Rubavano le auto e poi le rivendevano ai proprietari, 19 arresti a Catania

Mille e 200 mezzi spariti e poi ricomparsi “miracolosamente” a Gravina di Catania in un solo anno. In manette la banda del “cavallo di ritorno”

Rubavano le auto, soprattutto in paese a Gravina di Catania, e poi puntualmente si presentavano alla vittima, chiedevano denaro ed ecco che l’auto rispuntava dal nulla, così come era scomparsa. Il metodo tutto catanese del cosiddetto ‘cavallo di ritorno’ ha fruttato un consistente numero di furti, oltre 1200 nel solo 2013, nel comprensorio che ricade sotto la giurisdizione della compagnia carabinieri di Gravina di Catania, tra Mascalucia, San Pietro Clarenza, Tremestieri, frazione Canalicchio, Misterbianco, frazione Belsito.

Ci sono voluti quasi sette mesi di indagini da gennaio ad agosto del 2013 per sgominare una banda specializzata nei furti e nella restituzione dell’auto dietro un compenso in denaro che variava dai 150 ai 1200 euro in base al modello e alla marca dell’auto rubata. A saltare all’occhio è stata la casualità del ritrovamento delle auto rubate che avveniva quasi sempre entro la settimana successiva al furto. In manette sono finite 19 persone, altre 26 risultano indagate per favoreggiamento personale per avere accettato di riavere le auto rubate in cambio del pagamento di denaro.

L’associazione criminale aveva la sua base operativa nel quartiere popolare “Balatelle” di Catania, nella zona San Giovanni Galermo: una vera roccaforte, circondata e protetta da palazzi popolari, accessibili da un solo ingresso principale. La conformazione edilizia del quartiere era di fondamentale importanza per l’esecuzione delle attività illecite, in quanto si potevano controllare tutti i movimenti delle forze dell’ordine e quindi mettere al riparo tutti i membri dell’organizzazione da sgradite ed impreviste sorprese.

E lì sotto i portici delle palazzine di ‘Balatelle’ o in prossimità di un panificio che le vittime andavano alla ricerca del “contatto giusto” dove avevano la possibilità di avvicinare “l’intermediario” del gruppo. Grazie all’intervento dell’intermediario, un referente di zona, si concretizzava così il “cavallo di ritorno”. Gli indagati potevano anche contare su personaggi con ruoli non certamente marginali come la figura dell’elettrauto, che controllava e bonificava le autovetture possedute dagli indagati proprio per scongiurare eventuali attività d’intercettazione od anche altri soggetti che provvedevano a fornire mezzi a noleggio da utilizzare durante le attività criminose.

Gli arrestati sono: Salvatore D’Angelo do 42 anni, Rosario Fallo di 25, Vittorio Benito Fiorenza di 34, David Giarruso di 38, Salvatore Gurrieri di 42, Raffaele Gialuca e Michael Magliuolo rispettivamente di 31 e 21, Antonio Marino di 25, Dario Masotta di 32, Giuseppe Monaco di 48, Danilo Musumeci di 24, Sebastiano Naceto di 49, Massimiliano Nicotra di 38, Filippo Ranieri di 32, Angelo Recca di 28, Antonio Santonocito di 48, Salvatore Sirigo di 36, Alfio Spina di 48 e Orazio Tenente di 21.

fonte La Repubblica

L’arresto dell’imbroglione che chiedeva soldi in cambio di «assunzioni alla Regione Piemonte»

Torino – «Servono 530 euro per sveltire le questioni burocratiche e per oliare gli ingranaggi». Così diceva Nicola Impeduglia, 50 anni, imbroglione professionista, a due disoccupati torinesi di 27 e 37 anni, promettendo loro di farli assumere come uscieri della Regione Piemonte, spacciandosi per amico di un funzionario pubblico.

