 chili al mese).

Il leader del gruppo era supportato dal fratello, suo inseparabile braccio destro, e da alcuni familiari come mogli, fidanzate e cognati, che  facevano da intermediari con i clienti.