Roma, 31 arresti per ‘ndrangheta Un pentito: legami con Mafia Capitale

di Il Corriere

Secondo la Dda la coop Edera, citata da Salvatore Buzzi nelle carte di Mafia Capitale, assicurava lavoro ai detenuti. Scoperto il «Codice di San Luca» con i meccanismi del rito di affiliazione. Le indagini partite dall’omicidio di Vincenzo Femia.

 Un quaderno contenente degli appunti che, una volta decifrati, svelano i meccanismi arcaici che regolano il rito di affiliazione alle ‘ndrine. È la scoperta fatta nel corso del blitz di martedì mattina, in cui 450 poliziotti e finanzieri hanno arrestato 31 appartenenti a un clan attivo nella Capitale collegato alla ‘ndrangheta di San Luca, nel reggino. Il documento, chiamato Codice di San Luca, è considerato eccezionale: «La sua veridicità era sospesa tra verità e leggenda», spiega un investigatore.

La coop di Buzzi
Nel corso dell’operazione sono stati sequestrati circa 600 chili di droga (cocaina e hashish) e armi. Perquisizioni in diverse città fra cui, a Roma, anche nei confronti della coop Edera, citata da Salvatore Buzzi nelle carte dell’inchiesta Mafia Capitale come una delle aziende che partecipava alla spartizione degli appalti. «La Edera – ha spiegato il procuratore aggiunto Michele Prestipino, capo della Dda – assicurava lavoro ai detenuti, presupposto per misure alternative alla detenzione. Grazie alla cooperativa alcuni indagati sono appunto riusciti a ottenere questi benefici. Tra loro anche l’attuale collaboratore di giustizia Gianni Cretarola e l’indagato Antonio Pizzata», accusato di aver fatto parte del commando che il 24 gennaio 2013 ha ucciso Vincenzo Femia, eliminato proprio perché, secondo gli inquirenti, si era opposto alla costituzione di una cellula della ‘ndrangheta nella Capitale. È il delitto da cui è partita l’indagine.

La rete del clan
I capi dell’organizzazione vivevano da anni nella Capitale, in particolare nei quartieri Appio, San Giovanni, Centocelle, Primavalle e Aurelio, dove potevano contare su una fitta rete di connivenze in grado di garantire il completo anonimato e fornire il supporto logistico ai latitanti calabresi. Il gruppo aveva basi logistiche a Genova, Milano e Torino, necessarie per stoccare le partite di droga importate. Pizzata avrebbe costituito un gruppo di fuoco con Cretarola e Massimiliano Sestito: i tre sarebbero responsabili di ferimenti e gambizzazioni. Oltre al delitto e alle lesioni, gli altri reati contestati all’organizzazione sono l’associazione a delinquere, il traffico internazionale di droga (con l’aggravante mafiosa e del reato transnazionale), la ricettazione, l’estorsione, il danneggiamento, il favoreggiamento, la simulazione di reato, il possesso e la fabbricazione di documenti falsi e il porto e la detenzione abusiva di armi.

L’intercettazione: «Roma è il furturo»
Roma per la ‘ndrangheta è «strategica», ha sottolineato Prestipino. E anche se «allo stato non possiamo dire che ci sia una presenza stabilizzata con una “locale” come al nord Italia, è altrettanto pericolosa». La ‘ndrangheta, ha aggiunto il capo della Dda, «considera la Capitale in modo serio: qualcuno intercettato in un’altra inchiesta ha detto che “Roma è il futuro”».

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