Palermo: nove indagati per furti all’azienda per lo smaltimento dei rifiuti

fonte Polizia di Stato

Scoperti furti ai danni della Rap (Risorsa ambiente Palermo), ditta di Palermo a partecipazione municipale attiva nel settore della raccolta dei rifiuti, da parte dei stessi dipendenti.

Dalle indagini degli agenti del Commissariato Brancaccio sono scaturite nove misure cautelari, con cinque arresti domiciliari e quattro obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria.

I fatti accertati dagli investigatori con riprese video ed audio hanno evidenziato, in un lasso di tempo relativamente breve, dal luglio 2013 al marzo 2014, il furto quotidiano di circa 300 litri di gasolio dai serbatoi della municipalizzata.

Durante il rifornimento dei mezzi aziendali gli indagati facevano risultare sui documenti il giusto quantitativo di carburante erogato solo che una parte di questo finiva in taniche e bidoni.

I recipienti venivano poi fatti uscire all’interno degli stessi automezzi e trasportati in un altro luogo dove successivamente la benzina veniva smistata e venduta a prezzi competitivi.

In altri casi il furto avveniva versando il carburante prima in una cisterna interrata nelle immediate vicinanze dell’impianto di rifornimento, che fungeva da deposito abusivo, e poi nei momenti di maggiore tranquillità, gli indagati riempivano le taniche da far uscire dal deposito con le medesime modalità.

Gli indagati oltre al gasolio, si impossessavano anche di tute da lavoro, sacchi, mazze, scope, carta igienica, detersivi ed arnesi di varia natura.

I poliziotti, per porre un freno all’escalation di furti, hanno effettuato due blitz, uno a dicembre del 2013 ed un altro nel febbraio 2014, arrestando tre dipendenti e due persone estranee alla Rap che si erano appropriati di carburante della municipalizzata.

Ma, nonostante gli arresti, i furti sono continuati e questa mattina sono stati eseguiti altri provvedimenti nei confronti di nove persone.

Il gruppo criminale si avvaleva anche della partecipazione dei familiari dei dipendenti della Rap che agevolavano la vendita di beni e prodotti aziendali.

In un caso il figlio di uno degli indagati è stato sorpreso dagli agenti mentre allestiva, nel quartiere Ballarò, una bancarella “imbandita” di prodotti chiaramente riconducibili alla municipalizzata.

Inoltre, quando la benzina sottratta non era destinata al consumo dei mezzi privati di dipendenti e familiari, veniva venduta al ‘mercato nero’ al prezzo concorrenziale di un euro al litro.

Cremona: truffa e riciclaggio per la banda della betoniera

fonte Polizia di Stato

Rilevavano società in fallimento o ne costituivano di finte per noleggiare, anche in leasing, mezzi pesanti come autoarticolati, betoniere, camion ed altro, di cui poi si appropriavano per rivenderli a ricettatori italiani e stranieri.

Dodici, delle 16 custodie cautelari emesse, sono state eseguite questa mattina, dalle Squadre mobili di Cremona e Brescia. Per due arrestati sono stati disposti gli arresti domiciliari. Quattro persone sono invece ancora ricercate.

Per tutti i componenti dell’organizzazione criminale i reati contestati sono bancarotta fraudolenta, riciclaggio, estorsione, truffa e appropriazione indebita nonché intestazione fittizia di beni.

Agganci strategici soprattutto all’estero, Libia e Albania, hanno permesso al gruppo di trasferire e rivendere i mezzi, con un rientro economico valutato in centinaia di milioni di euro.

Nel corso dell’indagine è stato possibile ricondurre all’organizzazione otto società, tutte operanti nel settore del “movimento terra”, attualmente dichiarate fallite.

Per tutti i componenti, residenti nella provincia di Cremona, Brescia, Piacenza, Forlì, Bergamo, Mantova e Verona, l’indagine ha documentato uno stretto legame con alcuni personaggi di spicco della ‘Ndrangheta del Crotonese.

Alle operazioni di questa mattina hanno partecipato anche gli uomini del Reparto prevenzione crimine.

Fermato traffico d’immigrazione clandestina dalla Grecia

fonte Polizia di Stato

Scoperto dalla polizia di frontiera di Orio al Serio (Bergamo) un sistema per favorire l’immigrazione clandestina negli Stati dell’Unione Europea, soprattutto Italia, Svezia, Spagna, Belgio e Germania.

