Dia: vent’anni di lotta alla mafia

da Polizia di Stato

”In piena intesa con il capo della Polizia, prefetto Antonio Manganelli è stato deciso che le celebrazioni previste per la ricorrenza di San Michele Arcangelo si svolgeranno nel modo più sobrio e religioso possibile”. Lo ha detto il ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, durante la cerimonia per il ventennale della Dia, Direzione investigativa antimafia. Cancellieri ha precisato che la decisione ”è stata presa in comune accordo con il capo della Polizia per destinare ogni risorsa economica alla società civile”.

Prima del ministro dell’Interno sono intervenuti nell’ordine: il direttore della Scuola di perfezionamento per le forze di Polizia Vincenzo Giuliani, il direttore della Dia Alfonso D’Alfonso e il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso. Presenti alla cerimonia che è culminata con l'”annullo” del francobollo celebrativo del ventennale della nascita della Dia, le massime autorità civili e militari, tra cui il vice capo vicario della Polizia Nicola Izzo.

Il francobollo dedicato vuole ricordare non solo il ruolo svolto dalla Dia nel combattere la criminalità organizzata, ma soprattutto, il coraggio di chi ha sostenuto, fino all’estremo sacrificio, la difesa dei valori della società civile e combattuto per i diritti dei cittadini, come nel caso dei magistrati ritratti sul francobollo: Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Rosario Livatino.

L’uccisione del giudice Livatino, avvenuta il 21 settembre del 1990, coincide non a caso con la nascita della Dia, istituita proprio il 21 settembre, esattamente due anni dopo il suo assassinio. Tre magistrati, tre uomini che hanno ispirato lo Stato a dotarsi di moderne tecniche investigative per combattere la mafia che utilizza sempre più sofisticate e complesse tecniche criminali.

Mafia: volevano rinascere dalle ceneri, 47 arresti

da Polizia di Stato

Volevano costituire l’ottavo mandamento dell’Agrigentino, ma non hanno  fatto in tempo perché gli uomini della Squadra mobile di Agrigento, coordinati dal Servizio centrale operativo, stamattina li hanno fermati.

Sono stati eseguiti 49 provvedimenti di carcerazione: 47 persone sono state arrestate, mentre due sono riuscite a fuggire alla cattura.

Sono tutti accusati di associazione mafiosa, rapina, estorsione, danneggiamento, riciclaggio e di intestazione fittizia di beni.

L’operazione, denominata “Nuova cupola”, ha spezzato il nuovo organigramma di Cosa Nostra ad Agrigento; la struttura mafiosa si stava  riorganizzando dopo la cattura dei boss Giuseppe Falsone e Gerlandino Messina.

Tra gli arrestati imprenditori, insegnanti e anche un agente della polizia penitenziaria.

L’indagine è partita negli ultimi mesi del 2010, grazie al lavoro della Squadra mobile e del commissariato Frontiera di Porto Empedocle. Ed  è partita per osservare cosa accadeva dopo l’arresto dei due grandi capi: Messina e Falsone. Il monitoraggio ha permesso di mettere in luce  movimenti particolari e tentativi dei nuovi boss di condizionare la vita economica e imprenditoriale della zona agrigentina.

In particolare gli appartenenti al gruppo criminale esercitavano una forte pressione estorsiva nei confronti di imprese in modo da creare un  monopolio a favore delle ditte controllate da Cosa Nostra, con l’estromissione dal mercato di tutte le aziende che operavano nella legalità.

Anniversario Capaci, Monti: “Cercare la verità”

da  TG COM

“Non bisogna mai stancarsi di cercare la verità sulle morti di Falcone e Borsellino. Non esistono ragioni di Stato che possano giustificare ritardi nella ricerca della verità”. Lo ha detto il presidente del Consiglio, Mario Monti, a Palermo con il ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri, per inaugurare un monumento ai caduti nella lotta contro la mafia, nel ventennale delle stragi di Capaci e via D’Amelio.

Monti ha aggiunto che “non bisogna mai stancarsi di trovare la verità”. E bisogna farlo “per le vittime della mafia, per i familiari, per gli onesti, per i cittadini e per dare la speranza ai nostri figli”. “Sulle stragi di Falcone e Borsellino in questi anni sono emersi particolari che hanno fatto rivedere sentenze e pezzi mancanti che devono essere cercati fino in fondo”.

