Imprenditore ucciso, fermata l’amante

lombardida TGCOM24

Sarebbe stata l’amante a uccidere con decine di coltellate Angelo Radatti, l’imprenditore di 57 anni il cui cadavere fu ritrovato il 7 dicembre nella sua auto nelle campagne di Poggio Imperiale (Foggia). La donna, Anna Maria Lombardi, di 42 anni, di Apricena, è stata fermata dai carabinieri come principale indiziata del delitto.

Gli inquirenti affermano che ad incastrare la donna sono stati un paio di guanti in lattice di cui si era liberata e sui quali sono state trovate tracce biologiche della vittima. Secondo la ricostruzione fatta dagli investigatori, l’omicidio sarebbe avvenuto al culmine di una ennesima lite tra i due che avevano una relazione da 13 anni. La donna, che è vedova e madre di due figli, avrebbe reagito con furia all’ennesimo rifiuto dell’uomo di lasciare la sua famiglia per ufficializzare il loro rapporto.

“Si tratta di una indagine ottimamente condotta dai carabinieri – ha dichiarato nel corso della conferenza stampa il pm Sofia Anfossi – che fin dal primo momento hanno individuato la pista corretta da seguire, e quelli che erano indizi sono diventati prove certe, grazie anche agli strumenti di indagine più innovativi. In questa circostanza, i riscontri del Ris sui reperti di natura biologica che abbiamo rinvenuto, sono stati determinanti”.

Il corpo di Radatti fu trovato sul sedile posteriore della sua Fiat Punto in un tratturo nelle campagne di Poggio Imperiale: era stato raggiunto da una novantina di coltellate scagliare con furia. La vettura era stata poi data alle fiamme. Nell’abitacolo i carabinieri ritrovarono il coltello usato. Per le modalità dell’omicidio, si pensò subito che il movente fosse passionale.

Milano: identificato assassino di piazza Tripoli, e’ in Egitto

carabinierida Agi

Era stato identificato poche ore dopo l’omicidio l’uomo che il 12 settembre scorso ha ucciso Parvis Gorzjian, il venditore di tappeti iraniano 78enne ritrovato morto nel suo negozio di Piazza Tripoli Si tratta di Mohamed Attia Rafat, un 27enne egiziano con precedenti per droga e furto. L’uomo e’ riuscito a fuggire al Cairo nelle poche ore tra il delitto, commesso nella tarda mattinata, e il ritrovamento del cadavere, che e’ stato rinvenuto dal figlio della vittima solo in serata. I carabinieri guidati dal tenente colonnello Alessio Carparelli hanno individuato le impronte digitali di Rafat sul luogo dell’omicidio e le hanno confrontate con quelle rilevate nella sartoria poco distante, in cui l’egiziano lavorava. Secondo gli inquirenti il movente dell’omicidio andrebbe rintracciato in una rapina finita male.
Il colpevole ha portato via con se’ il cellulare e il portafoglio della vittima. Tra Egitto e Italia e’ in vigore un accordo bilaterale per l’estradizione e le autorita’ stanno procedendo attraverso l’Interpol per rintracciare l’omicida, ma le turbolente condizioni politiche dell’Egitto di questi mesi rendono piu’ difficile la cattura.

Ndrangheta: infiltrazioni a Roma, tre arresti

da AGI (agenzia di stampa)

