Ragazza morta a Roma, ‘E’ stata uccisa’

simonarisodi Lorenzo Attianese – ANSA.it

Accertamenti sulla vita privata di Simona Riso e il nome di un uomo che potrebbe spuntare nelle indagini, dopo le denunce dei familiari.

Potrebbe esserci una nuova pista sul giallo della morte della 28enne trovata agonizzante mercoledì scorso a Roma da una vicina, alle 7 del mattino, nel cortile condominiale della sua abitazione. Anche alla luce della denuncia dei familiari, la Procura di Roma ha inizialmente aperto un fascicolo per omicidio colposo, relativo a eventuali negligenze nelle cure prestate all’ospedale San Giovanni dove la ragazza è morta.

Poi, secondo quanto risulta all’avvocato Sebastiano Russo, legale della famiglia della vittima, l’imputazione è stata modificata a omicidio volontario. Al momento, però, non risulterebbero indagati. Al vaglio del pm Attilio Pisani, titolare dell’inchiesta, c’è anche la cartella clinica acquisita presso il San Giovanni e tra gli aspetti che la famiglia solleciterà di approfondire c’è anche quello di verificare se nel Pronto soccorso dell’ospedale siano state adottate tutte le misure idonee per evitare il decesso della ragazza. L’unica cosa che Simona è riuscita a dire prima di morire è stata di essere stata violentata, ma gli accertamenti medici successivi lo hanno escluso. Per i familiari di Simona, comunque, non ci sono dubbi: “è stata ammazzata di botte”.

E una cugina lo ha ribadito anche leggendo una lettera durante i funerali, svoltisi domenica a San Calogero in provincia di Vibo Valentia, dove la ragazza era nata, e dove la chiesa del Sacro Cuore di Gesù era stracolma di gente: “Non cerchiamo vendette. Ciò che vogliamo è soltanto giustizia per la morte di Simona, che non si è suicidata ma è stata uccisa”. Ancora più esplicito Nicola, fratello della 28enne: “Tra le piste c’è anche quella dell’omicidio ad opera di un conoscente quindi una persona con la quale Simona aveva avuto dei contatti”. Forse un delitto passionale, ma ci sono ancora troppe ombre da chiarire. “Alle 4.30 mia sorella ha sentito al telefono la madre dalla Calabria – spiega – Poi c’è un buco di due ore. In ogni caso non può essersi trattato di suicidio perché il corpo di mia sorella è stato trovato con jeans e maglietta e le chiavi con sé, quindi Simona era uscita da casa. Probabilmente è stata uccisa altrove e qualcuno l’ha portata nel posto dove poi è stata trovata”. E che si tratti di omicidio ne è convinto anche l’avvocato della famiglia, Sebastiano Russo: “L’autopsia non lascia dubbi: è stata ammazzata di botte ed è possibile che Simona abbia incontrato il suo assassino prima di uscire dal palazzo, magari sul pianerottolo. E’ possibile comunque che chi l’ha uccisa avesse dei rancori nei suoi confronti”. Gli inquirenti stanno tentando ora di raccogliere elementi per far luce sulla vita privata della ragazza, sulle sue amicizie e relazioni, in attesa di chiarire se la frattura della costola della giovane, che ha causato il decesso per insufficienza respiratoria, possa essere stata provocata da una caduta o da un’aggressione.

Al momento non ci sarebbero elementi sufficienti in merito all’ipotesi che Simona possa essere stata uccisa o vittima di un’aggressione, ma tutte le piste restano aperte, compresa quella del suicidio o dell’incidente.

Inchiesta sulle multe cancellate a 255 tra politici e notabili

multada Corriere.it

Una ex deputata dell’opposizione durante il precedente governo dei tecnici. Un consigliere municipale capitolino del Pdl. E poi, una sindacalista della Cgil, una concorrente del Grande Fratello. E anche un primario del Policlinico Umberto I e un ex assessore del Comune di Frosinone. Un Cavaliere della Repubblica ordinato nel 2008. Sono alcune delle persone inserite in una «sezione speciale» di cittadini – creata nell’Ufficio contravvenzioni del Comune di Roma – a cui sono state stracciate o annullate, senza un’apparente giustificazione, le multe prese nel 2011 per violazione del codice della strada.
I loro nomi sono nella lista acquisita dalla Procura, che indaga sulla distruzione di migliaia di verbali, molti dei quali riconducibili a deputati e senatori, funzionari di polizia, carabinieri, agenti dei servizi segreti.