“Oggi dobbiamo dire con forza che non bisogna illudersi – ha affermato Monti – Cosa nostra non si sconfigge solo a Palermo, la ‘ndrangheta solo a Reggio Calabria e la camorra solo a Napoli. Tutto il nostro Paese deve impegnarsi nella lotta alle mafie, senza illudersi di esserne immuni”.

Il ricordo di Francesca Morvillo e degli uomini di scorta
“Francesca Morvillo – ha detto ancora Monti – scelse consapevolmente di spendere la propria vita a fianco di un uomo in costante pericolo di vita. Nessuno può sapere o immaginare come siano stati complessi quegli anni per lei, che aveva il difficile compito di sostenerlo nei momenti più duri, di condividerne i pensieri più intimi, di ricavare ogni tanto un momento di serenità insieme, di non farlo mai sentire solo”.

“Lo stesso vale per i tre uomini della scorta -Vito Schifani, Rocco Di Cillo e Antonio Montinaro- sapevano perfettamente di rischiare ogni giorno la vita scortando uomini e donne dello Stato che a Palermo lavoravano contro un nemico brutale e spietato, malgrado questo scelsero di mettere le loro capacità professionali, le loro competenze, le loro vite a servizio della lotta alla mafia”.

Elogio ai giovani
“Sto vedendo la manifestazione più bella, più forte e più viva contro la mafia, che è quella di questi giovani che sono qui. Questa è veramente la voglia di combattere la mafia. Magnifico!”, ha commentato il premier.

Brindisi, “Terrore non ci spaventerà”
A prescindere dal movente “di questo gesto atroce”, “tanti cittadini hanno voluto dimostrare che non si faranno spaventare dal terrore”. Lo ha detto Mario Monti durante il suo discorso al giardino della memoria dedicato alle vittime della mafia, a proposito di quella che ha definito “la strage di Brindisi”.

Napolitano: “Mafia resta problema per la democrazia. Ma non ci faremo intimidire”
“La mafia e le altre espressioni della criminalità organizzata restano un problema grave per la democrazia da perseguire con la più grande determinazione e tenacia” sulla strada dell’esempio di Falcone e Borsellino. Lo ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano prendendo parte alla commemorazione della strage di Capaci.

“Non ci facemmo intimidire, non lasciammo seminare paura e terrore né nel ’92 né in altre dure stagioni sconvolgenti; tantomeno cederemo ora” ha aggiunto Napolitano riferendosi ai recenti attacchi terroristici e ai rigurgiti mafiosi.

Napolitano:”Gli assassini di Melissa la pagheranno”
Dall’Aula Bunker dell’Ucciardone, il capo dello Stato ha poi voluto ricordare anche Melissa, la 16enne morta nell’attentato di Brindisi di sabato. “Questi nemici del consorzio civile e di ogni regola di semplice umanità avranno la risposta che si meritano – ha detto Napolitano-. Se hanno osato stroncare la vita di Melissa e minacciare quella di altri sedicenni aperti alla speranza e al futuro, e se lo hanno fatto a Brindisi in quella scuola per offendere la memoria di una donna coraggiosa, di una martire come Francesca Morvillo Falcone, la pagheranno, saranno assicurati alla giustizia”.

Mafia: colpito il clan Cursoti e il suo boss

da Polizia di Stato

Venti persone, compreso lo storico boss del clan dei Cursoti, Giuseppe  Garozzo, 63 anni, noto come “Pippu u maritatu” (Pippo lo sposato), sono state arrestate stamattina dalla Squadra mobile della questura di Catania.

Tutti sono accusati di associazione mafiosa, estorsione, traffico di stupefacenti, e detenzione di armi da guerra.

Il boss Garozzo, scarcerato alla fine del 2010 dopo quasi 18 anni di reclusione, stava tentando di riorganizzare la cosca dei Cursoti che era stata  decimata durante il periodo della sua detenzione.

Il ritorno del vecchio capomafia non è stato gradito dagli esponenti dei clan rivali che nel giugno del 2011 hanno tentato di ucciderlo,  ferendo lui e un’altra persona, in un agguato.

Giuseppe Garozzo è considerato dai poliziotti capo indiscusso di una delle più sanguinose frange del clan dei Cursoti, quella di  Catania. È stato uno dei promotori della faida mafiosa iniziata nel 1991 che causò in tre anni circa 300 morti ammazzati nella  contrapposizione tra clan per il dominio nella gestione degli affari criminali a Catania.