Tutto falso, l’uomo è stato arrestato dai carabinieri della stazione Torino Po Vanchiglia. La truffa del lavoro fantasma è andata in scena in un bar, dove Impeduglia ha avvicinato le sue vittime Incantandole con false promesse e vantando di di avere amicizie «molto importanti» in grado di dare una svolta alle loro vite. I soldi servivano a facilitare l’inserimento dei loro nomi in una banca dati per le assunzioni. Dopo diversi incontri, i due ragazzi e amici tra di loro, hanno capito di essere stati truffati e hanno organizzato insieme ai carabinieri un nuovo incontro con Impeduglia durante il quale i militari lo hanno arrestato subito dopo aver ricevuto il denaro.

Altre indagini sono in corsa per accertare se l’uomo sia responsabile di altre truffe simili. Di certo ha già avuto guai del genere in passato. A ottobre del 2012, Impeduglia si era spacciato per ispettore, in grado di garantire un posto di polizia a un disoccupato. Il truffatore era stato arrestato dagli agenti del Commissariato Barriera Nizza di Torino con le accuse di truffa, millantato credito, sostituzione di persona e usurpazione di titolo.

fonte Il Secolo XIX

Napoli. Droga, soldi falsi e gioco delle tre campanelle: blitz dei carabinieri

Droga e soldi falsi, orologi con marchio falso e il gioco delle ‘tre campanelle’. Sono i fronti che hanno visto impegnati i carabinieri della compagnia Stella che hanno effettuato una serie di servizi predisposti per contrastare reati e fenomeni d’illegalità diffusa nell’area di piazza Garibaldi, della Stazione centrale e delle vie limitrofe.

Nel corso dei vari interventi sono state arrestate tre persone: due per reati inerenti gli stupefacenti e una per evasione dai domiciliari. Per spaccio di stupefacente è stato arrestato un senegalese senza fissa dimora e già noto alle forze dell’ordine, sorpreso durante un’attivita’ di osservazione predisposta su una piazza di spaccio nel borgo Sant’Antonio Abate mentre cedeva stupefacente a vari assuntori del luogo, area ove gli affari illeciti sono sotto il controllo del clan camorristico dei Contini.

Un algerino di 35 anni è stato invece arrestato per detenzione di stupefacenti a fini spaccio. Per evasione dagli arresti domiciliari è stato arrestato un senegalese di 38 anni, già noto alle forze dell’ordine. Altri interventi e controlli hanno portato alla denuncia in stato di libertà di 6 persone. Un tunisino 24enne residente in provincia di Caserta sorpreso in piazza Garibaldi mentre vendeva a un passante un orologio con marchio falso e poi trovato in possesso durante una perquisizione personale di 11 orologi rigorosamente contraffatti.

Due cittadini italiani, padre e figlio di 44 e 22 anni sono stati sorpresi al corso Umberto, angolo piazza Garibaldi, mentre stavano procedendo al gioco d’azzardo delle ‘tre campanelle’ su uno sgabello di legno alla ricerca di una persona da truffare. Le altre 3 denunce riguardano invece altrettanti cittadini italiani sorpresi a transitare per piazza Garibaldi alla guida di scooter senza aver mai conseguito la patente di guida. In questo ambito, quello dei controlli alla circolazione stradale, sono state elevate vari contravvenzioni al codice tra le quali 4 per mancato uso del casco e 2 per circolazione senza assicurazione obbligatoria.

Inoltre, i carabinieri della compagnia Napoli centro, insieme a colleghi del nucleo radiomobile hanno eseguito controlli predisposti per garantire una movida tranquilla nelle zone di piazza Bellini, intorno a via Toledo e nel quartiere di Chiaia. In piazza Bellini i carabinieri del nucleo operativo ‘centro’ hanno arrestato due persone di 24 e 20 anni, entrambi del Gambia. Sono accusati di spaccio di droga a giovani acquirenti che sono stati identificati e segnalati al prefetto quali consumatori di stupefacente. 5 giovani sono stati segnalati al prefetto perché trovati in possesso di modiche quantità di hashish, cocaina e marijuana detenute per uso personale. Nel corso dei controlli alla circolazione stradale sono state contestate piu’ di 200 violazioni, per un ammontare di circa 100.000 euro. Sulle zone piu’ frequentate della movida cittadina sono stati scoperti, identificati, multati e allontanati 29 parcheggiatori abusivi. A loro carico di e’ proceduto al sequestro a fini di confisca di circa 100 euro in monete di vario taglio. Nelle strade intorno a via Toledo e nei Quartieri Spagnoli sono stati sanzionati perché circolavano senza assicurazione 64 conducenti di ciclomotori e di veicoli privi di copertura assicurativa. I loro mezzi sono stati sottoposti a sequestro. denuncia per ricettazione e uso di atto falso, invece, per 3 cittadini che circolavano su altrettante utilitarie portando al seguito polizze assicurative false.

