Lotta al lavoro nero: operazione delle Forze dell’ordine nel reggino

Continuano nel territorio reggino le operazioni di prevenzione e di contrasto al caporalato e al lavoro nero. Sono state controllate 3 aziende presenti nei distretti di Rosarno, Candidoni e Taurianova oltre a 18 cittadini extracomunitari e 18 cittadini comunitari. Sulle aziende sono in corso anche accertamenti da parte dell’Ispettorato del lavoro per valutare le posizioni dei titolari e dei dipendenti.

Sono state elevate tre sanzioni amministrative per violazione della normativa sulle assunzioni e una persona è stata denunciata in stato di libertà per il reato di riduzione o mantenimento in schiavitù per aver adibito un caseggiato fatiscente a dormitorio, imponendo il pagamento di un canone. Una quarantina gli uomini della Polizia di Stato, dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, del Corpo Forestale dello Stato, della Polizia Provinciale, dell’Ispettorato del Lavoro e dell’ASP di Reggio Calabria impegnati nell’operazione.

I servizi sinora svolti hanno riguardato i quadranti del territorio in cui maggiore e la presenza di cittadini stranieri e in particolare le aziende operanti nella Piana di Gioia Tauro, in particolare, Gioia Tauro, Rosarno, San Ferdinando, Melicucco, Serrata, Candidoni, Rizziconi, Varapodio, Taurianova.

L’operazione interforze, avviata nel mese di novembre nella Piana di Gioia Tauro e in altre zone del territorio provinciale dove maggiormente si registra la presenza di immigrati impiegati nelle raccolta di prodotti stagionali, si inserisce nell’ambito misure stabilite nella direttiva del ministro dell’Interno del 23 aprile 2014 denominata “Focus ‘ndrangheta – Piano d’azione nazionale e transnazionale” e ha riguardato imprese legate ai processi di trasformazione e di industrializzazione dei prodotti agro-alimentari.

fonte Ministero dell’Interno

Pavia: furti al Policlinico, 13 arresti

Tutto è partito da una denuncia sporta nel 2013 da un ex dipendente di una cooperativa costretto a licenziarsi perché non voleva adeguarsi alle loro ruberie di cibo all’interno dei locali della mensa e cucina del Policlinico. È successo a Pavia dove la Squadra mobile ha arrestato 12 dipendenti del Policlinico San Matteo ed uno di una cooperativa di servizi ausiliari di pulizia per reati di peculato e furto aggravato. Gli arrestati sono responsabili di ben 222 episodi di furto. Le persone indagate sono 48.

Dalle indagini i poliziotti hanno potuto constatare come il reparto mensa e cucina dell’ospedale, negli orari di cambio turno e serali, fosse preso d’assalto come un vero e proprio supermercato, così come le celle frigorifere fossero diventate luoghi di “spesa” dove le persone prendevano e imboscavano la merce.

Anche una guardia giurata, addetta al servizio di vigilanza interno, che avrebbe dovuto vigilare che ciò non accadesse, commetteva furti ed attualmente risulta indagata.

fonte Polizia di Stato

Genova: donna con il vizio del gioco gestiva giro di prostituzione

Gestivano un giro di prostituzione nel quartiere Sampierdarena di Genova, i quattro familiari di origine romena che sono stati arrestati questa mattina dalla Squadra mobile della città ligure.

Approfittando dello stato di estrema indigenza di alcune famiglie in Romania, l’organizzazione criminale attirava in Italia ragazze giovanissime convincendole poi a prostituirsi nelle strade del capoluogo ligure.

A capo della Banda di sfruttatori una donna di 61 anni con il vizio del gioco; gli investigatori hanno infatti accertato che il denaro intascato veniva, solo in parte, inviato in Romania mentre somme consistenti venivano sperperate, dalla donna, in sale bingo e alle slot machine.

Oltre al gioco, la donna, investiva i guadagni illeciti anche in gioielli.

fonte Polizia di Stato

Presi 4 trafficanti di schiave del sesso, le minacciavano con il voodoo

Una foto, ciocche di capelli, peli e unghie erano gli elementi usati dai “Baba-loa” per sottoporre a rito voodoo le giovani ragazze prima di imbarcarle per l’Europa e farle diventare schiave del sesso da vendere sui marciapiedi.

