Arrestato a Civitavecchia il 41enne tunisino sospettato di omicidio.

Un cittadino tunisino è stato arrestato presso la stazione di Civitavecchia in quanto era ricercato di aver ucciso la fidanzata e aver rapito la figlia. Il tunisino era in fuga poiché’ ricercato in Francia. Il 41enne segnalato dall’Interpol ha Civitavecchia tentato la fuga ma si è dovuto arrendere alle forze dell’ordine. Ad intervenire è stata la polizia ferroviaria, quella di frontiera e il commissariato di Civitavecchia che l’ha intercettato mentre era proprio con la bimba di otto anni che è stata portata al sicuro.

Le prime tracce del 41enne si erano trovate  ad Imperia dove in fuga aveva smarito i documenti recuperati dalle forze dell’ordine. Le ricerche sono quindi state attivate dal Centro di cooperazione di polizia di Ventimiglia (in provincia di Imperia), che ha potuto diffondere le descrizioni dell’uomo e della piccolina. Dopo essersi spostato dapprima ad Albenga, e poi a Genova si era recato a Civitavecchia probabilmente per prendere il traghetto per Tunisi. L’uomo ha confessato l’omicidio della donna con cui aveva dei pessimi rapporti e ha detto di averlo fatto per difendersi da una aggressione con coltello perpetrata dalla stessa vittima. E’ stato quindi portato nel carcere di Aurelia a Civitavecchia, a disposizione della Corte d’Appello di Roma, anche se sicuramente dalla Francia arriverà una richiesta di estradizione.

Direttore Responsabile Umberto Buzzoni
foto Polizia di Stato

Torino: due allenatori ed un arbitro adescavano giovani giocatori di calcio

Avevano trovato una passione comune i due allenatori delle giovanili e un arbitro. Ma questa passione non era il calcio, bensì i giovanissimi giocatori.

Tutto è cominciato con la denuncia dei genitori di un sedicenne che giocava nelle squadre giovanili nella provincia di Torino.

Il ragazzo, dopo aver terminato la preparazione atletica in vista di una partita importante, era stato ospitato a casa dal suo allenatore, un ventenne torinese. Nella notte l’allenatore avrebbe tentato un approccio sessuale con il minorenne.

La perquisizione effettuata dalla Polizia postale e delle comunicazioni ha permesso di accertare che l’allenatore catalogava materiale fotografico anche pedo-pornografico, classificando le sue vittime in base all’anno di nascita.

Il primo approccio avveniva in chat, su Internet: in queste conversazioni l’allenatore prima cercava di conquistare la fiducia delle sue vittime poi, se questo non funzionava, passava a forme di pressione psicologica legate al ruolo del giovane giocatore in campo e alla possibilità di giocare sempre come titolare.

Un ulteriore strumento di persuasione era l’offerta di denaro e altre utilità personali.

Dall’analisi del computer è anche emerso il contatto con altre due persone: un allenatore cinquantenne ed un architetto, che è anche arbitro di calcio, entrambi residenti nella provincia di Torino.

Al “collega” l’allenatore forniva materiale fotografico sempre nuovo mentre l’arbitro, interessato più agli incontri con i ragazzi, procurava appuntamenti spesso mascherati da sedute di massaggi tonificanti o lezioni di scuola guida impartite ai minori.

Le ipotesi investigative sono anche state confermate dalle dichiarazioni raccolte da almeno 15 ragazzi che a vario titolo hanno avuto contatto con i tre. Al termine delle indagini la magistratura ha disposto per l’allenatore cinquantenne la detenzione in carcere; arresti domiciliari per l’allenatore più giovane e obbligo di firma per l’architetto – arbitro.

fonte e foto polizia di stato

 

“Vieni in bagno con me? Ti do un regalo”, arrestato per violenza sessuale

“Vuoi venire con me in bagno?” Ti do un regalo”, oppure “Vieni con me in palestra? Ti faccio incontrare il mio grande fratello”, sono alcune delle proposte che un bidello di 53 anni faceva a una ragazzina di 16

Il tutto avveniva nella scuola media inferiore in cui l’uomo lavorava e che la ragazza aveva iniziato a frequentare dopo essere sbarcata come immigrata a Catania senza nessun familiare.

