Bari. La Polizia di Stato scopre un arsenale appartenente alla criminalità organizzata

Arrestati dalla Polizia di Stato, a Bari, nella flagranza dei reati di detenzione abusiva di armi, anche clandestine, ricettazione aggravata e detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti, Giovanni Diomede, 54enne pregiudicato, e la figlia Serafina, 28enne incensurata. I poliziotti della Squadra Mobile della Questura di Bari, all’interno dell’abitazione degli arrestati, al quartiere Japigia, a seguito di accurata perquisizione domiciliare, hanno rinvenuto e sequestrato 4 pistole semiautomatiche cal.9 mm. e 3 pistole a tamburo “Smith & Wesson”, mod. 357 Magnum. Tre delle pistole avevano la matricola abrasa e, pertanto, da considerarsi armi clandestine. Rinvenuta e sequestrata anche una pistola mitragliatrice di fabbricazione israeliana “UZI”, cal. 9 mm., completa di due caricatori e dall’alto potenziale di fuoco, nonché un silenziatore ed oltre 200 proiettili di vario calibro tra cui anche 20 proiettili cal. 7,62 mm. per arma automatica tipo “kalashnikov”.
Sequestrati, inoltre, un giubbotto antiproiettile, 2.5 gr. di cocaina e  documentazione attinente l’attività di spaccio di sostanze stupefacenti, nonché la somma di 26mila euro circa.
Le armi, tutte perfettamente funzionanti, i proiettili e lo stupefacente, erano abilmente occultati in incavi nascosti nelle pareti dell’appartamento, individuati grazie all’utilizzo di apposita apparecchiatura. Sono state altresì rinvenute e sequestrate alcune micro camere nascoste, con ripresa audio/video. Contestualmente, altre telecamere nascoste sono state rinvenute e sequestrate in uno stabile ubicato poco distante, occupato da un noto pregiudicato; grazie ad esse si aveva un completo controllo della zona. Sono in corso indagini, coordinate dalla D.D.A. della Procura della Repubblica di Bari, tese a riscontrare, anche attraverso comparazioni balistiche, il collegamento del sequestro operato con i recenti gravi fatti di sangue verificatisi in questo centro cittadino, segnatamente nel quartiere di Japigia, nonché l’eventuale appartenenza degli arrestati ad uno dei clan che si stanno fronteggiando.
Al termine degli atti, DIOMEDE Giovanni è stato associato presso la locale Casa Circondariale mentre DIOMEDE Serafina è stata sottoposta agli arresti domiciliari.

Di Umberto Buzzoni e Renato D’Angelo

Foto Polizia di Stato

OPERAZIONE “BLACK ISLAND”


La Polizia di Stato di Crotone smantella gruppo criminale dedito al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, operativo tra i comuni di Crotone, Catanzaro ed Isola Capo Rizzuto.
La Squadra Mobile di Catanzaro, Reparti Prevenzione Crimine di Cosenza e Vibo Valentia, unità cinofile di Vibo Valentia e dal V Reparto Volo di Reggio Calabria, ha eseguito 17 misure cautelari per traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, operativo tra i comuni di Crotone, Catanzaro ed Isola Capo Rizzuto.
Le indagini, avviate dal 2015, condotte dai poliziotti della Squadra Mobile di Crotone, hanno permesso di documentare ed accertate una fiorente attività di spaccio di sostanze stupefacenti, prevalentemente del tipo eroina e marijuana, nonché metadone.
Dalle indagini è emersa la figura di uno degli arrestati, un cittadino albanese residente nel comune di Isola Capo Rizzuto, che preparava, occultava e cedeva  a terzi eroina e intrattenendo rapporti di natura illecita con vari personaggi negli ambienti del traffico di sostanza stupefacente.
Il modus operandi era sempre il medesimo:i soggetti occultavano i quantitativi di eroina nella loro disponibilità presso isolate zone di campagna provvedendo, di volta in volta, a recuperare la droga necessaria per soddisfare le esigenze dei loro clienti.
L´ingente quantitativo di stupefacente aveva consentito al gruppo criminale di allacciare illeciti rapporti con pregiudicati attivi nel centro di Catanzaro, i quali gestivano alcune piazze dello spaccio cittadino e che si rivolgevano al cittadino albanese per acquistare consistenti partite di eroina.
Nel corso dell´attività d´indagine, ricostruendo gli spostamenti degli indagati, è stato possibile riscontrare gli esiti dell´attività tecnica, rinvenendo e sequestrando in più occasioni oltre 3Kg di sostanza stupefacente del tipo eroina e oltre un etto di marijuana.

