Operai trattati come schiavi: 2 arresti in Abruzzo

fonte Polizia di Stato

Sfruttavano cittadini stranieri e bisognosi facendoli lavorare in condizioni disumane; e così, dopo un’approfondita indagine, gli uomini del commissariato di Lanciano (Chieti) hanno arrestato 2 persone.

Si tratta di un italiano e un rumeno ritenuti responsabili del reato d’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.

L’indagine ha dimostrato come molti operai fossero sfruttati, malmenati, obbligati a lavorare in luoghi insalubri e costretti a dimettersi dal lavoro o licenziati in tronco, senza essere pagati.

Addirittura alcuni operai regolarmente assunti, dopo essere stati verbalmente licenziati mediante intimazione a non presentarsi più sul luogo di lavoro, si accorgevano solo successivamente che era stata comunicata la loro volontaria dimissione all’ufficio provinciale del lavoro, mediante l’invio, da parte della ditta, di una lettera mai firmata dagli stessi.

Durante le intercettazioni sono emerse situazioni di grave stato di bisogno e di necessità in cui versavano alcuni operai stranieri; questi lavoravano senza ricevere denaro ed erano costretti a richiedere piccole somme per soddisfare esigenze di prima necessità e per mangiare.

Holding del sesso nel centro di Ragusa

fonte Polizia di Stato

Aveva messo in piedi una vera e propria impresa della prostituzione a Ragusa il brasiliano arrestato dalla Squadra mobile iblea. L’uomo, oltre a prostituirsi personalmente, gestiva tre case dove sfruttava donne o transessuali stranieri.

Il meccanismo si è inceppato quando ha deciso di invitare in Italia una prostituta cinquantenne dominicana che viveva in Spagna. Il giro di affari promesso alla prostituta era enorme ma appena arrivata in Italia, la donna ha dovuto constatare che il suo contatto in Italia gli faceva pagare cifre enormi per tutto: trasferimenti in auto, affitto dell’appartamento, annunci su siti internet; alla donna non rimaneva nemmeno di che vivere.

La sudditanza psicologica era anche accentuata dalla mancata conoscenza della lingua tanto che, ad un certo punto, l’uomo le aveva tolto il cellulare. Il brasiliano prendeva contatto con i clienti italiani, direttamente stabilendo prezzi, tipologia di prestazioni e orari.

La donna, dopo poche settimane, decideva quindi di rivolgersi alla Polizia che, presa la denuncia, iniziava l’attività di indagine acquisendo video, audio e prove materiali per incastrare lo sfruttatore.

Per i soli affitti delle stanze l’arrestato guadagnava 2.600 euro al netto più una parte degli incassi di uomini e donne che si prostituivano sotto il suo controllo.

Nel caso della denunciante la somma era pari al 50% degli incassi per le prestazioni. Accertate anche minacce e violenze fisiche sulla denunciante.

Le altre persone, che si prostituivano negli appartamenti sequestrati, hanno preferito, per evidente paura di ritorsioni, non denunciare il loro sfruttatore.

Prostituzione: a Pescara sei cinesi arrestati

fonte Polizia di Stato

Operazione antiprostituzione questa mattina a Pescara con sei cinesi finiti in manette.

Gli arrestati, tre uomini e tre donne, tutti con regolare permesso di soggiorno, sono accusati di associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione e al favoreggiamento dell’ immigrazione clandestina.

La Squadra mobile di Pescara, in collaborazione con quelle di Venezia, Prato, Rimini e Padova, anche grazie alle dichiarazioni di una di una delle ragazze liberate dopo l’operazione, ha ricostruito un giro d’affari di almeno 90 mila euro al mese. Il denaro che l’organizzazione criminale intascava finiva poi in Cina attraverso operatori finanziari.

Il centro dell’organizzazione era a Venezia, mentre le ragazze si prostituivano in tre appartamenti di Pescara e provincia.