Al termine dell’operazioneBaba-loa“, coordinata dal Servizio centrale operativo, la Squadra mobile di Ragusa ha messo le manette a quattro persone, un uomo e tre donne, accusati di far parte di un’organizzazione internazionale dedita alla tratta di giovani donne nigeriane, illegittimamente introdotte nel nostro Paese con lo scopo di sfruttarle avviandole alla prostituzione. I reati sono inoltre aggravati dal fatto che il gruppo criminale agiva in più Stati, in particolare Libia, Nigeria e Italia.

Gli arresti sono stati effettuati a Novara, Ferrara e Napoli in collaborazione con le locali Squadre mobili.

Gli sfruttatori approfittavano dello stato di estrema povertà delle vittime e delle loro famiglie, riuscendo facilmente ad ingannarle con il miraggio di un lavoro lecito con il quale avrebbero ripagato il costo del trasferimento (circa 400 euro) e inviato soldi a casa.

L’indagine è iniziata nel febbraio scorso quando, durante uno dei tanti sbarchi di migranti nel porto di Pozzallo (Ragusa), gli uomini della Mobile ragusana hanno notato la presenza di moltissime giovani donne di origine nigeriana.

Grazie anche all’aiuto di una giovane interprete nigeriana, anche lei sbarcata qualche anno fa a Pozzallo e sottratta dalla Polizia alla vita da marciapiede, i poliziotti sono riusciti a convincere una delle migranti a raccontare la sua storia agli investigatori.

Come tutte le altre ragazze cadute nella rete, anche lei sperava di poter studiare e lavorare come baby sitter o badante, prima di rendersi conto, quando ormai era troppo tardi, che in realtà il suo futuro sarebbe stato quello di vendersi sui marciapiedi italiani per “restituire” all’organizzazione un debito di circa 30mila euro.

Il rito voodoo con il quale il Baba-loa le aveva benedette prima di partire, si rivelava in realtà l’arma principale con la quale le vittime venivano terrorizzate e soggiogate, insieme a vere e proprie minacce fisiche a loro e alle loro famiglie. Il “Baba-loa” è una figura religiosa tradizionale molto diffusa e rispettata, soprattutto nelle zone della Nigeria meridionale, con tanto di albo professionale di categoria.

La ragazza aveva imparato a memoria un numero di telefono di una donna, la “maman” che l’avrebbe prelevata e inserita nel meccanismo dell’organizzazione. Proprio mettendo sotto controllo quel numero di telefono gli investigatori sono risaliti agli altri membri del gruppo criminale e alla sua struttura organizzativa.

Alcune delle vittime diventavano esse stesse carnefici e diventavano delle “maman”, in modo da estinguere il debito senza prostituirsi.

L’attività investigativa ha portato all’individuazione di tre diramazioni italiane dell’organizzazione, proprio nelle città dove sono stati effettuati gli arresti.

fonte Polizia di Stato

A Milano 4 arresti per tratta di esseri umani

Ammontava anche a 70mila euro il debito che alcune prostitute nigeriane, ridotte in schiavitù, dovevano ad una rete criminale specializzata nella tratta di esseri umani. Così, dopo un’indagine durata più di un anno, la Squadra mobile di Milano ha arrestato quattro cittadini nigeriani che avviavano giovani donne alla prostituzione in provincia di Milano.

L’organizzazione operava già dalla Nigeria; le ragazze infatti venivano sottoposte ad una variante del rito voodoo con cui si sottomettevano psicologicamente.

Dopo questa preparazione arrivavano nel nostro Paese, in molti casi attraversando il deserto, e poi a bordo di barconi dalla Libia a Lampedusa.

In Italia, inizialmente erano affidate a una “madame” che le avviava alla prostituzione facendo credere loro di essere debitrici di grosse somme di denaro per esser state “aiutate” a raggiungere l’Europa.

Almeno 9 le ragazze individuate dagli investigatori di cui 4 quelle collocate in una comunità di recupero del comune di Milano.

