Amanda Knox si confessa alla Cnn: “Non ho ucciso la mia amica Mez”

knoxda TGCOM24

“Non c’è nessuna prova mia presenza sulla scena del delitto”, si difende la giovane di Seattle a pochi giorni dalla pubblicazioni delle motivazioni della sentenza di condanna

“Non ho ucciso la mia amica”. Così Amanda Knox, in un’intervista esclusiva alla Cnn, torna per l’ennesima volta a difendersi due giorni dopo che i giudici della Corte d’assise d’appello di Firenze hanno depositato le motivazioni della sentenza di condanna per l’omicidio di Meredith Kercher. “Se fossi stata sulla scena del crimine, le prove della Scientifica dimostrerebbero la mia colpevolezza, ma non c’è nulla”, ha sottolineato la giovane.

Meredith, i giudici cancellano l’assoluzione: 28 anni ad Amanda, 25 a Raffaele

amandada Il Messaggero.it

Amanda e Raffaele sono colpevoli. Condannati a 28 anni e sei mesi lei e 25 lui.
La grande attesa per la sentenza del processo per l’omicidio di Meredith Kercher è finita alle 21.55, dopo quasi dodici ore di camera di consiglio. Due anni e mezzo in più rispetto alla condanna di primo grado per l’americana (accusata anche di calunnia) e la conferma della prima sentenza per il pugliese.
Alla notizia ricevuta per telefono, Amanda è rimasta «impietrita», come confermato dai suoi legali, che hanno già anticipato che faranno ricorso alla Corte di cassazione contro questa sentenza. A Raffaele è stato anche ritirato il passaporto. Anche lui è rimasto senza parole («annichilito», hanno spiegato) quando i suoi avvocati gli hanno comunicato la decisione dei giudici della Corte d’assise d’appello di Firenze.
Nella sentenza, il presidente della Corte Alessandro Nencini ha anche previsto per gli imputati il pagamento delle spese processuali, più il pagamento dei danni alle parti civili: 12.650 euro per Patrick Lumumba, vittima della calunnia e indicato da Amanda come l’assassino, 4.500 per la padrona della casa di via della Pergola, 11mila eruo ciascuno per i fratelli di Mez e 15mila euro ciascuno per i genitori.

In aula non c’erano né Amanda, mai tornata in Italia dopo l’assoluzione nel primo secondo grado, né Raffaele, andato via dall’aula alle 10 e mai tornato. Dopo aver ascoltato le ultime repliche, infatti, Raffaele è uscito da palazzo di giustizia ed è andato in albergo. Da dove, però, sarebbe uscito, come confermato dalla reception dell’albergo in cui era con il padre Francesco, anche lui non più in aula. Potrebbe aver lasciato addirittura Firenze.

La giornata. La giornata, intanto, si era aperta con le dichiarazioni degli avvocati di Amanda Knox: «Non c’è altra possibilità che l’assoluzione. Amanda è innocente, siamo sereni». I legali di Sollecito, invece, avevano annunciato sorprese, ma alla fine Raffaele non ha rilasciato dichiarazioni spontanee come ventilato ieri. I giudici sono entrati in camera di consiglio pochi minuti dopo le dieci. «Ora vado via. Ma tornerò dopo», aveva detto Sollecito prima di lasciare palazzo di giustizia in taxi. Ma voci sempre più insistenti parlano della sua partenza.
«Avvocato, è un buon segno?», aveva chiesto Amanda alla notizia dei continui ritardi ai suoi avvocati, che hanno raccontato come la Knox abbia vissuto queste ore di attesa con molta tensione. Ha spento la televisione e non vuole parlare con nessuno, aspettando notizie da Firenze. «E’ sotto pressione ed è molto tesa, ma fiduciosa perché innocente», aveva ribadito l’avvocato Carlo Dalla Vedova. A Seattle, intanto, ha cambiato look: niente più lunghi capelli biondi, ma un caschetto castano.

