Knockout game, la moda violenta delle gang Usa arriva anche in Italia?

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Si chiama knouckout game ed è l’ultima tendenza violenta delle gang afro-americane in arrivo dagli Stati Uniti. Le regole sono semplici, anzi è una sola: atterrare con un solo pugno la vittima designata. Secondo il quotidiano “Il Mattino” di Napoli, un caso potrebbe essere stato registrato in scuola media di Castellammare dove vittima della nuova “moda” sarebbe un ragazzino di prima.

Secondo quanto raccontato dalla dirigente scolastica, Paola Torricco, al momento non è stata sporta alcuna denuncia, anche se quanto successo sembra aver allarmato studenti e genitori: “Bullismo è una parola grossa, i compagni parlano solo di un gioco fra amici”, ha detto la Torricco assicurando comunque che all’interno dell’istituto sarà ulteriormente approfondito il caso.

‘Ndrangheta, blitz polizia-Fbi tra l’Italia e gli Usa: numerosi arresti

poliziada TGCOM24

Centinaia di uomini della polizia e dell’Fbi hanno eseguito in diverse regioni italiane e negli Stati Uniti 26 tra arresti e fermi nei confronti di soggetti legati alla ‘ndrangheta e a famiglie mafiose americane. Gli arrestati sarebbero responsabili di un traffico internazionale di droga. In corso anche decine di perquisizioni. Alcuni degli arrestati a New York avevano legami con la storica famiglia mafiosa dei Gambino.

Dei 26 provvedimenti restrittivi, otto sono destinati a persone residenti negli Stati Uniti, e 18 in Italia. Oltre 40 le persone indagate. Tra gli arrestati figurano Francesco Ursino, considerato a capo dell’omonima cosca di Gioiosa Ionica e figlio del boss Antonio (già in carcere), e Giovanni Morabito, nipote del boss Giuseppe detto “u’ tiradrittu”, storico padrino della cosca egemone nella zona ionico-reggina, anch’egli detenuto.

L’obiettivo dell’organizzazione era, secondo gli investigatori, quello di aprire un ponte tra la Calabria e gli Stati Uniti, per consentire alle ‘ndrine e alle famiglie mafiose americane di creare un nuovo canale per il traffico di droga tra le due sponde dell’oceano, puntando a conquistare, nel tempo, il posto occupato per anni dai clan di Cosa Nostra.

Gli arresti e i fermi sono stati eseguiti dagli uomini della Squadra mobile di Reggio Calabria e del Servizio centrale operativo della polizia di Stato nelle province di Reggio Calabria, Napoli, Caserta, Torino, Benevento, Catanzaro e a New York negli Stati Uniti. L’inchiesta, denominata “New Bridge” (nel 2008 l’operazione “Old Bridge” svelò le connessioni nel traffico di droga tra le famiglie mafiose siciliane e quelle di oltreoceano) e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, è nata due anni fa grazie alla collaborazione tra la polizia italiana e le autorità americane, resa possibile dal protocollo tra Italia e Stati Uniti in base al quale è previsto lo scambio di investigatori esperti nella lotta alle organizzazioni mafiose. Nel corso dell’operazione sono stati sequestrati oltre otto chili di droga a New York e Reggio Calabria.

USA: dopo la strage si riaccende il dibattito sulle armi

da Ansa.it

Adam, il killer della scuola di Newtown, aveva tentato di acquistare armi alcuni giorni or sono in Connecticut, lo Stato della strage: ma non gliele hanno vendute. Le armi, le ha rubate alla madre Nancy, uccisa da lui prima della mattanza, che regolarmente portava i figli al poligono. L’atroce eccidio in Connecticut ha riacceso negli Usa ancora una volta il dibattito sul controllo delle armi. Questa volta però ci sono di mezzo 20 bambini, e la cosa potrebbe fare la differenza, affermano alcuni, ma non necessariamente nella direzione di un giro di vite nelle norme che regolano la materia. Anzi, non di rado, proprio in direzione opposta.

“Dobbiamo unirci e decidere misure significative per evitare che tragedie come questa si ripetano, al di là della politica”, ha affermato il presidente Barack Obama, trattenendo a stento le lacrime. Appena poche parole, in una dichiarazione incentrata in massima parte sugli aspetti emotivi della tragedia. Ma si tratta di parole di certo non scelte a caso, afferma il New York Times, ricordando che il presidente già da tempo, pur ribadendo di non voler mettere in discussione il diritto costituzionale di detenere armi, auspica nuove norme basate sul “buon senso”.