Padova, libico accoltella due carabinieri: sentenza choc, il giudice lo libera

di Il Messaggero

Accoltella due carabinieri, il giudice lo libera. Quattro espulsioni alle spalle, mai ottemperate, 3 pagine di precedenti penali, dalla rapina, allo spaccio, alla violenza, il tutto condito da numerosi alias. L’uomo, un libico di trentacinque anni, l’altra notte dopo aver tentato di vendere cocaina a due carabinieri in borghese, a Padova, è stato arrestato.

Per non farsi prendere, però, non ha esitato ad accoltellare i militari, rimasti feriti a una gamba e a un braccio. Oggi all’udienza in tribunale il libico, accusato di tentato omicidio, è stato liberato dal giudice del patavino, Domenica Gambardella, che ha convalidato l’arresto, dandogli un semplice divieto di dimora.

Tutto è cominciato giovedì notte, quando nei pressi del centro di Padova, il libico (ignaro di chi fossero) ha avvicinato tre carabinieri in borghese, offrendo al gruppetto della cocaina. I militari dopo essere stati inizialmente al gioco, hanno deciso di procedere all’arresto.

Una volta identificati, però, la reazione del libico è stata violenta. L’uomo ha tirato fuori un coltello, menando fendenti a destra e a manca. Una coltellata ha ferito un appuntato al braccio, l’altra ha colpito il collega a una gamba, dopo avergli sfiorato un rene. Il libico, clandestino senza fissa dimora, così è stato arrestato per tentato omicidio. All’udienza il giudice ha convalidato l’arresto, disponendo la liberazione dell’imputato e imponendogli il divieto di dimora a Padova.

Carabiniere violentava turiste straniere ospitate con Couchsurfing

di Il Corriere

Il militare di Padova era già stato arrestato un anno fa. Adesso lo accusano 16 ragazze di tutto il mondo. Intontiva le ragazze con droga nel vino e poi abusava di loro

Si faceva chiamare Leonardo, ma il realtà si chiama Dino Maglio, ha 35 anni e faceva il carabiniere a Padova. Adesso è nel carcere di Santa Maria Capua Vetere: 16 ragazze straniere giovanissime lo accusano di violenza sessuale. Secondo quanto ricostruito dal pm Giorgio Falcone l’uomo ospitava in casa le turiste straniere tramite il sito Couchsurfing, conosciuto in tutto il mondo perché permette di offrire e trovare ospitalità per viaggiare in tutto il mondo. Ma dopo aver accolto le sue ospiti con gentilezza e averle accompagnate per un giro turistico in città le drogava con un «vino speciale», come lui lo presentava. Mischiato infatti c’era sonnifero (poi sequestrato nella sua abitazione) e le ragazze, intontite, venivano violentate. Un copione che si è ripetuto molte volte, probabilmente gli episodi sono stati almeno 16 e hanno coinvolto polacche, portoghesi, americane, tre amiche della Repubblica Ceca, due giovani di Hong-Kong, una tedesca, un’argentina, un’armena, una canadese e un’australiana. La storia è stata raccontata sull’Espresso che ha raccolto le testimonianze delle ragazze.

Il primo arresto
Dino Maglio è stato arrestato un anno fa dopo la denuncia di una sedicenne australiana, ospitata a Padova con la madre e la sorella. Era stata proprio la madre ad accorgersi che qualcosa di molto grave era accaduta alla figlia, dopo averla trovata nel letto di Dino, senza mutandine, in stato di semi incoscienza. Parte la denuncia. Dino Maglio viene arrestato. Lui nega e dice: «Era consenziente». La ragazza invece lo accusa di stupro e racconta di non essere riuscita a fuggire perché intontita da qualcosa. Il famoso vino.

I domiciliari e nuovi profili Couchsurfing
Il carabiniere ottiene i domiciliari. Si riscrive a Couchsurfing con altro profilo e ricomincia da capo. Ospita altre ragazze, le violenze si ripetono e viene arrestato di nuovo (e sospeso dall’Arma). Sul profilo Couchsurfing di Maglio compaiono le prime recensioni negative ma lui minaccia le sue vittime attraverso i social e intima loro di cancellare quei commenti facendosi forza proprio del fatto di essere carabiniere. La security di Couchsurfing ha più volte cancellato il profilo del carabiniere e anche quelli nuovi che ha aperto dopo le segnalazioni delle ragazze.

Il processo
Ora Dino Maglio attende il processo che comincerà il 17 marzo a Padova. Oltre all’australiana lo accusano altre sette ragazze che hanno presentato denuncia. Le altre hanno raccontato la loro storia al centro di giornalismo d’inchiesta Irpi (Investigative Reporting Project Italy).