Foto Polizia di Stato

Massa: scoperti da un drone 4 trafficanti di droga

È stato un drone utilizzato dalla Squadra mobile di Massa che ha permesso ai poliziotti di documentare tutto quello che avveniva all’interno di un appartamento della zona del Candia, nelle colline massesi, e di arrestare quattro persone per traffico di droga e di armi.

Il blitz dei poliziotti è avvenuto dopo 4 mesi di indagine. L’abitazione era diventata una vera e propria centrale operativa del narcotraffico ed alimentava il mercato locale della droga. Le sostanze stupefacenti provenivano principalmente da Milano.

All’interno del covo gli agenti hanno trovato quattro uomini, tutti massesi tra 30 e 40 anni, colti di sorpresa e non hanno avuto il tempo di accorgersi di ciò che stava accadendo.

Inoltre durante la perquisizione i poliziotti hanno trovato e sequestrato quasi 20 chili di hashish, circa 4 etti di cocaina e oltre 40 grammi di eroinaBrown sugar” impacchettata, già raffinata e pronta per essere immessa nel mercato apuano.

Sono state rinvenute anche tre pistole tipo revolver, risultate proventi di furto e quattro fucili, legalmente detenuti, appartenente ai familiari di uno dei malviventi.

Sequestrati circa 10 mila euro in contanti in banconote di vario taglio verosimilmente provento di attività illecite.

fonte Polizia di Stato

Ragusa: arrestati quattro giovani rapinatori

Fermati proprio mentre, armati, stavano per compiere una rapina ad un supermercato a Vittoria (Ragusa). Gli agenti della Squadra mobile di Ragusa e del locale Commissariato hanno arrestato quattro giovani tra cui una donna, tutti residenti a Vittoria.

È stata una telefonata al 113 a far scattare il piano antirapina, concluso senza che fosse sparato nessun colpo, vista la resistenza ad arrendersi degli arrestati.

I fatti si sono svolti in poco tempo ma la tensione, al contrario, è stata tanta: i primi poliziotti che si stavano avvicinando per andare a controllare gli occupanti di una “Punto” vedono scendere alcuni di loro che con passo svelto si dirigevano verso il supermercato indossando dei passamontagna, uno dei quali teneva la pistola nella cinta dei pantaloni.

Lo scenario che si prospettava, costringeva i poliziotti ad intervenire immediatamente per scongiurare la rapina ed un eventuale conflitto a fuoco.

I rapinatori, appena accortisi della presenza della Polizia, si davano alla fuga risalendo a bordo dell’auto sulla quale, alla guida, era rimasta la donna. Percorse poche decine di metri trovavano davanti a loro una pattuglia del Commissariato di Vittoria.

A quel punto cercavano, con una manovra spericolata, in retromarcia di fuggire nuovamente. Ma questa volta trovavano la macchina della Squadra mobile. Nel tentativo disperato di scappare speronavo l’auto della Polizia ma, in quei pochi secondi, erano già stati accerchiati dai poliziotti che scesi dalle auto armi in pugno intimavano di gettare le armi e scendere dalla macchina con le mani in alto.

Ci sono stati momenti di grande tensione perché uno di loro continuava a tenere l’arma in pugno, anche se non diretta verso gli agenti. Alla fine però veniva convinto dai poliziotti a gettare la pistola a terra e ad uscire dall’auto.

Perquisiti i rapinatori sul posto, gli agenti gli sequestravano una pistola semiautomatica cal 7,65 alterata per l’uso di cartucce di tipo “blindato“, idonee a perforare anche autovetture. Mentre nella perquisizione domiciliare i poliziotti sequestravano una pistola a salve.

fonte Polizia di Stato

Mafia: azzerato l’arsenale della “Stidda”

Con l’operazioneReset” gli agenti della Squadra mobile di Ragusa, in collaborazione con quelli del commissariato di Vittoria, hanno arrestato due appartenenti alla famiglia Ventura, riconducibile al clanCarbonaro-Dominante” della Stidda vittoriese.

Si tratta dei figli dello storico boss Filippo Ventura, in prigione da tempo, nonché nipoti del reggente Giambattista Ventura, detto Titta, in carcere dallo scorso febbraio.

Ad una terza persona, già detenuta, è stato notificato in carcere un provvedimento di custodia cautelare. L’uomo era stato arrestato in flagranza di reato nell’ottobre scorso, quando fu trovato in possesso di numerose armi, alcune della quali con matricola abrasa o provenienti da furto.