Sono tre le ordinanze di custodia cautelare in carcere eseguite nell’ambito del blitz della Dia contro le infiltrazioni della ‘ndrangheta nella capitale, mentre altre sei persone sono indagate in stato di liberta’. Lo ha riferito a Sky tg24 il capo centro della Dia di Roma, Gregorio De Marco. “Il reato contestato di appropriazione fittizia di beni – ha osservato – e’ aggravato dal metodo mafioso”. De marco ha messo in evidenza “il salto qualita’ della ‘ndrangheta che dai servizi ‘classici’ ha penetrato finanziariamente anche la capitale”. Coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma, l’operazione ha permesso di bloccare in particolare una serie di investimenti di denaro dalla provenienza ritenuta illecita. Gli investigatori hanno concentrato le loro attenzioni sulla natura sospetta di una molteplicita’ di investimenti finanziari, come l’acquisizione del controllo di esercizi commerciali che hanno sollevato non pochi dubbi “per l’estrema rapidita’ della compravendita, le modalita’ delle trattative, la provenienza delle risorse economiche”. Una realta’ criminale sofisticata, quella della ‘ndrangheta, in grado di individuare, nel tessuto economico della capitale, un canale funzionale a ripulire i propri profitti illeciti. Le ordinanze di custodia cautelare in carcere riguardano alcuni esponenti legati alla ‘ndrina dei Gallico, originari della provincia di Reggio Calabria. Gli arrestati, grazie ad alcuni prestanome e societa’ fittizie, erano riusciti a concludere – investendo ingenti capitali per conto della cosca di riferimento – una serie di importanti operazioni immobiliari e societarie soprattutto nel settore della ristorazione, impadronendosi di bar e ristoranti ubicati in zone di pregio della capitale. Il gip del Tribunale di Roma Simonetta D’Alessandro ha accolto la richiesta di contestazione del reato (ex art. 12 quinquies legge 356/1992, aggravato dal metodo mafioso) che punisce l’intestazione fittizia di beni, per un valore di circa 20 milioni, sottoposti a sequestro preventivo.

Roma, bottiglia molotov di fronte a banca dentro il palazzo della Cassazione

da TGCOM24

Una bottiglia molotov accesa è stata trovata ieri di fronte a una filiale dell’Unicredit all’interno del palazzo della Cassazione, a Roma. L’ordigno, contenente alcol, è stato trovato da un impiegato che ha spento lo stoppino e ha subito dopo avvisato la polizia.

L’episodio è avvenuto intorno alle 9.30. La bottiglia piena di alcol, con una miccia accesa, si trovava di fronte all’ingresso della filiale della Unicredit che si trova all’interno del “Palazzaccio”, come è chiamata a Roma la sede della Corte Suprema, a piano terra. Per accedervi, ha riferito una funzionaria della Cassazione, bisogna aver superato i controlli all’ingresso dell’edificio.”Un dipendente ha visto la bottiglia per terra, ha spento la miccia, ha portato l’ordigno in un bagno e ha chiamato la polizia”, ha detto un funzionario della Questura. Sul posto sono arrivati prima gli artificieri, poi la scientifica per i rilievi. Sull’episodio ora indaga la Digos.

Ordigni rudimentali con firma anarchica di fronte a banca di Genzano
Due taniche metalliche, collegate a congegni elettrici, sono state ritrovate questa mattina a Genzano, ai Castelli romani, nei pressi di una banca. Gli ordigni erano posizionati uno all’interno dei locali e l’altro esternamente, davanti al bancomat. Sono stati ritrovati verso le 8 dai dipendenti. Sui muri esterni della banca, poi, la rivendicazione del gesto scritta con dello spray sui muri: “Anarchia. Fuoco alle banche”. Sul posto sono intervenuti i carabinieri della stazione di Genzano, il nucleo operativo di Velletri e il nucleo artificieri da Roma.

ORRORE A CASTEL VOLTURNO: I resti di due donne ritrovati in un’intercapedine

di Grazia De Marco

Un nuovo caso di cronaca con un finale raccapricciante: gli scheletri di Elisabetta Grande e Maria Belmonte, scomparse nel 2004, sono stati ritrovati senza vita nella loro villa di Via Palizzi 71 a Baia Verde di Castel Volturno.  I loro resti erano nascosti  in un’intercapedine creata tra il garage della villetta e il pavimento. A scoprirli, grazie all’utilizzo di un georadar, sono stati gli agenti del Servizio Centrale Operativo della Squadra Mobile di Caserta e del locale Commissariato, coordinati dal sostituto Procuratore della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, Silvio Guarriello e dal Procuratore aggiunto Luigi Gay.

Le due donne vivevano con Domenico Belmonte, 72 anni, marito di Elisabetta e padre di Maria. Proprio su di lui si è concentrata da subito l’attenzione degli inquirenti, i quali, dopo la terribile scoperta, lo hanno condotto al Commissariato di Castel Volturno, sottoponendolo a fermo di P.G., con l’accusa di: omicidio, sequestro di persona e occultamento di cadavere. Belmonte, ex Direttore Sanitario nel carcere di Poggioreale, non aveva mai denunciato la scomparsa delle due donne, avvenuta il 18 luglio di otto anni fa.

