POLIZIA: “QUESTO NON E’ AMORE” CAMPAGNA ANTI VIOLENZA SULLE DONNE

Risultati immagini per questo non è amore POLIZIAPer la giornata dell´8 marzo la Polizia di Stato sceglie di stare vicina alle donne con la campagna “…questo non è amore” che prevede in tutte le province italiane iniziative finalizzate a rompere l´isolamento e il dolore delle vittime di violenza di genere, offrendo il supporto di un´equipe di operatori specializzati, in prevalenza composta di donne e formata da personale di Polizia specializzato, da medici, psicologi e da rappresentanti dei centri antiviolenza.
Un´idea, quella del progetto CAMPER contro la violenza di genere che, partito a luglio del 2016, in circa sei mesi in 22 province italiane ha consentito di contattare oltre 18.600 persone, in maggioranza donne, diffondendo informazioni sugli strumenti di tutela e di intervenire su situazioni di violenza e stalking che diversamente sarebbero potute rimanere ingabbiate nel dolore domestico.
In questa direzione si muove anche l´adozione del protocollo E.V.A. (Esame delle Violenze Agite) da parte di tutte le Questure italiane.
Il protocollo E.V.A. ha codificato in linee guida le best practice per la gestione degli interventi legati alla violenza di genere in caso di primo intervento degli addetti al controllo del territorio, come avviene nel caso delle cosiddette “liti in famiglia”. Le linee guida si rivolgono non solo agli operatori sul campo ma anche a coloro che, in Sala Operativa, coordinano e gestiscono a distanza tutte le fasi dell´intervento. Si tratta di procedure che consentono agli equipaggi della Polizia di Stato di sapere, per esempio, se vi siano stati in passato altri episodi di violenza nello stesso contesto familiare e che, attraverso la compilazione di checklist, permettono anche in assenza di formali denunce, di tenere sotto controllo situazioni di disagio nelle quali intervenire in caso di reiterazione di fatti violenti.

FONTE FOTO POLIZIA DI STATO

La Polizia di Stato consegna il agli alunni delle scuole colpite dal sisma il: “Mio Diario”

Incontro emozionante quello che ieri mattina ha visto come protagonisti i poliziotti della Questura di Rieti e gli <img class="alignleft" src="https://mail.google project management website.com/mail/u/0/?ui=2&ik=7b6085f434&view=fimg&th=1574c90e464497e9&attid=0.2&disp=inline&safe=1&attbid=ANGjdJ-tI9Pm-moZA4vgYKbOiO-8FT4kXeQ2TjB31v6UGBYWBZQPqFO48RtiW4cFCQ5ZgCk-2DEY7zJGkiLmRUK63slWkKGzO5y3dHB1rSFbTT-dmIghijjENM1kJ7U&ats=1474462929158&rm=1574c90e464497e9&zw&sz=w1280-h694″ alt=”Visualizzazione di 02.jpg” width=”302″ height=”202″ />alunni delle scuole recentemente colpite dal sisma, raccontato attraverso il profilo Twitter della Polizia di Stato.

Sono stati infatti consegnati i diari che la Polizia di Stato ha realizzato per l’anno scolastico 2016-2017 all’interno del quale sono presenti due dediche Visualizzazione di 01.jpgspeciali fatte ai giovani studenti dai due atleti del Gruppo Sportivo Fiamme Oro Elisa di Francisca e Gregorio Paltrinieri.

“Il mio diario”, questo il nome dell’agenda, ha come tema fondante l’educazione alla legalità e al senso civico e, attraverso le vignette, vengono affrontati temi quali il bullismo, la navigazione sicura in internet, il valore dello sport, l’educazione ambientale ed il rispetto delle regole del Codice della Strada.

Tra i protagonisti i due super eroi “Vis “ e “Musa” coadiuvati dal topo investigatore Geronimo Stilton

Fonte Foto Polizia di Stato

Safer Internet Day: al via la quinta edizione “Per un web sicuro”

In occasione della quinta edizione del Safer Internet Day 2016, la giornata mondiale di sensibilizzazione all’utilizzo sicuro e responsabile di Internet, è stato presentato oggi il Progetto promosso dalla Polizia di Stato e dal MoigePer un web sicuro“.