Un fermo è stato eseguito anche in Piemonte dove la cosca aveva una base logistica.

Cancellieri: «Alle intimidazioni bisogna rispondere con serenità e fermezza»

da Ministero dell’Interno

Il ministro dell’Interno ha riunito nella prefettura di Reggio Calabria i cinque prefetti della regione. A Locri, nel pomeriggio, ha incontrato i sindaci assicurando loro «il massimo impegno». Firmata dal PON Sicurezza la Convenzione per la Stazione Unica Appaltante

Il ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri ha incontrato questa mattina nella prefettura di Reggio Calabria i cinque prefetti della regione per fare il punto della situazione calabrese: «Ci siamo detti cosa fare per lavorare meglio – ha detto il ministro – ed è venuto da parte dei prefetti un forte impegno a lavorare».
Al termine della riunione il ministro Cancellieri si è spostato al teatro Cilea per partecipare ad una manifestazione promossa dal coordinamento nazionale antimafia ‘Riferimenti’, alla quale ha preso parte anche il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, in occasione del trentennale dell’omicidio dell’imprenditore Gennaro Musella, e che ha aperto le iniziative della tradizionale ‘Gerbera Gialla’.
Il ministro ha consegnato una targa del Capo dello Stato alla figlia dell’imprenditore, Adriana Musella, presidente di ‘Riferimenti’: «Musella è un eroe dei nostri tempi ha detto – è morto perchè voleva essere uomo, uno che esigeva i suoi diritti. Non è morto invano. Il suo esempio è un messaggio di speranza. In questi tempi è difficile essere giovani e per voi lo è ancora di più. Ma se non consentirete a nessuno di farvi rubare la vita, la morte di Gennaro Musella sarà un esempio fulgido».
Nel primo pomeriggio il ministro ha incontrato a Locri Maria Carmela Lanzetta, sindaco di Monasterace che aveva ricevuto intimidazioni, e poi i 42 sindaci che nelle scorse settimane avevano minacciato le dimissioni.
«Alle intimidazioni bisogna rispondere con serenità e fermezza, come abbiamo visto fare da qualche sindaco coraggioso» ha dichiarato il ministro, che ha proposto l’apertura immediata di un tavolo di concertazione tra Stato, Regione ed Enti locali. «Il tavolo di concertazione lo apriamo subito. Sono tematiche complesse che avranno bisogno dei loro tempi. L’unica cosa che mi sento di promettere e di cui sono certa è il massimo impegno non solo mio ma anche da parte degli altri componenti del Governo».
Per quanto riguarda il tema dei beni confiscati, il ministro ha detto che sull’argomento «si sta lavorando perchè il loro utilizzo sia fatto al meglio». Cancellieri ha ribadito anche che l’esecutivo intende porre un freno al problema dell’isolamento del comprensorio nel settore trasporti, del completamento in tempi rapidi della nuova statale 106, e lo sblocco delle risorse paralizzate dal patto di stabilità.
Alla presenza del ministro è stata poi firmata la Convenzione sulla Stazione Unica Appaltante tra l’Autorità di Gestione del PON Sicurezza, prefetto Nicola Izzo, il prefetto di Reggio Calabria Vittorio Piscitelli, il vice provveditore Interregionale per le Opere Pubbliche Sicilia e Calabria Livio Persano e i sindaci della Locride.

Estorsioni all’azienda del comune, 9 arresti a Foggia

da Polizia di Stato

Mettevano a segno continue estorsioni all’Amica, l’ente delegato dall’amministrazione comunale per la  gestione del verde pubblico, dei parcheggi e della raccolta rifiuti di Foggia.

Nove persone sono state arrestate, all’alba di questa mattina, dagli uomini della Squadra mobile di Foggia con l’accusa di estorsione aggravata dal  metodo mafioso.

Gli arrestati sono tutti personaggi di spicco della criminalità organizzata locale.

Le indagini hanno preso spunto dall’intimidazione fatta in danno della società da parte dei vertici della criminalità organizzata che  aveva imposto la permanenza di alcuni familiari all’interno dell’azienda.

Tra le persone coinvolte nel blitz anche l’ex presidente dell’Amica, accusato di falso.