I racconti
I racconti delle turiste straniere sono tutti tremendamente identici. Una polacca racconta: «Mi sono trovata nel letto con Dino, ero intorpidita, non riuscivo a muovermi. Quando ho ripreso conoscenza mi stava violentando». Una giovane della Repubblica Ceca in compagnia di una portoghese ricorda: «Siamo tornati alle sei del mattino, lui ha insistito a volerci far bere del vino speciale. A un certo punto vedevo doppio, non riuscivo più ad alzarmi. Ha iniziato a toccarmi, si è sdraiato su di me e io non riuscivo ad andare via. Poi non ricordo più niente».

Svizzera, inseguimento tra poliziotti elvetici e italiani: incidente diplomatico in autostrada nel Ticino

di Il Messaggero

Due poliziotti italiani fermati, disarmati, sottoposti a test con l’etilometro e interrogati per ore dai colleghi della Polizia Cantonale Ticinese. Rischia di provocare un incidente diplomatico tra Italia e Svizzera quanto accaduto alcuni giorni fa lungo l’A9, dove un automobilista italiano originario della provincia di Novara, poi rivelatosi ubriaco, è fuggito in Svizzera dopo avere speronato una pattuglia della Polstrada di Busto Arsizio (Varese).

Il fatto risale alla notte tra il 25 e il 26 gennaio scorso, ma lo si è appreso soltanto oggi. L’inseguimento è cominciato sull’autostrada A9, l’arteria lombarda che collega l’area metropolitana di Milano con Como e il confine con la Svizzera. Qui l’uomo, un piemontese di 57 anni, consapevole del suo stato di alterazione, ha speronato la pattuglia degli agenti di Busto Arsizio.

Costretti a fermarsi, i poliziotti hanno però lanciato subito l’allarme, chiedendo l’intervento dei colleghi della squadra volante di Como. Il fuggitivo è stato inseguito in territorio italiano. Poi, quando gli agenti hanno intuito che l’obiettivo dell’uomo era raggiungere il paese elvetico, hanno chiesto e ottenuto dal Centro di cooperazione di polizia doganale di Chiasso (l’organismo costituito da Confederazione Svizzera e Repubblica Italiana per la cooperazione tra le autorità di polizia e doganali) l’autorizzazione per entrare in territorio elvetico, sulla base delle disposizioni degli accordi di Schengen.

L’automobilista è stato infine fermato da una pattuglia svizzera cinque chilometri dopo la frontiera, nell’area di servizio di Coldrerio (Comune svizzero del Canton Ticino) ed è stato denunciato. La vicenda, però, non è finita qui. Poco dopo sono infatti sopraggiunti i poliziotti italiani, attardati in dogana in attesa del via libera al loro ingresso in Svizzera.

Ma a quel punto i colleghi elvetici li hanno disarmati, sottoposti ad alcoltest e li hanno scortati fino a Lugano, in caserma, dove gli agenti sono stati trattenuti per oltre tre ore e interrogati separatamente. Riaccompagnati in frontiera, sono state restituite loro le armi. Il loro rapporto di servizio è stato inviato dalla procura di Como al ministero degli Esteri per valutare se il comportamento dei poliziotti ticinesi è stato conforme alle regole.

‘Ndrangheta, perquisizione a casa di Vincenzo Iaquinta

di Il Corriere

Il padre, Giuseppe Iaquinta, era tra i 117 arrestati dell’inchiesta sulla presenza della ‘Ndrangheta in Emilia.

BOLOGNA – Nell’ambito dell’indagine Aemilia della Dda di Bologna è in corso una perquisizione a casa di Vincenzo Iaquinta, ex attaccante della nazionale azzurra campione del mondo di calcio. Il padre, Giuseppe Iaquinta, era tra i 117 arrestati. A quanto si apprende, l’abitazione dell’ex calciatore oggetto della perquisizione dei carabinieri è a Quattro Castella comune del Reggiano.

Al centro dell’inchiesta due pistole trovate ieri in un’altra perquisizione, in una cassaforte a casa del padre Giuseppe. Le armi sarebbero regolarmente detenute dall’ex calciatore, ma il padre, in seguito ad un divieto, non poteva averle in casa.

