Ilva:Pm Taranto chiedono processo per 53, anche Vendola

ROMA: RIUNIONE NAZIONALE DI SINISTRA ECOLOGIA E LIBERTA' CON NICHI VENDOLAda Ansa.it

La Procura della Repubblica di Taranto ha chiesto all’ufficio del gip il rinvio a giudizio per 50 persone e tre società nell’inchiesta sul disastro ambientale che sarebbe stato causato dall’Ilva. Tra coloro che rischiano il processo, oltre alla famiglia Riva, c’è il governatore della Puglia, Nichi Vendola, accusato di concussione aggravata.

La richiesta di rinvio a giudizio, firmata dal procuratore, Franco Sebastio, dal procuratore aggiunto, Pietro Argentino, e dai sostituti procuratori Mariano Buccoliero, Giovanna Cannarile, Remo Epifani e Raffaele Graziano, riguarda tutti i 53 indagati ai quali il 30 ottobre scorso era stato notificato dalla Guardia di finanza di Taranto l’avviso di conclusione delle indagini preliminari. Oltre ad Emilio, Fabio e Nicola Riva e a Vendola, la richiesta riguarda vertici vecchi e nuovi dell’Ilva prima del commissariamento, un assessore regionale (Lorenzo Nicastro), un deputato ed ex assessore della Puglia (Nicola Fratoianni), consiglieri regionali, l’ex presidente della Provincia di Taranto Giovanni Florido, il sindaco del capoluogo ionico, Ippazio Stefàno, dirigenti e funzionari ministeriali e della Regione Puglia, un poliziotto, un carabiniere, un sacerdote, nonché uno stuolo di dirigenti ed ex dirigenti del Siderurgico tarantino. Tra questi figurano i cosiddetti ‘fiduciari’, cioè un gruppo di persone non alle dipendenze dirette dell’Ilva che però in fabbrica, secondo l’accusa, avrebbe costituito un ‘governo-ombra’ che prendeva ordini dalla famiglia Riva. Ad 11 indagati la Procura contesta il reato di associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale e a reati contro la pubblica amministrazione, nonché l’avvelenamento di acque e sostanze alimentari. Tra le imputazioni, anche quella di omicidio colposo per due ‘morti bianche’ all’Ilva.

Stato-mafia, a giudizio tutti gli imputati, tra cui Mancino e dell’Utri

stato mafiada Agenzia di Stampa AGI

Rinvio a giudizio per tutti gli imputati. E’ la decisione del gup di Palermo, Piergiorgio Morosini, nell’ambito del procedimento sulla presunta trattativa Stato-mafia. Il processo prendera’ il via il 27 maggio prossimo davanti alla Corte d’assise del capoluogo siciliano. A giudizio, con l’accusa di “attentato mediante violenza o minaccia a un corpo politico, giudiziario o amministrativo dello Stato, aggravato dall’agevolazione di Cosa nostra”, finiscono dunque i boss Toto’ Riina, Leoluca Bagarella e Nino Cina’, l’ex pentito Giovanni Brusca, gli ex generali del Ros dei carabinieri Antonio Subranni e Mario Mori, l’ex colonnello Giuseppe De Donno e il senatore del Pdl Marcello Dell’Utri. L’ex presidente del Senato ed ex ministro dell’Interno, Nicola Mancino, sara’ processato solo per falsa testimonianza, mentre Massimo Ciancimino (l’unico, tra gli imputati, ad ascoltare il verdetto del gup in aula) e’ accusato anche di concorso esterno in associazione mafiosa e calunnia.
L’ex ministro Dc Calogero Mannino aveva chiesto e ottenuto di essere processato col rito abbreviato: per lui il processo si aprira’ il 20 marzo. E’ stato invece sospeso dal gup, martedi’ scorso il procedimento per Bernardo Provenzano, dopo che i periti hanno escluso la sua capacita’ di partecipare al processo, a causa delle sue condizioni psichiche compromesse in parte da una forma di Alzheimer e in parte dall’intervento per la rimozione di un ematoma cerebrale che il boss si era procurato cadendo in cella. “Sono molto soddisfatto dell’esito dell’udienza preliminare di Palermo – ha commentato con l’AGI l’ex procuratore aggiunto di Palermo, oggi leader di Rivoluzione Civile, Antonio Ingroia – che conferma integralmente l’impostazione che io e il pool da me coordinato avevamo ricostruito nel corso di questi lunghi anni di indagine. Finalmente questa decisione di un giudice terzo, di grande competenza e autorevolezza pone la parola fine a tutte le maldicenze e accuse infamanti piovute addosso ai pm della procura di Palermo senza che noi potessimo replicare. Quel che e’ certo e’ che le istituzioni politiche non hanno fatto la loro parte per accertare la verita’”. La decisione del gup “fa giustizia delle critiche preconcette di chi ha parlato di fantasia e teoremi”, ha aggiunto il pm di Palermo, Nino Di Matteo. Il gup Morosini ha pero’ ‘bacchettato’ la Procura, parlando di “indagine disorganica” provvedendo lui stesso a ordinare gli atti con un decreto e a redigerne un indice organizzato. Tra gli imputati, Nicola Mancino respinge di nuovo ogni accusa ed auspica un processo rapido che dimostri la sua innocenza. L’ex ministro dell’Interno denuncia in conferenza stampa, la presenza “di un teorema, checche’ ne pensi qualche procuratore della Repubblica, su cui costruire fortune anche di carattere politico” e ribadisce di non aver “mai chiesto protezione al Capo dello Stato”.