On line la Relazione 2011 dell’Agenzia beni confiscati alla criminalità organizzata

da Ministero Interno

Più dell’83% degli immobili confiscati si concentra al Sud, il 5,44% al Centro e l’11,19% al Nord. Tra le finalità del loro reimpiego prevalgono quelle sociali, seguite da sicurezza e soccorso, uffici, sanità e scuole. Solo nel 2011 sono state sottratte ai clan 139 aziende

È consultabile da questa mattina sul sito dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (Anbsc), nella sezione ‘Relazioni’, la Relazione 2011 sull’attività dell’organismo, nato nel 2010 per dare un’incisiva accelerazione alla lotta contro la criminalità organizzata.
Oltre ad un rapporto statistico dettagliato su numero di beni confiscati, distribuzione geografica e loro destinazione, la Relazione riporta lo stato di applicazione del progetto R.E.G.I.O. sullo scambio telematico dei dati con il ministero della Giustizia e le novità introdotte dal Codice delle leggi antimafia, con le relative proposte di modifica presentate recentemente alla Commissione antimafia dal direttore dell’Agenzia Giuseppe Caruso.
I compiti dell’Agenzia si riconducono alla fase giudiziaria (dal sequestro alla confisca del bene) e amministrativa (dopo la confisca, destinazione e consegna). Nella prima fase l’Anbsc supporta l’autorità giudiziaria durante il procedimento; nella seconda, lavora per la destinazione del bene che deve avvenire entro 90 giorni dalla confisca. In entrambe le fasi l’Anbsc, che opera sotto la vigilanza del ministero dell’Interno, monitora i dati sui sequestri e le confische, e in base a questi programma la destinazione dei beni. Il Codice antimafia non ha modificato le attribuzioni dell’Agenzia, che ha come mission primaria la restituzione allo Stato e alle comunità locali dei beni illecitamente accumulati dai clan, nel minor tempo e nel migliore stato possibili.

Grafico a torta sulla distribuzione geografica beni confiscatiQualche dato sui beni confiscati

Questa la fotografia sintetica dei beni immobili confiscati definitivamente, per quantità e distribuzione geografica: al 31 dicembre 2011 sono in totale 10.438 i beni confiscati, tra immobili in gestione, destinati e consegnati, destinati non consegnati e usciti dalla gestione, solitamente per revoca della confisca o esecuzione immobiliare. Il 75% di questi beni si concentra in 3 regioni, Sicilia (con 4.649 beni pari al 44% del totale), Calabria e Campania, seguite da Puglia e Lombardia. Sul territorio italiano, tirando le somme, l’83,37% di questi beni si concentra al Sud, il 5,44% al Centro e l’11,19% al Nord.
Per quanto riguarda la loro destinazione, all’86,66% sono stati trasferiti al patrimonio indisponibile degli enti territoriali, quasi sempre i comuni dove sono ubicati,il restante 11,36% a Forze dell’ordine, Vigili del fuoco e Capitanerie di porto. Sotto il profilo delle finalità, cioè in concreto del loro riutilizzo, prevalgono quelle sociali seguite da quelle abitative, da sicurezza e soccorso pubblico, uffici, sanità, scuole, e altro. Le principali criticità che l’Agenzia incontra nella gestione, in attesa della confisca, dipendono dalla presenza di ipoteche o da procedimenti giudiziari in corso.
Le aziende confiscate al 31 dicembre 2011 sono in totale 1.516, di cui 139 nel solo 2011. Si trovano in 17 regioni italiane, ma la maggior parte (95%) si concentra in 6 regioni, Sicilia in testa. Il 69,7% è in gestione all’Agenzia, anche se molte sono senza dipendenti o in attesa di uscire dalla gestione, cosa che avviene nel 59,3% dei casi a seguito della loro cancellazione dal Registro delle imprese. A livello di distribuzione geografica, il 37% si trova in Sicilia, il 20,5% in Campania, e sono altre 4 le regioni – Lombardia, Calabria, Puglia e Lazio – con almeno 100 aziende confiscate presenti.
Infine, i beni mobili registrati. Al 31 dicembre 2011 risultano in totale 4.240, il 30,68% dei quali si trova in Sicilia.

Nuove difese contro i tentativi di infiltrazione mafiosa in Emilia Romagna

da Ministero dell’Interno

Alla presenza del ministro Cancellieri, siglato a Rimini un protocollo d’intesa tra il presidente e i prefetti della regione che riguarda il settore dell’edilizia privata
Crescono gli strumenti per combattere i tentativi di infiltrazione mafiosa, anche all’interno del settore privato. In Emilia Romagna è stato sottoscritto oggi un protocollo per far fronte al rischio di ingressi sgraditi nel tessuto economico del territorio che riguarda, in particolare, l’edilizia privata.

