Fonsai, terremoto giudiziario. Arrestata la famiglia Ligresti

ligrestida Agi

Terremoto’ giudiziario nella vicenda Fonsai: arrestati Salvatore Ligresti e i figli Giulia Maria e Jonella, i due ex amministratori delegati di Fonsai, Fausto Marchionni ed Emanuela Erbetta, e l’ex vicepresidente pro-tempore Antonio Talarico. Le ordinanze di custodia cautelare sono state eseguite questa mattina dai finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Torino. Un’ulteriore ordinanza di custodia cautelare e’ stata spiccata per un altro figlio di Salvatore Ligresti, Gioacchino Paolo, il quale risulta trovarsi in Svizzera e quindi non raggiunto dal provvedimento restrittivo. Le accuse sono falso in bilancio aggravato e manipolazione di mercato. Al capostipite dei Ligresti sono stati concessi i domiciliari nella abitazione di Milano.
Arresti domiciliari anche per Talarico e per Marchionni, da scontare per quest’ultimo in una casa tra le montagne del cuneese. I militari della Gdf hanno raggiunto gli indagati nelle loro abitazioni e dimore estive, tra la Sardegna, dove Jonella era in vacanza e adesso e’ nel carcere di Cagliari, e la Toscana. Giulia Maria Ligresti e’ stata invece trasferita nel carcere di Vercelli. Quanto a Gioacchino Paolo, il procuratore aggiunto di Torino, Vittorio Nessi, ha riferito in conferenza stampa che “dalle prime informazioni non ci sarebbe la disponibilita’” a rientrare in Italia. Comunque “ci sono le convenzioni internazionali e ci sono possibilita’ di soluzioni ragionevoli per situazioni di questo genere”. Tutti i destinatari dei provvedimenti restrittivi erano gia’ indagati nell’inchiesta coordinata dai procuratori torinesi Vittorio Nessi e Marco Gianoglio che ipotizzava da parte dei vertici di Fonsai di aver “truccato” la voce destinata alla cosiddetta ‘riserva sinistri’ alterando tra il 2008 e il 2010 il bilancio della societa’, per poi comunicare ai mercati notizie false sul bilancio dell’azienda quotata in Borsa, e dunque alterando il prezzo delle sue azioni. Le ordinanze di custodia cautelare sono state motivate con il pericolo di fuga e di inquinamento delle prove. “Emerge uno spaccato inquietante: un uso strumentale di una societa’ come Fonsai, laddove risulta essere stata piegata all’interesse di una parte dell’azionariato. L’effetto e’ stato perdita di credibilita’ e il tradimento di piccoli azionisti”, ha detto il procuratore aggiunto di Torino Vittorio Nessi. L’indagine su Fonsai scatto’ nell’agosto 2012 per le ipotesi di falso in bilancio e ostacolo all’attivita’ di vigilanza per gli anni 2008-2011. L’esame della documentazione acquisita ha permesso di ricostruire come, attraverso una sistematica sottovalutazione delle riserve tecniche del Gruppo assicurativo sia stato possibile falsificare il bilancio 2010.
Tale sottovalutazione ha portato, negli anni, la distribuzione di utili per 253 milioni alla holding della famiglia Ligresti, la Premafin Spa, laddove invece si sarebbero dovute registrare le perdite. (AGI) .

Sannicandro: famiglia sterminata. Il giallo del movente

famigliada Corriere.it

Sua moglie Maria, 55 anni, la vitalità che lui non aveva mai avuto. Sua figlia Letizia, 20 anni, l’energia che la sindrome di Down non era riuscita a scalfire. Suo figlio Claudio, 24anni e il suo fantasticare su un futuro di nonni e bambini. Michele Piccolo, 55 anni, li ha ammazzati tutti. Prima le due donne, venerdì pomeriggio. Poi il ragazzo, alle nove di sera. E infine lui stesso: ha cacciato la testa sotto il telone della piscina di casa ed è rimasto con la faccia sott’acqua finché il suo cuore ha smesso di battere.

Il sopralluogo dei carabinieri nella villetta (Ansa)Il sopralluogo dei carabinieri nella villetta (Ansa)

È una strana storia, questa di Michele il farmacista. «Dai contorni già definiti» dicono li inquirenti. Perché salvo clamorose sorprese sembra non ci siano dubbi sull’autore della strage: è lui, Michele. Ma la domanda è: perché? Qual è il motivo che gli ha fatto premere il grilletto per tre volte? E perché alla fine non ha usato la stessa arma – che tra l’altro non si trova – contro se stesso?

 

La ricostruzione fatta fin qui dagli investigatoriracconta di un uomo che per qualche ragione, più o meno alle 4 del pomeriggio, uccide la moglie e la figlia, nella bella villa di famiglia alle porte di Sannicandro, Comune da 9.800 abitanti a un quarto d’ora da Bari. Che cosa faccia poi quell’uomo fino alle nove di sera, quando rientra a casa suo figlio Claudio, nessuno lo sa dire. Quel che è certo è che quando Claudio apre la porta non riesce ad accendere le luci perché il padre ha staccato la corrente elettrica (forse per non mostrare al figlio la madre e la sorella morte e perché non potesse scappare e dare l’allarme). Michele spara un colpo solo come aveva fatto per sua moglie e sua figlia. Claudio cade ma non muore subito (è morto ieri pomeriggio in ospedale) e suo padre però non se ne cura. Lo lascia per terra nel sangue, non si sa se consapevole del fatto che fosse ancora vivo, ed esce. Va in paese a consegnare dei farmaci a un suo cliente, Francesco Perniola, che dirà poi ai carabinieri «l’ho visto tranquillo, per niente nervoso».

È l’ultima persona a vederlo vivo. Michele torna a casa e si uccide annegandosi in piscina. La strage si scoprirà poco prima di mezzanotte quando la fidanzata di Claudio, non vedendolo arrivare a un appuntamento, chiama un parente della famiglia Piccolo che scavalca il muro di cinta della villa, entra e trova i cadaveri. Michele ha il corpo fuori dall’acqua e la testa ancora infilata sotto il telone. L’ipotesi ritenuta più probabile è che prima di annegarsi in quel modo abbia mandato giù qualche miscuglio di farmaci che lo ha stordito, semplicemente perché risulta più difficile credere che abbia potuto resistere fino all’ultimo all’istinto di sopravvivenza. Dettagli che saranno chiariti dagli esami tossicologici e dei quali, come per il movente, non c’è nessuna traccia certa. Forse chiarimenti verranno dai controlli sui conti bancari, sul telefonino, sulla vita privata.

Michele aveva voluto una pistola dopo aver subìto alcune rapine nella farmacia. Venerdì l’avrebbe usata di sicuro, dicono le prove del guanto di paraffina e i proiettili con i quali sono stati uccisi Maria, Letizia e Claudio. La procura di Bari ha aperto un fascicolo per omicidio volontario contro ignoti («un atto dovuto», dicono) ma la conferma che l’assassino sia lui sembra scontata. E chiunque l’abbia conosciuto prova a ripensare all’ultimo incontro. «L’ho visto al bar venerdì mattina e mi è sembrato più silenzioso del solito» racconta l’amico Pinuccio Loiacono. «Gli ho chiesto se qualcosa non andava, non ha risposto». Poche ore dopo la strage.