Una 28enne e’ stata sorpresa alla guida della sua lancia Y nonostante l’auto fosse stata sottoposta a sequestro per circolazione senza polizza assicurativa e a lei affidata per l’esclusiva custodia in luogo chiuso. Denuncia anche per un 26enne di Pozzuoli che guidava una Fiat punto in stato di ebbrezza alcolica. 18 persone sono state denunciate perché sorprese a circolare per le strade affollate della movida alla guida di 4 scooter e 14 auto, tra le quali anche 2 costose Mercedes e una Audi, senza aver conseguito la patente; un 49enne e’ stato denunciato per ricettazione dopo essere stato sorpreso a circolare alla guida di una Fiat Panda con numero di telaio contraffatto.

fonte Il Mattino

Operazione “Tris”: 8 arresti a Taranto

fonte Polizia di Stato

Avevano messo in piedi una vera e propria attività criminale i cui componenti, medici, avvocati e liberi professionisti truffavano le assicurazioni con falsi incidenti stradali. Otto persone sono state arrestate e 139 denunciate dagli uomini della Sezione polizia stradale di Taranto.

L’operazioneTris” è la terza, in ordine di tempo, che gli uomini della Sezione della polizia stradale di Taranto concludono nell’arco di pochi anni ai danni delle assicurazioni.

L’indagine, partita nel 2010, ha consentito di analizzare e verificare l’abilità del gruppo che aveva imbastito una holding delle truffe assicurative.

Secondo i riscontri investigativi, in pochi anni le truffe avevano fruttato oltre due milioni di euro ai danni di 18 diverse compagnie assicurative.

Un ruolo determinante nell’organizzazione era svolto dal capo tecnico radiologo, in servizio nel reparto di radiologia dell’ospedale SS. Annunziata di Taranto, il quale organizzava esami diagnostici contraffatti (Tac ed Ecg), da utilizzare nelle pratiche risarcitorie.

Singolare è apparso da subito agli investigatori il linguaggio criptato utilizzato dall’organizzazione: con il termine “partita di calcioera indicata la data d’accesso al pronto soccorso,” l’allenatore” era il medico di turno che avrebbe rilasciato il referto e con il termine “maglietta” s’intendeva il referto medico.

Merce contraffatta, inseguimento e arresto: in manette due macedoni

Genova – Sei borsoni ripieni di profumi contraffatti, portafogli, borselli e orologi, tutto rigorosamente griffato, nonché un kit per la riparazione degli orologi e 31 pile. È questo il materiale sequestrato dalla Polizia a due persone, entrambe di nazionalità macedone dopo un inseguimento in auto. La volante stava transitando in viale Brigate Partigiane, impegnata in controllo di routine, quando i due agenti hanno notato qualcosa di strano: il conducente di un’auto vicina, individuata l’auto della polizia, cambia repentinamente direzione, effettuando una pericolosa manovra e imboccando una strada contromano.

I due poliziotti del Commissariato Prè, insospettitisi, si sono messi subito all’inseguimento dell’auto, bloccandola dopo poche centinaia di metri.

