[Esplora il significato del termine: Corteo No Expo, interrogati i fermati Il gip conferma gli arresti per tutti] Corteo No Expo, interrogati i fermati Il gip conferma gli arresti per tutti

I cinque sono tutti accusati di resistenza a pubblico ufficiale aggravata dall’uso di armi improprie e dal numero dei partecipanti

Il gip di Milano Donatella Banci Buonamici ha convalidato gli arresti e la misura della custodia cautelare in carcere chiesta dai pm nei confronti delle cinque persone bloccate venerdì scorso durante il corteo «No Expo» a Milano. Sono tutti accusati di resistenza a pubblico ufficiale aggravata dall’uso di armi improprie e dal numero dei partecipanti. Il giudice, accogliendo la richiesta del procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e del pm Piero Basilone, ha quindi disposto il carcere per le cinque persone. Stando agli atti dell’indagine, gli arrestati per contrapporsi con violenza alle forze dell’ordine durante le devastazioni di venerdì scorso hanno lanciato contro gli agenti anche bottiglie e un grosso masso di cemento. Nel corso degli interrogatori di lunedì i cinque si sono difesi, sostenendo di non aver partecipato alle violenze e in alcuni casi parlando anche di uno scambio di persona, ma il gip, da quanto si è saputo, non ha ritenuto credibili le loro versioni. Il gip, inoltre, ha condiviso la tesi del pm, che hanno inquadrato le singole azioni di resistenza in un contesto di «violenza collettiva» contro le forze dell’ordine. Restano in carcere, dunque, Jacopo Piva, milanese di 23 anni, Heidi Panzetta, residente a Milano e di 42 anni, Anita Garola, milanese di 33 anni, Davide Pasquale, 32 anni di Alessandria e Mirko Leone, 27 anni di Lodi. Nell’atto con cui la Procura ha chiesto il carcere per gli arrestati, da quanto si è saputo, si evidenzia la differenza tra la resistenza «classica» di un uomo che si oppone all’intervento delle forze dell’ordine per non farsi identificare o per fuggire e quella che avrebbero messo in atto i cinque, i quali avrebbero aggredito gli agenti con lancio di pietre e l’uso di bastoni.

Gli interrogatori
Il primo a essere interrogato lunedì nel carcere milanese di San Vittore è stato un 27enne incensurato di Lodi. «Il mio assistito ha risposto alle domande del gip, spiegando di non aver partecipato agli scontri e che si dissocia da qualsiasi forma di violenza», ha detto l’avvocato Filippo Caccamo, difensore del 27enne. Il pubblico ministero Piero Basilone, attraverso il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli in udienza, ha chiesto la custodia cautelare in carcere per il giovane. Secondo quanto spiega il difensore al 27enne «vengono contestate singole condotte che lui ha respinto». Il legale ha precisato che nei confronti del suo assistito la polizia non ha depositato fotografie o video riprese che lo identifichino durante gli scontri, ma le indagini sono in corso, così come l’analisi delle immagini in possesso della Digos.

«La maschera? Per lo smog»
Il secondo interrogato è stato il 23enne Jacopo Piva, residente a Rozzano, nell’hinterland milanese, commesso in un negozio di calzature. È accusato in particolare di aver «rovesciato un bidone dell’immondizia in fiamme in zona Pagano e di aver lanciato una bottiglia vuota contro le forze dell’ordine». «Non mi interesso di politica, non ho mai frequentato centri sociali o gruppi antagonisti», ha detto. Alle spalle ha solo una denuncia, lo scorso agosto, per aver tracciato una tag su una pensilina. Il giovane, secondo quanto ha riferito il suo difensore, l’avvocato Loris Panfili, ha raccontato al gip di essere andato a Milano con la fidanzata e amiche solo per «partecipare alla manifestazione del 1° Maggio, contro il precariato contro l’Expo» e di essersi trovato «nel mezzo degli scontri provocati da altre persone». Ha spiegato inoltre che la mascherina antismog in neoprene, trovata dalle forze dell’ordine nel suo zaino, «serviva solo per riparare dallo smog circolando in bicicletta», dato che non ha la patente. «La sua identificazione come uno dei partecipanti agli scontri non è certa – ha spiegato il suo difensore – e per questo abbiamo chiesto la scarcerazione. La polizia non ha fornito né una descrizione del suo abbigliamento, né delle particolarità della sua fisionomia».

