Imprenditore ucciso, assolti ex moglie e amante

cristalloda Corriere.it

Decisione inaspettata, quella della III Corte d’assise per Luciana Cristallo e Fabrizio Rubini, la coppia accusata dell’omicidio di Domenico Bruno, imprenditore calabrese di 45 anni, ex marito di lei. Il processo si è concluso con due assoluzioni con formula piena. Al processo per omicidio volontario, aggravato dalla premeditazione, che si è tenuto a Roma a carico della moglie della vittima, Luciana Cristallo, e del suo presunto complice Fabrizio Rubini, il pubblico ministero aveva chiesto per i due imputati la condanna all’ergastolo. Anche i legali di parte civile Nunzio Raimondi, Aldo Costa e Maurizio Arabia, che rappresentano la madre della vittima, Santa Marinaro, nonchè la curatrice dei due figli minorenni di Bruno e della Cristallo avevano insistito perchè gli imputati fossero dichiarati colpevoli.

I FATTI – I fatti risalgono al 27 febbraio 2004, quando la donna aveva ammazzato il marito – sposato vent’anni prima e con il quale aveva avuto quattro figli – con 12 coltellate. L’amante l’aveva aiutata ad avvolgere il corpo della vittima in un tappeto, prima di buttarlo nel Tevere. Il suo cadavere venne ritrovato solo un mese dopo, su una spiaggia di Ostia, dove il mare restituì il suo corpo trafitto da numerose coltellate. Il pm Elisabetta Ceniccola aveva chiesto l’ergastolo per entrambi perché, secondo la sua ricostruzione, Cristallo avrebbe agito premeditatamente. La Corte, invece, ha assolto la donna perché avrebbe agito per legittima difesa, mentre il suo compagno di allora, Fabrizio Rubini, doveva essere assolto per non aver commesso il fatto. L’occultamento di cadavere invece è andato prescritto.

LEGITTIMA DIFESA – La Corte ha così condiviso in pieno le tesi dei difensori degli imputati, i quali fin dall’inizio hanno insistito che la donna avrebbe agito solo per legittima difesa, sostenendo che la sua assistita si sarebbe solo «difesa da anni ed anni di violenze ed abusi» che il marito avrebbe perpetrato ai suoi danni.

«LIBERAZIONE» – Al momento della lettura della sentenza, Luciana Cristallo era in aula ed è scoppiata in un pianto liberatorio: «È stata una liberazione. Ora potrò guardare con un peso meno grave i miei quattro figli – si è sfogata – Non volevo uccidere il loro padre, ma lui mi stava strangolando».

«Ha fatto la fine che doveva fare» Delitto di Gavoi, dopo 5 anni arrestato il marito

MOGLIE DENTISTA MORTA:MARITO, NON VENDETTA MA AZIONE BALORDIda Corriere.it

A incastrarlo, dopo quasi 2 mila giorni, sono state le sue stesse parole: «Ha fatto la fine che doveva fare». Così il marito di Dina Dore parlava con l’amante della moglie assassinata. Conversazioni registrate in intercettazioni ambientali e telefoniche in cui Francesco Rocca, dentista 42enne di Gavoi (Nuoro), si riferiva alla defunta con termini sprezzanti, volgari e violenti. Nelle conversazioni con l’amante, per convincerla della sincerità dei suoi sentimenti, l’uomo le aveva ripetuto anche che un giorno avrebbe capito cosa lui aveva fatto per il suo amore. Giovedì mattina, a cinque anni dall’omicidio, è stato arrestato con l’accusa di aver commissionato il delitto della moglie. Insieme a lui è finito in carcere anche Pierpaolo Contu, giovane di 23 anni e suo amico, che all’epoca dei fatti era minorenne: sarebbe stato lui l’esecutore materiale (insieme a un’altra persona che ancora non è stata identificata).

LA SCENA DEL CRIMINE – Era la notte del 26 marzo 2008 quando Dina Dore fu aggredita nel garage-cantina della sua abitazione. Insieme a lei c’era la figlia, di poco più di otto mesi. Le tracce di sangue per terra raccontarono immediatamente della dura reazione della donna. Solo la mattina dopo Dina fu trovata nel bagagliaio della macchina, soffocata, ricoperta di nastro da pacchi, con le mani e i piedi legati. Aveva 37 anni. La convinzione in tutti gli abitanti di Gavoi è sempre stata quella di una spedizione estranea al paese che avesse tentato un sequestro di persona, finito con l’imprevista morte dell’ostaggio. Intanto il marito della vittima avvalorava la pista e pubblicava questo necrologio: «Per sempre porterò il tuo ricordo, per sempre ricorderò a nostra figlia quanto l’amavi, per sempre, con lei aspetteremo, con immensa fede, d’incontrarti… Dina. Un bacio, Francesco».