Testimonial d’eccezione, così come per le precedenti edizione, la conduttrice Milly Carlucci che da genitore si augura che la Rete possa essere una grande opportunità e non un pericolo.

Per l’occasione è stato trasmesso anche uno Spot contro il bullismo realizzato dalla Rai e dalla Polizia di Stato.

L’iniziativa è volta a rendere consapevoli i giovani durante la navigazione sul web e aiutare i genitori a conoscere i mezzi per proteggere i figli dai possibili pericoli che ni nascondono in internet.

Il Progetto dell’edizione di quest’anno interesserà 70 scuole medie in 10 regioni d’Italia e coinvolgerà oltre 21mila studenti e 44 mila tra docenti, genitori e anche nonni.

La giornata mondiale Safer Internet Day è ormai celebrata in oltre 100 Paesi.

fonte Polizia di Stato

“Non lasciamoli naufragare”: brochure rivolta ai genitori per la navigazione sicura dei bambini

fonte Ministero dell'Interno

fonte Ministero dell’Interno

La brochure “Non lasciamoli naufragare” è stata realizzata dalla Polizia Postale e delle comunicazioni e dalla Federazione Italiana Medici Pediatri di Catania per fornire ai genitori undici consigli utili per un utilizzo sicuro del web da parte dei bambini.

Si tratta di semplici regole per prevenire i problemi che possono vivere le famiglie con bambini che navigano su internet utilizzando tablet o smarphone.

Alla base di tutto è sempre importante comunicare e condividere l’uso del computer con i figli, insegnandogli ad avere un approccio intelligente e attento alla rete con la consapevolezza dei vari rischi derivanti dall’uso di internet.

Internet è al contempo positivo dato che è il primo mezzo di comunicazione di massa che apre una porta per raggiungere tutto il mondo, ma allo stesso tempo pericoloso perché da quella stessa porta può entrare chiunque. Con il rispetto di poche regole elementari si può pero’ aumentare il livello di sicurezza.

di Umberto Buzzoni

Caserta: lite per il posto auto, agente polizia penitenziaria fa strage: quattro morti. Sterminata un’intera famiglia

Dietro la mattanza l’ennesima discussione per un furgoncino parcheggiato davanti casa. Nella sparatoria avvenuta a Trentola Ducenta uccisi Michele, Enza e Pietro Verde di 61, 58 e 31 anni. L’altra vittima è Francesco Pinestra, dipendente dell’azienda ortofrutticola della famiglia. Salva la fidanzata del ragazzo. Luciano Pezzella si è poi costituito ai carabinieri: “Ho fatto un macello”

Una lite tra vicini. L’ennesima per il posto auto. Un agente della Polizia penitenziaria nel carcere napoletano di Secondigliano, Luciano Pezzella, 50 anni, che apre il fuoco e fa strage: quattro morti. “Ho fatto un macello”, dice ai carabinieri.

E’ successo questa mattina (domenica 12 luglio) a Trentola Ducenta, nel Casertano. Dove in un’abitazione di via Carducci un’intera famiglia è stata sterminata: padre, madre e figlio ammazzati a colpi di pistola. Si chiamavano Michele, Enza e Pietro Verde di 61, 58 e 31 anni. L’altra vittima, il 37enne Francesco Pinestra, è un dipendente della ditta di prodotti ortofrutticoli di proprietà della famiglia.

A innescare la mattanza, la discussione per il furgoncino dell’azienda con le casse di frutta caricate sopra che sostava davanti casa. L’agente Pezzella è sceso in strada e ha iniziato ad alzare la voce. Poi è risalito, ha preso la pistola d’ordinanza e si è diretto dai vicini. E’ iniziato il tiro al bersaglio, dal quale si è salvata la fidanzata di Pietro Verde che non si trovava nell’appartamento ma al piano di sopra del palazzo. Non è scampato, invece, il conducente del furgone. L’agente è sceso nuovamente in strada, Francesco Pinestra allora ha tentato la fuga ma è stato colpito. E’ morto all’arrivo all’ospedale di Aversa. Mentre Pezzella si è presentato poco dopo alla caserma dei carabinieri di Aversa per costituirsi. “Ho fatto un macello, ho ucciso i miei vicini”, ha detto durante l’interrogatorio.

Questo il piano sequenza dell’orrore ricostruito dai militari del comando provinciale di Caserta, coordinati dal procuratore di turno di Napoli Nord. I vicini raccontano che le liti tra Pezzella e i Verde erano frequenti, anche se non sono mai sfociate in denunce.