La donna arrestata e il bullone
«La mia assistita ha spiegato di non aver partecipato agli scontri, e di essere andata al corteo con alcuni amici per manifestare pacificamente», ha spiegato l’avvocato Paolo Antimiani, difensore di Heidi Panzetta, la donna 41enne, che ha una figlia e lavora come barista, arrestata in zona Pagano. «È accusata di aver preso dei bastoni in mano ma lei ha negato tutto – ha sottolineato – spero che i filmati chiariscano la situazione». Ha respinto gli addebiti anche Pasquale Davide, elettricista 32enne di Tortona (Alessandra), accusato anche di lancio di oggetti pericolosi. «Ha spiegato di aver solo raccolto un bullone e di averlo gettato subito a terra – ha sostenuto il suo difensore, l’avvocato Daniele Cattaneo -, e di essersi coperto il volto con la felpa per ripararsi dal fumo dei lacrimogeni. Non è contrario a Expo – ha concluso – ed è venuto a Milano per partecipare alla May Day Parade del 1° Maggio in quanto lavoratore precario». Nel tardo pomeriggio è arrivata poi la decisione del giudice Donatella Banci Buonamici, la quale ha confermato l’arresto e le misure cautelari per tutti e cinque i fermati.

Gli arresti a Genova
Il pm Federico Manotti della procura genovese ha chiesto lunedì pomeriggio al gip la convalida dell’arresto dei cinque antagonisti francesi fermati domenica mattina nel capoluogo ligure dopo avere danneggiato alcune auto in sosta e sospettati di avere preso parte ai disordini avvenuti venerdì scorso a Milano. I cinque giovani devono rispondere, a vario titolo, di danneggiamento aggravato in concorso, resistenza a pubblico ufficiale, lesioni, false dichiarazioni sulla propria identità. L’interrogatorio davanti al gip si svolgerà entro mercoledì. Uno dei cinque, Raemy Hicham Errabia, di 24, appartenente a un movimento anarco-autonomo francese, dalla banca dati Interforze risulta essere stato denunciato dai carabinieri di Bardonecchia nel luglio 2012 per fatti inerenti la protesta No Tav e allontanato dal territorio nazionale, con divieto di rientro per motivi di pubblica sicurezza, mediante un provvedimento del prefetto di Torino. «Non sono mai stato a Milano e tanto meno ho partecipato agli scontri dell’Expo. Sono a Genova da una settimana e sono venuto a trovare il mio amico Pierre Boilleau che studia qui». È quanto ha dichiarato al suo legale Luc Robert Gauthier, 24 anni, uno dei cinque presunti black bloc francesi arrestati domenica mattina dalla polizia a Genova per aver danneggiato alcune auto nel centro storico. Gauthier ha sostenuto di non essersi mai allontanato dalla Liguria e di non avere partecipato ad alcuna manifestazione. Anche Boilleau, 24 anni, ha detto al suo legale «di non essere mai stato in Lombardia», di essere a Genova da sei mesi a seguire un corso di studi Erasmus e di non avere mai preso parte a disordini. Con Gauthier, Boilleau ed Errabia sono stati arrestati anche Tristan Gweltaz Haye, 26 anni e Chloè Gallais, 25.

