Mafia a Roma, 5 nuovi arresti per l’omicidio Fanella. Il giallo della cabina telefonica

di Repubblica

L’uomo era stato ucciso a luglio nella sua abitazione alla Camilluccia. Coinvolti personaggi legati all’estrema destra. Perquisizione nelle coop di ex terroristi. Intercettato Denaro, il presunto mandante del delitto: usava lo stesso telefono pubblico che Carminati adoperava per i suoi affari nel “mondo di mezzo”

Cinque arresti e numerose perquisizioni della Squadra mobile di Roma nell’ambito delle inchiesta sull’omicidio di Silvio Fanella, l’ex cassiere di Gennaro Mokbel, l’uomo accusato della maxi truffa da 2,2 miliardi di euro ai danni di Telecom e Fastweb. Fanella, anche lui condannato per la truffa, era stato ucciso a luglio nella sua abitazione di Roma alla Camilluccia, freddato con un colpo di pistola al torace da tre finti finanzieri.

Le indagini, coordinate dai pm Paolo Ielo e Giuseppe Cascini della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, hanno colpito gli esecutori e organizzatori del tentato sequestro sfociato nell’omicidio di Fanella, rivelando il coinvolgimento a vario titolo di numerosi pregiudicati legati all’estrema destra, che gravitano sul litorale romano di Ostia, in Piemonte, Lombardia e Trentino Alto Adige.

Tra gli arrestati, Manlio Denaro, 56 anni, dipendente della palestra Flemin Fitness di via Flaminia Vecchia e coinvolto nelle indagini sulla truffa Fastweb Telecom Sparkle e considerato dal gip Bernadette Nicotra il mandante del tentato sequestro, ed Emanuele Macchi di Cellere, 58 anni, ex Nar, fermato nel sud della Francia dalla Squadra mobile di Roma lo scorso settembre e già in carcere a Genova. In manette anche Gabriele Donnini, Carlo Italo Casoli e la figlia di 27 anni Claudia, l’unica per cui sono stati disposti gli arresti domiciliari, che avrebbero messo a disposizione dell’organizzazione mezzi e documenti falsi. La polizia aveva già arrestato già nei mesi scorsi i presunti esecutori materiali dell’omicidio: Giovanni Battista Ceniti, rimasto ferito durante il delitto, Egidio Giuliani e Giuseppe Larosa, rintracciati a Roma e a Novara lo scorso 7 settembre.

L’operazione, che ha visto impegnati 150 uomini e le Questure di Roma, Genova, Verbania, Novara, Torino, Trento e Varese, ha portato anche alla perquisizione della cooperativa sociale Multidea di Novara, che ha tra le finalità quella del reinserimento sociale degli ex detenuti, nella quale operano pregiudicati per reati di terrorismo, appartenenti alle brigate rosse e ai movimenti eversivi di destra, e che vede tra i fondatori Giuliani, mentre Larosa vi figurava come dipendente.

“In cinque mesi si è chiuso, dunque, il cerchio sul commando che ha tentato di sequestrare e poi ha ucciso Silvio Fanella”, ha sottolineato il procuratore aggiunto Antimafia della capitale, Michele Prestipino.

E spuntano anche collegamenti tra l’omicidio e l’inchiesta su “Mafia capitale”. In particolare, c’è una cabina telefonica sulla via Flaminia utilizzata da Massimo Carminati, e per questo tenuta sotto controllo dagli investigatori del Ros dei carabinieri, che torna in questa indagine. Da lì partivano anche le chiamate di Denaro. In una telefonata intercettata sono l’ex estremista e Giuliani, che si trovava in quel momento a Novara, a parlare. “Volevo sapere quando è la festa di nonna” dice Denaro: un frase che, secondo chi indaga, indica l’arrivo di Giuliani a Roma per il sequestro. ”Noi siamo pronti. Io scenderò il 26, mentre gli altri dopo. Ma tu fammi trovare i regalini che ti avevo chiesto” risponde l’altro.

Nell’ordinanza di custodia cautelare compare anche un’intercettazione in cui Carminati e Brugia, tra i principali protagonisti dell’inchiesta sull’associazione a delinquere di stampo mafioso, parlano di un debito che Denaro avrebbe contratto con Mokbel e che sarebbe il movente dell’omicidio. “Quello è pericoloso” dice Carminati. “Denaro – scrive il gip – voleva mettere la mani sul tesoretto di Mokbel”: contanti, oggetti preziosi e diamanti che gli investigatori hanno trovato solo dopo l’omicidio
nascosti a Pofi, un’abitazione in provincia di Frosinone.

“Questo al momento è l’unico collegamento oggettivo con Carminati”, ha detto il sostituto procuratore Michele Prestipino “oltre a un elemento soggettivo: si tratta di personaggi criminali che negli anni passati si conoscevano e avevano rapporti per l’appartenenza allo stesso contesto politico”.

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