I due sospettati, uno di 29 anni, l’altro di 25, all’inizio i due hanno cercato di giustificare il loro comportamento con alcune scuse, senza riuscire a convincere i due agenti. Approfondito il controllo sul sedile gli agenti hanno notato uno zaino occultato da una giacca all’interno del quale hanno trovato numerose confezioni sigillate di profumi di marche famose. Una volta aperto il bagagliaio dell’auto i due non sono stati in grado di fornire alcuna plausibile giustificazione riguardo il possesso della merce. Il conducente, risultato senza fissa dimora e clandestino è stato sottoposto a Fermo di per ricettazione e commercio di prodotti con segni falsi in concorso, mentre l’altro è stato segnalato in stato di libertà per i medesimi reati.

fonte Il Secolo XIX

Teramo: carte di credito clonate, 20 indagati

fonte Polizia di Stato

Scoperta a Teramo un’associazione a delinquere che ha truffato le banche per oltre 500 mila euro utilizzando carte di credito clonate. A finire agli arresti questa mattina sono state 9 persone tra italiani e stranieri mentre un’altra è ricercata ed altre dieci sono al momento indagate.

Le indagini della Squadra mobile in collaborazione con gli specialisti della Polizia postale, hanno permesso di accertare l’esistenza di un’organizzazione criminale con sede stabile nei comuni di Alba Adriatica, Teramo e Colonnella e con diramazioni in altre regioni italiane. L’organizzazione si procurava ed utilizzava i codici di carte di pagamento sottratti a cittadini statunitensi, australiani e indiani.

La banda, grazie ai contatti in Pakistan tenuti da uno degli indagati, procurava i codici che clonati venivano divulgati agli altri affiliati; questi ultimi li utilizzavano per acquistare articoli di ogni genere, specie elettrodomestici e capi di abbigliamento firmati, per poi rivenderli, a prezzi vantaggiosi, a privati.

Il gruppo, inizialmente, si era rivolto anche ad alcuni titolari di attività commerciali compiacenti che consentivano il pagamento della merce con le carte clonate realizzando un vantaggio economico immediato: i compratori ricevevano in denaro la metà del valore del prodotto e il rivenditore si teneva invece la merce.

Bimbo prematuro fatto morire per soldi

Una truffa alle assicurazioni fa scoprire un giro di aborti a scopo di lucro Il piccolo ha lottato per sopravvivere. Ma nessuno gli ha dato l’ossigeno

743782-593x443fonte Il Tempo

Sarebbe rimasta incinta apposta per poi praticare un aborto in avanzata fase di gestazione simulando un finto incidente stradale e ottenere un indennizzo per la morte del figlio: 80mila euro da incassare per un neonato espulso apposta dal pancione al settimo mese di gravidanza da una mamma, finita ai domiciliari con l’accusa di infanticidio. Ma non si può chiamare «madre» la giovane donna che si sarebbe procurata un aborto con una «pinza», strumento suggerito dall’amico medico, anche lui indagato. Presentatasi in ospedale con una complice dopo l’incidente d’auto mai avvenuto aveva detto di aver perso il bimbo nell’urto. E la cosa più atroce è che il piccino «muoveva ancora le manine» ma quella «piccola boccata di ossigeno» che lo avrebbe «fatto sopravvivere» non è stata data, ha spiegato il dirigente della Polizia Stradale di Cosenza, Domenico Provenzano.

È un orrore senza fine la storia che arriva da un centro del Cosentino. «I casi di aborto per aumentare il risarcimento delle assicurazioni sarebbero diversi», hanno confermato gli investigatori. È questo l’agghiacciante scenario emerso durante la presentazione alla stampa dell’operazione Medical Market, alla presenza del questore di Cosenza Luigi Liguori e il comandante provinciale delle Fiamme Gialle Giosué Colella, condotta dalla Procura di Castrovillari, che ha portato all’arresto di 7 persone e 144 avvisi di garanzia. L’obiettivo è sgominare un’organizzazione criminale che avrebbe avuto base operativa all’ospedale di Corigliano Calabro e che tra somme percepite indebitamente e truffa alle assicurazioni e all’Inps avrebbe fruttato 2 milioni di euro.

«Abbiamo accertato che un bambino ha lottato, ha cercato di rimanere vivo e questo ci ha tranciato il cuore – hanno detto gli investigatori – e pensare che gli sarebbe bastato una piccola boccata d’ossigeno per sopravvivere. Immaginate procreare per uccidere quali connotazioni può assumere. La realtà supera la fantasia, man mano che andavamo avanti in questo caso rimanevamo sempre più sconvolti».