Sono stati trovati e sequestrati tre fucili dotati di congegni di puntamento ottici per il tiro di precisione, un fucile a pompa con puntamento laser, una carabina, un mitra, tre pistole, una penna-pistola, un giubbotto antiproiettile, materiale per fabbricazione di esplosivi, polvere da sparo, una pressa per il confezionamento delle cartucce e un migliaio di munizioni.

Grazie alle rivelazioni di alcuni collaboratori di giustizia, gli investigatori sono riusciti a provare come tutto il materiale rivenuto fosse, in realtà, nella piena e pronta disponibilità del clan Ventura e in particolare dei tre indagati.

Con l’arsenale sequestrato sono state effettuate rapine, tentati omicidi ed estorsioni; sono inoltre in corso accertamenti per stabilire se le armi siano state utilizzate anche per omicidi e attentati a rivali del clan per il controllo della cittadina di Vittoria.

fonte Polizia di Stato

Sardegna: attacchi armati a caveaux e portavalori, 23 fermati

Oggi un’organizzazione criminale specializzata in attacchi, con tecniche paramilitari e armi da guerra, a furgoni portavalori e ai caveaux di istituti di vigilanza, è stata smantellata con una operazione congiunta tra Polizia di Stato e Guardia di Finanza.

Sono prevalentemente pregiudicati di origine sarda, le 23 le persone indagate per i reati di associazione per delinquere, rapina, porto illegale di armi da guerra, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e favoreggiamento.

L’operazione, condotta dalle Squadre mobili di Cagliari e Nuoro, con il coordinamento del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato e con la collaborazione del nucleo di Polizia Tributaria di Nuoro, è stata decisa anche per impedire la prossima realizzazione di un assalto ad un furgone portavalori, accuratamente pianificata da alcune settimane.

Il blitz scattato questa mattina che ha visto impegnati circa 300 tra uomini e donne della Polizia di Stato dei reparti speciali, unità cinofile, elicotteri e pattuglie della Polizia stradale, ha riguardato le province di Sassari, Nuoro, Oristano e Pavia.

La lunga indagine condotta dai poliziotti delle Squadre Mobili di Cagliari e Nuoro ha consentito di individuare l’esistenza di una associazione a delinquere di tipo paramilitare che progettava e realizzava efferati delitti non solo in Sardegna ma anche nel resto del territorio nazionale.

Colpita, in particolare, la famiglia degli Olianas, che da anni si è spartita ed ha gestito tutto il connesso malaffare, soprattutto nell’isola.

Il lavoro dei poliziotti ha permesso di seguire tutti i passaggi criminali posti in essere dall’organizzazione: dalla progettazione, ai sopralluoghi, al furto delle autovetture, al reperimento delle armi da guerra per realizzare gli assalti, alle riunioni svolte all’interno di ovili.

È stato possibile, tra l’altro, contestare il clamoroso assalto avvenuto nel 2013 al caveau di Nuoro per un bottino di oltre 6 milioni di euro.

Nel corso dell’inchiesta, i poliziotti hanno inoltre riscontrato, per alcuni degli indagati, il coinvolgimento nel favoreggiamento della latitanza di Pasquale Scanu, ricercato dal 2013 e arrestato il 23 aprile 2015 per il sequestro di un imprenditore campano, commesso, nel 2010, in provincia di Napoli.

fonte Polizia di Stato

Brasile: nell’ultimo anno oltre 52 morti da proiettili vaganti.

Che il Brasile sia un Paese con gravi problemi di criminalità è ormai noto ai più: secondo l’UNDOC (l’ufficio dell’ONU che si occupa di crimini e traffico di droga), è il primo Paese al mondo per numero di persone assassinate (oltre 58.500 nel 2014).

Ciò che probabilmente molti ignorano, invece, è un altro problema enorme che investe il Paese verde oro, sempre legato alla sicurezza: le morti determinate da “bala perdida” (proiettili vaganti).

Vite spezzate di persone innocenti, in maggioranza bambini e adolescenti, che vengono colpite a morte da proiettili esplosi per lo più in occasione di conflitti a fuoco tra criminali e forze dell’ordine, dispute tra bande rivali, risse e litigi stradali.

Si stima che nel corso del 2015, le vittime da “bala perdida” siano almeno 52, mentre le persone rimaste ferite sarebbero 86.

Il dato, fornito pochi giorni fa dalla rete televisiva “O Globo” di San Paolo, è stato ricavato da notizie e servizi giornalistici andati in onda in occasione dei vari episodi verificatisi: la Polizia Civile, organo deputato a indagare su questi eventi, non è in possesso di una contabilizzazione precisa.