LA PERQUISIZIONE – La perquisizione a casa di Giuseppe Iaquinta è stata delegata dalla Dda di Bologna e le due pistole, una calibro 38 e una calibro 7,65, sono state trovate all’interno di una cassaforte, in un sottoscala nel seminterrato. Le due armi dovevano essere detenute a Quattro Castella, dove l’ex calciatore risiede. Il divieto di porto d’armi per il padre fu deciso dalla prefettura di Reggio Emilia, dopo la cena del 21 marzo 2012, in un ristorante della città: è la cena alla quale parteciparono oltre al politico Giuseppe Pagliani di Forza Italia (anche lui tra gli arrestati dalla Dda come il padre di Iaquinta) anche altre persone ritenute vicine alla `ndrangheta e secondo gli investigatori in quell’occasione fu siglato un patto tra il politico e le cosche. In seguito al ritrovamento delle pistole, oggi sono scattate ulteriori perquisizioni a casa di Iaquinta e di due fratelli

L’ORDINANZA – Nell’ordinanza del giudice si legge che «pur non essendo coinvolto nella consumazione di reati fine, Giuseppe Iaquinta è un soggetto di rilievo all’interno dell’organizzazione criminale. Egli, innanzitutto, è in stretto contatto con i vertici dell’associazione.» Il giudice scrive che sono state infatti accertate «frequentazioni con Grande Aracri Nicolino (il clan presente nel Reggiano, ndr) e nel luglio 2011 dopo un summit in Cutro a cui ha partecipato anche Gualtieri Antonio, è stato coinvolto nel progetto di realizzazione di un pool di imprese reggiane (vicine o contigue al sodalizio) per andare ad acquisire importanti appalti nella zona di Cutro o comunque in Calabria».

LA CARRIERA DI IAQUINTA – Iaquinta, oggi 35enne, è nato a Crotone e ha chiuso con il calcio a giugno 2013. Era nella spedizione azzurra del 2006 che vinse la Coppa del Mondo battendo in finale la Francia ai rigori. Nel Mondiale di Germania, Iaquinta fu uno dei grandi protagonisti con 5 presenze e una rete messa a segno contro il Ghana nella partita d’esordio vinta 2-0 dall’Italia. L’attaccante disputò anche la finale che consegnò la coppa ai ragazzi di Lippi. Con la maglia della Nazionale giocò anche lo sfortunato Mondiale del 2010. Iaquinta dopo aver giocato nel Padova e nel Castel di Sangro è passato all’Udinese, dove è rimasto per 7 stagioni prima di passare alla Juventus con cui è rimasto per cinque stagioni.

L’IMPRENDITORE – Sempre nell’ambito dell’inchiesta uno dei destinatari delle 117 misure di custodia cautelare della Dda di Bologna contro la `Ndrangheta, l’imprenditore Palmo Vertinelli, risulta latitante. Si tratta di un imprenditore, accusato tra l’altro di associazione a delinquere di tipo mafioso e ritenuto uno dei prestanome delle cosche nel Reggiano. Nel garage della sua abitazione sono state trovate auto di lusso. Secondo quanto si apprende, poi, dalla mattinata sono in corso altre perquisizioni collegate all’inchiesta Aemilia, e sono state sequestrate armi, munizioni e documenti. Vertinelli, 54 anni, nato a Cutro, viene definito dall’ordinanza del giudice Alberto Ziroldi – che si rifà a dichiarazioni di pentiti – «la forza economica» di Nicolino Grande Aracri in Emilia. L’imprenditore, proprio in ragione della vicinanza alla cosca, «era in grado di aggiudicarsi appalti nel settore dell’edilizia» e, di conseguenza, corrispondeva a Grande Aracri una parte dei suoi proventi, aiutandolo a sostenere le spese degli avvocati

Quirinale, Mattarella giura e apre il settennato: “Sarò arbitro imparziale, ma i giocatori mi aiutino”

di La Repubblica

Il nuovo Presidente della Repubblica ha giurato sulla Costituzione e ha pronunciato alle Camere unite il suo messaggio alla nazione, interrotto continuamente dagli applausi. Poi l’omaggio all’Altare della Patria e gli onori militari nel cortile del Colle. Infine la cerimonia di insediamento nel salone dei Corazzieri, assenti Grillo e Salvini. Berlusconi a Renzi: “Birichino”. La replica: “Meno di te”

ROMA – L’applauso scrosciante delle Camere riunite nell’aula di Montecitorio ha accolto il nuovo capo dello Stato, Sergio Mattarella, che ha fatto il suo ingresso nell’Aula di Montecitorio alle 9.56 per dare ufficialmente inizio al suo settennato. Dopo quasi tre minuti di battimano, alle 10 in punto Mattarella ha giurato fedeltà alla Repubblica e alla Costituzione. Il neoeletto presidente, rivolto al Parlamento riunito in seduta comune integrato dai delegati regionali (i 1009 grandi elettori), ha aperto il suo discorso di insediamento ringraziando per prima cosa i suoi due predecessori Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano. Poi è entrato subito nel vivo e ha dichiarato di voler rappresentare l’unità nazionale e difendere i principi costituzionali, “che non possono rischiare di essere intaccati dalla crisi”.