L’accordo, tra i prefetti e la regione Emilia Romagna, è stato siglato alla presenza del ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri nella Sala del Giudizio del Museo civico di Rimini. Presenti, tra gli altri, il presidente della regione Vasco Errani, l’assessore regionale alle Attività produttive Gian Carlo Muzzarelli, i rappresentanti regionali di Anci e Upi, i sindaci delle principali città emiliano-romagnole – compresi il sindaco di Rimini Andrea Gnassi e il sindaco di Bologna Virginio Merola – e dei presidenti delle province.

«Dobbiamo lavorare insieme», ha osservato il ministro Cancellieri. «Facendo sinergie si ottengono sicuramente risultati significativi».

Rimini, l'intervento del ministro Cancellieri

Il protocollo prevede la dematerializzare degli adempimenti e il miglioramento dello scambio di informazioni tra le pubbliche amministrazioni. Ha durata di due anni ed è rinnovabile per un ulteriore biennio. Va a completare l’attuazione della legge regionale 11 del 2010 che ha introdotto disposizioni per la promozione della legalità e della semplificazione nel settore edile e delle costruzioni a committenza pubblica e privata.
Grazie al protocollo, le prefetture si impegnano a considerare, tra i soggetti legittimati a richiedere la documentazione antimafia, anche le imprese affidatarie ed esecutrici di lavori per i quali è rilasciato dai comuni il permesso di costruire nel settore dell’edilizia privata. In caso di costruzioni di rilevante entità economica, il protocollo intensifica i controlli antimafia coinvolgendo l’Anci Emilia-Romagna.

«La legalità – ha sottolineato il presidente Errani – è un valore irrinunciabile per la nostra regione, e non da oggi. Questo è un ulteriore passo in avanti per estendere le cautele antimafia anche nel settore privato». «Uno dei valori che deve essere rimesso al centro – ha proseguito – è la leale collaborazione tra istituzioni, senza primogeniture o protagonismi».

Mafia, una grande questione nazionale

da Ministero dell’Interno

Il ministro dell’Interno Cancellieri nel corso di un’audizione al Senato davanti alla commissione bicamerale Antimafia: «Atteggiamenti omertosi sembrano replicare stili comportamentali tipici di scenari a legalità debole»

È ormai il caso di parlare di «questione settentrionale». Questa mattina il ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri ha lanciato un allarme sulla presenza di infiltrazioni mafiose nel Nord Italia.

«Recenti analisi investigative – ha riferito nel corso di un’audizione davanti alla commissione Antimafia al Senato – guardano con preoccupazione all’affermarsi, anche oltre i confini del Mezzogiorno, di atteggiamenti omertosi che sembrano replicare stili comportamentali tipici di scenari a legalità debole». Emergerebbe, infatti, «la pressoché totale assenza di segnali reattivi»: su 199 operatori economici vittime di atti di aggressione, solo uno ha sporto denuncia.

L’analisi secondo cui l’infiltrazione al Nord sarebbe un fenomeno confinato alle attività di riciclaggio e reinvestimento di capitali illeciti appare al ministro dell’Interno «poco attuale e fuorviante». Il pericolo maggiore, secondo Cancellieri, è percepire la questione solo come un problema criminale al quale dare una risposta prevalentemente repressiva. Invece, ha spiegato il ministro, il fenomeno «evoca aspetti di tale complessità sul piano sociale, culturale e soprattutto politico, da richiedere un impegno, severo e profondo, di uguale complessità».

«Le preoccupazioni – ha rilevato Cancellieri – nascono dalla pervasività dei fenomeni corruttivi che non solo affliggono, come ha ricordato il presidente della Corte dei Conti, il settore delle pubbliche amministrazioni, ma che rappresentano un’alterata modalità relazionale anche nei comportamenti dei privati». Trascurare il fenomeno nel privato, oltre a determinare effetti distorsivi per il mercato, lascerebbe «un varco troppo invitante per gli appetiti criminali».

Cancellieri ha segnalato anche «la difficoltà di intercettare il percorso migratorio delle organizzazioni criminali» che si mimetizzano affermando la loro presenza con modalità quasi sempre incruente. La mafia calabrese, ad esempio, «a differenza di altre consorterie, costituisce proprie strutture nei territori di nuovo insediamento».

