Guida senza patente: da oggi fino a 15 mila euro di sanzione

In vigore da oggi la depenalizzazione di alcuni reati. Tra questi la guida senza patente che quindi diventa una violazione amministrativa.

Guidare un ciclomotore, un motoveicolo, un autoveicolo o una macchina agricola senza patente perché mai conseguita o perché la patente precedentemente posseduta era stata revocata, non sarà più reato ma illecito amministrativo punito con la sanzione pecuniaria del pagamento da 5 mila a 15 mila euro e con il fermo amministrativo del veicolo per 3 mesi.

Stessa sanzione si applica anche:
· a chi pur avendo la patente, guida un veicolo diverso da quello che la patente lo abilita a condurre;
· a chi guida un veicolo per il quale è richiesta una categoria di patente appartenente ad un diverso gruppo;
· a chi guida con patente non rinnovata a seguito di mancato superamento della prescritta visita medica di conferma di validità o di revisione per accertata mancanza dei requisiti fisici;
· a chi ha una patente extracomunitaria scaduta di validità e continua a guidare in Italia dopo un anno dal momento in cui ha acquisito la residenza;
· al titolare di una patente estera che guida in Italia nonostante abbia avuto in provvedimento di inibizione alla guida per aver commesso gravi violazioni che comportano la revoca della patente.

Nel caso in cui, in un biennio, si ripeta uno dei comportamenti indicati, gli illeciti successivi continuano a mantenere la natura di reato e per essi è prevista la pena dell’arresto fino ad un anno e la confisca amministrativa del veicolo.

fonte Polizia di Stato

Nessun taglio alle prefetture: emendamento di Alfano alla legge di stabilità

«Ho presentato un emendamento alla Legge di Stabilità del 2016 perché le Prefetture restino, tutte, a presidio dei territori come antenne dello Stato in questo particolare momento in cui la loro presenza capillare è fondamentale per i cittadini in termini di sicurezza e di garanzie sociali». Lo ha dichiarato il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, confermando l’intenzione del Governo di non procedere al taglio di 23 Prefetture.

«L’emendamento da me proposto- prosegue il titolare del Viminale– ha lo scopo di organizzare al meglio la loro presenza sul territorio, armonizzandola con le disposizioni previste dalla cosiddetta legge Madia, e ha già ricevuto il parere favorevole del Dipartimento della Funzione Pubblica e del Ministero dell’Economia e delle Finanze».

«Questa- ha sottolineato il ministro- la logica che ho seguito per evitare la chiusura di alcune prefetture, scongiurando l’isolamento dei territori interessati, che sarebbero stati privati di quella cinghia di trasmissione che lega i cittadini alle istituzioni».

«Sono soddisfatto – afferma Alfano– del risultato ottenuto e mi sono impegnato sin dall’inizio perché si potesse raggiungere. Lo Stato non fa passi indietro e tiene ben saldi i suoi presidi di legalità. Mi sono battuto perché il governo seguisse questo orientamento. Come governo e come maggioranza abbiamo dato una grande prova di fiducia ai prefetti, confermando il loro importante ruolo, e abbiamo ricevuto prove di grande efficienza e di tenuta nelle fasi di emergenza, in considerazione di far parte di una eccellenza dello Stato».

fonte Ministero dell’Interno

Oggi a Roma la Manifestazione “Divise in Piazza”

fonte Ansa

fonte Ansa

Si è svolta oggi a Roma, in piazza Montecitorio, la manifestazione di protesta “Divise in Piazza”, promossa dalle rappresentanze sindacali delle Forze di Polizia SAP, CONSAP, COISP (Polizia di Stato), SAPPE (Polizia Penitenziaria), SAPAF, UGL (Corpo Forestale dello Stato) e CONAPO (Vigili del Fuoco).
La manifestazione si è tenuta nel giorno in cui il Governo stava varando la legge di Stabilità ed aveva come obiettivo quello di chiedere adeguati stanziamenti per il rinnovo dei contratti di lavoro dei Vigili del Fuoco e delle Forze di Polizia, dopo sei anni di blocco. Tra le motivazioni della protesta anche la mancata convocazione dei sindacati del “Comparto Sicurezza” in vista della manovra e la gestione della riorganizzazione delle forze dell’ordine.