Il discorso in sintesi. Il suo messaggio alla nazione è stato interrotto continuamente – ben 42 volte – dagli applausi dell’Aula, compresi quelli del M5s. Parola d’esordio: “Concittadini”. Parola chiave: speranza. L’augurio: avere un popolo più sicuro, un’Italia “più libera e solidale”. In trenta minuti esatti, Mattarella ha salutato gli stranieri presenti nel nostro Paese, ha sottolineato l’urgenza delle riforme, prima fra tutte la legge elettorale. E ha assicurato che sarà un “arbitro imparziale” a patto che i giocatori lo aiutino “con la loro correttezza”.

Si è compiaciuto di avere di fronte un “Parlamento di giovani, portatori di nuove speranze”. Ha affermato che difendere la Costituzione vuol dire “garantire il diritto allo studio dei nostri ragazzi in una scuola moderna, in ambienti sicuri”. Standing ovation dell’Aula quando ha rammentato il valore della Resistenza e dell’antifascismo e della lotta alla mafia, nominando Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ha fatto appello alla pace e alla necessità di risposte globali contro il terrorismo internazionale, ricordando il sacrificio del piccolo Stefano Taché, ucciso in un attentato alla Sinagoga di Roma nel 1982. E ha rivolto un pensiero agli italiani rapiti, padre Paolo Dall’Oglio, Giovanni Lo Porto e Ignazio Scaravilli. Ha promesso il massimo impegno per portare a casa i due marò Salvatore Latorre e Massimiliano Girone. Ha citato il Papa e i suoi severi moniti contro i corrotti.

Il cerimoniale passo per passo. L’arrivo a Montecitorio. Mattarella, accompagnato dalla Segretaria generale della Camera dei deputati, Lucia Pagano, è partito sotto una fitta pioggia alle 9.30 dal palazzo della Consulta diretto a Palazzo Montecitorio con una Lancia Thema blu istituzionale, scortata dai Carabinieri in motocicletta. La partenza è stata segnalata dalla campana di Montecitorio, che ha suonato per tutto il tragitto. Il presidente è arrivato poco prima delle 10 alla Camera. Abito scuro e solita compostezza che lo contraddistingue, ha salutato gli uffici di presidenza di Camera e Senato, stringendo la mano a ogni singolo componente, prima di iniziare un colloquio con la presidente di Montecitorio Laura Boldrini e la vicepresidente di Palazzo Madama Valeria Fedeli.

Il presidente, accompagnato da Boldrini e Fedeli, con le rispettive segretarie generali, Lucia Pagano ed Elisabetta Serafin, ha poi raggiunto l’Aula ed è salito sul banco della presidenza. Boldrini ha dichiarato aperta la seduta e ha inviato il Capo dello Stato a prestare giuramento a norma dell’art.91 della Costituzione. Dell’avvenuto giuramento è stato dato annuncio dalla campana di Montecitorio e da 21 salve di artiglieria sparate dal cannone del Gianicolo (foto). Il presidente della Repubblica ha poi rivolto il suo messaggio alla Nazione.

L’omaggio al Milite Ignoto. Al termine della lettura del messaggio, Boldrini ha dichiarato chiusa la seduta. Nell’atrio un reparto di Corazzieri, in uniforme di gran gala, ha reso gli onori al nuovo presidente. La Cerimonia si è conclusa con l’esecuzione dell’Inno Nazionale. Il Capo dello Stato ha passato in rassegna il reparto d’onore schierato con bandiera e banda. Poi si è recato a piazza Venezia all’Altare della Patria, accompagnato dal premier Renzi, per rendere omaggio al Milite Ignoto con la deposizione di una corona di fiori, mentre il Monumento ai caduti di guerra è stato sorvolato dalle Frecce tricolori.

Nel frattempo la pioggia ha concesso una tregua e Mattarella è potuto salire assieme al premier a bordo dell’auto presidenziale, la storica Lancia Flaminia 335, decapottata per l’occasione.

Scortato dai corazzieri a cavallo e dai motociclisti è giunto fino al Quirinale. Sul torrino del Colle è stato issato il Tricolore e il drappo presidenziale, ammainato il 14 gennaio scorso con le dimissioni anticipate di Napolitano. Mattarella è entrato nel cortile del palazzo dove ha ricevuto gli onori militari.