Gli agenti hanno recuperato, inoltre, anche dei quaderni in cui la madame teneva la contabilità che avrebbe reso libere per sempre le ragazze.

fonte Polizia di Stato

Massaggi orientali a luci rosse, 10 arresti a Brindisi

 Costringevano giovani ragazze orientali a prostituirsi nei centri benessere e massaggi gestiti dalla loro organizzazione criminale, che in questo modo incassava fino a 150mila euro al mese.

Questa mattina, gli agenti della Squadra mobile di Brindisi li hanno arrestati. Si tratta di 10 persone, otto di origine cinese e due italiane, finite in carcere al termine dell’operazionePeonia rossa“, dal nome di uno dei centri individuati dagli investigatori.

Altre cinque persone, anch’esse italiane, sono indagate in stato di libertà.

Devono tutte rispondere di associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione e al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

L’indagine è iniziata a Brindisi, in seguito alle segnalazioni effettuate da alcune associazioni e abitanti delle zone dove si trovavano i centri. In seguito, sono state individuate diramazioni dell’organizzazione anche a Lecce, Gallipoli e Taranto.

Gli agenti della Mobile hanno verificato le segnalazioni ed hanno iniziato subito ad indagare con intercettazioni telefoniche, ambientali e riprese video, che hanno documentato l’attività illegale svolta dalle finte massaggiatrici con gli occhi a mandorla.

Le ragazze, tutte giovanissime, avevano un tariffario che andava da 35 a 80 euro, a seconda dei “servizi” richiesti.

Se queste schiave del sesso tentavano di ribellarsi subivano violenze e minacce, anche di morte, sia nei loro confronti che verso i loro familiari.

Tra gli arrestati anche un docente dell’Università del Salento, che si è scoperto essere il leader dell’organizzazione criminale.

fonte Polizia di Stato

Estorsione ventennale, 8 arresti a Catanzaro e sequestri per 1,5 milioni

 Sono accusate di concorso in estorsione continuata, aggravata dalla metodologia mafiosa, le otto persone arrestate dagli agenti della Squadra mobile di Catanzaro al termine dell’operazione “Scheria”.

Si tratta di esponenti delle cosche di ‘Ndrangheta Gallelli e Procopio-Mongiardo, attive nel basso versante jonico del capoluogo calabrese.

Nell’ambito della stessa indagine gli uomini della Guardia di finanza hanno contestato ad alcuni indagati anche il reato di intestazione fittizia di beni, aggravata dalla metodologia mafiosa, e sottoposto a sequestro preventivo d’urgenza due aziende, quote societarie, nonchè beni immobili e mobili, per un valore complessivo di circa un milione e mezzo di euro.

L’attività investigativa, condotta dalla Mobile catanzarese e coordinata dalla locale Procura distrettuale antimafia, ha fatto luce in particolare sulla pressante attività estorsiva posta in essere dalle ‘ndrine locali nei confronti di un imprenditore edile della zona, sottoposto a una vessazione ventennale.

La vittima era costretta a pagare un pizzo annuale, in percentuale agli appalti realizzati, come per esempio il 3 per cento su un affare di circa 500mila euro per la costruzione di un sottopasso ferroviario nel comune di Sant’Andrea Apostolo dello Ionio. Il pagamento veniva definito “panettone” perché contenuto in pacchi natalizi consegnati nel periodo delle feste.

Gli investigatori hanno valutato in circa 200mila euro l’ammontare pagato dall’imprenditore alle famiglie che si alternavano periodicamente nel controllo della zona.

Se non pagava o ritardava qualche “rata”, scattavano subito le intimidazioni sotto forma di minacce o danneggiamenti, che nel tempo hanno superato come valore il totale pagato in denaro.

fonte Polizia di Stato

Presi a Salerno due truffatori seriali con 1.100 anziani nel mirino

Li seguivano da settimane e finalmente li hanno presi, subito dopo aver messo a segno l’ennesima truffa ai danni di persone anziane.

Si tratta di due uomini, G.R. di 48 anni e R.B. di 50, entrambi di origine campana, bloccati dagli agenti della Squadra mobile di Salerno mentre uscivano da un condominio di via Vernieri. Avevano appena truffato una signora anziana dopo averle riferito telefonicamente che il figlio aveva urgentemente bisogno di soldi. Risultato del raggiro circa mille euro in contanti e gioielli per un valore approssimativo di 2mila euro.