Le rappresentanze sindacali, partendo dall’assunto che quest’estate la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il protrarsi del blocco dei contratti del pubblico impiego, e considerando troppo esiguo l’aumento stipendiale previsto nella manovra governativa (circa 10 euro lorde al mese), hanno chiesto di reperire i fondi nella legge di Stabilità per un “adeguato indennizzo” una tantum di 1.500 euro, che corrisponderebbe ad un quarto di quanto è costato ai lavoratori della sicurezza il blocco a partire dal 2009, e un aumento di 100 euro netti al mese per il contratto triennale.

Nella circostanza, alcuni dirigenti sindacali hanno sottolineato che, in realtà, i motivi di malessere di uomini e donne del comparto sicurezza sono infiniti, tra i quali spicca la “militarizzazione” del Corpo Forestale dello Stato, che annulla esperienze e professionalità, spacciando per riforma una “riformicchia” che non porterà alcuna utilità al sistema sicurezza. Hanno affermato, altresì, che le motivazioni che hanno spinto la quasi totalità dei sindacati in piazza, si riferiscono: contro i tagli alla Polizia Penitenziaria e al sistema giustizia e delle carceri (sarebbe necessario promuovere, in primis, l’istituzione di una Direzione Generale che riconduca a sé tutte le competenze del Corpo, ad oggi frammentate e spezzate in più articolazioni); contro lo spreco continuo di denaro e gli ipotizzati tagli ad autopompe dei Vigili del Fuoco e Volanti della Polizia di Stato, al fine di salvaguardare poltrone, prebende e privilegi (sarebbe necessario, a tal riguardo, provvedere alla unificazione del Dipartimento della Pubblica Sicurezza con quello dei Vigili del Fuoco); contro gli inaccettabili tagli agli uffici, al personale, alle divise, ai mezzi e alle strutture, che hanno debilitato e ridotto al collasso l’apparato della Sicurezza; contro l’inaccettabile inerzia del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, che ancora non ha attuato, nella Polizia di Stato, la riforma delle carriere varata ben 15 anni or sono (correva l’anno 2000), che prevedeva, tra l’altro, l’istituzione del Ruolo Direttivo Speciale, ruolo mai nato; contro la mancata copertura delle vacanze organiche: “Abbiamo 43mila uomini in meno tra tutte le forze dell’ordine, prossimamente chiuderanno altri 300-400 presidi e da sei anni abbiamo il contratto fermo. Non possiamo accettare che il Governo ci offenda e ci umili con 10 euro di aumento lordi” – queste alcune delle parole pronunciate dal Segretario Generale del SAP, Gianni Tonelli, in occasione del suo intervento in piazza Montecitorio.

Insomma, non una ma molte le ragioni della protesta degli appartenenti alle forze dell’ordine, i quali si sentono mortificati dalle politiche governative, nonostante il meritorio impegno con cui, pur tra mille disagi e sacrifici, sia personali che familiari, cercano di tutelare quotidianamente l’ordine e la sicurezza pubblica, mettendo di sovente a repentaglio la propria incolumità.
Sono intervenuti a sostegno della manifestazione diversi esponenti politici dell’area di centro – destra, tra cui Giorgia Meloni, Maurizio Gasparri, Carlo Giovanardi, Nunzia Di Girolamo, Daniela Santanchè, Laura Ravetto. Di certo, però, quello che ha richiamato in modo particolare l’attenzione è stato il Segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, il quale indossava una maglietta blu con le mostrine e la scritta “Polizia”, molto simile a quella in dotazione alla Polizia di Stato.

Peraltro, per dovere di cronaca e rispetto della verità storica, non si può non rilevare che diverse furono le manifestazioni di protesta, le cui ragioni non erano sostanzialmente diverse da quelle di oggi, che si svolsero anche quando partiti e movimenti di appartenenza dei predetti esponenti politici erano parte attiva della componente governativa. Non hanno aderito alla protesta il SIULP, sindacato maggiormente rappresentativo della Polizia di Stato, il SIAP, l’ANFP, ed altre sigle minori.