Il numero più rilevante, sia di morti (15) che di feriti (45), è quello registrato a Rio de Janeiro (il 44% del totale), città che, è bene ricordarlo, il prossimo agosto ospiterà i Giochi della XXXI Olimpiade.

Il dato non sorprende: il “programma di pacificazione” delle favelas più grandi e pericolose di Rio (Rocinha, Complexo do Alemao, Cantagal, Vidigal, Jacarezinho, Manginhos, Morro da Providencia, solo per citarne alcune), messo in atto dal Governo dello Stato di Rio de Janeiro da alcuni anni, supportato anche dal Governo Federale, è ben lungi dall’essere realizzato. Le operazioni di polizia finalizzate ad arginare il dominio incontrastato dei trafficanti di droga armati quasi come un esercito regolare, spesso sfociano in conflitti a fuoco interminabili, che si differenziano in poco dagli scontri bellici “tradizionali”, ed in cui le armi utilizzate da ambo le parti sono fucili e carabine ad alta potenzialità, con gittata efficace superiore ai 2 km. In mezzo al fuoco incrociato, i residenti delle favelas, lavoratori poveri costretti a convivere con indici di violenza e mortalità dei Paesi attraversati da guerre civili.

Ma nessuno può considerarsi immune dal rischio derivante da queste “operazioni belliche”: le favelas, infatti, sorgono spesso a pochi metri dai luoghi più rinomati e turistici della città.

Anche se in misura minore, il problema delle vittime da “bala perdida” riguarda quasi l’intero Brasile: in altri 21 Stati si sono verificati casi di decessi o ferimenti.

E al dramma delle tante vite perse e delle numerose persone rimaste ferite, anche in modo grave e con danni permanenti, si aggiunge quello della difficoltà estrema di individuare i colpevoli.

Taynà era una bimba di sette anni, stava giocando in strada quando un proiettile vagante la colpì mortalmente alla testa; Mirìa, professoressa 40enne, quando fu colpita a morte si stava recando presso la scuola in cui insegnava; Asafe aveva nove anni, un proiettile vagante spezzò la sua vita quando stava uscendo da una piscina; Matheus aveva sei anni, anche lui morì mentre stava giocando in strada; Echiley aveva 8 anni, stava andando a scuola insieme a suo fratello, undicenne: un colpo attinse lei mortalmente, un altro il fratello, lasciandolo paraplegico; Patricia, studentessa 18enne, rimase uccisa all’uscita di scuola: si sarebbe dovuta incontrare con sua madre per pranzare insieme. Sono solamente alcune delle vittime innocenti di questa barbarie, e i rispettivi familiari, oltre al dolore indicibile per la scomparsa dei loro cari, molto probabilmente non avranno mai nemmeno la lieve, seppur illusoria consolazione che potrebbe derivare dal sapere chi è stato a distruggere quelle vite.

di Umberto Buzzoni

Rapine con auto truccate e fucili, 7 arresti in Puglia

Avevano pensato proprio a tutto. Anche difendersi durante un eventuale conflitto a fuoco: infatti la banda di rapinatori arrestati, questa mattina, dagli agenti del Commissariato di Andria (Bari) usava delle auto modificate nel cui bagagliaio aveva fatto montare una lamiera di ferro per proteggersi dai proiettili.

Il gruppo criminale composto da 7 persone, tutte di Andria con un’età compresa tra i 30 ed i 50 anni e con numerosi precedenti di polizia, è ritenuto responsabile dei reati di rapina a mano armata, riciclaggio, ricettazione, detenzione e porto di arma clandestina.

Le indagini hanno permesso di ricostruire almeno una recente rapina, fatta ai danni di un autotrasportatore di olio, per un valore di 200 mila euro.

E, inoltre, durante le perquisizioni gli agenti, all’interno delle auto modificate hanno trovato anche un fucile a canne mozze calibro 12 con matricola abrasa, con 3 cartucce calibro 12 a palla singola, una pistola semiautomatica calibro 40 con marca e matricola abrasa, completa di caricatore rifornito di 5 cartucce calibro 40 marca Winchester, un lampeggiante magnetico di colore blu completo di cavo per alimentazione, simile a quelli usati dalle Forze di polizia.

fonte Polizia di Stato

Foggia: guerra di clan per il controllo del territorio, 7 fermi

È di nuovo guerra di mafia a Foggia dove la Polizia di Stato ha eseguito stamattina sette fermi di esponenti del clan Moretti-Pellegrino-Lanza. Una persona è tutt’ora ricercata.