fonte Corriere della Sera

Milano devastata, capo polizia: Expo non poteva macchiarsi di sangue

«L’Expo non si poteva macchiare di sangue, né dei manifestanti, né delle forze dell’ordine»: così il prefetto Alessandro Pansa, capo della Polizia, al Gr Rai ha spiegato la strategia tenuta ieri sul campo dalle forze dell’ordine per contenere i manifestanti violenti.
«È evidente che chi tira una molotov deve essere arrestato, ma ieri abbiamo valutato che non valeva la pena intervenire e arrestare perché avremmo creato danni ancora più gravi». I veri obiettivi dei violenti, ha detto, erano piazza Duomo e la Scala.
E nelle ore successive il capo della Polizia ha telefonato all’agente del reparto mobile di Padova che venerdì, durante gli scontri a Milano, è rimasto ferito ad una gamba colpita da una molotov lanciata dai black bloc. Nel corso della telefonata Pansa ha ringraziato l’agente per quanto fatto, assieme agli uomini e alla donne delle forze di polizia che anche nei prossimi mesi continueranno a garantire la sicurezza dell’Expo. «Provo orgoglio – ha detto il capo della Polizia all’agente – nel vedere con quanto silenziosa abnegazione e tangibile spirito di sacrificio hanno operato tutti gli uomini delle Forze dell’ Ordine». «Credo – ha aggiunto – che molti detrattori delle forze di polizia possano trovare una risposta non retorica vedendo le immagini di quanto accaduto a lei e di quanto sofferto dai suoi colleghi. Io le posso e le voglio testimoniare la mia profonda gratitudine e la fiducia e l’orgoglio che provo per tutti i poliziotti e gli operatori dei Reparti Mobile in particolare.

L’INCHIESTA
L’ipotesi di reato al centro dell’inchiesta della Procura di Milano, che dovrà accertare le responsabilità per i violenti disordini di ieri, è quella di «devastazione», che prevede pene fino a 15 anni di carcere. Ieri, intanto, sono state arrestate 5 persone in flagranza per resistenza, lesioni e altri reati. Dopo la guerriglia di ieri messa in atto dai black bloc nel centro di Milano, le forze dell’ordine, coordinate dal pm di turno Piero Basilone, hanno arrestato in flagranza 5 persone per i reati di resistenza a pubblico ufficiale, lesioni, getto pericoloso di cose e oltraggio. Ora, però, le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, capo del pool antiterrorismo (di cui fa parte anche il pm Basilone), dovranno accertare le responsabilità di tutti quegli incapucciati che ieri pomeriggio hanno messo a ferro e fuoco la città, bruciando macchine, negozi e filiali di banche, devastando vetrine e lanciando pietre, bombe carta e molotov. Al momento, al vaglio degli inquirenti ci sono almeno una decina di altre posizioni, oltre alle persone già arrestate, e l’ipotesi di reato su cui i pm si stanno muovendo è quella di «devastazione», prevista dall’articolo 419 del codice penale. Un reato che prevede pene comprese tra un minimo di 8 anni e un massimo di 15 anni di carcere. Nel frattempo, oltre al lavoro investigativo e di indagine, gli inquirenti dovranno chiedere oggi la convalida degli arresti effettuati ieri e le misure cautelari per i cinque antagonisti finiti in carcere.

IL CAPO DELLA POLIZIA
«Il fatto che le forze dell’ordine abbiano atteso e lasciato che alcune azioni violente venissero compiute è una scelta fatta a monte. Noi infatti, grazie all’attività di intelligence, sapevamo benissimo che gli obiettivi dei manifestanti violenti erano ben altri: volevano fare danni molto maggiori, raggiungere piazza Duomo e la Scala, distruggere i simboli di Expo disposti nella città», ha detto ancora Pensa.

Sull’uso che è stato fatto dei lacrimogeni, Pansa ha spiegato: «I lacrimogeni vengono usati quando si vuole disperdere una folla, quando ci sono gruppi che cercano di fare azioni violente facendosi forza tra loro. Il lacrimogeno li disperde e li mette in difficoltà». Interrogato sul perché, quando la polizia vede i manifestanti incendiare un’auto, non intervenga, il capo della Polizia ha risposto: «Perché saremmo caduti nella loro trappola. I piccoli gruppi che agivano in vie laterali si sarebbero rifugiati nel corteo e noi saremmo finiti addosso al corteo senza riuscire più a individuarli. Così avremmo consentito loro di raggiungere gli obiettivi che volevano».