Al termine delle indagini della Squadra mobile di Ragusa, l’uomo è stato arrestato con l’accusa di violenza sessuale su minore e induzione alla prostituzione minorile, reati aggravati tutti dalla minore età della vittima e dal fatto che il soggetto avesse un dovere di vigilanza sulla stessa in quanto i fatti sono avvenuti durante l’orario scolastico.

Qualche settimana fa un’educatrice del centro per minori non accompagnati, che  collabora spesso con gli agenti della Mobile ragusana, ha segnalato il comportamento anomalo della ragazza la quale, dopo il grande entusiasmo dei primi mesi, si rifiutava di andare a scuola. Tale comportamento era causato da qualche grave problema che si era verificato proprio a scuola.

La giovane è stata ascoltata da una poliziotta specializzata e una psicologa, alla presenza del suo tutore, un’avvocatessa di Ragusa, e di un interprete.

Durante il colloquio, che si è svolto con grande difficoltà anche perché la vittima non riusciva a smettere di piangere, sono emerse tutte le pressioni psicologiche alle quali era sottoposta da parte di un uomo che lavorava nella scuola.

La ragazza ha raccontato che questo personaggio le aveva detto di volerla sposare, di volerle fare regali, la chiamava moglie e le voleva dare del denaro per consumare dei rapporti sessuali con lei.

Le procure della Repubblica di Ragusa e Catania hanno dato mandato alla Squadra mobile di effettuare ogni accertamento necessario e di installare, all’interno della scuola, telecamere e sistemi di registrazione audio proprio per cercare di cogliere l’uomo in flagranza di reato.

Gli investigatori hanno subito individuato il probabile responsabile dei reati, che era proprio il bidello addetto alla vigilanza del piano dove si trovava la classe frequentata dalla ragazza, e all’interno della quale avvenivano gli approcci, la mattina presto prima dell’inizio delle lezioni o durante le ore di educazione fisica a cui la ragazza non partecipava rimanendo in classe.

Per un periodo la ragazzina si è rifiutata di andare a scuola, poi si è decisa a tornare, ma lo ha fatto arrivando più tardi e seguendo i compagni anche durante le lezioni di ginnastica. Per questo il bidello non ha avuto più modo di continuare con le proposte oscene, tanto che la vittima ha poi ripreso con i suoi soliti orari.

A quel punto il “mostro” è tornato in azione, questa volta ripreso dalle telecamere piazzate dalla Mobile, che lo ha poi arrestato.

fonte e foto polizia di stato

Risolto il giallo di Firenze: è un senegalese il presunto assassino di Ashley Olsen

Nel giro di pochi giorni, la Squadra Mobile della Questura fiorentina ha risolto il mistero della morte violenta di Ashley Olsen, la giovane americana trovata priva di vita il 9 gennaio scorso, all’interno del monolocale di via Santa Monaca 3, in Firenze, città dove viveva da circa quattro anni. Ad ucciderla sarebbe  stato Diaw Cheiktidian, 27 enne cittadino senegalese, arrivato clandestinamente in Italia alcuni mesi fa, per ricongiungersi con un suo fratello.

Gli sviluppi delle indagini che hanno portato al fermo del senegalese, gravemente indiziato di omicidio doloso aggravato dalla crudeltà e per aver agito nei confronti di un soggetto in condizioni di minorata difesa, sono stati spiegati dal Procuratore Capo di Firenze, Dr. Giuseppe Creazzo, nel corso di una conferenza stampa, il quale, tra l’altro, ha precisato “Abbiamo dovuto chiudere le indagini per impedire che il sospettato fuggisse; le prove finali, decisive, che ci hanno indotto ad emettere il fermo, sono arrivate solo ieri sera (mercoledì 13 – n.d.r.) e consistono nel risultato delle analisi del dna”.

Pare che la Ashley Olsen ed il suo presunto assassino si fossero conosciuti la notte stessa del delitto in una discoteca fiorentina (il club Montecarla in via de’ Bardi), per poi recarsi presso l’abitazione della ragazza. Una volta a casa, dopo un rapporto sessuale consenziente, per motivi ancora da appurare compiutamente, avevano avuto un litigio, culminato con l’omicidio della giovane statunitense.