Un altro segnale viene dai dati sui beni sequestrati. Dal 2009 ad oggi, ha riferito il ministro Cancellieri, sono stati sequestrati 5.974 beni alla criminalità organizzata nelle regioni del Nord, per un valore di circa un miliardo e mezzo di euro. Le confische hanno riguardato 1.606 beni. La maggior parte dei sequestri (2.798 per un valore di oltre un miliardo di euro) è stata fatta in Lombardia, seguono Piemonte (1.658) e Liguria (804).

Per quanto riguarda i giochi e le scommesse, ha riferito il ministro, è stata registrata «una crescita vertiginosa» che ha attirato gli interessi della criminalità organizzata e comportato, con la compulsività del gioco e il coinvolgimento dei minori, conseguenze «talora devastanti per la collettività e l’economia delle famiglie». Cancellieri ha quindi evidenziato l’opportunità di introdurre nel nostro ordinamento penale nuove norme anche se la collocazione fuori dal territorio nazionale di molte centrali di scommessa costituisce un serio ostacolo al lavoro investigativo.

Per quanto riguarda i provvedimenti di scioglimento delle amministrazioni locali per mafia, il ministro ha riferito che nei primi due mesi del 2012 ne sono stati disposti cinque, a fronte dei sei adottati complessivamente in tutto il 2011 e anche in tutto il 2010.

Nuovi sportelli antiracket a Caltanissetta e Caserta

da Ministero Interno

Il progetto di Confindustria e Commissario antiracket, finanziato dal Pon sicurezza, è stato presentato nella prefettura della provincia siciliana in presenza del ministro dell’Interno e del presidente di Confindustria. Cancellieri: al lavoro per il rating antimafia alle imprese

Nascerà a Caltanissetta e a Caserta una rete di sportelli antiracket a sostegno delle imprese che denunciano. È il contenuto del progetto ‘Caltanissetta e Caserta, città sicure e moderne’ presentato questa mattina nella prefettura del capoluogo nisseno dal presidente di Confindustria Caltanissetta Antonello Montante, che ha firmato la relativa convenzione in presenza del ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri, del presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, del commissario straordinario antiracket Giancarlo Trevisone e del vice capo della Polizia Nicola Izzo.

Si tratta di un progetto pilota sul quale si è cominciato a lavorare 10 anni fa, quando Confindustria Sicilia adottò il codice etico che impegna gli imprenditori aderenti a denunciare il ‘pizzo’. È finanziato con fondi del Pon sicurezza 2007-2013 e realizzato da Confindustria con il supporto del Commissario antiracket e antiusura, soggetto beneficiario dei fondi. L’iniziativa punta non solo a sostenere le aziende che decidono di sganciarsi dal condizionamento della criminalità ma anche a fare cultura d’impresa e di legalità, facendo conoscere tutti gli strumenti esistenti per opporsi al racket senza dover soccombere.

Il messaggio da parte delle istituzioni è che «Lo Stato c’è e ce la metterà tutta, chi vuole denunciare troverà sempre una porta aperta». Così il ministro Cancellieri ha commentato il progetto, aggiungendo, senza dimenticare il ruolo della società civile, che «se la gente non decide di aiutarci non si arriverà a nessun risultato». Concetti ribaditi dal commissario antiracket Trevisone, per il quale «la lotta alla criminalità organizzata non deve essere compito esclusivo di magistrati e forze dell’ordine, ma è necessario che tutti si espongano e prendano posizione, dalla società civile alle associazioni di categoria».

L’impegno nella lotta contro il racket è forte anche da parte di Confindustria, che attuerà materialmente il progetto. Lo ha sottolineato la presidente Marcegaglia ricordando che si tratta di una delle mission dell’associazione, che ha aderito a livello nazionale al modello lanciato in Sicilia operando una «scelta complessa perché significava espellere le imprese che non pagano il pizzo».

Il ministro Cancellieri, che ha ribadito il suo favore per l’assegnazione di un ‘rating‘ antimafia alle imprese, annunciando che «il progetto è già in stato avanzato», dopo la firma della convenzione si è recato con Marcegaglia nella sede dell’Area di sviluppo industriale della provincia di Caltanissetta (Asi), dove ha incontrato gli industriali del territorio.