È bastato un indirizzo mail, intestato a un’agenzia di viaggi con sede ad Atene, che compariva troppo di frequente nel database P.n.r.(Passenger Name Record), ad insospettire gli agenti della polizia di Frontiera.

L’incrocio, la comparazione e il confronto dei dati ha permesso ai poliziotti di constatare che quell’indirizzo di posta elettronica era comune a molte prenotazioni effettuate da decine di cittadini albanesi, egiziani, siriani, pachistani, somali, eritrei, romeni i quali, nel corso del 2014, avevano tentato di entrare illegalmente in Italia.

L’indagine italiana dal nome “Foedus 46” ha portato così all’arresto di ventidue cittadini stranieri (egiziani, indiani, pachistani, siriani e romeni) tra Grecia, Svezia e Spagna, accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e inibito l’espatrio dalla Grecia verso lo spazio comune Schengen (Italia-Spagna-Belgio-Germania-Svezia-Norvegia) di numerosi cittadini di Paesi Terzi, con documenti falsi.

La scoperta del vasto traffico di migranti è stato possibile grazie allo scambio d’informazioni effettuato in tempo reale soprattutto con la Grecia (prenotazione/imbarco) attraverso l’esperto per la sicurezza dello S.C.I.P (Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia Italiana) nel paese ellenico.

Mafia: catturato il latitante Sebastiano Mazzei, boss dei “Carcagnusi”

fonte Polizia di Stato

Il boss latitante Sebastiano Mazzei è stato arrestato questa mattina dalla Squadra mobile di Catania, al termine di un’indagine durata alcuni mesi, condotta in collaborazione con il Servizio centrale operativo (Sco).

Il capo della Polizia Alessandro Pansa si è personalmente complimentato con il questore di Catania Marcello Cardona “per il brillante lavoro che ha portato alla cattura del boss Sebastiano Mazzei”, ricercato per associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni e traffico di sostanze stupefacenti.

L’uomo è figlio dello storico capomafia Santo, fatto uomo d’onore nel 1992 da Leoluca Bagarella e attualmente detenuto in regime di 41 bis (articolo della legge 7 agosto 1992, n. 356 che consente al ministro della Giustizia di sospendere, per gravi motivi di ordine e sicurezza pubblica, le regole di trattamento e gli istituti dell’ordinamento penitenziario nei confronti dei detenuti facenti parti dell’organizzazione criminale mafiosa).

L’arrestato è considerato il reggente dell’omonimo clan mafioso, e con i suoi collaboratori gestiva gli affari dei “Carcagnusi” (così vengono chiamati gli affiliati al clan, a causa del soprannome “U carcagnusu” del boss storico Santo).

In particolare glli appartenenti al clan erano specializzati nel reinvestimento dei proventi derivanti da attività illecite come estorsioni e bancarotte aggravate dal metodo mafioso, attraverso l’acquisto di attività economiche, tutte fittiziamente intestate a prestanome.

Il boss, ricercato dall’aprile dello scorso anno quando sfuggì al blitz dell’operazioneScarface“, è stato scovato in una villa a Ragalna, un paesino alle falde dell’Etna. Era in casa con la moglie e aveva con se alcuni telefoni; nella camera da letto, sotto il materasso, aveva un’ascia, ma non ha opposto resistenza.

Arrestati gli autori di una violenta rissa a Cremona

fonte Polizia di Stato

Sono stati identificati e arrestati i protagonisti di una violenta rissa in cui è rimasto ferito gravemente un giovane militante del centro sociale Dordoni di Cremona.

Questa mattina gli uomini della Digos di Cremona hanno arrestato 4 persone e notificato gli arresti domiciliari ad altre 12, appartenenti al movimento di CasaPound e al centro sociale Dordoni.

Per tutti l‘accusa è di rissa aggravata e per due degli arrestati anche quella di concorso in tentato omicidio nei confronti del militante del centro sociale Emilio Visigalli.

I fatti risalgono alla sera del 18 gennaio scorso, dopo la partita Cremonese-Mantova, quando numerosi militanti di CasaPound e del Dordoni parteciparono ad una maxirissa, proprio nei pressi del centro sociale.

L’episodio provocò il gravissimo ferimento del ragazzo che fu colpito da una sprangata e poi da calci e pugni; a seguito di tali violenze il giovane è entrato in coma dal quale è poi uscito settimane più tardi.

