‘ndrangheta, blitz della polizia: decine di arresti in Lombardia

blitzda TGCOM24

La polizia ha eseguito circa trenta arresti in Lombardia e in altre regioni italiane al termine di un’indagine nei confronti di presunti appartenenti alla ‘ndrangheta operanti in Brianza. Perquisizioni e sequestri di beni mobili, immobili e società per un valore di decine di milioni di euro.

Gli arrestati sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, riciclaggio, usura, estorsione, corruzione, esercizio abusivo del credito, intestazione fittizia di beni e società.

L’organizzazione, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, avrebbe più volte fatto ricorso all’intimidazione e alla violenza mentre in più occasioni sarebbe intervenuta per pacificare i dissidi sorti all’interno della stessa ‘ndrina “locale” o con altre organizzazioni criminali.

A Seveso una vera e propria banca clandestina – Nell’ambito delle indagini, gli investigatori hanno scoperto a Seveso (Monza) una vera e propria banca clandestina, in cui venivano riciclati i proventi delle estorsioni e dell’usura, grazie ad un’ampia rete di società ma anche alla collusione di imprenditori e di impiegati postali e bancari.

I capitali accumulati, hanno inoltre accertato gli inquirenti e gli investigatori, oltre ad essere esportati in Svizzera e a San Marino venivano reimpiegati dall’organizzazione attraverso l’acquisizione di attività economiche nel settore edilizio, negli appalti e nei lavori pubblici, nei trasporti, nella nautica, nelle energie rinnovabili e nella ristorazione.

Secondo gli inquirenti, inoltre, i membri dell’organizzazione avevano anche organizzato una raccolta di denaro per sostenere i familiari di ‘ndranghetisti detenuti.

Crisi, anche la ‘ndrangheta si adegua Boss costretto a fare sconto sul pizzo

pizzoda Agi.it

Le estorsioni dovevano essere “ragionevoli” perché quando “c’è crisi non bisogna andare da chi non può pagare nemmeno le bollette”. Erano le indicazioni date dal carcere dal presunto boss, Francesco Zindato, agli uomini dell’omonima cosca della ‘ndrangheta di Reggio Calabria. Il particolare è emerso dalle indagini della squadra mobile del capoluogo, che ha arrestato cinque criminali.

Le cinque persone destinatarie dell’ordine di custodia cautelare sono: Francesco Zindato, 36 anni, già detenuto; Demetrio Sonsogno, 44 anni, ritenuto dagli inquirenti il reggente della cosca; Antonino e Santo Labate, di 36 e 33 anni, e la moglie di Zindato, Tchorzewska Malgorzata, detta Margherita, polacca. Sono accusati a vario titolo di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione aggravata ai danni di operatori economici, favoreggiamento e ricettazione.

Durante le indagini gli agenti, attraverso intercettazioni ambientali, hanno individuato le attività illecite della cosca, in particolare le estorsioni ai danni di imprenditori e commercianti. Gli agenti hanno rintracciato i pizzini che Francesco Zindato inviata dal carcere, tramite sua moglie, al presunto reggente della cosca, Demetrio Sonsogno.

“Un’operazione – ha detto il questore – che conferma il triste fenomeno delle estorsioni. Nel mirino della banda erano finiti un imprenditore edile ed il titolare di un negozio di abbigliamento, che non hanno inteso collaborare con lo Stato. Ai cittadini tutti chiediamo ancora una volta di collaborare con le forze di polizia, di avere fiducia nello Stato”. Secondo quanto reso noto dal dirigente della squadra mobile, Gennaro Semeraro, “gli arrestati evitavano di usare metodi bruschi, persino dilazionando, in un caso, una tangente da ottomila euro in sedici mensilità da cinquecento euro”.

‘Ndrangheta: il politico e la ‘relazione stabile’ con il clan

ndranda Agi

“Un politico che da anni ha intessuto una stabile, paritetica, assolutamente deprecabile relazione di cointeressenza e solidarieta’ con l’organizzazione, nella consapevolezza di essere colui che ricambia o deve ricambiare i numerosi favori ricevuti per la sua brillante ascesa politica”. A scriverlo e’ il gip Abgail Mellace, firmataria dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Gianpaolo Bevilacqua, 45 anni, attuale vice coordinatore provinciale del Popolo delle liberta’. E’ lui il politico finito in manette nell’operazione “Perseo” contro la cosca Giampa’ di Lamezia Terme che vede indagato anche il senatore del Pdl, Piero Aiello. Il contesto che ha portato all’arresto di Bevilacqua ha dell’incredibile. Secondo il procuratore aggiunto della Dda, Giuseppe Borrelli, “e’ incredibile che chi ricopre importanti attivita’ possa andare in un negozio per chiedere le tute per i detenuti da comprare con lo stesso sconto applicato alla cosca. Una vicenda grave, tra il folkloristico e il drammatico, ma che indica anche la qualita’ di certa politica in Calabria”. D’altronde, Bevilacqua, secondo il gip Mellace che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, avrebbe fornito “un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo di natura materiale e morale” alla cosca Giampa’. E questo, perche’ il gip ha riscontrato come il giovane politico lametino si sarebbe impegnato per “l’assegnazione di appalti o posti di lavoro in cambio del costante impegno elettorale da parte degli esponenti della cosca”. Tutto, secondo il gip, “producendo un patto elettorale politico-mafioso”. Ed in pochi anni, Bevilacqua aveva conquistato un ruolo di primo piano in politica. Eletto in Consiglio provinciale nel 2004 con 1.574 preferenze, salite a 2.367 nel 2008. Quindi assumendo vari ruoli: capogruppo del Pdl in Consiglio provinciale, dirigente della Regione Calabria, presidente della Commissione provinciale Lavori pubblici, prima rappresentante della Sacal, societa’ che gestisce l’aeroporto di Lamezia Terme, e poi vicepresidente del Consiglio di amministrazione. Ed ancora, presidente del Cda del Centro tipologico nazionale-societa’ consortile per azioni, membro del comitato di sorveglianza del Consorzio agrario provinciale di Pistoia, su incarico del ministero delle Attivita’ produttive, per il quale ha ricevuto altre consulenze . Quindi la scalata nello stesso Pdl, fino a ricoprire, attualmente, il ruolo di vice coordinatore provinciale. Una carriera lampo, alimentata dalle preferenze, dai legami con esponenti di primo piano del partito calabrese. Interrotta dall’operazione di oggi con la quale si contesta anche l’associazione a delinquere di stampo mafioso, oltre che l’estorsione per l’episodio dell’acquisto delle tute per i detenuti.