IL NIPOTE DELLA MATRICIDA – Il dentista sarebbe però solo il mandante dell’omicidio. Avrebbe assoldato due persone per trasformare il proposito in realtà. Una rimane ancora da identificare, l’altra è Pierpaolo Contu. Il giovane arrestato con Francesco Rocca è il nipote di Maria Rosa Contu, 57 anni, in carcere dove deve scontare 16 anni per l’omicidio della madre ottantenne Angela Podda. L’anziana fu uccisa a bottigliate dalla figlia, rea confessa, per questioni di eredità, sempre a Gavoi, il 21 marzo 2010. Contu era legato al dentista da un rapporto di amicizia e spesso svolgeva dei lavori nei suoi terreni. Sarebbe stato proprio il giovane operaio, schiacciato dai sensi di colpa, a rendere possibile la svolta delle indagini confidandosi con un amico. La ricompensa per il delitto? Una casa in paese o 250 mila euro in contanti.

 

Dina Dore e la figlia (Ansa/Locci) Dina Dore e la figlia (Ansa/Locci)

LA DONNA MISTERIOSA – Al centro degli accertamenti compiuti negli ultimi mesi dai magistrati della Dda di Cagliari c’è anche una misteriosa donna che la Squadra Mobile del capoluogo sardo, guidato dal dirigente Leo Testa, avrebbe sentito ripetutamente nelle settimane precedenti gli arresti. Sarebbe stata ascoltata in qualità di persona informata dei fatti ed avrebbe consentito agli investigatori di aprire uno squarcio sulla vita familiare e sulla complicata relazione fra marito e moglie. A carico di Rocca c’è un quadro indiziario ma non probatorio: ci sono infatti molti indizi che incastrerebbero il dentista ma le prove certe dovranno essere raccolte in questa fase di indagini preliminari. «Sono innocente, questo è un incubo», ha detto l’uomo prima di essere portato in carcere.

Il mistero di una persona sull’auto del marito. Il supertestimone del caso Ragusa

da Corriere.it

«Sull’auto di Antonio Logli, la notte del delitto, c’era un’altra persona, che però non ho riconosciuto». Parola di supertestimone che, secondo le indiscrezioni filtrate dalle indagini, avrebbe testimoniato (con tanto di firma del verbale davanti al magistrato) di aver visto il marito di Roberta Ragusa, 44 anni, la mamma scomparsa il 13 gennaio a Gello, una frazione di San Giuliano Terme (Pisa), uscire di casa intorno alle 1 di notte, particolare che se accertato smentirebbe il racconto dell’uomo che ha sempre detto di essere andato a dormire e di essersi accordo della sparizione della moglie soltanto la mattina.

 

LE INSIDIE – E’ un sentiero minato quello che stanno percorrendo in questi giorni gli investigatori; pieno d’insidie (i molti millantatori) ma anche capace di portare alla verità e risolvere finalmente un giallo apparentemente inestricabile che dura da più di un anno. La sensazione però è che una svolta sia veramente dietro l’angolo. Il procuratore di Pisa, Ugo Adinolfi, convinto di trovarsi di fronte a un omicidio premeditato e non d’impeto, ha lanciato un appello («Se qualcuno quella notte ha visto qualcosa ce lo faccia sapere») e intanto gli investigatori stanno cercando di ricostruire il mosaico ancora troppo frammentato delle testimonianze a disposizione e dei pochi indizi. Ammesso e non concesso che il supertestimone, un vicino di casa, abbia preso un abbaglio, adesso la domanda sulla quale si concentrano gli investigatori è una sola: chi c’era su quell’auto accanto ad Antonio Logli, 49 anni? L’amante Sara, 29 anni? Un parente?