Per trovare i clienti, la banda pubblicava annunci sui giornali locali ricorrendo a inserzioni con avvenenti ragazze nude o seminude che offrivano massaggi.

Erano inoltre i membri dell’ organizzazione a tenere i contatti con i clienti e a comunicare il loro arrivo alle prostitute che, di solito, non sapevano neppure parlare l’italiano.

Gli sfruttatori non si facevano scrupolo nel sollecitare le connazionali a soddisfare ogni richiesta dei clienti, anche quando si trattava di concedere rapporti non protetti.

L’indagine, durata un anno, con appostamenti, pedinamenti e intercettazioni telefoniche, ha messo in luce anche come il mercato del sesso “low cost” a Pescara fosse in mano ai cinesi.

Non a caso le prostitute venivano chiamateoperaie“, in quanto impiegate come in una fabbrica, con prezzi fortemente concorrenziali, le prestazioni partivano da 30 euro.

Le ragazze ricevevano periodicamente la visita del capo dell’organizzazione, una donna, o dei suoi emissari, che le rifornivano di cibo e tutto il necessario per vivere e lavorare; in quella stessa occasione riscuotevano gli incassi.

Carabiniere violentava turiste straniere ospitate con Couchsurfing

di Il Corriere

Il militare di Padova era già stato arrestato un anno fa. Adesso lo accusano 16 ragazze di tutto il mondo. Intontiva le ragazze con droga nel vino e poi abusava di loro

Si faceva chiamare Leonardo, ma il realtà si chiama Dino Maglio, ha 35 anni e faceva il carabiniere a Padova. Adesso è nel carcere di Santa Maria Capua Vetere: 16 ragazze straniere giovanissime lo accusano di violenza sessuale. Secondo quanto ricostruito dal pm Giorgio Falcone l’uomo ospitava in casa le turiste straniere tramite il sito Couchsurfing, conosciuto in tutto il mondo perché permette di offrire e trovare ospitalità per viaggiare in tutto il mondo. Ma dopo aver accolto le sue ospiti con gentilezza e averle accompagnate per un giro turistico in città le drogava con un «vino speciale», come lui lo presentava. Mischiato infatti c’era sonnifero (poi sequestrato nella sua abitazione) e le ragazze, intontite, venivano violentate. Un copione che si è ripetuto molte volte, probabilmente gli episodi sono stati almeno 16 e hanno coinvolto polacche, portoghesi, americane, tre amiche della Repubblica Ceca, due giovani di Hong-Kong, una tedesca, un’argentina, un’armena, una canadese e un’australiana. La storia è stata raccontata sull’Espresso che ha raccolto le testimonianze delle ragazze.

Il primo arresto
Dino Maglio è stato arrestato un anno fa dopo la denuncia di una sedicenne australiana, ospitata a Padova con la madre e la sorella. Era stata proprio la madre ad accorgersi che qualcosa di molto grave era accaduta alla figlia, dopo averla trovata nel letto di Dino, senza mutandine, in stato di semi incoscienza. Parte la denuncia. Dino Maglio viene arrestato. Lui nega e dice: «Era consenziente». La ragazza invece lo accusa di stupro e racconta di non essere riuscita a fuggire perché intontita da qualcosa. Il famoso vino.

I domiciliari e nuovi profili Couchsurfing
Il carabiniere ottiene i domiciliari. Si riscrive a Couchsurfing con altro profilo e ricomincia da capo. Ospita altre ragazze, le violenze si ripetono e viene arrestato di nuovo (e sospeso dall’Arma). Sul profilo Couchsurfing di Maglio compaiono le prime recensioni negative ma lui minaccia le sue vittime attraverso i social e intima loro di cancellare quei commenti facendosi forza proprio del fatto di essere carabiniere. La security di Couchsurfing ha più volte cancellato il profilo del carabiniere e anche quelli nuovi che ha aperto dopo le segnalazioni delle ragazze.

