Operazione “Cinemastore” contro la Sacra Corona Unita: 42 arresti a Lecce

(da Polizia di Stato)

Un’indagine durata circa tre anni ha portato all’arresto di 42 persone da parte della Squadra mobile di Lecce, mentre sono ancora sette i ricercati.

Si tratta di appartenenti ad un’organizzazione criminale affiliata alla Sacra Corona Unita, tutti indagati per il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, tentata estorsione, riciclaggio e tentata rapina.

Uno degli arrestati aveva il ruolo di responsabile su tutto il territorio di Lecce e dintorni a cui gli affiliati si rivolgevano per risolvere controversie e per garantire il rispetto delle regole imposte dall’organizzazione mafiosa. Altri invece, avevano il controllo di tutte le attività illecite a Lecce, come il traffico di droga, la riscossione dei crediti, la gestione del gioco d’azzardo, le estorsioni e la riscossione del “punto” sul commercio della droga. Quest’ultimo consisteva in una tangente che tutte le organizzazioni criminali “minori” dovevano pagare all’organizzazione maggiore che aveva il controllo di tutto il territorio.

L’operazione “Cinemastore” – dal nome del negozio del capoluogo salentino che nel 2009 fu obiettivo di un attentato dinamitardo e da cui partirono le indagini – ha evidenziato che l’associazione criminale utilizzava metodi violenti per controllare il territorio e per far valere le proprie condizioni.

Estorsioni, minacce , assoggettamento e omertà erano i principali metodi usati dagli affiliati.

L’indagine, condotta con intercettazioni telefoniche ed ambientali, servizi di osservazione e pedinamento, grazie anche alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, ha inoltre fatto luce sui forti legami che il gruppo aveva con esponenti della criminalità organizzata brindisina, alcuni dei quali arrestati stamattina.

Durante l’operazione sono stati sequestrati 200 grammi di cocaina ed un chilo e mezzo di hashish.

Mafia: sequestro di 25 milioni al fedele di Messina Denaro

(da Polizia di Stato)

Aveva creato un impero economico fatto di imprese che spaziavano dalla commercializzazione di prodotti agricoli all’edilizia e al settore turistico-alberghiero.

Michele Mazzara era un semplice coltivatore trapanese che aveva fatto le sue fortune grazie alla mafia. Un’escalation economica dovuta all’investimento di capitali illeciti.

Stamattina agenti della questura di Trapani e agenti della Guardia di finanza – del “gruppo di investigazioni” costituito da poco tempo dal questore – hanno sequestrato beni per 25 milioni di euro a Michele Mazzara, 52 anni, fedelissimo del boss Matteo Messina Denaro.

Arrestato nel 1997 per associazione mafiosa, Mazzara copriva la latitanza del capomafia latitante, trovandogli nascondigli sicuri e luoghi da usare per i summit.

Il criminale Michele ed i suoi prestanome, soprattutto a partire dagli anni ’90, hanno accumulato un immenso patrimonio immobiliare, con l’acquisto di ettari di terreno, poi ulteriormente accresciuto con analoghi e consistenti acquisti, a fronte di dichiarazioni al fisco di redditi pressoché inesistenti.

Tra i beni sequestrati 99 immobili – tra i quali terreni per 150 ettari e alberghi, 8 autovetture, tra cui due Suv , 17 automezzi agricoli, 86 tra conti correnti e titoli e 3 società operanti nella ristorazione, nell’edilizia e nell’assistenza per anziani.