L’uomo ha sempre sostenuto che la moglie e la figlia si erano allontanate volontariamente, ma il conto corrente di Elisabetta era rimasto intatto, con la pensione che si è accumulata fino a raggiungere la somma di 145 mila euro e l’auto della donna, una Citroen di colore verde, è sempre rimasta parcheggiata nel cortile di casa. Tutto sembrava essersi fermato a quel luglio di 8 anni fa, fino a quando, nell’Agosto scorso, il fratello di Elisabetta, Lorenzo Grande, ha sporto denuncia facendo scattare l’allarme.

La famiglia Belmonte si era trasferita nella villa di Baia Verde circa 20 anni fa e lì Elisabetta, insegnante in pensione originaria di Catanzaro e la figlia, avevano tentato di avviare un’attività commerciale poi fallita. L’ex direttore sanitario Belmonte, invece, era già finito nell’occhio del ciclone negli anni ’90, per i casi di malasanità che coinvolsero il carcere di Poggioreale, vicenda questa che lo aveva portato ad uno stato di forte depressione. Potrebbe essere proprio questo stato di malessere ad aver innescato la furia omicida di Domenico?

L’uomo viveva in condizioni igieniche precarie, si dedicava solo al suo giardino, non parla con nessuno e trascorre molto del suo tempo a leggere, anche libri di psichiatria. Quando gli inquirenti sono entrati nella villetta, hanno trovato su un tavolo un libro dal titolo “Liberaci dal Male”, aperto al capitolo riguardante proprio la depressione.   I corpi delle due donne non presentano segni di violenza e sono stati trasferiti all’Istituto di medicina legale di Caserta per ulteriori accertamenti.

Sospettato di aver avuto un ruolo nel duplice omicidio ed occultamento di cadaveri è anche l’ex marito di Maria Belmonte, Salvatore Di Maiolo, il quale è stato iscritto nel registro degli indagati.

 

OMICIDIO DI PALERMO: SAMUELE CARUSO CONFESSA: HO AGITO IN PREDA AD UN RAPTUS

di Grazia De Marco

A perdere la vita, ancora una volta una giovane donna. Carmela Petrucci, 17 anni, è morta per difendere la sorella Lucia dal suo ex-fidanzato che la voleva uccidere. L’assassino si chiama Samuele Caruso, che, incapace di accettare la fine della relazione con Lucia, avrebbe perso il controllo.

Il giovane, ha aspettato le due ragazze che stavano tornando da scuola con la nonna, davanti alla loro casa, in via uditore 14.  Tutto si è consumato in pochi istanti: Samuele ha prima ucciso Carmela, colpendola al cuore, e poi ha ferito gravemente la sua ex fidanzata.

La 17 enne è morta immediatamente, mentre Lucia è rimasta vigile e, prima di essere portata in ospedale, ha fatto agli investigatori giunti sul posto il nome dell’assassino. La ragazza, ora è ricoverata nel reparto di chirurgia dell’ospedale “Cervello” di Palermo, ma non sarebbe in pericolo di vita, poiché le coltellate non hanno leso nessun organo vitale.

Gli agenti di Polizia, coordinati da Carmine Mosca, hanno immediatamente rintracciato il 23enne grazie all’esame dei tabulati del suo cellulare, i quali hanno rivelato le celle a cui il telefonino si agganciava durante gli spostamenti. Samuele è stato fermato alla Stazione di Bagheria, mentre stava salendo su un treno per scappare dalla città.

Portato in Questura, dopo tre ore d’interrogatorio, ha confessato il delitto e l’aggressione. Al P.M, Caterina Melagali, ha detto di aver agito in preda ad un raptus e  di aver perso la testa. L’assassino molestava già Lucia da alcuni mesi, con continui SMS, telefonate e messaggi su facebook, nel tentativo di riconquistarla dopo la fine della loro relazione durata un anno.

Carmela frequentava il liceo classico Umberto I, insieme alla sorella, era bravissima a scuola e sognava di diventare  medico. Moltissimi i compagni di classe in lacrime davanti al palazzo dove abitavano le due sorelle. Le ragazze, infatti, oltre ad frequentare la stessa scuola, erano anche compagne di classe, perché Carmela aveva fatto la “primina”. Erano felicissime, perché tornate da pochi giorni da una vacanza studio a Brighton (Inghilterra), per la quale erano partite a fine settembre.