Il procuratore Romanelli «Grazie al lavoro straordinario delle forze delle ordine e di chi era là in prima linea l’area dei disordini è rimasta circoscritta», ha spiegato il procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli, capo del pool antiterrorismo che coordina le indagini sulle devastazioni di ieri. Romanelli, inoltre, ha chiarito che da parte delle forze delle ordine, nei giorni precedenti alla manifestazione contro l’Expo, è stato effettuato anche un «grande lavoro, e fatto molto bene, dal punto di vista dell’attività preventiva e di monitoraggio».

Il riferimento è alla serie di perquisizioni della Digos e della polizia di Stato in appartamenti occupati e in altri luoghi, tra cui anche un centro sociale, che hanno portato ad alcuni arresti e al sequestro di materiale, come mazze, kit per fabbricare molotov e picconi. A seguito delle perquisizioni, inoltre, sono stati adottati dalla Questura e poi convalidati dai giudici anche una serie di provvedimenti di espulsione di stranieri, tra cui francesi e tedeschi, che potevano rappresentare un pericolo per l’ordine pubblico.

«La strategia operativa adottata dalle Forze di Polizia ha efficacemente permesso di contenere e arginare l’aggressività di centinaia di contestatori violenti, salvaguardando innanzitutto l’incolumità dei cittadini, degli stessi manifestanti pacifici e degli operatori delle Forze di Polizia», ha detto la Prefettura al termine del Comitato per l’ordine pubblico e sicurezza.

Il Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica, presieduto dal Prefetto di Milano Francesco Paolo Tronca – scrive la Prefettura di Milano – è stato convocato questa mattina per fare un bilancio dopo le violenze commesse nel pomeriggio di ieri e il punto sulla situazione complessiva dell’ordine pubblico. Oltre ai vertici delle Forze di Polizia erano presenti il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni e il sindaco di Milano Giuliano Pisapia.

«I partecipanti – prosegue la nota – hanno unanimemente considerato che la strategia operativa adottata dalle Forze di Polizia, ha efficacemente permesso di contenere e arginare l’aggressività di centinaia di contestatori violenti, salvaguardando innanzitutto l’incolumità dei cittadini, degli stessi manifestanti pacifici e degli operatori delle Forze di Polizia».

«È stata anche sottolineata la vasta attività di prevenzione, messa a punto dal Comitato, e posta in essere dalle Forze di Polizia che, nei giorni precedenti alla manifestazione, hanno proceduto a perquisizioni, sequestro di materiale pericoloso ed armi improprie, giungendo anche ad una serie di arresti ed espulsione di cittadini stranieri – osserva la nota -. Sono in corso, già dalle prime ore successive ai disordini, tutte le necessarie attività investigative, d’intesa con l’Autorità giudiziaria competente, per giungere a identificare e sanzionare gli autori delle azioni violente».

«È stata analizzata la situazione ad oggi in relazione alla sue possibili evoluzioni – conclude la Prefettura – convenendo di confermare il mantenimento, per i prossimi giorni, dell’imponente dispositivo di sicurezza già posto in essere, sia in relazione agli obiettivi sensibili della città che del sito espositivo».

fonte Il Messaggero

Campania choc. Violentarono una minorenne, scatta l’arresto

Montella. Tre arresti per violenza carnale nei confronti di una minore. Un 32enne rumeno è finito in carcere. Una ragazza, sempre di nazionalità rumena, e un uomo irpino di 55 anni sono agli arresti domiciliari. La brutta storia si è verificata a Montella. La vittima è una 14enne rumena sola e indifesa, in un contesto familiare fragile e disagiato. Due uomini adulti approfittano di lei, ne fanno oggetto della loro insana passione, si sentono forti e sicuri, sapendo di poter contare sulla complicità della sorella più grande che sa tutto, ma finge di non vedere. Attenzioni morbose e molestie sessuali diventano l’incubo della minorenne, le subisce per mesi. Fino a quanto la storia non trapela. Forse per una confessione sussurrata tra i singhiozzi. Della vicenda vengono informati i servizi sociali.