La cerimonia di insediamento al Quirinale. Poco dopo mezzogiorno, Napolitano, ha consegnato a Mattarella l’onorificienza di Cavaliere di Gran Croce e gli ha fatto indossare il Gran cordone, massima benemerenza della Repubblica. La piccola cerimonia si è svolta nella sala degli Arazzi di Lille, antistante lo studio alla vetrata, alla presenza delle cariche costituzionali. Dopo li due si sono scambiati alcune frasi di auguri e incoraggiamento. Poi Napolitano ha lasciato il palazzo mentre Mattarella, preceduto da Boldrini, Grasso e Renzi, si è recato nel Salone dei Corazzieri, dove ad aspettarlo c’erano i rappresentanti di tutte le forze politiche per assistere al passaggio di consegne tra il presidente facente funzioni, Pietro Grasso, e il neoeletto Capo dello Stato.

Nel suo breve discorso Grasso si è augurato che “il nuovo presidente sappia rispondere alla fiducia e alla speranza” che gli italiani ripongono in lui. E ha ricordato il giorno del suo primo incontro con Mattarella. Il Capo dello Stato ha ringraziato nuovamente il presidente del Senato e Napolitano. Poi ha salutato tutte le istituzioni – Boldrini, Renzi e Alessandro Criscuolo, presidente della Corte Costituzionale – e ha voluto ribadire il concetto portante del discorso pronunciato in Aula, ovvero l’esigenza di “recuperare il senso dell’unità del nostro Paese, per consentire ai nostri concittadini di sentirsi parte di una comunità”.

Le forze politiche. Siparietto Berlusconi/Renzi. Come detto, al cerimoniale di insediamento erano presenti tutte le alte cariche dello Stato e i leader e segretari delle forze politiche, che hanno commentato positivamente il discorso del presidente. C’era anche Silvio Berlusconi (presenza interpretata da Graziano Delrio come “segno di apertura”) che inizialmente ha scherzato dicendo di essere stato colpito da “assoluta afasia”. Ma che poi ha trovato la voce per definire il discorso di Mattarella “rispettoso della Costituzione”. E si è reso protagonista di un siparietto con Renzi. Il premier si è avvicinato al leader di Forza Italia per presentargli di persona il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. A quel punto l’ex cavaliere ha scherzato: “Spero non sia birichino come te”. Pronta la replica di Renzi: “Il bello è che io lo sono meno di te” (audio).

Mattarella respinge le dimissioni ‘di prassi’ di Renzi. Più tardi il premier ha comunicato in un Consiglio dei ministri “lampo” (durato dalle 15.30 alle15.40) che “in ossequio a una prassi istituzionale” consolidata avrebbe “rassegnato le dimissioni del Governo al nuovo presidente della Repubblica”. Il quale, sempre secondo prassi, poco dopo le ha respinte.

I nove auguri di Grillo. Come preannunciato, Beppe Grillo ha dato forfait alla cerimonia nel Salone dei Corazzieri. Ma ha pubblicato sul suo blog una lettera indirizzata al Capo dello Stato con ben nove auguri. Il primo, si legge nel testo, “è quello di tutelare la Costituzione italiana”. Il secondo “è di non firmare leggi palesemente incostituzionali proposte dal governo”. Il terzo è “promuovere con i mezzi a sua disposizione leggi per proteggere le fasce più deboli della popolazione”. Il quarto è “ribadire la posizione della Corte costituzionale, di cui lei ha fatto parte, sulla illegittimità dell’attuale legge elettorale”. Il quinto è “combattere il legame incestuoso tra partiti e criminalità organizzata”. Il sesto è “ripristinare la centralità del Parlamento”. Il settimo augurio è quello di “esprimere la sua solidarietà in quanto capo dello Stato al pm di Palermo Nino Di Matteo”. L’ottavo è “promuovere un riordino del sistema informativo pubblico”. Infine l’ultimo è quello di “essere ricordato alla fine del suo settennato con la stima e l’entusiasmo che hanno accompagnato la sua elezione”.

Salvini assente ingiustificato. L’altro assente era Matteo Salvini: “Non sapevo di essere stato invitato e di avere un posto”, ha detto dai microfoni di Radio Padania. E invece il posto ce l’aveva, accanto a Berlusconi.