“Oggi c’è stata una esplosione di follia, perché altro non può essere. Ma credo che l’azione omicida prescinda dalla professione. Come è già successo, chiunque potrebbe provocare una strage”, commenta Eugenio Sarno, segretario del sindacato di polizia penitenziaria Uilpa.

fonte Il Fatto Quotidiano

Matera, uccide la moglie a bastonate durante litigio: ex dirigente Psi agli arresti domiciliari

Incredulità e scalpore hanno segnato la Pasqua nella comunità di San Mauro Forte (Matera) per l’uxoricidio commesso ieri in una casa del centro storico dove abitavano due anziani coniugi.

È stato posto agli arresti domiciliari Giuseppe Faniello di 92 anni, ex agricoltore, e amministratore del Psi negli anni Ottanta: ha ucciso con un bastone di legno la moglie 83enne, Maria Fantasia, forse al culmine di un litigio per motivi banali che lo ha portato a colpire più volte al capo la donna mentre era a letto.

Il sostituto procuratore della Repubblica di Matera, Salvatore Colella, ha disposto nei suoi confronti la misura degli arresti domiciliari presso l’abitazione della figlia, che vive vicino alla casa dei genitori, e che è stata la prima ad accorrere e a scoprire quanto era accaduto.

Sul posto sono intervenuti i Carabinieri per l’avvio delle indagini: i militari dell’Arma hanno ascoltato l’uomo per cercare di ricostruire la dinamica del raptus che lo ha portato a colpire la moglie con il bastone. Il corpo dell’anziana è stato trasferito al cimitero, a disposizione del magistrato per l’effettuazione dell’esame autoptico.

 

fonte Il Messaggero

Riesame, ecco perché Veronica deve restare in carcere: “Assassina lucidissima”

di La Repubblica

Depositate le motivazioni sulla conferma dell’arresto per la mamma accusata dell’omicidio del figlio Loris Stival avvenuto a Santa Croce Camerina. Secondo i giudici ha simulato il rapimento sessuale

Veronica Panarello, ha “una capacità elaborativa di una pronta strategia manipolatoria” e una “insospettabile tenuta psicologica” che supportano “il giudizio di elevatissima capacità criminale”. Lo scrive Tribunale del riesame nelle 109 pagine delle motivazioni con cui, il 3 gennaio scorso, ha confermato gli arresti in carcere per Veronica Panarello, la donna accusata di avere ucciso il figlio Loris di 8 anni, il 29 novembre scorso a Santa Croce Camerina, nel Ragusano.

La donna “con agghiacciante indifferenza, ha agito da lucidissima assassina manifestando una pronta reazione al delitto di cui si è resa responsabile” con la “volontà di organizzare l’apparente rapimento del figlio Loris“, si legge ancora nelle motivazioni. Secondo i giudici, ha tenuto una “sconcertante glacialità nell’ordire la simulazione di un rapimento a scopo sessuale”, una “impressionante determinazione nel liberarsi del cadavere del figlio, scaraventandolo nel canalone” per “lucidamente occultare le prove del crimine”. “E’ evidente – concludono i giudici – il rischio di inquinamento probatorio per la necessità di preservare le indagini dal concreto rischio di contaminazione di cui l’indagata potrebbe rendersi artefice”.

“L’indagata ha agito in preda a uno stato passionale momentaneo di rabbia incontenibile per il fallimento del piano mattutino che evidentemente quel giorno non prevedeva l’ingombrante presenza del suo primogenito”. Lo scrive il Tribunale del riesame di Catania sull’assenza di movente per l’uccisione di Loris Stival, della cui morte è accusata la madre, Veronica Panarello, che per i giudici ha una “insospettabile tenuta psicologica” che ne “supporta ulteriormente il giudizio di elevatissima capacità criminale”. Il delitto, si legge nelle motivazioni,, è “verosimilmente propiziato da una circostanza occasionale, la discussione con Loris che, quella mattina, sconvolgendo i piani di Veronica Panarello vuole rimanere con la mamma, incuriosito dal suo look esteticamente curato” per andare a un corso di cucina a Donnafugata.