Questa la messinscena con la donna indotta con il suo consenso all’aborto simulando un incidente stradale per ottenere un cospicuo risarcimento, poi bloccato. Secondo quanto emerso dall’attività investigativa, il medico avrebbe fornito indicazioni su come praticare l’aborto, illegale, perché la al settimo mese di gravidanza, eseguito con una pinza. Quindi la donna è stata accompagnata da un’amica al Pronto soccorso di Corigliano dove hanno sostenuto di essere state coinvolte in un sinistro e che il feto era stato espulso a seguito del trauma. Ma il pigiama che la donna indossava era pulito, né sono state riscontrate macchie ematiche o di liquido nell’auto dell’amica. Che non ha saputo fornire indicazioni esatte sul luogo dell’incidente, né ha dichiarato di conoscere il cognome di altri fantomatici amici con loro al momento dell’impatto. Il medico del pronto soccorso, secondo l’accusa complice nella vicenda, non ha praticato sul neonato alcuna manovra di rianimazione mentre gli infermieri si sono accorti che muoveva le manine. Altre stranezze sono state segnalate dalla ginecologa che ha visitato madre e figlio subito dopo il consulto chiesto dallo stesso medico di pronto soccorso. E sul ventre della donna non c’era alcun segno di trauma. Ancora più preoccupante è un precedente registrato nello stesso ospedale, con un’altra donna che si era presentata raccontando la stessa versione di un incidente stradale mentre, secondo gli investigatori, era stata colpita con la sua volontà al ventre per simulare un trauma.

Usura ad imprenditori edili bresciani: 8 arresti

di Il Corriere della sera

Un impresario avrebbe dovuto pagare 500mila euro. A riscuotere il denaro tre mandanti (un calabrese e due siciliani)

Prestavano soldi ad impresari bresciani con l’acqua alla gola per via della crisi. E chiedevano indietro cifre da capogiro, richieste con metodi poco ortodossi da un calabrese e due siciliani: per questo sono state arrestate 8 persone per truffa, usura ed estorsione (seguiti dai carabinieri del Comando Provinciale di Bergamo) nell’ambito dell’operazione «Blackmail». L’operazione è culminata nell’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare (con 7 persone in carcere, una agli arresti domiciliari e 2 divieti di dimora nelle province di Bergamo e Brescia), emessa dal Gip del Tribunale di Bergamo, Alberto Viti su richiesta del pm Maria Cristina Rota, nei confronti di 10 cittadini italiani, a vario titolo ed in concorso tra loro, accusati di estorsione, truffa e usura nei confronti di imprenditori bergamaschi e bresciani.

Gli arrestati

I provvedimenti sono stati notificati ad Angelo Martinelli, 65 anni, di Costa Volpino; Sergio Vaglini, 75 anni, originario di Pisa e residente a Lido di Carnaiore; Antonino Scopelliti, 65 anni, originario di Reggio Calabria, attualmente detenuto a Bergamo; Biagio Proietto, 51 anni, di Palermo, attualmente detenuto a Bergamo; Carmelo Di Girolamo, 50 anni, originario di Palermo e residente a Castelli Calepio; Dario Cucuzza, 32 anni, di Palermo; Ignazio Sirchia, 43 anni, di Palermo; e Girolamo Quartararo, 42 anni, residente ad Altavilla Milicia.