IL MISTERO – O addirittura Roberta uscita insieme al marito per chiarire una volta per tutte il loro rapporto ormai in crisi e segnato dai continui tradimenti del marito? Altri testimoni, ai quali però i carabinieri danno meno valore, avrebbero visto una donna non identificata dopo le 1 di notte scendere da un’auto e salire su una Citroen C3 grigia. Qualcuno avrebbe poi riportato le parole di un altro ipotetico testimone che per due volte, la notte del 13 gennaio del 2012, avrebbe visto Logli uscire di casa a bordo della sua Escort verde station wagon. L’avvocato di Antonio Logli, Roberto Cavani, ancora una volta parla di fantasie di millantatori e di un’inchiesta a senso unico. «Perché non si è indagato anche su un possibile allontanamento volontario della signora? E soprattutto per quale motivo non si è investigato sull’ipotesi del suicidio?», si chiede il legale.

LA DIFESA – Poi la difesa di Logli svela un po’ della sua eventuale strategia difensiva. «Durante questi mesi abbia raccolto elementi capaci di dimostrare l’eventuale estraneità dei mio assistito al presunto omicidio. Aspettiamo la conclusione delle indagini, ma se il pm vorrà ascoltarci noi siamo pronti». Intanto la prossima settimana dovrebbero ripartire le ricerche del corpo della donna. Sarà scandagliato anche il lago di Massaciuccoli di Puccini, quello di Massaciuccoli a pochi chilometri da Gello.

Delitto di Montecatini, l’ex marito confessa l’omicidio

da Ansa.it

Quattro giorni di ‘pressing’ dei carabinieri, poi lui stesso ha deciso di ‘anticiparli’ andando in caserma e ammettendo le sue responsabilita’. ”Si’ ho ucciso io mia moglie, ma non volevo”: cosi’ Massimo Parlanti, 43 anni di Montecatini Terme, ha cominciato a confessare agli inquirenti l’omicidio della ex moglie Beatrice Ballerini, 42 anni, giovedi’ scorso nel casolare dove avevano vissuto coi loro due figli fino alla separazione.

Parlanti e’ stato condotto in carcere a Pistoia dopo che il pm Claudio Curreli ha disposto, nella notte, un decreto di fermo per omicidio, aggravato dal rapporto di coniugio con la vittima. Il provvedimento e’ stato firmato dal magistrato al termine di un lungo interrogatorio durante il quale Parlanti ha piu’ volte pianto. ”Non riesco piu’ a tenere questo segreto”, avrebbe anche detto ai carabinieri dopo essersi presentato in caserma a Montecatini, ieri sera, con i suoi legali, all’inizio solo per fare delle dichiarazioni spontanee. Ma gli investigatori dell’Arma, quando hanno compreso l’intenzione di Parlanti di voler confessare il delitto, hanno avvisato il sostituto procuratore Curreli alla cui presenza, dopo le 20, e’ iniziato un lungo interrogatorio concluso verso l’1. Parlanti si sarebbe liberato del peso dell’omicidio un po’ per volta, riferendo agli inquirenti anche del rapporto e del matrimonio con la ex moglie, non solo del fatto del delitto. Da quanto emerge delle dichiarazioni di Parlanti, giovedi’ scorso nel pomeriggio tra i due ex, marito e moglie, c’e’ stato un litigio nella casa di Bolognola di Nievole, dove si sono incontrati. Lite durante cui i due avrebbero avuto una colluttazione dopodiche’ Parlanti avrebbe poi colpito e strangolato la donna, che ha cercato di difendersi.

Tracce di pelle erano rimaste sotto le unghie della donna e i risultati del Dna erano attesi a giorni. L’ex marito, sentito a lungo subito dopo la scoperta del cadavere e poi anche successivamente, aveva inizialmente fornito un alibi, legato al fatto che era andato a riprendere i figli a scuola. Aveva anche giustificato le lievi lesioni che aveva al volto con il fatto di essere stato graffiato da uno dei figli. Un alibi che nei due colloqui precedenti avuti coi carabinieri, non aveva pienamente convinto gli investigatori, soprattutto per gli orari. Poi ieri sera e nella notte le prime ammissioni, fino ad una confessione piu’ ampia. Parlanti ha detto di aver colpito mortalmente la moglie e di non essersene reso bene conto subito. Anche la casa messa a soqquadro, piu’ che un depistaggio per giustificare un tentativo di rapina, sarebbe stato frutto della sua disperazione, di un suo stato confusionale dopo aver colpito Beatrice Ballerini con violenza mortale. Quindi la reazione di dover andare a prendere i bambini a scuola e portarli dai nonni, come previsto e come ha fatto, per crearsi un alibi. Massimo Parlanti ha retto i sospetti per quattro giorni. Poi ieri la decisione di recarsi dai carabinieri per rendere spontanee dichiarazioni, fino ad ammettere le sue responsabilita’.