Sisma in Emilia: le vittime, i danni, il 2 giugno

da Help Consumatori

La terra continua a tremare in Emilia Romagna. Si contano 17 morti, 350 feriti, migliaia di sfollati, una strage di lavoratori morti nei capannoni dove avevano ripreso a lavorare e che si sono sbriciolati come castelli di carta. Questa mattina il Consiglio dei Ministri si è riunito per decidere le misure per l’emergenza e i provvedimenti da adottare. Le perdite nel settore agroalimentare sono calcolate in circa 500 milioni di euro. Con le case e i capannoni è venuto giù un intero patrimonio culturale e architettonico. Da ieri sera, è attivo il numero 45500 per inviare messaggi o chiamare da telefonia fissa e donare 2 euro per l’emergenza.

I DANNI. Il primo bilancio stilato dalla Coldiretti, relativo al settore agroalimentare, parla di circa un milione di forme di Parmigiano Reggiano e Grana Padano rovinate a terra dopo le ultime scosse e di danni per mezzo miliardo di euro. “Dai caseifici agli stabilimenti di lavorazione della frutta, dalla cantine alle acetaie di invecchiamento dell’aceto balsamico fino ai magazzini di stagionatura dei formaggi Grana e Parmigiano ma anche case rurali, stalle, fienili, macchinari distrutti e animali morti per un totale di 500 milioni di danni sono stati provocati dal terremoto tra le province di Modena, Ferrara, Piacenza, Mantova e Bologna ma anche tra Rovigo e Reggio Emilia”, è il primo bilancio di Coldiretti.

Il 2 GIUGNO. La richiesta sul web e sui social network rimbalza con forza da ieri: annullare la parata del 2 giugno, festa della Repubblica italiana, e destinare i fondi (almeno quelli che ancora non sono stati impiegati) alla ricostruzione delle zone colpite dal terremoto. Ieri il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha parlato di celebrazioni “sobrie” dedicate alle vittime del sisma: “Dedicheremo le sobrie celebrazioni del 2 giugno – ha detto il Capo dello Stato – al ricordo delle vittime del terremoto di questi giorni, al dolore delle famiglie, alla sofferenza delle popolazioni colpite. Le dedicheremo soprattutto a un rinnovato appello alla solidarietà nazionale e alla necessaria mobilitazione delle forze dello Stato e della società, nella certezza che possa valere l’esempio e rinnovarsi l’esperienza della straordinaria prova di coraggio e di volontà di rinascita di cui è stato teatro il Friuli nel drammatico 1976″.

Non tutti sono d’accordo. L’Aduc ricorda i ritardi nelle leggi antisismiche: “Questa sarebbe l’occasione per celebrare i funerali di uno Stato che ha fatto della negligenza e dell’inosservanza delle leggi un modus vivendi. La prima legge antisismica, in un Paese sismico, è del 1974, 27 anni dopo la proclamazione della Repubblica. Ci sono voluti altri 7 anni per varare il decreto di regolamentazione. I risultati sono, ancora una volta, i morti provocati dal terremoto in Emilia. In 40 anni si sono spesi 140 miliardi di euro per il post terremoto. Il Cnr calcola che basterebbero 8 anni per consolidare l’esistente oltre, evidentemente, a costruire bene.  Dov’è, dunque, la Repubblica che si vuole festeggiare?”.

Le Acli (Associazione cristiane lavoratori italiani) propongono che il 2 giugno sia una giornata di donazione per le popolazioni colpite dal sisma. “È la solidarietà che ci costituisce come comunità e che ci caratterizza come popolo. Gli italiani sapranno dare prova della loro generosità facendo ciascuno quanto possibile per aiutare e sostenere l’Emilia. Il 2 giugno, festa della Repubblica, potrebbe diventare la giornata nazionale della donazione per le popolazioni colpite dal terremoto – ha detto il presidente nazionale delle Acli Andrea Olivero – Esprimiamo il nostro cordoglio per le persone che hanno perso la vita, molte di loro mentre si trovavano al lavoro, tra questi anche lavoratori stranieri. La morte che avviene sui luoghi di lavoro – afferma Olivero – a distanza di pochi giorni da quanto di analogo accaduto con il crollo dei capannoni dopo le prime scosse, non può non farci interrogare sulle effettive condizioni di sicurezza di questi ambienti. La tutela della vita e del lavoro dovrebbe sempre precedere qualsiasi altra considerazione di ordine economico e organizzativo”.