La ragazzina viene sottratta alla famiglia che non sa o forse non può difenderla ed affidata ad una casa famiglia. Gli assistenti sociali avvisano i carabinieri della compagnia di Montella al comando del capitano Galloro. I militari intraprendono un’attività di indagine, trovano riscontri alla brutta storia, il muro di omertà comincia a scricchiolare, affiorano particolari, si raccolgono confidenze. Da questo quadro poco edificante emerge che il 32enne rumeno che abusava della ragazzina è il convivente della sorella, di quella sorella maggiore che accettava tutto senza ribellarsi e senza cercare di difendere la sorella più piccola. Anche un amico di famiglia, un uomo di 55 anni si prendeva molte libertà con la minorenne.

La ragazzina rumena è rimasta molto provata psicologicamente da questa vicenda. Pare, fortunatamente, che né il 32enne rumeno, né il 55enne irpino abbiano avuto rapporti sessuali completi con la ragazzina, i servizi sociali hanno agito tempestivamente, prima che accadesse il peggio, affidandola ad una casa famiglia e sottraendola alla libidine e agli istinti pruriginosi dei due. I fatti si riferiscono ad un anno fa. Sono state, invece, eseguite ieri le ordinanze di custodia del Gip del Tribunale di Avellino che ha accolto la richiesta avanzata dalla Procura della Repubblica, diretta dal Procuratore Cantelmo, concordando con le risultanze investigative dei Carabinieri di Montella.

Insieme all’uomo di 55 anni, è finita agli arresti domiciliari anche la sorella della minorenne, per non aver impedito che la 14enne subisse abusi da parte dei due uomini e per averla costretta a sopportare in silenzio le violenze. Mentre per il trentaduenne rumeno si sono aperte le porte del carcere.

fonte Il Mattino

Blitz antipedofilia della Polizia Postale in 16 città

fonte Ministero dell’Interno

Perquisite abitazioni, sequestrati computer, anche minori tra i venti indagati

Tra la ventina di indagati quali presunti pedofili ci sono anche minorenni, non solo adulti. Un’inchiesta coordinata dalla Procura distrettuale della Repubblica e dalla Procura per i minorenni di Catania fa luce sull’inquietante ramificazione della pornografia minorile, portando all’alba di oggi a una serie di perquisizioni domiciliari eseguite in sedici città italiane dalla Polizia Postale e delle Comunicazioni.

Le città interessate dalle perquisizioni sono state: Catania, Siracusa, Ragusa, Palermo, Caltanissetta, Reggio Calabria, Potenza, Avellino, Roma, Reggio Emilia, Lucca, Milano, Torino, Cuneo, Treviso e Venezia.

​Indagati maggiorenni e minorenni, e sequestrati i computer, in un’operazione che segnala l’abbassamento d’età degli ‘orchi del web’.

Lucca, due operazioni contro lo spaccio e la prostituzione

fonte Ministero dell’Interno

Lemshi”, ‘intricato’ nella lingua albanese, è stata denominata l’operazione contro lo spaccio e lo sfruttamento della prostituzione condotta dai Carabinieri della Compagnia di Viareggio sotto la regia del comando provinciale dell’Arma dei Carabinieri di Lucca e che ha portato alla denuncia all’Autorità giudiziaria 30 persone, di cui 21 di nazionalità straniera. Gli indagati sono ritenuti responsabili di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti col sequestro di cocaina, hashish, marijuana, eroina e 32.000 euro in contanti. Una seconda operazione, portata a termine ieri, ha consentito l’arresto di 13 persone di cui 7 di nazionalità straniera, delle 30 denunciate più 2 arrestate in flagranza di reato, tutte ritenute responsabili di produzione, traffico e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, nonché di sfruttamento della prostituzione.