Le indagini svolte anche attraverso le intercettazioni telefoniche e ambientali, hanno permesso d’identificare gli autori del pestaggio e di ricostruire l’esatta dinamica dei fatti. Gli esponenti di CasaPound dopo aver raggiunto le loro auto nel parcheggio vicino all’ingresso del centro sociale Dordoni, venivano bloccati da un cordone di circa una decina di antagonisti, armati di caschi, bastoni e spranghe.

Il motivo scatenante di tale rappresaglia era da attribuire sia all’affissione di alcuni adesivi che riproducevano il logo di CasaPound davanti al portone del centro sociale e sia a un precedente diverbio avvenuto la sera precedente.

Sono stati disposti gli arresti domiciliari anche nei confronti del ragazzo rimasto ferito in quanto durante le intercettazioni è emerso che lo stesso voleva vendicarsi e stava prendendo contatti con i militanti di sinistra di altre provincie.

Hanno partecipato all’operazione gli uomini del commissariato di Crema, uomini della specialità del Reparto prevenzione Crimine e del Reparto mobile.

Alfano sugli spari a Milano: gravissimo, non succeda mai più

fonte Ministero degli Interni

Il killer del tribunale poteva colpire ancora, fermato grazie alla videosorveglianza. Il ministro dell’Interno, già a Milano, in conferenza stampa nel palazzo di Giustizia: «L’intervento delle Forze dell’ordine ha salvato vite»

L’uomo che questa mattina in un’aula del tribunale di Milano ha ucciso a colpi di pistola tre persone, Claudio Giardiello, imputato per reati economici nel processo in corso, avrebbe avuto intenzione di uccidere un’altra persona, al momento ancora da individuare, ma è stato fermato prima, a Vimercate, dai Carabinieri che grazie alle telecamere della videosorveglianza hanno riconosciuto scooter e targa.

Lo ha riferito il ministro dell’Interno Angelino Alfano durante la conferenza stampa organizzata in tribunale dopo il sopralluogo effettuato insieme al ministro della Giustizia Andrea Orlando e al procuratore della Repubblica del tribunale di Milano Edmondo Bruti Liberati.

Alfano, appena informato dell’episodio, ha interroto la riunione del comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica dedicata a EXPO 2015 che stava presiedendo in prefettura.

«Il sistema di videosorveglianza ci ha permesso di individuare la targa e arrivare all’uomo» ha sottolineato Alfano parlando di «eccellenza straordinaria del sistema» e ringraziando «le nostre donne e uomini in divisa e specificatamente i Carabinieri per un’azione straordinaria».

La sparatoria in tribunale rimane comunque «un fatto che ci ha colpiti profondamente, gravissimo, inaccettabile», lo ha definito il ministro, un fatto «che purtroppo ha precedenti ma non doveva succedere e speriamo non succeda mai più».

«La rapidità delle indagini è necessaria per chiarire subito quello che è successo, chi sia il responsabile dell’ingresso di una persona con un’arma a Palazzo di Giustizia». «Le nostre forze dell’ordine stanno interrogando, insieme alla magistratura l’omicida, e faranno tutto il possibile per accertare la verità con chiarezza. È urgentissimo il bisogno di capire per colmare le falle del sistema di sicurezza degli uffici giudiziari».

Rimini: furti e rapine per la banda della “Black car”

fonte Polizia di Stato

Pianificavano furti e rapine ad abitazioni e attività commerciali, e a conclusione di un’indagine della Squadra mobile di Rimini, sono stati arrestati: otto persone sono finite in manette nell’operazioneBlack car“.

Gli arrestati sono tutti accusati di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di rapine in esercizi commerciali, furti in abitazione e ricettazione.

Per sette di loro si sono aperte le porte del carcere, mentre l’unica donna dell’organizzazione criminale, una ventottenne riminese, è stata sottoposta all’obbligo di dimora.

Nei mesi scorsi, dopo una serie di furti e di rapine e l’unico indizio in mano alla Polizia, un’auto nera da cui l’operazione prende il nome, gli investigatori avevano attivato un’indagine che aveva svelato una fitta attività del gruppo che dal campo nomadi, nel quale alcuni di loro dimoravano, gestivano e pianificavano i luoghi e le attività da colpire.

