Camorra: nel 2013 confische per 146 milioni di euro

camorrada Agi.it

Ammonta a oltre 146 milioni di euro il valore complessivo dei beni confiscati ai clan di camorra dalla direzione investigativa antimafia di Napoli, guidata da Giuseppe Linares, insieme alla sezione operativa di Salerno. I beni sequestrati raggiungono un valore superiore a 53 milioni di euro. I risultati sono frutto di un’intensificazione delle indagini sul fronte economico-finanziario sulla criminalita’ organizzata campana che hanno portato all’applicazione di misure di prevenzione personale patrimoniale da parte delle sezioni dedicate dei tribunali. Nel corso dell’anno, arrestate 19 persone con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso. Arresto eccellente, quello di Danilo Restivo per l’omicidio Elisa Claps. Sul fronte delle attivita’ di controllo sugli appalti il centro operativo di Napoli, sempre insieme alla sezione di Salerno, ha sottoposto a monitoraggio 1046 societa’ tra Campania, Abruzzo e Molise. Tra gli accessi ai cantieri, ci sono anche quelli nell’area archeologica di Pompei per controlli legati ai restauri di alcune domus avviati nell’ambito del grande progetto Pompei, finanziato con 105 milioni di euro dall’Unione Europea.

DIA SEQUESTRA BENI A CLAN CASALESI PER 3 MILIONI

La Direzione investigativa antimafia di Napoli, in esecuzione di diversi decreti emessi dal tribunale di Santa Maria Capua Vetere, ha sequestrato beni a tre esponenti di spicco del clan dei Casalesi, per un valore complessivo di circa 3 milioni di euro. Un primo provvedimento di sequestro riguarda Vincenzo Abbate, 60 anni, legato al gruppo del boss Michele Zagaria, imprenditore nel settore calcestruzzo, destinatario di una misura cautelare nel 2006; a lui sono state sequestrate tre societa’ nel Casertano, tra cui una immobiliare e una di autotrasporti. A Giuseppe Granata, 50 anni, anch’egli nel gruppo di Zagaria, sequestrato un immobile a Teverola. Sigilli ad un immobile anche per Pasquale Fontana, 52 anni, cugino di primo grado del boss Zagaria, che si e’ sempre occupato di investire il denaro delle attivita’ illecite al nord Italia per acquistare immobili anche attraverso imprenditori che facessero da prestanome. (AGI) .

Mafia, duro colpo ai Messina Denaro In manette sorella e nipote del boss

diada TGCOM24

Imponente operazione antimafia in provincia di Trapani. I provvedimenti di arresto, emessi dal gip di Palermo, riguardano esponenti di spicco del clan di Matteo Messina Denaro, considerato numero uno di Cosa nostra. Tra gli arresti, trenta in tutto, anche alcuni familiari del boss trapanese, tra cui la sorella e il nipote. Le accuse sono di associazione di tipo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso, intestazione fittizia di beni, estorsione.

Trenta le persone arrestate – In manette 30 persone: le ordinanze di custodia cautelare, emesse dal Gip su richiesta della Procura distrettuale antimafia di Palermo, riguardano in particolare le famiglie mafiose di Castelvetrano e Campobello di Mazara.

La sorella e il nipote di Messina Denaro a capo degli affari – Erano in particolare Francesco Guttadauro, nipote del boss, e la sorella Anna Patrizia Messina Denaro, a controllare “un articolato circuito imprenditoriale, che assicurava di fatto il controllo quasi monopolistico nel settore dell’edilizia e relativo indotto”, oltre a un vasto giro di estorsioni, come ha precisato la polizia. Tra i familiari arrestati, anche i cugini del boss Giovanni Filardo, Cimarosa Lorenzo e Mario Messina Denaro.

“Le indagini – precisa la nota diffusa – hanno confermato il ruolo dirigenziale tuttora rivestito dal latitante Matteo Messina Denaro all’interno del mandamento e nella provincia mafiosa, accertandone la funzione di direzione tra le varie articolazioni dell’organizzazione e di collegamento con le altre strutture provinciali di Cosa Nostra”.

Gli affari, però, venivano gestiti in gran parte direttamente dai parenti e, in particolare, “con riferimento all’attività di sostegno economico al circuito familiare del latitante, sono emersi la contiguità e il ruolo di responsabilità decisionale raggiunto in seno al sodalizio mafioso da Patrizia Messina Denaro e da Francesco Guttadauro”.