L’assenza di prove sicure porta il Tribunale a ritenere che la donna “esasperata per il comportamento del figlio sia rientrata in casa per controllarlo e, in preda a un’incontenibile impulsiva furia aggressiva, abbia soppresso il bambino”, stringendogli al collo un cappio con le fascette che aveva a portata di mano e poi “legandogli i polsi nell’immediatezza del soffocamento, verosimilmente per simulare un omicidio a sfondo sessuale con sevizie, ad opere di un estraneo”.Le ragioni del delitto – si osserva nelle motivazioni – verosimilmente propiziato da una circostanza occasionale, la discussione con Loris che quella mattina, sconvolgendo i piani di Veronica Panarello, vuole rimanere con la mamma, incuriosito dal suo look esteticamente curato”.

Intanto proseguono le indagini e gli interrogatori della procura di Ragusa per ricostruire eventuali complicità nel delitto. Nei giorni scorsi è stata acquisita agli atti la testimonianza della mamma di un compagnetto di Loris sugli strani “presentimenti” di Veronica la mattina del delitto. La donna avrebbe confidato di avere la sensazione che la mattina dell’omicidio Loris non fosse a scuola. Al setaccio anche gli account dei social network riconducibili a Veronica.

Spara al figlio durante la lite in casa, 47enne muore in ospedale

di Il Mattino

È morto all’1.40 nella notte tra lunedi e martedi Federico Dri, 47 anni, l’uomo colpito dal padre con un colpo di pistola al culmine di una lite. L’uomo è stato sottoposto ad un lungo e complicato intervento chirurgico che sin dall’inizio è sembrato disperato. Una volta terminata l’operazione sono sopraggiunte ulteriori complicanze. Il padre Franco Dri, 73 anni, arrestato dai Carabinieri subito dopo l’aggressione, è agli arresti domiciliari come disposto dai magistrati della Procura di Pordenone.

Il dramma nella famiglia di Fiume Veneto (Pordenone) si era verificato le 18.30 di lunedi in un’abitazione di viale della Repubblica. Franco Dri, ex commerciante di elettrodomestici, aveva esploso un colpo di pistola centrando il figlio Federico al torace durante una lite. Quest’ultimo, gravemente ferito, era stato trasferito con un’ambulanza del 118 all’ospedale di Pordenone dov’era stato sottoposto per ore a un intervento chirurgico.

I Carabinieri della Compagnia di Pordenone in serata avevano formalizzato l’arresto di Franco Dri, 73 anni: l’ipotesi di reato da tentato omicidio nei confronti del figlio Federico si è successivamente trasformata in omicidio.

Da quanto si è appreso, l’anziano ha esploso un unico colpo, utilizzando un’arma di proprietà, regolarmente denunciata, al culmine dell’ennesimo litigio col figlio, con cui da anni c’era un rapporto burrascoso. La vittima dello sparo ha avuto problemi di dipendenze, lavorava saltuariamente e conducendo una vita che avrebbe progressivamente minato il rapporto con i genitori esasperando il rapporto con il padre.

All’alterco e successivo sparo non ha assistito la madre del ferito – e moglie dell’aggressore – che comunque era in casa, ma in un’ altra stanza.

Napoli, 79enne strangola la moglie malata: già due anni fa aveva tentato di ucciderla

di Il Corriere

La donna, di 69 anni, non era terminale come riferito dal marito alla poliza bensì aveva problemi di natura psichica

Ha strangolato e ucciso la moglie e poi ha chiamato la polizia. E’ accaduto a Napoli, nel quartiere di Secondigliano. Antonio Parisi, di 79 anni, ha riferito agli agenti che lo hanno arrestato di averlo fatto perché la donna non aveva più speranza di vita per la sua malattia. Tuttavia, come accertato dalla polizia, la vittima non era terminale bensì aveva problemi di natura psichica. Già due anni fa, nel maggio 2013, aveva tentato di ucciderla.

La donna, Paolina Gargiulo, di 69 anni, è stata strangolata dal marito con un filo elettrico. I due erano sposati da 42 anni e hanno tre figlie, due vivono a Milano ed un’altra nel quartiere napoletano di Scampia. La 69enne era in cura al centro di Igiene mentale, distretto di Secondigliano.

Parisi aveva già tentato di uccidere la moglie colpendola con un mattarello. Dopo il tentato omicidio di due anni fa, il 79enne fu arrestato e scontò quasi un anno ai domiciliari.