Staff del Quirinale per ora non cambia. Mattarella ha chiesto al segretario generale della Presidenza della Repubblica, Donato Marra, e ai consiglieri di rimanere nell’esercizio delle proprie funzioni fino alle decisioni definitive che assumerà in ordine ai rispettivi incarichi. Tra i più quotati a succedere a Marra ci sarebbero l’ex segretario generale della Camera Ugo Zampetti e Sando Pajno, palermitano, presidente della quinta sezione del Consiglio di Stato. Legato al neo capo dello Stato da un’amicizia lunga trent’anni, Pajno è figlio del procuratore di Palermo che indagò proprio sull’omicidio di Piersanti, il fratello di Mattarella ucciso dalla mafia nel 1980.

Cocaina dalla camorra per Pescara due arresti della polizia e 24 indagati

di Il Messaggero

PESCARAStroncato dalla Polizia un traffico di droga tra Campania e Abruzzo: la squadra Mobile di Pescara, insieme a quelle di Chieti, Teramo e Napoli, stamani ha portato a termine l’operazione ‘Pitbull’, contro un gruppo criminale di matrice campana che, con cadenza settimanale, trasportava consistenti partite di cocaina, acquistate a Napoli e poi rivendute ad una rete di spacciatori attivi sulla costa abruzzese. Due le misure cautelari e 24 le persone complessivamente denunciate nell’indagine. Sono stati sottoposti ad obbligo dimora due napoletani di 51 anni, considerati i vertici del gruppo.

Eseguite, inoltre, una dozzina di perquisizioni, in quattro province, nei confronti dei componenti della rete di spacciatori di secondo livello – attivi tra Pescara, Montesilvano (Pescara), Silvi (Teramo) e Ortona (Chieti) – di cui facevano parte non solo rom locali, ma anche diversi insospettabili, tra cui il titolare di un bar, un’impiegata e un rivenditore di auto. L’indagine ‘Pitbull‘ – così si faceva chiamare uno degli spacciatori – è partita dall’arresto, a marzo del 2013, di un 43enne pescarese, nella cui abitazione, in pieno centro, furono trovati 600 grammi di cocaina. L’uomo era il referente locale del gruppo campano e si occupava della custodia e dello smistamento delle partite di cocaina, nonchè della riscossione dei proventi delle vendite; nel giorno dell’arresto fu trovata una lista contenente la contabilità del gruppo, il cui esame, insieme ad intercettazioni telefoniche, ha permesso di ricostruire le attività illecite.

Riesame, ecco perché Veronica deve restare in carcere: “Assassina lucidissima”

di La Repubblica

Depositate le motivazioni sulla conferma dell’arresto per la mamma accusata dell’omicidio del figlio Loris Stival avvenuto a Santa Croce Camerina. Secondo i giudici ha simulato il rapimento sessuale

Veronica Panarello, ha “una capacità elaborativa di una pronta strategia manipolatoria” e una “insospettabile tenuta psicologica” che supportano “il giudizio di elevatissima capacità criminale”. Lo scrive Tribunale del riesame nelle 109 pagine delle motivazioni con cui, il 3 gennaio scorso, ha confermato gli arresti in carcere per Veronica Panarello, la donna accusata di avere ucciso il figlio Loris di 8 anni, il 29 novembre scorso a Santa Croce Camerina, nel Ragusano.

La donna “con agghiacciante indifferenza, ha agito da lucidissima assassina manifestando una pronta reazione al delitto di cui si è resa responsabile” con la “volontà di organizzare l’apparente rapimento del figlio Loris“, si legge ancora nelle motivazioni. Secondo i giudici, ha tenuto una “sconcertante glacialità nell’ordire la simulazione di un rapimento a scopo sessuale”, una “impressionante determinazione nel liberarsi del cadavere del figlio, scaraventandolo nel canalone” per “lucidamente occultare le prove del crimine”. “E’ evidente – concludono i giudici – il rischio di inquinamento probatorio per la necessità di preservare le indagini dal concreto rischio di contaminazione di cui l’indagata potrebbe rendersi artefice”.

“L’indagata ha agito in preda a uno stato passionale momentaneo di rabbia incontenibile per il fallimento del piano mattutino che evidentemente quel giorno non prevedeva l’ingombrante presenza del suo primogenito”. Lo scrive il Tribunale del riesame di Catania sull’assenza di movente per l’uccisione di Loris Stival, della cui morte è accusata la madre, Veronica Panarello, che per i giudici ha una “insospettabile tenuta psicologica” che ne “supporta ulteriormente il giudizio di elevatissima capacità criminale”. Il delitto, si legge nelle motivazioni,, è “verosimilmente propiziato da una circostanza occasionale, la discussione con Loris che, quella mattina, sconvolgendo i piani di Veronica Panarello vuole rimanere con la mamma, incuriosito dal suo look esteticamente curato” per andare a un corso di cucina a Donnafugata.