“Mi chiamo Messina Denato, portatemi i soldi” – Proprio riguardo alla sorella, dalle indagini emerge un’intercettazione della donna alle prese con un’estorsione da 70mila euro. “Io qua sono, mi chiamo Messina Denaro e non mi rompe niente e nessuno”, avrebbe detto Anna Patrizia al telefono.

Il gran business del clan – Gli affari dell’edilizia, si legge nella nota della polizia, venivano gestiti “mediante la realizzazione di importanti commesse, tra cui opere di completamento di aree industriali, parchi eolici, strade pubbliche e ristoranti. L’organizzazione era, infatti, in grado di monitorare costantemente le opere di maggiore rilevanza del territorio, intervenendo nella loro esecuzione con una fitta rete di società controllate in modo diretto o indiretto da imprenditori mafiosi ed elementi di spicco del sodalizio”. A fianco di queste attività “è stata inoltre accertata la diffusa pressione estorsiva esercitata sul territorio anche ai danni di imprese concorrenti e perfino di privati cittadini che avevano ereditato una rilevante somma di denaro”.

Scattano le manette anche per il figlio di un giudice – Tra le persone arrestate anche alcuni “insospettabili”: a Palermio sono finiti in manette infatti anche due ingegneri del Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria, uno dei quali è figlio di un giudice. Secondo le indagini, avrebbero intascato mazzette per favorire una ditta legata alle cosche.

Nei guai una vigilessa di Paderno Dugnano – Temendo di essere pedinato, un mafioso di Campobello di Mazara ogni tanto chiedeva aiuto ad una vigilessa di Paderno Dugnano, nel Milanese. L’agente della polizia locale controllava le targhe che le venivano segnalate come “sospette”.

Sequestrati beni per cinque milioni – La Guardia di finanza sta procedendo, insieme con carabinieri e polizia, al sequestro preventivo di complessi aziendali riconducibili al latitante intestati a prestanome, costituiti da società operanti nel settore dell’edilizia, per un valore complessivo di circa 5 milioni di euro.

Droga: 18 arresti in Campania, scoperto arsenale armi da guerra

diada Agi

Salerno – I Carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Napoli e Salerno hanno eseguito all’alba 18 ordinanze di custodia cautelare tra le province di Salerno e di Napoli, in particolare nell’area vesuviana. Le persone arrestate sono accusate di spaccio di droga e detenzione di armi, anche da guerra. L’operazione vede impegnati 120 militari in collaborazione con le unita’ cinofile. Le ordinanze cautelari sono state emesse dal gip del Tribunale di Napoli su richiesta della Dda di Napoli. Le 18 persone arrestate sono ritenute responsabili di spaccio di droga, del tipo cocaina e hashish, e cessione di armi e munizioni. Nel corso del blitz dei militari sono state rinvenute diverse armi da guerra.

Mafia: Dia sequestra beni per un milione

diada Ansa.it

Beni per un milione di euro sono stati sequestrati dalla Dia di Catania a Roberto Russo, 48 anni, ritenuto elemento di spicco della cosca Cintorino, legata al clan Cappello-Bonaccorsi.

Arrestato nel gennaio scorso nell’operazione Nuova Ionia, Russo e’ accusato di avere favorito l’infiltrazione mafiosa nel settore della raccolta dei rifiuti, nella zona dell’alto Jonio etneo.

Il sequestro e’ stato disposto del Tribunale su richiesta della Dda della Procura di Catania.

SEQUESTRATI BENI PER 500 MILA EURO A PENTITO CLAN CASALESI

La Dia di Napoli ha sequestrato beni per un valore di circa 500 mila euro riconducibili a Emilio Di Caterino, 39 anni, di Casal di Principe, indicato come esponente di spicco del clan dei casalesi. Il provvedimento e’ stato emesso su disposizione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere Di Caterino arrestato nel 2008, dopo un lungo periodo di latitanza, ha iniziato a collaborare con la giustizia nel 2011. Conseguentemente e’ stato trasferito, secondo il programma di protezione previsto dalla normativa sui pentiti, in localita’ protetta. Sotto sequestro sono finiti un terreno ed un villino.
(ITALPRESS).