Le due operazioni nascono nell’ambito della pianificazione di servizi di prevenzione e contrasto adottata in seno al Comitato Provinciale per l’Ordine e Sicurezza Pubblica, presieduto dal prefetto di Lucca, Giovanna Cagliostro.

Operazione Underboss: estradato in Italia Francesco Palmeri

fonte Polizia di Stato

Si è chiusa, con l’estradizione in Italia di Francesco Palmeri, l’operazioneUnderboss” portata a termine dalla questura di Matera e dal Servizio centrale operativo.

Nel dicembre scorso erano state arrestate otto persone legate alla “famiglia” newyorkese dei Gambino. Tra queste persone, a New York, fu bloccato Francesco Palmeri, “underboss” della famiglia; in pratica il numero tre del clan. In particolare Palmeri, soprannominato “Ciccio l’americano”, è accusato di esser venuto in Italia e di aver minacciato, a Matera, un imprenditore che avrebbe dovuto restituire alla “famiglia” un vecchio prestito ormai arrivato a circa un milione di euro.

Per intimorire maggiormente l’imprenditore Palmeri si era fatto spalleggiare da alcuni pregiudicati legati alla malavita campana.

Operazione sicurezza a Milano, controlli e sgomberi della polizia contro antagonisti e NoExpo

Una serie di controlli e perquisizioni sono state fatte stamane, da parte della Digos, nella periferia Ovest di Milano. Secondo quanto si è appreso, i controlli e le indagini si starebbero concentrando nel quartiere Lorenteggio.

Si tratterebbe di azioni preventive nell’ambito dell’ordine pubblico. Una manifestazione di protesta è in corso, a Milano, nei dintorni di via Odazio, nel quartiere Lorenteggio. Si tratta di un corteo estemporaneo organizzato da gruppi dei comitati contro gli sgomberi e dell’area antagonista, alcune decine di persone, che protestano contro le perquisizioni e le indagini in corso da parte della polizia in alcuni stabili adiacenti. L’azione è monitorata da numerosi agenti in tenuta antisommossa.

Le perquisizioni di stamani della Digos di Milano avrebbero riguardato anche alcuni giovani legati ai Comitati ‘no Expò e l’attività investigativa sarebbe stata effettuata alla ricerca anche di armi, secondo quanto si è saputo in merito al blitz delle forze dell’ordine da fonti legali.

Gli agenti della Digos si sono presentati stamattina verso le 06,30 in alcune case occupate in via Apuli nel quartiere Giambellino e, sempre da quanto si è appreso da fonti difensive, hanno effettuato una serie di perquisizioni senza un decreto firmato dagli inquirenti, come è possibile fare in base al testo unico di pubblica sicurezza.

Le perquisizioni, secondo le difese, avrebbero dato esiti negativi, ma alcune persone sono state denunciate per occupazione abusiva e alcuni stranieri sarebbero stati portati in questura per essere identificati.

 

fonte Il Messaggero

Detenuto picchiato in carcere, indagato un agente di polizia penitenziaria

Genova – È stato indagato per lesioni personali l’agente di polizia penitenziaria denunciato da un detenuto del carcere di Marassi che lo ha accusato di averlo picchiato con un manganello.

L’agente avrebbe in un primo momento raccontato che la vittima, un genovese di 30 anni, si era fatto male cadendo dalle scale ma dopo la denuncia del detenuto, invece, avrebbe modificato la sua testimonianza affermando di essere stato aggredito e di essere rimasto coinvolto in una colluttazione nel corso della quale non avrebbe però usato il manganello.

