L’urlo di Crocetta: la mafia mi vuole morto

crocettada Corriere.it

«Sono un presidente condannato a morte. Un pentito ha riferito che la condanna può essere cancellata solo da chi l’ha emessa, ma chi l’ha emessa è deceduto, il boss Daniele Emanuello, ucciso in un conflitto a fuoco con la polizia sei anni fa; dunque la mafia mi sta addosso». L’ha detto il presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, intervenendo a Gela alla festa del «Megafono», il movimento ispirato proprio dal governatore.

SCHIAFFO AL PD – Crocetta non parteciperà oggi, lunedì, alla direzione regionale del Pd. «Non vado al teatrino della politica quando c’è un servitore dello Stato che rischia la vita», ha detto Crocetta, che oggi pomeriggio si recherà nell’ospedale Cannizzaro, a Catania, per stare a fianco di Tony Gricoli, 45 anni, ed Enzo Zerbo, 50 anni, feriti nel grave incidente della sua scorta lungo l’autostrada Siracusa-Gela.

LA SOLITUDINE DI SCILABRA – Il governatore difende il lavoro della sua giunta e legge dal suo telefono cellulare un sms inviatogli dall’assessore regionale alla Formazione, Nelli Scilabra. «Solo tu puoi capire e darmi risposte, lotto per questa nostra rivoluzione. Vorrei non sbagliare e non farti sbagliare – scrive l’assessore – Ma ormai da mesi provo solo la solitudine. Scusa lo sfogo, ma lo posso fare solo con te. Non fa niente anche se non rispondi, notte presidente». Crocetta quindi legge la risposte che le ha inviato sempre per sms. «Fregatene, ti voglio bene. Notte». «Dopo le sue denunce, non può più condurre una vita normale – dice Crocetta – Nelli lo urla. Ma perchè i giovani non dobbiamo metterli alla prova? Così non avranno mai un’esperienza». Poi l’affondo: «Invece di fare fregare i soldi a Genovese (il deputato nazionale del Pd indagato a Messina nell’inchiesta sulla formazione professionale), perchè non li investiamo sui giovani?».