Il processo
Ora Dino Maglio attende il processo che comincerà il 17 marzo a Padova. Oltre all’australiana lo accusano altre sette ragazze che hanno presentato denuncia. Le altre hanno raccontato la loro storia al centro di giornalismo d’inchiesta Irpi (Investigative Reporting Project Italy).

I racconti
I racconti delle turiste straniere sono tutti tremendamente identici. Una polacca racconta: «Mi sono trovata nel letto con Dino, ero intorpidita, non riuscivo a muovermi. Quando ho ripreso conoscenza mi stava violentando». Una giovane della Repubblica Ceca in compagnia di una portoghese ricorda: «Siamo tornati alle sei del mattino, lui ha insistito a volerci far bere del vino speciale. A un certo punto vedevo doppio, non riuscivo più ad alzarmi. Ha iniziato a toccarmi, si è sdraiato su di me e io non riuscivo ad andare via. Poi non ricordo più niente».

Lavoro: stranieri contro stranieri. Sfruttati e sfruttatori

di Corriere della Sera

Nell’Italia che arranca nel tentativo di lasciarsi alle spalle Pil poco competitivi, indici da recessione e scenari a tinte fosche, arrivano notizie tra luci e ombre sui lavoratori stranieri . Due le storie emblematiche. La prima vicenda racconta di «caporali» indiani che nel Padovano sfruttano in nero e brutalmente dei connazionali irregolari. La seconda storia invece, rivela una truffa da 3 milioni di euro all’Inps: lavoratori stagionali bengalesi del settore turistico alberghiero a Jesolo e dintorni, percepivano indennità di disoccupazione non dovute. I carabinieri del comando provinciale di Padova hanno eseguito quattro arresti a Correzzola dopo un’indagine denominata «Baba» sullo sfruttamento del lavoro nero. L’organizzazione composta da cittadini indiani, responsabili a vario titolo di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, estorsione e sfruttamento della manodopera nel settore agricolo, era in grado di far entrare clandestinamente in Italia decine di cittadini indiani. Le tariffe sborsate, oscillavano dai 6.500 agli 8.000 euro a testa e il lavoro procurato in un’azienda agricola veniva pagato 4 euro l’ora.

Non finisce qui. In cambio di un tetto fatiscente, i «caporali» indiani chiedevano anche una percentuale sui guadagni e una quota per vitto e alloggio. Vita da sfruttati. E guai a protestare. Un bracciante che si era lamentato, è stato ferito a colpi di machete. L’altra vicenda significativa arriva dal Veneziano. Oltre 330 lavoratori bengalesi, impiegati negli alberghi per la stagione estiva dal 2005 al 2013, incassavano un’indennità di disoccupazione da 1.200 euro al mese per 8 mesi dopo averne lavorato 4. Poi si facevano riassumere per la stagione e ricominciavano il giro. Ecco i «furbetti» stranieri. Ora l’Inps vuole recuperare le indennità illegali con l’aggiunta di una sanzione da 2,5 milioni di euro. Obiettivo: pignorare gli stipendi di chi ha raggirato il nostro sistema previdenziale. Le due vicende confermano lo scenario di crisi che investe anche gli stranieri, costretti da un lato a lavorare a 4 euro l’ora, dall’altro, pur di guadagnare le cifre di qualche anno fa, a truffare l’Inps. Non a caso Bankitalia fornisce un dato che fa riflettere: nel 2013 ammontano a 5,5 miliardi di euro le somme che gli immigrati stranieri in Italia hanno inviato alle loro famiglie d’origine. E’ il dato più basso degli ultimi sette anni e corrisponde a poco più della stessa cifra, attualizzata, che gli emigranti italiani inviavano nel nostro Paese nel 1968 (5,1 miliardi di lire). Dunque, lo stesso importo. Con un dettaglio: sono trascorsi 46 anni.