Nel frattempo dall’Inghilterra sono arrivati Stephanie e Lyle Kercher, sorella e fratello di Mez, che sono entrati nella maxi aula 32 per la lettura della sentenza qualche minuto prima delle nove, come avevano anticipato dai legali della famiglia Francesco Maresca e Serena Perna. Domani è prevista a Firenze la loro conferenza stampa per commmentare la decisione della Corte d’assise d’appello di Firenze, presieduta da Alessandro Nencini, a latere Luciana Cicerchia. «Accetteremo qualunque decisione – aveva detto Stephanie -. Non vogliamo che siano condannate le persone sbagliate. Tutto quello che vogliamo è scoprire la verità su quello che è successo quella notte».

«C’è un colpevole, è Rudy». L’avvocato Carlo Dalla Vedova, che difende l’americana insieme a Luciano Ghirga, durante l’ultima arringa aveva parlato delle «contraddizioni dell’accusa. Questo era un processo chiuso con una confessione (di Rudy Guede, condannato a 16 anni, ndr) che non è stata neanche presa in considerazione in questo giudizio».
Dalla Vedova cita Dante e il suo girone dei traditori, parlando di come Amanda ha messo la sua disponibilità nelle mani degli investigatori ed «è stata tradita». Gli avvocati avevano ribadito che l’unico colpevole è Rudy, ricostruendo la sua presenza in casa e le sue attitudine violente. «Valutate gli indizi – è l’invito di Dalla Vedova ai giudici della Corte d’assise d’appello -. Non potete scrivere una sentenza di condanna basata sulla probabilità, dicendo che probabilmente è stata Amanda. Le sentenze nel nome del popolo italiano non lo consentono». L’avvocato aveva anche provato a smontare la ricostruzione dell’accusa sull’impronta di tacco (trovata nella casa del delitto) di una scarpa numero 36, quindi attribuibile a una donna, spiegando come quella traccia sia stata confrontata con tutte le scarpe di Amanda, non trovando corrispondenze. «La sentenza di giustizia è l’assoluzione perché non c’è prova della presenza di Amanda, anzi di entrambi gli imputati, sul luogo del delitto», aveva detto Ghirga, sottolineando il principio del ragionevole dubbio.

Processo Meredith, il pm Crini: “Amanda e Raffaele sono gli assassini”. Chiesta la condanna: 30 anni per lei e 26 per lui

meredithda La Nazione

“Amanda Knox e Raffaele Sollecito sono gli assassini di Meredith Kercher, vanno condannati alla pena di 26 anni per omicidio volontario, più 4 anni ad Amanda Knox per la calunnia contro Lumumba”.

E’ questo l’esito della requisitoria del pubblico ministero Alessandro Crini al processo di appello-bis di Firenze per l’omicidio di Meredith Kercher, la ragazza inglese uccisa il 1 novembre 2007 a Perugia. Un delitto compiuto “tra l’uscio e il muro”, come dice Crini riferendosi, con un’espressione fiorentina, allo spazio stretto tra il letto, la parete e l’armadio nella camera della vittima in via della Pergola nel capoluogo umbro.

Va ricordato che in primo grado Sollecito e Knox furono condannati rispettivamente a 25 e 26 anni (per lei un anno in più per la calunnia, poi diventati tre in appello), poi assolti in appello con una sentenza che è stata cancellata dalla Cassazione che ha poi rinviato il processo a Firenze dove si sta svolgendo, appunto, l’appello-bis. Sia Crini che, successivamente, l’asvvocato di Patrick Lumumba, Carlo Pacelli, hanno insistito sull’aggravante della calunnia di Amanda per occultare le proprie responsabilità, aggravante che ha portato la richiesta di condanna a 4 anni.

Nelle sue richieste, al termine di circa 11 ore di requisitoria tra ieri e oggi, Crini esclude sia l’aggravante per futili motivi che le attenuanti generiche. Per l’avvocato Luca Maori, difensore di Sollecito “la ricostruzione del pubblico ministero è stata molto puntuale nel descrivere, però, una realtà che non c’è stata”. L’avvocato Luciano Ghirga (difesa Knox) annuncia battaglia: “Contrasteremo quanto detto dal pm, mi pare che non ci sia nulla di nuovo rispetto a cose dette e ridette. Ribadiremo e dimostreremo la nostra convinzione: che Amanda non era presente sul luogo del delitto”. I legali della Knox hanno già comunicato alla ragazza le richieste del pm. “Amanda è dispiaciuta – dice Ghirga – ma ci ha detto di contrastare queste tesi come abbiamo sempre fatto”.