 

Dall’elenco dei 255 «graziati», però, agli atti dell’inchiesta ne mancano molti: per 160 di loro è scattato un provvidenziale (quanto tempestivo) omissis . In questo gruppo di privilegiati – alleggeriti dall’onore di dover pagare multe spesso assai «salate» – compaiono pure cittadini privati che non ricoprono alcun ruolo istituzionale: è il caso degli imprenditori Paolo e Silvio Bernabei, a cui sono state cancellate oltre mille contravvenzioni a partire dal 2005.
Ed è proprio la scoperta della scomparsa delle multe dei Bernabei che ha dato il via all’inchiesta per la quale sono stati arrestati due funzionari dell’ufficio contravvenzioni, Angelo Vitali e Tiziana Diamanti, accusati di falso ideologico mediante soppressione di atti pubblici. La ragione che li ha spinti a cancellare migliaia di ricorsi e verbali non è ancora stata chiarita. Interrogato in carcere, Vitali ha detto che tutto è stato causato da un malinteso tra lui e la collega. «Le ho detto di “buttare” il cartaceo da una parte. Lei ha inteso le mie parole alla lettera e ha cestinato la documentazione», ha detto al pubblico ministero Laura Condemi. Una versione che non ha convinto affatto il magistrato. Anzi. Il pm è sicuro che dietro a quello che appare come un vero e proprio «mercato» delle multe si nascondano episodi molti gravi, da approfondire.
Mazzette? Favori? Il sospetto della Procura appare più che giustificato: tuttavia, al momento non è stata ancora trovata la prova del pagamento di nessuna mazzetta. Un «vuoto» che ha fatto balenare nella mente degli inquirenti un ulteriore sospetto: la cancellazione dei verbali sarebbe la conseguenza di una direttiva imposta dall’alto per privilegiare – senza alcuna distinzione particolare – una determinata categoria di persone, di «potenti».

Un’ipotesi diventata più concreta dopo la confessione della Diamanti, difesa dall’avvocato Claudio De Amicis: «Mi era stato dato l’ordine di cominciare a cancellare anche le multe dei gruppi consiliari della Regione e del Comune», ha detto.
A denunciare la scomparsa di migliaia di verbali è stato Pasquale Pelusi, direttore del dipartimento Risorse economiche dell’ufficio, insospettito per primo dalle strane e reiterare manovre nelle sue stanze. La cancellazione delle multe per motivi di servizio è corretta ma, come ha sottolineato Pelusi durante un colloquio riservato con un collega depositato agli atti, «qualcuno l’ha travisata e l’ha utilizzata per metterci dentro altro. A punto basta!», era sbottato prima che esplodesse il caso. Nell’inchiesta è coinvolto anche il funzionario Enrico Riccardi. Ma l’avvocato Antonio Paparo è sicuro: «Lui non c’entra nulla. Mi auguro di ottenere presto l’archiviazione».

Quando il gioco diventa azzardo

da Polizia di Stato

Dal  Calcioscommesse ai videopoker truccati. Nel numero di marzo Poliziamoderna, il mensile ufficiale della Polizia di Stato, accende i riflettori sul  mondo dei giochi legali sul quale si stende l’ombra delle organizzazioni criminali e in particolare mafiose.   Le attuali strategie e le operazioni più importanti del Nucleo giochi e scommesse del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato  (nato nel 2002) tese a contrastare ogni tentativo di infiltrazione nel mondo della “fortuna a puntate” che mostra nel nostro Paese volumi d’affari  e dati di diffusione enormi.
Tanto che il governo sta pensando come limitare la pubblicità all’azzardo che attira specialmente i giovani. Anche perché questa  rincorsa ai soldi facili in molti soggetti si trasforma in una malattia (chiamata gioco d’azzardo patologico). Cosa che sta spingendo il ministero  della Salute a inserire questo disturbo nel Servizio sanitario nazionale.
Nello stesso numero di marzo di Poliziamoderna anche una scoperta clamorosa in tema di indagini genetiche tese a dare volti e nomi a criminali  sconosciuti. L’analisi del Dna è giunta a una svolta decisiva grazie alla scoperta tutta italiana dei ricercatori dell’ateneo di Urbino (con  il quale la Direzione centrale anticrimine ha siglato un protocollo d’intesa).
La chiave di volta si chiama “CyO”, un metodo che consente di ricavare il Dna da campioni esigui di tessuto, anche se contaminati da fattori  esterni.