BENI PER 7 MILIONI SEQUESTRATI AD UN IMPRENDITORE

da Italpress – Agenzia di Stampa

Sequestrato dalla Direzione Investigativa Antimafia di Catania un patrimonio di circa 7 milioni di euro tra quote societarie ed aziende, numerosi fabbricati e terreni, autoveicoli e disponibilita’ bancarie e postali ad un imprenditore ritenuto inserito nell’organizzazione facente capo al clan La Rocca, affiliata alla famiglia mafiosa “Santapaola” di Catania. Il sequestro antimafia e’ stato disposto dal Tribunale di Catania, che ha accolto la proposta avanzata dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia, in esito alle indagini eseguite dalla Direzione Investigativa Antimafia di Catania.
(ITALPRESS).

Ndrangheta: infiltrazioni a Roma, tre arresti

da AGI (agenzia di stampa)

Sono tre le ordinanze di custodia cautelare in carcere eseguite nell’ambito del blitz della Dia contro le infiltrazioni della ‘ndrangheta nella capitale, mentre altre sei persone sono indagate in stato di liberta’. Lo ha riferito a Sky tg24 il capo centro della Dia di Roma, Gregorio De Marco. “Il reato contestato di appropriazione fittizia di beni – ha osservato – e’ aggravato dal metodo mafioso”. De marco ha messo in evidenza “il salto qualita’ della ‘ndrangheta che dai servizi ‘classici’ ha penetrato finanziariamente anche la capitale”. Coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma, l’operazione ha permesso di bloccare in particolare una serie di investimenti di denaro dalla provenienza ritenuta illecita. Gli investigatori hanno concentrato le loro attenzioni sulla natura sospetta di una molteplicita’ di investimenti finanziari, come l’acquisizione del controllo di esercizi commerciali che hanno sollevato non pochi dubbi “per l’estrema rapidita’ della compravendita, le modalita’ delle trattative, la provenienza delle risorse economiche”. Una realta’ criminale sofisticata, quella della ‘ndrangheta, in grado di individuare, nel tessuto economico della capitale, un canale funzionale a ripulire i propri profitti illeciti. Le ordinanze di custodia cautelare in carcere riguardano alcuni esponenti legati alla ‘ndrina dei Gallico, originari della provincia di Reggio Calabria. Gli arrestati, grazie ad alcuni prestanome e societa’ fittizie, erano riusciti a concludere – investendo ingenti capitali per conto della cosca di riferimento – una serie di importanti operazioni immobiliari e societarie soprattutto nel settore della ristorazione, impadronendosi di bar e ristoranti ubicati in zone di pregio della capitale. Il gip del Tribunale di Roma Simonetta D’Alessandro ha accolto la richiesta di contestazione del reato (ex art. 12 quinquies legge 356/1992, aggravato dal metodo mafioso) che punisce l’intestazione fittizia di beni, per un valore di circa 20 milioni, sottoposti a sequestro preventivo.

Dia: vent’anni di lotta alla mafia

da Polizia di Stato

”In piena intesa con il capo della Polizia, prefetto Antonio Manganelli è stato deciso che le celebrazioni previste per la ricorrenza di San Michele Arcangelo si svolgeranno nel modo più sobrio e religioso possibile”. Lo ha detto il ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, durante la cerimonia per il ventennale della Dia, Direzione investigativa antimafia. Cancellieri ha precisato che la decisione ”è stata presa in comune accordo con il capo della Polizia per destinare ogni risorsa economica alla società civile”.

Prima del ministro dell’Interno sono intervenuti nell’ordine: il direttore della Scuola di perfezionamento per le forze di Polizia Vincenzo Giuliani, il direttore della Dia Alfonso D’Alfonso e il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso. Presenti alla cerimonia che è culminata con l'”annullo” del francobollo celebrativo del ventennale della nascita della Dia, le massime autorità civili e militari, tra cui il vice capo vicario della Polizia Nicola Izzo.

Il francobollo dedicato vuole ricordare non solo il ruolo svolto dalla Dia nel combattere la criminalità organizzata, ma soprattutto, il coraggio di chi ha sostenuto, fino all’estremo sacrificio, la difesa dei valori della società civile e combattuto per i diritti dei cittadini, come nel caso dei magistrati ritratti sul francobollo: Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Rosario Livatino.

L’uccisione del giudice Livatino, avvenuta il 21 settembre del 1990, coincide non a caso con la nascita della Dia, istituita proprio il 21 settembre, esattamente due anni dopo il suo assassinio. Tre magistrati, tre uomini che hanno ispirato lo Stato a dotarsi di moderne tecniche investigative per combattere la mafia che utilizza sempre più sofisticate e complesse tecniche criminali.