MILANO LE INDAGINI SUL DUPLICE OMICIDIO DI VIA MURATORI PUNTANO SUL TRAFFICO DI DROGA

di Grazia De Marco

Sembrerebbe un’esecuzione in piena regola quella in cui sono rimasti uccisi, lo scorso 10 settembre a Milano, l’imprenditore di 43 anni Massimiliano Spelta e sua moglie Carolina Ortiz di 21 anni, con modalità ed efferatezza simili a quelli adottati dalla criminalità organizzata del narcotraffico.

Gli assassini sarebbero stati almeno quattro, tutti di nazionalità italiana, i quali hanno sorpreso la coppia in via Muratori, mentre si recava probabilmente al ristorante, insieme alla piccola figlioletta, rimasta miracolosamente illesa. Il killer sarebbe sceso da uno scooterone guidato da un complice ed avrebbe sparato 2 colpi di revolver cal. 38 special alla schiena ed alla base della nuca della donna e, successivamente, avrebbe colpito, con altri 4 colpi, Massimiliano Spelta, mentre questi tentava di fuggire, uccidendolo sul colpo.

In considerazione delle modalità dell’omicidio, inizialmente è stato ipotizzato un coinvolgimento della Camorra legata al narcotraffico, successivamente smentito. Tra le varie ipotesi prese in considerazione dagli inquirenti, quella maggiormente accreditata sembrerebbe condurre al traffico di stupefacenti. In effetti, nell’abitazione della coppia, in via Mecenate, sono stati rinvenuti 47 grammi di cocaina, pura al 60% e 3 mila euro in contanti che, tuttavia, non sembrano sufficienti a giustificare un omicidio così efferato.

Forse i due coniugi sono stati giustiziati per una partita di droga non pagata, o per uno sgarro nei confronti di qualche personaggio che conta nell’ambiente criminale, oppure perché avevano intenzione di mettersi in proprio. E’ stato accertato che i due conducevano una vita sicuramente al di sopra delle proprie possibilità finanziarie. Massimiliano Spelta, infatti, ex titolare, unitamente alla sorella, della ditta farmaceutica specializzata in integratori, Dietetics Pharma, dopo il fallimento volontario e la cessione dell’azienda, non svolgeva alcuna attività lavorativa e risultava percepire unicamente i soldi della cassa integrazione, come evidenziato dagli accertamenti effettuati sul suo conto corrente bancario.

Probabilmente, Spelta, a seguito dei debiti accumulati dopo il tracollo finanziario, aveva incominciato a frequentare persone poco raccomandabili ed un organizzazione criminale dedita al narcotraffico, per la quale svolgeva l’attività di corriere di cocaina tra Santo Domingo e Milano. In effetti l’ipotesi potrebbe trovare riscontro nei frequenti viaggi che la vittima effettuava tra il capoluogo lombardo e la località caraibica, della quale, comunque, era un appassionato estimatore. Nei numerosi viaggi effettuati, lo Spelta era peraltro costantemente accompagnato da un suo amico, verosimilmente consumatore abituale di cocaina, attualmente interrogato dagli inquirenti, che lo considerano una figura chiave delle indagini.

Il Prefetto di Milano Gian Valerio Lombardi, nel corso di un’intervista, ha escluso collegamenti con la criminalità organizzata, parlando di un fatto isolato maturato in un contesto che riguarda il traffico di stupefacenti e le indagini procedono in questo senso. Proprio il giorno dopo l’omicidio di Massimiliano Spelta e Carolina Ortiz, tuttavia, la DDA di Milano ha coordinato l’operazione “Ulisse”, che ha portato in carcere 37 personaggi, tutti accusati di associazione a delinquere di tipo mafioso, porto e detenzione illegale di armi, usura ed estorsione, appartenenti ad una rete militare della ‘ndrangheta, attiva tra Monza e Milano, che farebbe ipotizzare che il capoluogo lombardo sarebbe diventato ormai, terra di profondo insediamento della criminalità organizzata, soprattutto calabrese.