In particolare, dura è stata la presa di posizione contro la manifestazione da parte dei vertici di SIULP, SIAP ed ANFP, che così si sono espressi: “Le divise sono simbolo di abnegazione e sacrificio, di responsabilità e diuturno impegno. E’ inaccettabile che vengano usate per blandire i poliziotti, tentare di carpirne il consenso e di condizionarne il giudizio. Col Governo abbiamo sempre cercato di instaurare un rapporto costruttivo e leale, anche nella dialettica, a volte dura, delle rispettive posizioni e non possiamo che biasimare chi degrada la sicurezza a strumento di lotta politica e di sterile contrapposizione. Siamo certi che questa strumentale pagliacciata non sortirà alcun effetto, ma vogliamo sottolineare, con forza, la nostra estraneità a questo modo di fare sindacato. Non è di questo che ha bisogno la Polizia di Stato”.

Dott. Rosario Calardo

Estonia accoglierà la quota prevista di asilanti provenienti dall’Italia

fonte Ministero dell'Interno

fonte Ministero dell’Interno

E’ stata ufficialmente sottoscritta con l’Estonia, la dichiarazione sull’accoglienza della prima quota di asilanti provenienti dall’Italia, nell’incontro di ieri al Viminale, tra il Ministro dell’Interno Angelino Alfano ed il Ministro dell’Interno della Repubblica d’Estonia, Hanno Pevkur.

Nel quadro delle recenti decisioni europee, nella Dichiarazione congiunta, l’Estonia conferma l’accoglienza della quota prevista di asilanti provenienti dall’Italia e il Ministro Pevkur ha dichiarato il suo impegno perché nelle prossime settimane il primo gruppo possa lasciare l’Italia alla volta dell’Estonia.

Alfano e Pevkur hanno poi sottolineato la necessità di un impegno rigoroso dell’Unione Europea riguardo la politica europea dei rimpatri, affinché resti in Europa solo chi ne ha effettivamente diritto, secondo i criteri di redistribuzione recentemente stabiliti.

di Umberto Buzzoni

Torino, scontri Lega-antagonisti al corteo: cariche della polizia

Torino – Scontri a Torino alla manifestazione convocata dal network antagonista contro l’iniziativa della Lega Nord in città. Il corteo di manifestanti da piazza Castello ha svoltato in via XX Settembre al grido di «mai con Salvini»: quando ha iniziato a premere sul cordone di polizia che presidiava l’area è partita una carica che ha respinto i manifestanti. Nella concitazione alcuni sono stati bloccati dai poliziotti. Uno è rimasto a terra ed è stato subito soccorso anche dagli agenti che hanno chiamato un’ambulanza. Dalla pancia del corteo sono saltate fuori mazze e bastoni.

Il bilancio dei tafferugli è di due feriti. Uno solo è un manifestante coinvolto direttamente nella carica della polizia; l’altra è una passante che, a quanto risulta, sarebbe scivolata nella concitazione. Otto, invece, i manifestanti fermati. La posizione dei quest’ultimi (sei uomini e due donne) è ancora al vaglio dei funzionari della questura.

A metà pomeriggio, il segretario federale della Lega Nord, Matteo Salvini, ha commentato che «è triste manifestare protetti da grate di ferro e cordoni di polizia. È indegno e mi spiace che questo accada soprattutto a Torino. Sono appena stato 2 giorni in Emilia senza problemi, non capisco perché qui sia sempre così». Ancora: «Chi amministra questa città dovrebbe vergognarsi per come è ridotto il suo tessuto sociale, non è possibile manifestare in questo modo, circondato dalla polizia per colpa di gruppuscoli coccolati dalla sinistra».

Davanti a lui, anche alcuni manifestanti di Casa Pound: «La nostra piazza è aperta a tutti quelli che vogliono manifestare in modo democratico e senza violenza. Mai nella vita io mi sognerei di andare a disturbate la manifestazione di qualcun altro».

 

fonte Il Secolo XIX

Sinistra contro la polizia: “Numeri sui caschi subito”

Da domani in Senato la discussione sul ddl presentato da Sel: vogliono schedare le forze dell’ordine con numeri sui caschi e fasce tricolori per i dirigenti. Forza Italia con la polizia: “Un’assurdità da fermare subito”

Il Parlamento si prepara ad imporre i numeri identificativi alle forze dell’ordine impegnate in operazioni di ordine pubblico. Da domani in Senato sarà in discussione il disegno di legge presentato dal parlamentare di Sel Peppe De Cristofaro: l’obiettivo è rendere riconoscibili gli agenti con una sorta di “numero di targa” che consenta di sottrarre all’anonimato gli autori di eventuali abusi. Una misura che tutelerà in primo luogo chi si comporta correttamente, sostengono i fautori del provvedimento; un’idea che espone i responsabili dell’ordine pubblico a rappresaglie contra personam, ribattono invece le opposizioni.