L’assenza di prove sicure porta il Tribunale a ritenere che la donna “esasperata per il comportamento del figlio sia rientrata in casa per controllarlo e, in preda a un’incontenibile impulsiva furia aggressiva, abbia soppresso il bambino”, stringendogli al collo un cappio con le fascette che aveva a portata di mano e poi “legandogli i polsi nell’immediatezza del soffocamento, verosimilmente per simulare un omicidio a sfondo sessuale con sevizie, ad opere di un estraneo”.Le ragioni del delitto – si osserva nelle motivazioni – verosimilmente propiziato da una circostanza occasionale, la discussione con Loris che quella mattina, sconvolgendo i piani di Veronica Panarello, vuole rimanere con la mamma, incuriosito dal suo look esteticamente curato”.

Intanto proseguono le indagini e gli interrogatori della procura di Ragusa per ricostruire eventuali complicità nel delitto. Nei giorni scorsi è stata acquisita agli atti la testimonianza della mamma di un compagnetto di Loris sugli strani “presentimenti” di Veronica la mattina del delitto. La donna avrebbe confidato di avere la sensazione che la mattina dell’omicidio Loris non fosse a scuola. Al setaccio anche gli account dei social network riconducibili a Veronica.

In fuga dai carabinieri si schiantano con l’auto: due morti e tre feriti

di Corriere della Sera

I cinque ladri, tutti nomadi milanesi, avevano tentato di far saltare un bancomat: l’incidente sulla Paullese in direzione Tangenziale Est.

Un grave incidente stradale si è verificato nella notte tra venerdì e sabato a Milano quando, dopo un tentato furto nell’hinterland, la macchina dei ladri in fuga dai carabinieri è uscita di strada ribaltandosi. Due uomini sono morti e tre sono rimasti feriti.

Colpo fallito
L’episodio è accaduto intorno alle 3 della notte a Peschiera Borromeo (Milano), quando, secondo le prime ricostruzioni investigative, i cinque hanno tentato di far saltare un bancomat utilizzando il sistema dell’esplosione con una bomboletta di gas. Fallito il colpo si sono allontanati, ma sono stati intercettati dai carabinieri. Ne è nato un inseguimento durante il quale, sulla Paullese in direzione Tangenziale Est all’immissione con la Statale Paullese, i ladri hanno perso il controllo della vettura.

Auto rubata
I cinque ladri rimasti coinvolti nel grave incidente stradale che ha visto la morte di due occupanti dell’auto e il ferimento degli altri tre, viaggiavano su una vettura rubata. Lo hanno accertato le prime indagini dei carabinieri intervenuti dopo un allarme giunto in centrale operativa. I cinque sono tutti nomadi milanesi. Lo hanno confermato i carabinieri che procedono agli accertamenti senza escludere che i ladri appartengano tutti allo stesso nucleo famigliare allargato. I due deceduti avevano 42 e 24 anni. I tre feriti, che al momento si trovano piantonati in ospedale (due sono in condizioni gravi) hanno 23, 37 e 40 anni e si trovano ricoverati, rispettivamente, al S.Raffaele e a Niguarda di Milano, e alla clinica Humanitas di Rozzano (Milano). L’auto da loro guidata a folle velocità era rubata: si tratta di una Audi S6, una vettura molto potente, che viaggiava con una targa falsa sovrapposta a quella vera. I cinque hanno tentato di far saltare il Bancomat di un’agenzia della Banca popolare dell’Emilia Romagna, a Peschiera Borromeo. Il tentativo è però fallito, mentre l’esplosione della bomboletta di gas usata per tentare di sradicare lo sportello, ha creato allarme tra i residenti. Molte le chiamate al 112, che ha fatto convergere sul posto cinque pattuglie dell’Arma. Tutto si è poi svolto in pochi minuti, anche per via dell’alta velocità con cui la vettura percorreva le strade semivuote. Una gazzella dei carabinieri li ha intercettati e, proprio per non mettere a rischio l’incolumità di altri automobilisti, si è limitata a inseguirli senza perderli, e contemporaneamente predisponendo il loro blocco grazie al coordinamento con le altre pattuglie in zona. Prima che questo potesse accadere, però, la vettura, un’Audi S6 rubata, appena dopo essersi immessa dalla Tangenziale Est sulla strada Paullese, è uscita di strada ribaltandosi più volte. Erano le 2.58 quando il 118 è accorso, constatando la morte di due degli occupanti e il ferimento di altri tre, che sono stati portati alla clinica Humanitas di Rozzano (Milano), e al Niguarda e al S.Raffaele di Milano. Attualmente sono piantonati dai carabinieri. Nessun altro è rimasto coinvolto nell’incidente. Sul posto si è formata una coda a causa delle operazioni di rimozione dei pezzi dell’auto, e per la pulitura della strada.

