Crisi, anche la ‘ndrangheta si adegua Boss costretto a fare sconto sul pizzo

pizzoda Agi.it

Le estorsioni dovevano essere “ragionevoli” perché quando “c’è crisi non bisogna andare da chi non può pagare nemmeno le bollette”. Erano le indicazioni date dal carcere dal presunto boss, Francesco Zindato, agli uomini dell’omonima cosca della ‘ndrangheta di Reggio Calabria. Il particolare è emerso dalle indagini della squadra mobile del capoluogo, che ha arrestato cinque criminali.

Le cinque persone destinatarie dell’ordine di custodia cautelare sono: Francesco Zindato, 36 anni, già detenuto; Demetrio Sonsogno, 44 anni, ritenuto dagli inquirenti il reggente della cosca; Antonino e Santo Labate, di 36 e 33 anni, e la moglie di Zindato, Tchorzewska Malgorzata, detta Margherita, polacca. Sono accusati a vario titolo di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione aggravata ai danni di operatori economici, favoreggiamento e ricettazione.

Durante le indagini gli agenti, attraverso intercettazioni ambientali, hanno individuato le attività illecite della cosca, in particolare le estorsioni ai danni di imprenditori e commercianti. Gli agenti hanno rintracciato i pizzini che Francesco Zindato inviata dal carcere, tramite sua moglie, al presunto reggente della cosca, Demetrio Sonsogno.

“Un’operazione – ha detto il questore – che conferma il triste fenomeno delle estorsioni. Nel mirino della banda erano finiti un imprenditore edile ed il titolare di un negozio di abbigliamento, che non hanno inteso collaborare con lo Stato. Ai cittadini tutti chiediamo ancora una volta di collaborare con le forze di polizia, di avere fiducia nello Stato”. Secondo quanto reso noto dal dirigente della squadra mobile, Gennaro Semeraro, “gli arrestati evitavano di usare metodi bruschi, persino dilazionando, in un caso, una tangente da ottomila euro in sedici mensilità da cinquecento euro”.