Dai primi risultati dell’autopsia, sono emersi segni di strangolamento e due fratture alla base del cranio, le quali, verosimilmente, già da sole sarebbero state sufficienti ad ucciderla.

Evidenti e schiaccianti sembrano essere le prove a carico dell’indagato: a) numerosi sono i testimoni che lo avevano visto allontanarsi dalla discoteca in compagnia della ragazza, così come diverse sono le telecamere che li avevano ripresi insieme; b) dopo aver ucciso la Ashley Olsen, il senegalese si è allontanato dal luogo del delitto portando via il telefonino della giovane e poi inserendovi la propria scheda sim, con cui, il giorno seguente, ha fatto alcune telefonate alla sua ragazza italiana, prima di gettarlo via e di inserire di nuovo la sim nel suo cellulare.

Peraltro, come già evidenziato, fra le prove finali che hanno fatto scattare il fermo, i risultati delle analisi del dna sui reperti biologici prelevati dalla polizia scientifica in occasione del primo sopralluogo sulla scena del crimine: un profilattico ed una cicca di sigarette. In occasione dell’autopsia, inoltre, erano state repertate tracce biologiche presenti nella vagina della Ashley Olsen e residui di pelle rinvenuti sotto le sue unghie. Il dna di tutti i campioni combacia con il dna del senegalese sospettato dell’omicidio!

Diversamente da quanto sospettato in un primo momento, non è stata acclarata l’ipotesi del “gioco erotico” e, sempre in base a ciò che ha riferito dal Dr. Creazzo  “è possibile che i due protagonisti non fossero lucidi, aspettiamo gli esami tossicologici su Ashley, abbiamo elementi per pensare che avessero assunto sostanze che non li rendevano lucidi, alcol di sicuro, forse altro”.

Diaw Cheiktidian, dopo il fermo, assistito dall’avvocato Antonio Voce, ha subito un lungo interrogatorio, durante il quale, messo di fronte ai numerosi elementi probatori a suo carico, ha finito con l’ammettere di aver spinto violentemente a terra Ashley, negando, però, di averla strangolata e di averla voluta uccidere.

Nella sua “confessione”, il senegalese ha affermato che la lite sarebbe nata dopo il rapporto sessuale, in quanto la ragazza voleva mandarlo via: “Mi ha detto vattene, deve arrivare il mio fidanzato, e mi ha spinto alla porta. A quel punto, egli l’avrebbe colpita con un pugno alla nuca, urlandole “Mi hai trattato come un cane!” A causa del pugno, lei sarebbe caduta, per poi rialzarsi e spingerlo; al che, lui avrebbe reagito strattonandola violentemente, facendola cadere di nuovo;  in occasione della seconda caduta, Ashley avrebbe battuto la testa al pavimento.

di Umberto Buzzoni

Ispettore fuori servizio e disarmato difende una donna e le sue figlie. Gesto eroico ma nessuno lo aiuta

Gli eventi si sono svolti alcune sere fa a Roma mentre una donna e le sue due bambine stavano passeggiando in Largo Orazi e Curiazi. In quel momento due moldavi stavano urinando sul marciapiede e alla vista della signora e le bambine hanno mostrato i genitali, insultando e ridendo.

L’Ispettore Capo di Polizia Dott. Fabrizio Rubbini del Commissariato Appio in Via Giovanni Botero, fuori servizio e disarmato, alla vista di quanto stava accadendo, è intervenuto immediatamente per intimare ai due moldavi di ricomporsi ma la reazione è stata violenta e senza rivestirsi si sono diretti verso l’Ispettore colpendolo con violenza e spaccandogli una bottiglia in testa.

Il tutto accadeva sotto lo sguardo di una trentina di persone presenti che non sono intervenute ne alle grida della signora ne per aiutare l’Ispettore Capo Dott. Fabrizio Rubbini quando è riuscito a rialzarsi e bloccare uno dei due moldavi.

All’arrivo delle pattuglie dei commissariati Appio e San Giovanni il moldavo 36enne C. A. è stato ammanettato e tre giorni fa è stato fermato anche D. S. moldavo 37enne. L’Ispettore è stato prontamente ricoverato in ospedale con una prognosi di 40 giorni per trauma cranico, rottura delle ossa nasali e distacco vitreo dell’occhio sinistro per cui è già stato sottoposto a due interventi.