Al termine della requisitoria Francesco Sollecito, padre di Raffaele, ha commentato le richieste di condanna formulate dal pm Crini: ”Mi lasciano senza parole”. A differenza di ieri, stamani Raffaele non era in aula, ma si trovava comunque a Firenze, ed al termine della requisitoria è stato raggiunto dal padre. ”Mi aspettavo una cosa diversa”, ha aggiunto Sollecito. E a chi gli chiedeva se pensasse ad una assoluzione, ha risposto: ”Non sono così pretenzioso”. Per il legale della famiglia Kercher, l’avvocato Francesco Maresca, le richieste del pg sono ”equilibrate, in linea con una requisitoria, equilibrata, completa e precisa”.

La prossima udienza è prevista per il 16 dicembre, con l’arringa della parte civile che rappresenta la famiglia della vittima. Poi il calendario delle udienze prevede le arringhe difensive, le repliche e la sentenza probabilmente a metà gennaio.

Entrando nel vivo della requisitoria, Crini ricostruisce la scena del crimine, attraverso l’analisi delle ferite sul corpo di Meredith e degli schizzi e tracce di sangue trovati nella stanza. Crini spiega che la ragazza è stata colpita quando era in posizione prona “a quattro zampe” sul pavimento (quindi a pancia in giù), poi il corpo è stato ribaltato in posizione supina e Meredith è stata svestita successivamente. Nel punto dove è stato tagliato il reggiseno (il famoso pezzo di stoffa del gancetto) “è significativo che ci sia il Dna di Sollecito sovrammesso a quello di Meredith in quel punto”.

Crini continua sottolineando come la vittima sia stata trattenuta con forza perché non urlasse, tanto da procurarle lacerazioni su bocca e collo. Una circostanza che, insieme ad altri lividi, argomenta il pm, dimostra come ci sia stata un’azione complessiva di immobilizzazione e contenimento di Meredith e che fa escludere la condivisione, anche iniziale, della vittima. “Il fatto che con una mano Rudy Guede (condannato a 16 anni per concorso in omicidio, ndr) stesse stringendo il polso sinistro di Meredith rende poco credibile che lo stesso Rudy, mentre violentava la ragazza con la mano destra potesse avere un coltello”.  Dunque, secondo Crini, il coltello era in mano a un’altra persona e il fatto che alla fine la ragazza sia riuscita a urlare dimostrerebbe, a giudizio del pm, che ad aggredirla non erano sconosciuti, ma persone che lei ben conosceva. Crini aggiunge che le ferite sul corpo di Meredith indicano l’intervento di due coltelli, uno grande e un coltellino, sostenendo poco plausibile che anche la profonda ferita mortale sul collo sia stata fatta con un coltello piccolo. Quest’ultimo coltellino, secondo il pm sarebbe servito a causare altre ferite e a tagliare il famoso gancetto per togliere il reggiseno alla vittima. Su questo, Crini aggiunge che Amanda ma anche altri raccontano che “Sollecito aveva sempre con sé un coltellino di precisione”. Secondo Crini, Sollecito avrebbe usato il suo coltellino piccolo, mentre il coltello grande (per l’accusa quello trovato a casa di Sollecito) sarebbe stato usato da Amanda Knox. Il tutto, mentre Rudy violentava la vittima. A supporto della sua tesi accusatoria, il pm aggiunge l’orma di scarpa femminile sulla federa che Crini attribuisce ad Amanda Knox, aggiungendo che in bagno c’erano tracce non solo del sangue di Meredith, ma anche del sangue di Amanda.

Per quanto riguarda il movente, Crini non punta sull’aspetto sessuale, ma su una violenza non d’impulso nata da un contrasto tra Meredith e i suoi assassini. Per Crini gli assassini hanno voluto togliere di mezzo una persona contro la quale già si erano commessi gravi reati. Crini punta l’attenzione sul contrasto tra Amanda e le altre coinquiline per questioni di pulizia e igiene della casa in via della Pergola. Contrasto esploso quando Rudy Guede usa il bagno di una delle ragazze lasciandovi le feci e senza tirare lo sciacquone.

