Nuova tragedia nel Canale di Sicilia: 17 migranti morti di freddo su un gommone. Le salme giunte a Porto Empedocle

di Repubblica

E’ accaduto a 110 miglia a sud di Lampedusa. Gli altri 75 a bordo sono stati soccorsi dalla Guardia costiera. Una persona in gravi condizioni trasferita in elicottero all’ospedale di Lampedusa. Le salme sono state portate a Porto Empedocle. I sopravvissuti sono stati dirottati su una nave della Marina verso un altro porto

Diciassette migranti sono morti di freddo su un gommone a 110 miglia a sud di Lampedusa. Lanciato l’allarme, l’imbarcazione è stata raggiunta da due motovedette della Guardia costiera e dal rimorchiatore civile “Burbon Argos”. Le salme sono da poco giunte a Porto Empedocle, dove saranno trasbordate.

Non è stato di un naufragio, come si era pensato all’inizio, a provocare questa nuova tragedia nel Canale di Sicilia: 16 delle vittime sono morte presumibilmente per ipotermia e disidratazione, un’altra è stata stroncata da un edema polmonare subito dopo l’arrivo dei soccorritori. Sul gommone c’erano altre 75 persone, una delle quali, in gravi condizioni per ipotermia, è stata subito trasferita con l’elicottero della nave militare “Etna” all’ospedale di Lampedusa. I superstiti sono stati trasferiti prima sulla nave “Orione” e successivamente sulla “Etna”.

Le 17 salme, recuperate a 110 miglia a Sud di Lampedusa e 50 miglia a Nord di Tripoli, sono arrivate e sono state portate a Porto Empedocle (Ag). Ad accoglierle il prefetto di Agrigento Nicola Diomede, il questore Mario Finocchiaro e l’arcivescovo Francesco Montenegro. I corpi dei migranti sono stati allineati in un magazzino dell’area portuale, all’interno di celle frigorifere, per essere sottoposte ad ispezione cadaverica. Esame che dovrà confermare se, come anticipato dai verbali dei soccorritori, fra loro ci sono anche due donne e un minore e chiarire quali sono le cause della morte. La loro storia non si conosce. Non si sa da dove siano partiti e quanto sia durato il loro viaggio, su un gommone poi andato in avaria. I 75 sopravvissuti sono stati dirottati su una nave della Marina verso un altro porto.

Sono in tutto 278 i migranti soccorsi nelle ultime ore dalle navi della Marina militare nel Canale di Sicilia. Il pattugliatore “Cigala Fulgosi” e la corvetta “Driade” hanno recuperato due gommoni con a bordo rispettivamente 102 e 100 persone, tutte imbarcate sulla “Etna”, come i sopravvissuti del gommone della nuova strage.

Le Nazioni Unite non si fidano di Triton, l’operazione dell’Agenzia Frontex che sostituirà l’operazione “Mare Nostrum”, interamente italiana ed estesa fino al limite delle acque territoriali libiche (Frontex pattuglierà un’area molto più limitata, fino a 30 miglia dalle coste italiane), perché ritengono che si “limiterà a difendere la frontiera marittima italiana”. “C’è il timore”, ha spiegato in una conferenza stampa Francois Crepeau, relatore speciale dell’Onu per i diritti dei migranti, “che l’estate prossima, senza un’operazione come Mare Nostrum, migliaia di persone moriranno. Chiudere gli occhi davanti a tale prospettiva non è una soluzione: queste persone continueranno a tentare l’attraversamento e continueranno a morire a causa dell’inazione dell’Europa”.

Secondo l’Onu, l’Italia ha compiuto “sforzi straordinari” con la sua operazione, salvando la vita ad oltre 150mila persone, ha detto Crepeau in un intervento oggi a Roma, alla Sioi. “E’ più importante proteggere una vita umana che proteggere un confine”, ha continuato definendo “cinica” l’affermazione secondo cui Mare Nostrum avrebbe attirato i migranti invece che servire da deterrente. “E’ una falsità – ha detto – ma anche se fosse vero cosa dovremmo fare, lasciarli morire in mare?”. Ciò che invece va fatto per scoraggiare i trafficanti, ha sottolineato, è lavorare sui reinsediamenti dei rifugiati nei paesi più ricchi e accantonare “politiche repressive che non scoraggiano i flussi migratori perché la speranza è sempre più forte della paura”. Cosi, ad esempio, “se pianificassimo io reinsediamento entro i prossimi cinque anni di un milione di rifugiati siriani, al mio paese, il Canada, ne toccherebbero 8 mila, un numero sostenibile”.

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