L’indagine: impresario edile costretto a pagare 500mila euro

L’indagine, iniziata nell’ottobre 2013 dopo la denuncia di una delle vittime dopo un tentativo d’estorsione, ha prima permesso di individuare cinque soggetti dei quali due imprenditori (uno bergamasco ed uno lucchese) come mandanti, e tre pregiudicati (uno calabrese e due siciliani), quali «esattori» impegnati nel tentativo di estorcere ad un imprenditore edile bresciano 500 mila euro, poi ridotta a 159 mila. Sono poi emerse ulteriori responsabilità dei due imprenditori, responsabili di usura nei confronti di altri imprenditori edili bresciani e di due dei tre indagati per la commissione (con altri due siciliani), di un tentativo di truffa ai danni di un allevatore di cavalli bergamasco: si erano finti finanzieri per estorcergli 50 mila euro, e di 6 indagati siciliani per un tentativo di estorsione di 500 mila euro ai danni di un consulente finanziario bresciano al quale è stata inviata una lettera minatoria contenente un proiettile calibro 7,65 e la richiesta estorsiva.

Traffico di rifiuti speciali, 14 arresti Tra di loro il boss Cozzolino

di Il Corriere

Tra i vertici, il capo clan camorristico che opera a Portici – Ercolano, già condannato per associazione a delinquere. Tra gli illeciti c’è anche la raccolta di indumenti destinati allo smaltimento che invece erano poi rivenduti nei paesi dell’Africa e in Europa

C’è un boss della camorra al vertice dell’organizzazione criminale dedita al traffico di rifiuti speciali smantellata da Polizia di Stato e Polizia Provinciale, nell’ambito di un’indagine della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma. Sono quattordici gli arresti, ma le operazioni, in corso dall’alba di giovedì, sono ancora in corso con gli agenti impegnati in numerose perquisizioni e sequestri, non solo a Roma ma in diverse Regioni italiane. Tra i capi dell’organizzazione emerge la figura di Pietro Cozzolino, elemento di vertice dell’omonimo clan camorristico operante a Portici-Ercolano (Napoli), già condannato per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti. E tra gli illeciti c’è anche la raccolta degli indumenti usati dai cassonetti destinati dall’Ama allo smaltimento, che invece venivano rivenduti dalle cooperative ai paesi africani ed europei.

I capi dell’organizzazione ricevevano, trasportavano, cedevano e comunque gestivano abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti speciali, con «condotte di falsità materiale e ideologica in atti pubblici». I reati sono aggravati dall’articolo 4 del decreto legislativo n. 146/2006, perché secondo le indagini avrebbero fornito il loro contributo nella commissione dei reati a vantaggio di un gruppo criminale organizzato impegnato in attività illecite in diversi Paesi europei e africani. Tra le altre, sono state sequestrate le cooperative New Horizons Onlus e Lapemaia Onlus e la società B&B Ecology srl che gestivano la raccolta dei rifiuti tessili speciali per conto del consorzio «Il Solco» delegato per il servizio da Ama. Tra gli arrestati c’è anche Danilo Sorgente, responsabile tecnico dell’impianto di recupero rifiuti gestito dalla New Horizons. Le cooperative smaltivano i rifiuti per conto della municipalizzata romana, ma invece di distruggerli li mandavano nei paesi poverissimi, senza igienizzarli, per rivenderli nei mercati.

Anche il fratello Aniello
Ai vertici dell’organizzazione criminale, oltre a Cozzolino, ci sarebbe il fratello Aniello, anche lui condannato in via definitiva per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti e latitante dal 2008. Gli arresti sono stati eseguiti a Roma, Napoli e Salerno. Il reato contestato è associazione per delinquere finalizzata al traffico di rifiuti speciali.

Mafia a Roma, 5 nuovi arresti per l’omicidio Fanella. Il giallo della cabina telefonica

di Repubblica

L’uomo era stato ucciso a luglio nella sua abitazione alla Camilluccia. Coinvolti personaggi legati all’estrema destra. Perquisizione nelle coop di ex terroristi. Intercettato Denaro, il presunto mandante del delitto: usava lo stesso telefono pubblico che Carminati adoperava per i suoi affari nel “mondo di mezzo”

Cinque arresti e numerose perquisizioni della Squadra mobile di Roma nell’ambito delle inchiesta sull’omicidio di Silvio Fanella, l’ex cassiere di Gennaro Mokbel, l’uomo accusato della maxi truffa da 2,2 miliardi di euro ai danni di Telecom e Fastweb. Fanella, anche lui condannato per la truffa, era stato ucciso a luglio nella sua abitazione di Roma alla Camilluccia, freddato con un colpo di pistola al torace da tre finti finanzieri.

