E’ MORTO ANTONIO MANGANELLI: Un fedele uomo delle istituzioni che seppe chiedere scusa

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di Grazia De Marco

Non c’è  la fatta Antonio Manganelli, uno dei più amati Capi della Polizia, ricoverato d’urgenza lo scorso 24 Febbraio all’ospedale San Giovanni di Roma, combatteva da due anni contro un tumore ai polmoni.  Manganelli  è stato operato per un edema celebrale ed era in come farmacologico, ma poi non è riuscito a superare le complicazioni per un’infezione respiratoria. A piangere il Capo della Polizia scomparso sono le Istituzioni dello Stato, ma anche la gente comune e 110 mila poliziotti che lo hanno sostenuto e incoraggiato in ogni momento della sua lotta contro il male fisico.

Dagli anni ’70 Manganelli ha operato costantemente nel campo delle investigazioni acquisendo particolare esperienza e preparazione tecnica nel settore dei sequestri di persona a scopo di estorsione prima ed in quello antimafia poi, lavorando al fianco dei più valorosi magistrati, tra cui Giovanni  Falcone e Paolo Borsellino e di organi giudiziari investigativi Europei ed extraeuropei come l’FBI Americana  e il BKA Tedesco, i quali lo hanno considerato negli anni un solido punto di riferimento.

Nato 62 anni fa ad Avellino, Manganelli si è laureato in giurisprudenza a Napoli e si è specializzato in criminologia clinica a Modena e dagli anni ’70-’80.  Dopo l’ingresso in Polizia ha percorso una carriera in continua ascesa, che lo ha visto  impegnato anche come Direttore dello S.C.O  (Servizio Centrale  Operativo), Direttore del servizio centrale di protezione dei collaboratori di giustizia, Questore di Palermo e di Napoli, Direttore centrale della Polizia Criminale,Vicedirettore Generale della Pubblica Sicurezza e  Vicecapo della Polizia.  Il 25 Giugno 2007 è diventato Capo della Polizia, prendendo il posto del Prefetto Gianni De Gennaro,  con il quale è sempre stato legatissimo, uniti nella passione investigativa, che ha segnato, negli ultimi 20 anni, un solco nel contrasto alla criminalità organizzata e al terrorismo.

Manganelli era un convinto assertore della “sicurezza partecipata”, con il coinvolgimento dei giovani, delle scuole, delle agenzie educative, del Sindaco, delle Associazioni di volontariato e dei cittadini. Amava la Polizia fatta di persone perbene, che lavorano più di quanto sarebbe loro richiesto, producendo risultati tutti i giorni, in sinergia con tutte le Forze dell’Ordine, ma non mancava di vedere le criticità e per questo è stato anche disposto a riconoscerne gli errori, quando ha incontrato i genitori del 18 enne Federico Aldrovrandi, ucciso durante un controllo di polizia a Ferrara nel 2005 e, 11 anni dopo l’irruzione alla Diaz, all’indomani de verdetto della Cassazione, che confermava le condanne d’appello per falso, nei confronti della catena di comando all’epoca de G8 di Genova. In quell’occasione ammise: questo è “il momento delle scuse”, scuse dovute ai cittadini, che hanno subito danni e anche a quelli che, avendo fiducia nella Polizia, l’hanno vista in difficoltà, per qualche comportamento errato ed esigono sempre maggiore professionalità  ed  efficienza.

Antonio Manganelli è stato prima un valente investigatore, poi un lungimirante, appassionato, generoso ed efficiente Capo della Polizia, qualità che hanno fatto di lui un leader ed è per questo che oggi, dai suoi più stretti collaboratori, fino all’ultimo agente lo piangono con immenso dolore.

Manganelli: “Liberi tutti” grazie alla legge

da Polizia di Stato

“È stato grazie alle leggi dure che siamo riusciti ad  ottenere risultati straordinari alla lotta alla mafia. Grazie alla confisca dei beni mafiosi e all’uso di intercettazioni telefoniche e microspie  nelle indagini è stato possibile arrivare a scardinare i punti forti della criminalità organizzata”. È quanto affermato dal  capo della Polizia Antonio Manganelli intervenuto oggi pomeriggio a Roma, a palazzo Rospigliosi, alla presentazione del libro “Liberi tutti”  scritto dal procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso.

L’incontro è stato moderato dal giornalista Lirio Abbate ed è intervenuto anche Walter Veltroni.

“Liberi tutti” è una lettera a un ragazzo che non vuole morire di mafia. “Muoiono di mafia non solo le vittime della criminalità, ma  tutti quelli che chiudono gli occhi davanti all’illegalità e all’ingiustizia”, ha sottolineato Pietro Grasso. “Ho voluto raccontare la mafia  ai ragazzi, e l’ho voluto fare parlando loro in modo semplice. È importante far capire alle nuove generazioni che è importante  parlare perché il silenzio è l’ossigeno della mafia”.