I fermi nascono infatti dalle indagini svolte su cinque episodi di tentato omicidio nella lotta che contrappone due opposte famiglie per il controllo delle attività illecite. Da una parte il gruppo facente capo alle famiglie Moretti-Pellegrino-Lanza e dall’altra il clan Sinesi-Francavilla. Queste due bande da diversi mesi si contendono il territorio dell’intera provincia di Foggia.

I sette fermati sono accusati di detenzione e porto di armi da guerra e armi comuni da sparo, rapine, furto di autovetture; tutti questi reati sono aggravati dal metodo mafioso utilizzato.

Nel corso dell’Operazione è stato sequestrato anche un fucile d’assalto russo kalashnikov.

La stretta degli investigatori sul gruppo è stata accelerata anche da dichiarazioni emerse durante le intercettazioni telefoniche: nel mirino del clan era infatti finito un ispettore della Squadra mobile foggiana che nelle intenzioni di uno dei fermati doveva essere ucciso.

Le indagini sono state dirette dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura di Bari con il coordinamento del Servizio centrale operativo.

fonte Polizia di Stato

Carrara: maresciallo dei Carabinieri ucciso per vendetta

Nella mattinata di oggi, Antonio Taibi, 47 anni, maresciallo dei Carabinieri in servizio presso il Comando Provinciale di Massa, è stato ucciso a sangue freddo, con un colpo di pistola sparatogli a bruciapelo, sull’uscio di casa. Il presunto assassino è un ex postino di Carrara, Giuseppe Vignozzi, di anni 71, il quale, poco dopo l’omicidio, si è costituito dichiarando “mi sono vendicato”.

Erano le 07.30, quando il Vignozzi ha suonato il campanello della casa del Maresciallo Taibi, ubicata in via Monterosso, nel centro di Carrara, spacciandosi per un musicista. Il militare, ignaro che il destino lo stava conducendo all’appuntamento con la morte, si è recato all’ingresso, ha aperto e nello stesso istante il Vignozzi, armato di una pistola semiautomatica cal. 9, gli ha esploso contro un solo colpo, ma fatale.

Subito dopo, l’omicida si è allontanato a piedi, facendo perdere le sue tracce. Peraltro, un paio d’ore più tardi, mentre era in corso una capillare caccia all’uomo, si è recato alla Sezione di P.G. dei Carabinieri presso la Procura della Repubblica di Carrara, costituendosi. Nella circostanza, avrebbe dichiarato agli inquirenti: “quel maresciallo aveva rovinato la vita a me e ai miei figli, mi sono vendicato!”. Per il Vignozzi, quindi, il maresciallo Taibi rappresentava la causa dei tanti guai giudiziari dei suoi due figli, Riccardo ed Alessandro. In passato, infatti, la vittima, che dal 1996 al 2006 aveva fatto parte del Nucleo Operativo, pare avesse indagato su di loro per reati connessi con il mondo della droga. Uno dei due, Riccardo, 31enne, nel 2013 era stato anche fermato dopo una lunga serie di furti nelle scuole ed in un caso aveva persino lasciato un biglietto su cui si definì “Diabolik” per “colpa della crisi”. Proprio ieri, il Tribunale di Massa aveva condannati entrambi a poco più di un anno di carcere: in questo caso, il reato contestato ai fratelli Vignozzi non era grave (detenzione a fini di spaccio di pochi grammi di sostanze stupefacenti), ma il giudice Alessandro Vinci, considerati i numerosi precedenti dei due imputati, non aveva potuto concedere le attenuanti. Molto probabilmente, è stata proprio quest’ultima condanna a far nascere nella mente dell’ex postino l’idea della vendetta, innescando la scintilla della furia omiicida, ossessionato dal fatto che se i figli avevano problemi con la giustizia, la “responsabilità” era tutta del povero maresciallo Taibi!

Sottoposto ad immediato interrogatorio dal Sostituto Procuratore Alberto Dello Iacono, che coordina le indagini, il presunto assassino è stato poi sottoposto a fermo con l’accusa di omicidio doloso aggravato. Resta da capire se il crimine sia stato ideato ed organizzato dal solo Giuseppe Vignozzi o se in accordo con altri, compresi i familiari, così come si sta indagando sulla provenienza della calibro 9, che il Vignozzi, prima di costituirsi in Procura, aveva lasciato all’interno della sua autovettura. Grande commozione ha suscitato la tragica scomparsa del maresciallo Antonio Taibi, definito da tutti “un professionista eccezionale”. Il sottufficiale lascia la moglie e due figli, di 21 e 16 anni…la sua unica colpa: quella di aver fatto il proprio dovere con integerrima professionalità.

di Umberto Buzzoni