Il detenuto è stato sottoposto a perizia medico legale che ha riscontrato lesioni compatibili con l’uso del manganello, arma che può essere usata solo con il permesso del direttore del carcere o del comandante della Penitenziaria e viene custodito in armeria. Per questo, stamattina la polizia giudiziaria, delegata nelle indagini, ha effettuato una serie di perquisizioni per verificare se vi siano stati degli accessi non autorizzati nell’armeria. Il detenuto ha raccontato di essere stato aggredito e di esser stato visitato anche da personale medico della struttura penitenziaria che però, secondo quanto appreso, non avrebbe denunciato l’accaduto.

fonte Il Secolo XIX

Al Qaida, 10 arresti in Italia: kamikaze pronti a colpire in Vaticano

Sono dieci le persone arrestate tra ieri e oggi nell’ambito della maxi operazione della Polizia contro il terrorismo a fronte di 18 ordinanze di custodia cautelare firmate. Le accuse, a vario titolo, sono di strage, associazione a delinquere con finalità di terrorismo e di immigrazione clandestina con soggiorno e permanenza sul territorio nazionale di cittadini pakistani e afghani.

In carcere è finito Sultan Wali Khan, 39 anni, considerato il capo della comunità pakistana a Olbia, promotore della moschea, titolare di un bazar in città. È considerato dagli investigatori uno dei vertici della cellula terroristica ramificata in Sardegna. Avrebbe recuperato i fondi per i gruppi terroristici, grazie a collette tra le comunità islamiche del nord dell’Isola, ufficialmente destinate a scopi umanitari. Un ruolo analogo ma più specifico in chiave di ideologo e indottrinatore, veniva svolto, sempre secondo gli inquirenti, dall’Imam di Bergamo, Hafiz Muahammad Zulkifal, 43 anni, anche lui arrestato oggi.

I due avevano costanti collegamenti per trasferire le somme di denaro a tutti gli affiliati. Gli altri finiti in manette sono Imitias Khan, 40 anni, Niaz Mir, di 41, e Siddique Muhammad, di 37, tutti pakistani rintracciati a Olbia; Yahya Khan Ridi, afghano, 37enne, arrestato a Foggia; Haq Zaher Ui, 52 anni, catturato a Sora (Frosinone); Zuabair Shah, di 37, e Sher Ghani, di 57, pakistani bloccati a Civitanova Marche (Macerata). Gli altri nove sono attualmente ricercati, tre sarebbero ancora in Italia i restanti, invece, avrebbero già lasciato il territorio nazionale.

La Polizia di Stato di Macerata ha arrestato nel pomeriggio il decimo componente dell’organizzazione terroristica islamista: l’uomo, un 46enne pakistano, è stato fermato all’interno di uno stabile di Porto Recanati, dove da tempo vivono numerose persone di diversa etnia. Si tratta del terzo arresto di un pachistano eseguito oggi nelle Marche nell’ambito dell’inchiesta sarda.

Dalle conversazioni intercettate tra i componenti della cellula di Al Qaida che ha operato in Sardegna è emersa la presenza in Italia di un kamikaze e l’ipotesi che si progettasse un attentato in Vaticano. Secondo quanto reso noto dal procuratore Mauro Mura, l’ipotesi di progetto di attentato in Vaticano risalirebbe al marzo del 2010, durante la permanenza in Italia del kamikaze pakistano.

«Da quel poco che si dice sembra una ipotesi del 2010 senza seguito. Quindi la cosa non è oggi rilevante e non è motivo di particolari preoccupazioni». È quanto dice il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, sulle ipotesi di progetto di attentato in Vaticano (che quest’anno celebrerà il giubileo) riferite dalla procura di Cagliari, minimizzando le dichiarazioni della procura. Una dichiarazione a cui si è aggiunta quella del segretario di Stato vaticano, Parolin: «Siamo tutti esposti e abbiamo tutti paura ma il Papa è molto tranquillo in questo, basta vedere come incontra le persone con grande lucidità e serenità». «Il timore più grande – ha aggiunto Parolin – è quello che possano essere coinvolte persone innocenti in attentati. Non mi sembra però di percepire in Vaticano una preoccupazione esagerata, certo bisogna stare attenti».