Nell’auto dei truffatori i poliziotti hanno trovato una valigetta dentro la quale c’erano nomi, indirizzi e numeri di telefono di 1.100 persone anziane residenti nella provincia di Salerno e Caserta. Gli investigatori stanno verificando se qualcuno di questi fosse stato già contattato dai malfattori o se si trattava dell’elenco dei futuri probabili obiettivi.

I due pregiudicati erano stati individuati da alcune settimane grazie ai sistemi di videosorveglianza presenti in città e ai riscontri sulle celle telefoniche che avevano agganciato i loro cellulari nelle zone dove negli ultimi tre mesi si erano verificati colpi analoghi, dei quali i truffatori sono sospettati di essere gli autori.

Si presentavano alle vittime come amici o conoscenti di coniugi o parenti e riferivano notizie, positive o negative, in merito a necessità impellenti dei loro figli, ad esempio per problemi di salute o per rimborsi bancari o assicurativi da riscuotere in cambio di denaro.

Spesso le persone truffate non si rendevano subito conto di ciò che avevano subito, come nel caso del colpo messo a segno dagli indagati poco prima di essere arrestati.

Infatti quando gli agenti sono andati dalla vittima per metterla al corrente di ciò che le era realmente accaduto, questa ha stentato a credere addirittura che fossero poliziotti veri, confidando nella telefonata del figlio che avrebbe dovuto chiamarla per ringraziarla dell’aiuto che le aveva dato.

Continuano le indagini per verificare come i malviventi abbiano ottenuto quegli elenchi così particolareggiati, corredati anche di notizie utili per eventuali truffe future.

fonte Polizia di Stato

Sfruttamento della prostituzione: sette arresti a Crotone

 Operazione contro lo sfruttamento della prostituzione della Polizia di Stato a Crotone, con sette arresti di cui 5 in carcere e due ai domiciliari.

Si tratta di due italiani e di cinque romeni accusati di aver costretto, a prostituirsi, con violenza e minacce, giovani ragazze romene e bulgare, giunte in Italia con la speranza di trovare un lavoro.

Le indagini della Digos e della Squadra mobile di Crotone sono il proseguimento di un’altra indagine, denominata “Green Book“, conclusa a giugno scorso con 16 persone indagate per associazione a delinquere finalizzata alla produzione di documenti falsi ed al favoreggiamento della immigrazione clandestina.

Gli investigatori hanno indagato sui flussi migratori nella provincia, mettendoli in connessione con l’incremento della prostituzione di donne provenienti per lo più dall’est europeo; alla fine sono arrivati al gruppo di cittadini romeni e italiani residenti a Crotone che si erano spartiti il territorio nella gestione del racket della prostituzione.

I poliziotti hanno anche accertato che le giovani donne, in più di un’occasione, hanno subito violenze e maltrattamenti quando non volevano sottostare allo sfruttamento.

fonte Polizia di Stato

Lucca, due operazioni contro lo spaccio e la prostituzione

fonte Ministero dell’Interno

Lemshi”, ‘intricato’ nella lingua albanese, è stata denominata l’operazione contro lo spaccio e lo sfruttamento della prostituzione condotta dai Carabinieri della Compagnia di Viareggio sotto la regia del comando provinciale dell’Arma dei Carabinieri di Lucca e che ha portato alla denuncia all’Autorità giudiziaria 30 persone, di cui 21 di nazionalità straniera. Gli indagati sono ritenuti responsabili di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti col sequestro di cocaina, hashish, marijuana, eroina e 32.000 euro in contanti. Una seconda operazione, portata a termine ieri, ha consentito l’arresto di 13 persone di cui 7 di nazionalità straniera, delle 30 denunciate più 2 arrestate in flagranza di reato, tutte ritenute responsabili di produzione, traffico e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, nonché di sfruttamento della prostituzione.

Le due operazioni nascono nell’ambito della pianificazione di servizi di prevenzione e contrasto adottata in seno al Comitato Provinciale per l’Ordine e Sicurezza Pubblica, presieduto dal prefetto di Lucca, Giovanna Cagliostro.