«L’auto della madre a 50 metri dalla strada del delitto di Loris»

di Corriere

SANTA CROCE CAMERINA (Ragusa) – Sono le 9:27:08 di sabato scorso. La Polo nera di Veronica Panarello finisce nelle immagini del distributore Erg sulla strada comunale 35 che da Santa Croce Camerina conduce a Punta Secca. Guardando quelle immagini gli investigatori scrivono: «Si nota transitare l’autovettura riconducibile alla Volkswagen Polo della Panarello che, proseguendo per quella strada comunale, a distanza di qualche minuto, arriverà a completare il curvone sulla sinistra, scomparendo dal campo visivo della telecamera». «Va fatto rilevare – annotano polizia e carabinieri – che a circa 50 metri dal termine del sopracitato curvone, vi è l’ingresso della strada poderale che conduce al Mulino Vecchio». Nessuna telecamera vede la Polo prendere quella strada. Ma c’è un’ultima immagine, registrata dal sistema di un’azienda privata che si trova proprio sulla strada del Mulino Vecchio: l’orario è compatibile e vi si vede «un’autovettura di colore scuro che, senza minimamente rallentare la marcia, prosegue in direzione della strada» che si inoltra nella campagna.

Poche ore più tardi, proprio al Mulino Vecchio, in un canale nascosto da un canneto sarà ritrovato il corpo senza vita di Loris Andrea Stival, il figlio di Veronica. Aveva 8 anni ed è stato strangolato e buttato laggiù.
La svolta arriva alle nove e mezzo di ieri sera. Poco prima l’ennesimo vertice in Procura e le conclusioni di sette giorni di inchiesta raccolte in una informativa firmata da polizia e carabinieri. Sono pagine che accusano lei, Veronica. Ci sono i filmati che raccontano un’altra verità. E dicono, per esempio, che la macchina di Veronica, quella mattina, non è mai passata davanti alla scuola del bimbo. Lei giura da sette giorni di averlo portato vicino all’ingresso dell’istituto. E invece gli occhi elettronici della zona rivelano che lei da quelle parti non è passata affatto nei minuti in cui dice di averlo fatto.

La storia raccontata dall’informativa comincia alle 8.32 quando si vede lei con i due bambini uscire di casa. Loris a un certo punto rientra, la madre riparte da sola con l’altro figlio in direzione della ludoteca e poi torna indietro. Neppure si avvicina al plesso scolastico del primogenito. E alle 8.49 rientra a casa. Trascorrono 36 minuti, e alle 9.25 circa esce di nuovo. Dopo due minuti, un lasso di tempo compatibile con il tratto di strada da percorrere, la sua auto viene ripresa a una cinquantina di metri dal viottolo del mulino. Eppure la sua direzione era un’altra, il castello di Donnafugata dove poi in effetti partecipa a un corso di cucina.

Una testimone fissa il suo ingresso nella sala alle 9.55. Avrebbe impiegato quindi 30 minuti. Per un simile tragitto ne servirebbero tra i 15 e i 20, ad un’andatura normale, come hanno verificato gli stessi investigatori: «È possibile fare qualsiasi cosa in un lasso di tempo così piccolo? E come si calcolano tutte le variabili di un qualsiasi percorso in auto?», ribatte l’avvocato della donna, Francesco Villardita, che a proposito dei video che smentirebbero la sua assistita ha sempre detto che «prima di parlarne bisognerebbe almeno averli visti». E al momento li hanno visti solo gli inquirenti.

Ieri, inoltre, si è appreso che Loris sarebbe stato ancora vivo quando è stato gettato nel canalone: «Gli accertamenti ci suggeriscono che probabilmente non era clinicamente morto» ha rivelato al Corriere una fonte investigativa qualificata. Infine, l’arma del delitto, forse individuata. Si tratta di una fascetta di plastica. Potrebbe essere compatibile con i segni rinvenuti sul collo del bambino. E altri segni, ai polsi di Loris, sono emersi dagli esami medico-legali: non è escluso siano stati procurati da fascette simili a quella utilizzata per strangolarlo. Stringhe di questo tipo erano a casa di Loris. È stata sua madre a tirarle fuori e a consegnarle alle maestre che, lunedì, erano andate a trovarla per porgere le condoglianze.