Nei sette articoli del disegno di legge, si richiede che i funzionari di pubblica sicurezza indossino sempre, sopra la divisa, “la fascia tricolore o altro evidente segno distintivo”, mentre per gli agenti è prevista “una sigla che consenta l’identificazione dell’operatore, sui due lati e sulla parte posteriore del casco di protezione”. Infine si vieta al personale di polizia, anche in borghese, di “portare indumenti o segni distintivi che lo possono qualificare come appartenente alla stampa o ai servizi di pubblico soccorso, quali medici, paramedici e vigili del fuoco”.

A dispetto delle assicurazioni di De Cristofaro, che assicura in ogni sede possibile di voler evitare ogni “atteggiamento punitivo per le forze dell’ordine”, sul provvedimento si presentano già alcune spaccature interne alla stessa maggioranza di governo, con l’ala centrista che fa capo al ministro Alfano, da sempre piuttosto scettica sulla questione. Il ministro dell’Interno stesso ha espresso la propria contrarietà: “Vogliamo che i violenti vadano a bussare a casa degli agenti?”, ha chiesto.

A testimonianza delle difficoltà a trovare un incontro stanno anche le altre due proposte di legge depositate dal piddì Luigi Manconi e dagli ex grillini Scibona e Battista. Anche lo stesso M5S, peraltro, da tempo si è mostrato sensibile al tema, chiedendo a gran voce dalle colonne del blog di Grillo l’adozione dei numeri identificativi.

Decisamente contraria al provvedimento, oltre al nuovo centrodestra, anche l’opposizione. Su tutti, il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri, che ha bollato il ddl come “un’assurdità colossale, da stroncare immediatamente”.

fonte Il Giornale

Quirinale, Mattarella giura e apre il settennato: “Sarò arbitro imparziale, ma i giocatori mi aiutino”

di La Repubblica

Il nuovo Presidente della Repubblica ha giurato sulla Costituzione e ha pronunciato alle Camere unite il suo messaggio alla nazione, interrotto continuamente dagli applausi. Poi l’omaggio all’Altare della Patria e gli onori militari nel cortile del Colle. Infine la cerimonia di insediamento nel salone dei Corazzieri, assenti Grillo e Salvini. Berlusconi a Renzi: “Birichino”. La replica: “Meno di te”

ROMA – L’applauso scrosciante delle Camere riunite nell’aula di Montecitorio ha accolto il nuovo capo dello Stato, Sergio Mattarella, che ha fatto il suo ingresso nell’Aula di Montecitorio alle 9.56 per dare ufficialmente inizio al suo settennato. Dopo quasi tre minuti di battimano, alle 10 in punto Mattarella ha giurato fedeltà alla Repubblica e alla Costituzione. Il neoeletto presidente, rivolto al Parlamento riunito in seduta comune integrato dai delegati regionali (i 1009 grandi elettori), ha aperto il suo discorso di insediamento ringraziando per prima cosa i suoi due predecessori Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano. Poi è entrato subito nel vivo e ha dichiarato di voler rappresentare l’unità nazionale e difendere i principi costituzionali, “che non possono rischiare di essere intaccati dalla crisi”.

Il discorso in sintesi. Il suo messaggio alla nazione è stato interrotto continuamente – ben 42 volte – dagli applausi dell’Aula, compresi quelli del M5s. Parola d’esordio: “Concittadini”. Parola chiave: speranza. L’augurio: avere un popolo più sicuro, un’Italia “più libera e solidale”. In trenta minuti esatti, Mattarella ha salutato gli stranieri presenti nel nostro Paese, ha sottolineato l’urgenza delle riforme, prima fra tutte la legge elettorale. E ha assicurato che sarà un “arbitro imparziale” a patto che i giocatori lo aiutino “con la loro correttezza”.