Numerose sono state le perquisizioni e il sequestro di materiale utile alle indagini. All’operazione hanno partecipato anche le questure di Brindisi, Ancona e Asti.

Meta, rapita bimba da una casa famiglia: i carabinieri fermano il padre e due donne

META. Hanno rapito una bambina da una casa famiglia del centro di Meta mentre usciva per mano ad un’operatrice insieme ad una decina di piccoli compagni.

Un vero e proprio sequestro, con un furgone di appoggio. L’operatrice è stata spintonata e, stando alle prime ricostruzioni, minacciata con una pistola. A fermare il gruppo in fuga col furgone e la bimba, però, hanno pensato i carabinieri della stazione di Piano e della compagnia di Sorrento.

Provvidenziale anche il tamponamento con un’auto di passagio, con a bordo due ragazzi.

La bimba era ospite della casa delle suore francescane dei sacri Cuori per una vicenda che coinvolge i genitori e che ancora è da chiarire. La piccola è stata visitata in ospedale. Non ha subito ferite o traumi fisici: in braccio a suor Paola, madre superiora dell’istituto, ha però gli occhi gonfi di pianto e di paura. I suoi sequestratori sono stati portati in caserma e sono sotto interrogatorio. Fino alle 15, 30 è stata ascoltata anche l’operatrice testimone del sequestro.

I carabinieri si eramo lanciati all’inseguimento con le volanti, due motociclette: anche la municipale aveva scatenato la caccia. Poco prima della galleria di Seiano, i militari avevano intercettato e arrestato i rapitori, mettendo in salvo la bambina. Uno scroscio di applausi aveva salutato il loro rientro a Meta insieme alla piccola.

fonte Il Mattino

Carabinieri-rapinatori, tre proiettili contro l’auto dei fuggitivi

Tre schegge di proiettile conficcate nell’abitacolo della Lancia Libra sulla quale viaggiavano i due carabinieri arrestati per l’omicidio di Pasquale Prisco e la rapina al supermercato Etè di Ottaviano: è quanto emerge dagli ultimi controlli in corso per chiarire cosa sia realmente successo sulla Statale 268 dopo il raid e l’inseguimento di due settimane fa. Due dei tre frammenti di bossolo erano conficcati nella parte interna del tetto della station wagon intestata a Claudio Vitale, mentre un terzo è stato ritrovato in una portiera.

Saranno gli esami balistici affidati al Racis di Roma a stabilire se quelle schegge provengono da colpi di pistola esplosi contro l’auto in corsa prima che i due carabinieri-rapinatori si andassero a schiantare nel guard rail o se invece siano pezzi di quei proiettili che, all’impazzata, i due militari hanno esploso contro i fratelli Prisco e i loro dipendenti partiti all’inseguimento dopo la rapina a uno dei market di famiglia. Un elemento nuovo va quindi ad aggiungersi al quadro investigativo già complesso all’esame del pm Carla Bianco che coordina le indagini.

 

fonte Il Mattino

Roma, tenta di violentare la coinquilina armato di coltello: arrestato

I Carabinieri del Nucleo Radiomobile di Roma hanno arrestato un cittadino romano, di 47 anni, già conosciuto alle forze dell’ordine, con l’accusa di violenza sessuale, lesioni personali, denunciandolo anche a piede libero per porto abusivo di arma da taglio.

L’uomo, ieri sera, all’interno del suo appartamento, in via Sergio Tofano, in zona Vigne Nuove, in evidente stato di alterazione psicofisica ed armato di un grosso coltello, ha tentato di violentare una 23/enne cittadina albanese a cui aveva affittato una porzione dell’abitazione. L’uomo, dopo averla palpeggiata ripetutamente e pretendendo un rapporto sessuale, al netto rifiuto della vittima è andato su tutte le furie e con un grosso coltello l’ha aggredita.

Fortunatamente la donna è riuscita a sfuggire dalle grinfie del molestatore e con uno stratagemma l’ha chiuso fuori di casa allertando il 112. All’arrivo dei Carabinieri il 47enne è stato bloccato mentre stava tentando di sfondare la porta dell’abitazione, ancora in possesso del coltello che è stato sequestrato.

La donna invece soccorsa presso l’ospedale «Umberto I» a causa delle ferite riportate ne avrà per almeno 5 giorni. Il 47enne arrestato dai Carabinieri è stato associato presso il carcere di Regina Coeli, a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.

 

fonte Il Messaggero