L’Ispettore ha poi dichiarato “Ho agito istintivamente da padre, prima che da poliziotto. Ho fatto quello che avrebbe fatto qualunque papà, marito, fidanzato. Mi hanno sorpreso, pero’ l’indifferenza e l’immobilità della gente. Serve una maggiore coscienza civile. La donna che ha dovuto assistere a quegli atti osceni poteva essere la mamma, la fidanzata, la moglie di chiunque. Lo Stato siamo noi, e lo dico da cittadino. C’è bisogno di più senso di appartenenza“.

Come Direttore e amico auguro una pronta guarigione all’Ispettore Capo Dott. Fabrizio Rubbini, ringraziandolo per il gesto eroico compiuto che dovrebbe far pensare e scuotere l’indifferenza della gente e per tutte le occasioni in cui aveva già dimostrato il suo altruismo in passato mettendosi sempre a disposizione di chi ne avesse bisogno.

di Direttore Umberto Buzzoni

Arrestati gli autori della violenta rapina a Torino

È stato picchiato violentemente e rapinato di 10mila euro circa il titolare di nazionalità cinese di una tabaccheria a Torino, lo scorso 17 dicembre. Questa mattina però, gli autori sono stati fermati dagli uomini del commissariato Dora Vanchiglia, in quanto gravemente indiziati di essere i responsabili del feroce delitto.

Le telecamere interne del negozio hanno registrato tutta la sequenza: si tratta di due cittadini georgiani di 26 e 31 anni. Oltre al denaro contante, i due balordi avevano sottratto “Gratta e vinci” per un valore di 6mila euro.

Fondamentale allo sviluppo delle indagini la chiarezza delle inquadrature sui volti scoperti dei due rapinatori e l’individuazione delle tabaccherie dove sono avvenute le riscossioni dei premi della lotteria istantanea.

Infatti, già il giorno stesso della rapina un uomo ed una donna si erano presentati in una tabaccheria della città per ritirare le vincite e poi, nei giorni successivi, anche in un’altra frequentata più assiduamente dalla coppia.

Gli investigatori, in breve tempo, sono riusciti a risalire al loro domicilio e a identificare gli autori della rapina.

fonte Polizia di Stato

Bari, mendicante palpeggia una ragazza che gli offriva biscotti: arrestato per violenze

Un uomo di 32 anni, di nazionalità indiana, è stato arrestato dalla polizia con le accuse di violenza sessuale e lesioni personali ai danni di una diciassettenne. L’intervento della polizia è scaturito da alcune segnalazioni telefoniche di un’aggressione ai danni di una ragazza allo scalo ferroviario di Palese-Macchie da parte di un uomo, del quale è stata fornita anche una descrizione.

Secondo quanto ricostruito dalla polizia, la ragazza, mentre camminava insieme con alcune amiche nella zona dello scalo ferroviario, aveva visto un uomo infreddolito per terra avvolto da alcune coperte e gli si era avvicinata per dargli alcuni biscotti acquistati poco prima.

A quel punto l’uomo l’ha afferrata energicamente e, nonostante la resistenza opposta dalla giovane, l’ha baciata ripetutamente e palpeggiata. La ragazza è riuscita a divincolarsi fuggendo e chiedendo aiuto ad alcuni passanti. Il trentaduenne indiano, fermato da personale delle volanti della questura di Bari, ha fornito una falsa identità per evitare di essere individuato, consapevole di avere già a proprio carico precedenti penali. L’uomo è ora rinchiuso nel carcere di Bari.

fonte La Repubblica

A Milano 4 arresti per tratta di esseri umani

Ammontava anche a 70mila euro il debito che alcune prostitute nigeriane, ridotte in schiavitù, dovevano ad una rete criminale specializzata nella tratta di esseri umani. Così, dopo un’indagine durata più di un anno, la Squadra mobile di Milano ha arrestato quattro cittadini nigeriani che avviavano giovani donne alla prostituzione in provincia di Milano.

L’organizzazione operava già dalla Nigeria; le ragazze infatti venivano sottoposte ad una variante del rito voodoo con cui si sottomettevano psicologicamente.

Dopo questa preparazione arrivavano nel nostro Paese, in molti casi attraversando il deserto, e poi a bordo di barconi dalla Libia a Lampedusa.