Le indagini, coordinate dai pm Paolo Ielo e Giuseppe Cascini della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, hanno colpito gli esecutori e organizzatori del tentato sequestro sfociato nell’omicidio di Fanella, rivelando il coinvolgimento a vario titolo di numerosi pregiudicati legati all’estrema destra, che gravitano sul litorale romano di Ostia, in Piemonte, Lombardia e Trentino Alto Adige.

Tra gli arrestati, Manlio Denaro, 56 anni, dipendente della palestra Flemin Fitness di via Flaminia Vecchia e coinvolto nelle indagini sulla truffa Fastweb Telecom Sparkle e considerato dal gip Bernadette Nicotra il mandante del tentato sequestro, ed Emanuele Macchi di Cellere, 58 anni, ex Nar, fermato nel sud della Francia dalla Squadra mobile di Roma lo scorso settembre e già in carcere a Genova. In manette anche Gabriele Donnini, Carlo Italo Casoli e la figlia di 27 anni Claudia, l’unica per cui sono stati disposti gli arresti domiciliari, che avrebbero messo a disposizione dell’organizzazione mezzi e documenti falsi. La polizia aveva già arrestato già nei mesi scorsi i presunti esecutori materiali dell’omicidio: Giovanni Battista Ceniti, rimasto ferito durante il delitto, Egidio Giuliani e Giuseppe Larosa, rintracciati a Roma e a Novara lo scorso 7 settembre.

L’operazione, che ha visto impegnati 150 uomini e le Questure di Roma, Genova, Verbania, Novara, Torino, Trento e Varese, ha portato anche alla perquisizione della cooperativa sociale Multidea di Novara, che ha tra le finalità quella del reinserimento sociale degli ex detenuti, nella quale operano pregiudicati per reati di terrorismo, appartenenti alle brigate rosse e ai movimenti eversivi di destra, e che vede tra i fondatori Giuliani, mentre Larosa vi figurava come dipendente.

“In cinque mesi si è chiuso, dunque, il cerchio sul commando che ha tentato di sequestrare e poi ha ucciso Silvio Fanella”, ha sottolineato il procuratore aggiunto Antimafia della capitale, Michele Prestipino.

E spuntano anche collegamenti tra l’omicidio e l’inchiesta su “Mafia capitale”. In particolare, c’è una cabina telefonica sulla via Flaminia utilizzata da Massimo Carminati, e per questo tenuta sotto controllo dagli investigatori del Ros dei carabinieri, che torna in questa indagine. Da lì partivano anche le chiamate di Denaro. In una telefonata intercettata sono l’ex estremista e Giuliani, che si trovava in quel momento a Novara, a parlare. “Volevo sapere quando è la festa di nonna” dice Denaro: un frase che, secondo chi indaga, indica l’arrivo di Giuliani a Roma per il sequestro. ”Noi siamo pronti. Io scenderò il 26, mentre gli altri dopo. Ma tu fammi trovare i regalini che ti avevo chiesto” risponde l’altro.

Nell’ordinanza di custodia cautelare compare anche un’intercettazione in cui Carminati e Brugia, tra i principali protagonisti dell’inchiesta sull’associazione a delinquere di stampo mafioso, parlano di un debito che Denaro avrebbe contratto con Mokbel e che sarebbe il movente dell’omicidio. “Quello è pericoloso” dice Carminati. “Denaro – scrive il gip – voleva mettere la mani sul tesoretto di Mokbel”: contanti, oggetti preziosi e diamanti che gli investigatori hanno trovato solo dopo l’omicidio
nascosti a Pofi, un’abitazione in provincia di Frosinone.

“Questo al momento è l’unico collegamento oggettivo con Carminati”, ha detto il sostituto procuratore Michele Prestipino “oltre a un elemento soggettivo: si tratta di personaggi criminali che negli anni passati si conoscevano e avevano rapporti per l’appartenenza allo stesso contesto politico”.