Riguardo alle prove del Dna, il pm Crini svolge una lunga spiegazione tecnica per dimostrare e sostenere che la prima perizia sul coltello (che evidenziò tracce del Dna della vittima) era valida, tanto quanto quella che successivamente ha attribuito ad Amanda un’altra traccia rinvenuta sul coltello. In appello, ricordiamo, l’esito dell’analisi sulla prima traccia venne ritenuto non attendibile. Crini poi insiste sul fatto che anche il rinvenimento della traccia di Dna di Sollecito sul gancetto del reggiseno di Meredith sia da considerarsi valido, come sostenuto dal consulente della pubblica accusa e da altri esperti di genetica.

Nelle sei ore di ieri il pm aveva lungamente argomentato circa una “convergenza indiziaria che porta ai due imputati”, e sull’attendibilità dei testimoni di accusa (il clochard Curatolo e il commerciante Quintavalle), “l’implausibilità” delle versioni fornite dai due imputati (Amanda Knox e Raffaele Sollecito, quest’ultimo uscendo dall’aula ieri ha definito le accuse “incerte e approssimative”), puntando a dimostrare la presenza degli imputati sul luogo del delitto, e l’inconsistenza degli alibi, a partire da quello dell’uso del computer da parte di Sollecito proprio in quelle ore.

Per l’avvocato di Sollecito, Giulia Bongiorno (in una dichiarazione di ieri, oggi Bongiorno è assente), “il pm cerca di fare il difensore degli errori dell’accusa, con una requisitoria che ha molte incrtezze e lacune”, mentre l’altro legale di Sollecito, Luca Maori, ha fatto una battuta sull’attendibilità dei testimoni: “Se per il pm il teste Aviello è, giustamente, la Mercedes dell’inattendibilità, allora Curatolo è la Ferrari dell’inattendibilità”.

In aula non è presente Sollecito (la Knox, come si sa non è mai stata presente a questo appello-bis ed è rimasta negli Stati Uniti), mentre è presente Patrick Lumumba, l’uomo che fu ingiustamente accusato da Amanda Knox di essere l’autore del crimine, finendo in carcere per due settimane. Lumumba è parte civile e dopo Crini sta parlando il suo avvocato, Carlo Pacelli. “Sono sicuro che l’avvocato Pacelli saprà dimostrare la colpevolezza di Amanda”, commenta Lumumba.

Pacelli, nel suo intervento definisce Amanda “perfida e astuta”, attribuendole “una maschera di istrione e da impostore”. L’avvocato di Lumumba ripercorre le testimonianze delle amiche inglesi e delle coinquiline di Meredith, testimonianze che parlano di una Meredith che si lamentava della scarsa pulizia del bagno dopo che era stato usato da Amanda; del fatto che Amanda aveva portato più volte ragazzi nella casa di via della Pergola; del beauty case lasciato in bagno da Amanda, aperto e con dentro un vibratore e dei preservativi. Le testimonianze (rese in primo grado) citate da Pacelli, poi parlano di Amanda e Raffaele impassibili poche ore dopo la scoperta dell’omicidio (anzi, dicono che mentre tutte le amiche piangevano, loro flirtavano in questura) e che mentre tutti erano all’oscuro delle circostanze della morte Amanda avrebbe detto di sapere tutto e che a Meredith era stata tagliata la gola. L’avvocato di Lumumba, poi sottolinea come Knox abbia fatto il nome di Patrick Lumumba, come autore dell’omicidio, “di sua spontanea volontà, senza nessun suggerimento”.

In generale, per l’avvocato Pacelli, Amanda calunnia Lumumba con l’evidente intento di “allontanare i sospetti su di sé”, e mente anche quando accusa la polizia di averla picchiata. Oltretutto, continua Pacelli nei primi interrogatori “Amanda racconta agli inquirenti fatti che non può conoscere se non per aver partecipato al delitto: la violenza sessuale e l’urlo di Meredith prima di morire”, fatti a quel momento non ancora noti. Per l’avvocato Pacelli, dunque, Amanda Knox va condannata per calunnia con l’aggravante del cercare l’impunità.