Polizia postale, attenzione al virus Cryptoclocker

di ANSA

Un virus che blocca l’intero contenuto del Pc e di tutti gli eventuali apparecchi collegati in rete, e che viene rimosso da chi lo ha inviato solo dietro pagamento di un riscatto: è la nuove frode che circola su Internet e che ha già colpito centinaia di utenti. L’allarme arriva dalla polizia postale, che sta indagando sulla truffa per cercare di risalire agli ideatori del virus che sta già provocando danni economici significativi a cittadini e imprese.

Lo scenario è il seguente: l’utente di Internet riceve sulla propria posta elettronica un messaggio che fornisce informazioni su presunte spedizioni a suo favore oppure un testo che contiene un link relativo ad un acquisto effettuato online o ad altri servizi internet. Cliccando sul link incluso nella mail o aprendo l’allegato (solitamente un pdf), il gioco è fatto e il computer riceve una variante del virus “Cryptoclocker”.

Questo virus, spiega la polizia postale, è un programma che rende immediatamente illeggibili tutti i documenti presenti sia sul computer attaccato che sugli altri pc collegati in rete. Per rimuovere il virus è necessaria una procedura di decriptazione che solo chi ha creato l’infezione può attivare. Ed è qui che si realizza il ricatto: una schermata chiede infatti il pagamento di alcune centinaia di euro per riavere i documenti.

Quali sono le misure per contrare la minaccia? “In primo luogo – concludono gli esperti – occorre avere il software installato nel proprio computer sempre aggiornato e munirsi di un buon antivirus. E inoltre sempre buona norma avere un backup, una “copia d’emergenza” dei propri file e, infine, mai aprire mail non attese“.

Camorra, sequestrati 130 milioni di euro

di Il Corriere

L’operazione, condotta dal Nucleo investigativo di Padova, coinvolge 400 uomini. Sotto provvedimento: metà palazzo Belvedere, il palazzo «Onda», un centro direzionale e un Castello a Ponte nelle Alpi

PADOVA Beni per 130 milioni di euro sono stati sequestrati in otto regioni dai Carabinieri del Nucleo investigativo di Padova, alle prime ore di venerdì, a un campano, Francesco Manzo, nato nel 1944 a Nocera Inferiore, in provincia di Salerno, ma residente a Padova, pregiudicato, legato a un noto clan della camorra, sospettato di riciclaggio di ingenti somme di denaro. I militari dell’Arma hanno dato esecuzione a un decreto di sequestro preventivo d’urgenza, emesso dal Tribunale di Padova, su proposta della Direzione distrettuale antimafia di Venezia. Tra i beni sequestrati spiccano: il palazzo «Onda» davanti alla Città della Speranza a Padova, metà del palazzo Belvedere di fronte alla Stazione, sempre di Padova, un centro direzionale in via Cile e il Castello Bortoluzzi di Ponte nelle Alpi, nel Bellunese.

L’operazione vede impegnati circa 400 carabinieri, che stanno operando, con il supporto dei comandi provinciali interessati, nelle province di Padova, Vicenza, Treviso, Belluno, Ferrara, Bologna, Siena, Roma, Napoli, Salerno, Taranto, Matera, Cosenza e Varese. I dettagli dell’operazione sono stati illustrati in una conferenza stampa tenuta nel Comando provinciale Carabinieri di Venezia. Presente tra gli altri il procuratore distrettuale antimafia Luigi Delpino, il procuratore aggiunto Adelchi D’Ippolito e il comandante della Legione Veneto dei Carabinieri, generale Maurizio Mezzavilla.

Il sequestro riguarda l’intero patrimonio riconducibile a Manzo, balzato agli occhi per l’evidente sproporzione tra quanto risultava all’erario per lui e i suoi famigliari (10mila euro all’anno) e quanto invece era nelle sue disponibilità. A Manzo sono stati sequestrati: beni mobili e immobili per 130 milioni. Di cui: 350 unità immobiliari, 15 terreni, 1 fabbricato rurale, 52 società con capitale sociale di 1.450.000 euro, 224 rapporti bancari e 52 autovetture. Proprio la palese sproporzione tra lo stile di vita di Manzo e quanto dichiarato, unito ai suoi precedenti penali hanno fatto scattare le indagini e i provvedimenti. Sono inoltre in corso altre 42 perquisizioni.