Si è compiaciuto di avere di fronte un “Parlamento di giovani, portatori di nuove speranze”. Ha affermato che difendere la Costituzione vuol dire “garantire il diritto allo studio dei nostri ragazzi in una scuola moderna, in ambienti sicuri”. Standing ovation dell’Aula quando ha rammentato il valore della Resistenza e dell’antifascismo e della lotta alla mafia, nominando Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ha fatto appello alla pace e alla necessità di risposte globali contro il terrorismo internazionale, ricordando il sacrificio del piccolo Stefano Taché, ucciso in un attentato alla Sinagoga di Roma nel 1982. E ha rivolto un pensiero agli italiani rapiti, padre Paolo Dall’Oglio, Giovanni Lo Porto e Ignazio Scaravilli. Ha promesso il massimo impegno per portare a casa i due marò Salvatore Latorre e Massimiliano Girone. Ha citato il Papa e i suoi severi moniti contro i corrotti.

Il cerimoniale passo per passo. L’arrivo a Montecitorio. Mattarella, accompagnato dalla Segretaria generale della Camera dei deputati, Lucia Pagano, è partito sotto una fitta pioggia alle 9.30 dal palazzo della Consulta diretto a Palazzo Montecitorio con una Lancia Thema blu istituzionale, scortata dai Carabinieri in motocicletta. La partenza è stata segnalata dalla campana di Montecitorio, che ha suonato per tutto il tragitto. Il presidente è arrivato poco prima delle 10 alla Camera. Abito scuro e solita compostezza che lo contraddistingue, ha salutato gli uffici di presidenza di Camera e Senato, stringendo la mano a ogni singolo componente, prima di iniziare un colloquio con la presidente di Montecitorio Laura Boldrini e la vicepresidente di Palazzo Madama Valeria Fedeli.

Il presidente, accompagnato da Boldrini e Fedeli, con le rispettive segretarie generali, Lucia Pagano ed Elisabetta Serafin, ha poi raggiunto l’Aula ed è salito sul banco della presidenza. Boldrini ha dichiarato aperta la seduta e ha inviato il Capo dello Stato a prestare giuramento a norma dell’art.91 della Costituzione. Dell’avvenuto giuramento è stato dato annuncio dalla campana di Montecitorio e da 21 salve di artiglieria sparate dal cannone del Gianicolo (foto). Il presidente della Repubblica ha poi rivolto il suo messaggio alla Nazione.

L’omaggio al Milite Ignoto. Al termine della lettura del messaggio, Boldrini ha dichiarato chiusa la seduta. Nell’atrio un reparto di Corazzieri, in uniforme di gran gala, ha reso gli onori al nuovo presidente. La Cerimonia si è conclusa con l’esecuzione dell’Inno Nazionale. Il Capo dello Stato ha passato in rassegna il reparto d’onore schierato con bandiera e banda. Poi si è recato a piazza Venezia all’Altare della Patria, accompagnato dal premier Renzi, per rendere omaggio al Milite Ignoto con la deposizione di una corona di fiori, mentre il Monumento ai caduti di guerra è stato sorvolato dalle Frecce tricolori.

Nel frattempo la pioggia ha concesso una tregua e Mattarella è potuto salire assieme al premier a bordo dell’auto presidenziale, la storica Lancia Flaminia 335, decapottata per l’occasione.

Scortato dai corazzieri a cavallo e dai motociclisti è giunto fino al Quirinale. Sul torrino del Colle è stato issato il Tricolore e il drappo presidenziale, ammainato il 14 gennaio scorso con le dimissioni anticipate di Napolitano. Mattarella è entrato nel cortile del palazzo dove ha ricevuto gli onori militari.

La cerimonia di insediamento al Quirinale. Poco dopo mezzogiorno, Napolitano, ha consegnato a Mattarella l’onorificienza di Cavaliere di Gran Croce e gli ha fatto indossare il Gran cordone, massima benemerenza della Repubblica. La piccola cerimonia si è svolta nella sala degli Arazzi di Lille, antistante lo studio alla vetrata, alla presenza delle cariche costituzionali. Dopo li due si sono scambiati alcune frasi di auguri e incoraggiamento. Poi Napolitano ha lasciato il palazzo mentre Mattarella, preceduto da Boldrini, Grasso e Renzi, si è recato nel Salone dei Corazzieri, dove ad aspettarlo c’erano i rappresentanti di tutte le forze politiche per assistere al passaggio di consegne tra il presidente facente funzioni, Pietro Grasso, e il neoeletto Capo dello Stato.