Ndrangheta: infiltrazioni a Roma, tre arresti

da AGI (agenzia di stampa)

Sono tre le ordinanze di custodia cautelare in carcere eseguite nell’ambito del blitz della Dia contro le infiltrazioni della ‘ndrangheta nella capitale, mentre altre sei persone sono indagate in stato di liberta’. Lo ha riferito a Sky tg24 il capo centro della Dia di Roma, Gregorio De Marco. “Il reato contestato di appropriazione fittizia di beni – ha osservato – e’ aggravato dal metodo mafioso”. De marco ha messo in evidenza “il salto qualita’ della ‘ndrangheta che dai servizi ‘classici’ ha penetrato finanziariamente anche la capitale”. Coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma, l’operazione ha permesso di bloccare in particolare una serie di investimenti di denaro dalla provenienza ritenuta illecita. Gli investigatori hanno concentrato le loro attenzioni sulla natura sospetta di una molteplicita’ di investimenti finanziari, come l’acquisizione del controllo di esercizi commerciali che hanno sollevato non pochi dubbi “per l’estrema rapidita’ della compravendita, le modalita’ delle trattative, la provenienza delle risorse economiche”. Una realta’ criminale sofisticata, quella della ‘ndrangheta, in grado di individuare, nel tessuto economico della capitale, un canale funzionale a ripulire i propri profitti illeciti. Le ordinanze di custodia cautelare in carcere riguardano alcuni esponenti legati alla ‘ndrina dei Gallico, originari della provincia di Reggio Calabria. Gli arrestati, grazie ad alcuni prestanome e societa’ fittizie, erano riusciti a concludere – investendo ingenti capitali per conto della cosca di riferimento – una serie di importanti operazioni immobiliari e societarie soprattutto nel settore della ristorazione, impadronendosi di bar e ristoranti ubicati in zone di pregio della capitale. Il gip del Tribunale di Roma Simonetta D’Alessandro ha accolto la richiesta di contestazione del reato (ex art. 12 quinquies legge 356/1992, aggravato dal metodo mafioso) che punisce l’intestazione fittizia di beni, per un valore di circa 20 milioni, sottoposti a sequestro preventivo.

Cosenza: arrestato il boss Franco Presta

 

Un altro duro colpo assestato alla criminalità organizzata. Franco Presta, uno dei killer più spietati della ‘Ndrangheta, è stato arrestato dagli agenti della Squadra Mobile di Cosenza, ai quali vanno le più sincere congratulazioni della nostra redazione.

E’ con queste operazioni che si ridà fiducia ai cittadini italiani ed in particolare a coloro che abitano e sono più direttamente a contatto con la criminalità organizzata.

Lo Stato dimostra ancora una volta di esserci. Complimenti!

Franco Presta, 52 anni, era ricercato da cinque per una condanna per usura e per tre delitti compiuti nel corso della guerra di mafia nel  cosentino tra il 1998 e il 2001.

Franco Presta, oltre che un killer, è anche il boss di una cosca che opera nell’alto Ionio cosentino, legata a quella dei Lanzino-Cicero di  Cosenza.

Era inserito nell’elenco dei 100 ricercati più pericolosi del ministero dell’Interno.

È stato arrestato in un appartamento a Rende,  in provincia di Cosenza.

Tra i più efferati delitti di Presta quello di Chiarello ha avuto risvolti particolarmente cruenti perché la vittima fu attirata in una trappola da alcuni conoscenti che lo  portarono in una stalla dove fu ucciso con numerosi colpi di una mitraglietta Skorpion. Il corpo fu poi fatto a pezzi e sciolto nell’acido.

Presta è inoltre sospettato anche di essere responsabile della strage di una famiglia, all’origine della quale ci sarebbe l’uccisione di suo figlio,  Domenico, 22 anni. Il ragazzo è stato ucciso il 17 gennaio 2011 al termine di una lite per un parcheggio.