La base operativa del network terroristico si trovava in Sardegna. L’indagine, diretta dalla Procura Distrettuale di Cagliari e coordinata dal Servizio Centrale Antiterrorismo (S.C.A.) della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione, sta coinvolgendo le Digos di sette province italiane. Dall’indagine della Digos di Sassari, che ha permesso di sgominare il network fondamentalista, sono emerse intercettazioni dalle quali risulta che due membri dell’organizzazione hanno fatto parte della rete di fiancheggiatori che in Pakistan proteggevano lo sceicco Osama Bin Laden.

In particolare, la polizia sta eseguendo 18 ordinanze di custodia cautelare nei confronti appunto di appartenenti ad un’organizzazione dedita ad attività criminali transazionali, che si ispirava ad Al Qaeda e alle altre formazioni di matrice radicale sposando la lotta armata contro l’Occidente e il progetto di insurrezione contro l’attuale governo in Pakistan.

La strategia degli atti terroristici compiuti era quella di intimidire la popolazione locale e di costringere il governo pakistano a rinunciare al contrasto alle milizie talebane e al sostegno delle forze militari americane in Afghanistan. Gli investigatori hanno riscontrato che alcuni degli indagati sono responsabili di numerosi e sanguinari atti di terrorismo e sabotaggio in Pakistan compresa la strage nel mercato cittadino Meena Bazar in Peshawar il 28/10/2009, dove un’esplosione uccise più di cento persone.

L’attività investigativa della Polizia di Stato ha permesso di riscontrare come l’organizzazione provvedeva ad alimentare la rete criminale destinando una parte del proprio impegno al fenomeno dell’introduzione illegale sul territorio nazionale di cittadini pakistani o afghani che in taluni casi venivano anche destinati verso alcuni paesi del nord Europa.

Per eludere la normativa che disciplina l’ingresso o la permanenza sul territorio nazionale di cittadini extracomunitari, gli indagati utilizzavano sistemi semplici e collaudati. In alcuni casi facevano ricorso a contratti di lavoro con imprenditori compiacenti in modo da poter ottenere i visti di ingresso. In altri casi percorrevano la via dell’asilo politico facendo passare gli interessati, attraverso documenti falsi e attestazioni fraudolente, per vittime di persecuzioni etniche o religiose.

L’organizzazione forniva supporto logistico e finanziario ai clandestini, assicurando loro: patrocinio verso i competenti uffici immigrazione, istruzioni sulle dichiarazioni da rendere per ottenere l’asilo politico, apparecchi telefonici e sim, contatti personali. L’attività investigativa della Polizia di Stato ha permesso di riscontrare che l’organizzazione criminale aveva a disposizione armi in abbondanza e numerosi fedeli che erano disposti a compiere atti di terrorismo in Pakistan ed Afghanistan, per poi rientrare in Italia.

fonte Il Messaggero

Criminalità: catturati in Spagna due pericolosi latitanti

fonte Polizia di Stato

A conclusione di due indagini distinte gli investigatori del Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia (SCIP) della Direzione centrale della polizia criminale hanno riportato in Italia dalla Spagna, i due latitanti: Lucio Morrone e Carlo Leone.

Entrambi erano fuggiti in Spagna, colpiti da mandato di arresto europeo per il reato di associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti. I due sono stati individuati e arrestati in collaborazione con i Carabinieri di Napoli, l’uno nella località di Benalmadena, l’altro a San Pedro de Alcantara in Costa del Sol – Andalusia.

Il Morrone, capo del gruppo criminale “teste matte”, operante dai quartieri spagnoli di Napoli era stato già inserito dal 2013 nell’elenco dei latitanti pericolosi.

Il Leone, vicino al clan camorristico degli “Elia”, riforniva il mercato della droga campana e calabrese con merce proveniente dalla penisola iberica.