Nel suo breve discorso Grasso si è augurato che “il nuovo presidente sappia rispondere alla fiducia e alla speranza” che gli italiani ripongono in lui. E ha ricordato il giorno del suo primo incontro con Mattarella. Il Capo dello Stato ha ringraziato nuovamente il presidente del Senato e Napolitano. Poi ha salutato tutte le istituzioni – Boldrini, Renzi e Alessandro Criscuolo, presidente della Corte Costituzionale – e ha voluto ribadire il concetto portante del discorso pronunciato in Aula, ovvero l’esigenza di “recuperare il senso dell’unità del nostro Paese, per consentire ai nostri concittadini di sentirsi parte di una comunità”.

Le forze politiche. Siparietto Berlusconi/Renzi. Come detto, al cerimoniale di insediamento erano presenti tutte le alte cariche dello Stato e i leader e segretari delle forze politiche, che hanno commentato positivamente il discorso del presidente. C’era anche Silvio Berlusconi (presenza interpretata da Graziano Delrio come “segno di apertura”) che inizialmente ha scherzato dicendo di essere stato colpito da “assoluta afasia”. Ma che poi ha trovato la voce per definire il discorso di Mattarella “rispettoso della Costituzione”. E si è reso protagonista di un siparietto con Renzi. Il premier si è avvicinato al leader di Forza Italia per presentargli di persona il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. A quel punto l’ex cavaliere ha scherzato: “Spero non sia birichino come te”. Pronta la replica di Renzi: “Il bello è che io lo sono meno di te” (audio).

Mattarella respinge le dimissioni ‘di prassi’ di Renzi. Più tardi il premier ha comunicato in un Consiglio dei ministri “lampo” (durato dalle 15.30 alle15.40) che “in ossequio a una prassi istituzionale” consolidata avrebbe “rassegnato le dimissioni del Governo al nuovo presidente della Repubblica”. Il quale, sempre secondo prassi, poco dopo le ha respinte.

I nove auguri di Grillo. Come preannunciato, Beppe Grillo ha dato forfait alla cerimonia nel Salone dei Corazzieri. Ma ha pubblicato sul suo blog una lettera indirizzata al Capo dello Stato con ben nove auguri. Il primo, si legge nel testo, “è quello di tutelare la Costituzione italiana”. Il secondo “è di non firmare leggi palesemente incostituzionali proposte dal governo”. Il terzo è “promuovere con i mezzi a sua disposizione leggi per proteggere le fasce più deboli della popolazione”. Il quarto è “ribadire la posizione della Corte costituzionale, di cui lei ha fatto parte, sulla illegittimità dell’attuale legge elettorale”. Il quinto è “combattere il legame incestuoso tra partiti e criminalità organizzata”. Il sesto è “ripristinare la centralità del Parlamento”. Il settimo augurio è quello di “esprimere la sua solidarietà in quanto capo dello Stato al pm di Palermo Nino Di Matteo”. L’ottavo è “promuovere un riordino del sistema informativo pubblico”. Infine l’ultimo è quello di “essere ricordato alla fine del suo settennato con la stima e l’entusiasmo che hanno accompagnato la sua elezione”.

Salvini assente ingiustificato. L’altro assente era Matteo Salvini: “Non sapevo di essere stato invitato e di avere un posto”, ha detto dai microfoni di Radio Padania. E invece il posto ce l’aveva, accanto a Berlusconi.

Staff del Quirinale per ora non cambia. Mattarella ha chiesto al segretario generale della Presidenza della Repubblica, Donato Marra, e ai consiglieri di rimanere nell’esercizio delle proprie funzioni fino alle decisioni definitive che assumerà in ordine ai rispettivi incarichi. Tra i più quotati a succedere a Marra ci sarebbero l’ex segretario generale della Camera Ugo Zampetti e Sando Pajno, palermitano, presidente della quinta sezione del Consiglio di Stato. Legato al neo capo dello Stato da un’amicizia lunga trent’anni, Pajno è figlio del procuratore di Palermo che indagò proprio sull’omicidio di Piersanti, il fratello di Mattarella ucciso dalla mafia nel 1980.