In Italia, inizialmente erano affidate a una “madame” che le avviava alla prostituzione facendo credere loro di essere debitrici di grosse somme di denaro per esser state “aiutate” a raggiungere l’Europa.

Almeno 9 le ragazze individuate dagli investigatori di cui 4 quelle collocate in una comunità di recupero del comune di Milano.

Gli agenti hanno recuperato, inoltre, anche dei quaderni in cui la madame teneva la contabilità che avrebbe reso libere per sempre le ragazze.

fonte Polizia di Stato

Botte e minacce ai passanti, presi a Milano 4 giovani rapinatori

Le loro vittime erano quasi sempre giovani studenti o persone isolate che venivano aggredite di notte per essere violentemente rapinate: pugni, schiaffi, calci in testa e all’addome nonché minacce con coltelli a serramanico e bottiglie rotte puntate al collo.

In questo modo un gruppo i criminali si impossessava di cellulari, contanti, carte di credito e computer portatili, e poi si dava alla fuga.

I raid sono stati interrotti dagli agenti del commissariato Porta Ticinese di Milano, che hanno arrestato quattro giovani con l’accusa di concorso in rapina pluriaggravata.

Sono infatti almeno 15 le rapine messe a segno dalla banda negli ultimi 15 giorni, nella zona tra parco Solari, via Bocconi e via Castelbarco.

L’indagine dei poliziotti è stata molto rapida, ed è partita dall’analisi del modus operandi utilizzato dai criminali e delle zone da loro preferite.

In questo modo è stata circoscritta una zona di “probabile azione”, un perimetro all’interno del quale, secondo gli investigatori, era altamente probabile che i rapinatori avrebbero colpito ancora.

A quel punto sono stati predisposti servizi di appostamento e controllo del territorio, effettuato da pattuglie in borghese che hanno perlustrato per diversi giorni la zona.

E proprio durante uno di questi servizi una delle pattuglie ha individuato quattro persone che corrispondevano esattamente alle descrizioni fornite dalle vittime. Oltre alle caratteristiche somatiche, corrispondevano anche alcuni particolari di abbigliamento, più volte ricorrenti nei reati denunciati, in particolare una giacca mimetica e un paio di scarpe rosso fiammante con punta d’acciaio.

Gli indagati, due dei quali hanno 17 anni, uno 20 e l’altro 21, hanno tutti origine egiziana.

Sono stati fermati mentre si trovavano su un tram, non senza difficoltà perché uno dei minorenni ha tentato di darsi alla fuga. In tasca aveva un coltello a serramanico, proprio come l’altro 17enne fermato.

Negli uffici del commissariato i fermati sono stati riconosciuti senza alcun dubbio dalle vittime di otto episodi di rapina, mentre sono ancora in corso i riconoscimenti da parte delle altre vittime.

fonte Polizia di Stato

Roma: fermati 9 attivisti di Casapound per gli scontri di Casale S. Nicola

Si infiltrarono tra i residenti del quartiere romano Casale San Nicola che il 17 luglio scorso stavano protestando contro il trasferimento di un gruppo di migranti in un centro di accoglienza allestito in una ex scuola della zona.

A volto coperto e con caschi da motociclista, spranghe, bastoni, lancio di sassi e sedie, innescarono la guerriglia con la polizia che provocò il ferimento di 14 poliziotti e l’arresto di due manifestanti.

Questa mattina gli agenti della Digos romana hanno fermato nove esponenti dell’organizzazione di estrema destra Casapound; sei di loro sono finiti agli arresti domiciliari, e per gli altri tre è stato disposto l’obbligo di firma.

Inoltre, a carico di tutti gli indagati, il questore di Roma ha già disposto l’avviso orale mentre per sei di loro è stato adottato anche il Daspo.

I fermati sono accusati di essere responsabili, in concorso tra loro, di resistenza aggravata a pubblico ufficiale, nonché, a vario titolo, di lesioni a pubblico ufficiale, porto di oggetti ad offendere e utilizzo di casco in occasione di manifestazioni in luogo pubblico.

Decisivi ai fini delle indagini i filmati registrati durante gli scontri dagli uomini del Gabinetto interregionale della Polizia scientifica per il Lazio, l’Umbria e l’Abruzzo.

fonte Polizia di Stato